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Autore: Ramiza    17/05/2010    2 recensioni
Mi concedo di modificare, ancora una volta, l'itroduzione a questa raccolta che cresce con me, con le mie scoperte e i miei nuovi amori "nel mito". Vi racconto adesso la storia di Alessandro il Grande, di un uomo che diventò mito perché volle esserlo, e del suo ultimo viaggio, così come io lo vedo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bedivere, lo sconosciuto


Chi conosce Sir Bedivere, cavaliere della Tavola Rotonda?

Penseremmo a uno scherzo -

o a una domanda trabocchetto, al limite -

se qualcuno ce lo chiedesse.


Nemmeno una riga, una parola sulle sue imprese -

quali imprese compì mai, in fondo? -

e quando parlavano di lui lo chiamavano sempre

«il fratello del nobilissimo duca Ser Lucano».


A lui stava bene, dopotutto.

Osservava con attenzione -

ne aveva il tempo, poiché la gloria non l'assediava -

e aveva capito assai meglio di altri che la fama si nutre di dolore.

Era preferibile la sua sorte, allora, e la coltivava con cura.


Qualche principessa minore salvata in silenzio,

nei tornei perdeva sempre con dignità all'ora del vespro,

un paio di draghetti di poco conto, uccisi sul far della sera, quando nessuno poteva vederlo,

e un amore ogni tanto: servette, prima, e forse una dama ignota d'un paese lontano -

bella senza eccessi, se pure a lui doveva essere sembrata una fata -,

che nessuna leggenda avrebbe mai ricordato.


Insomma, un cavaliere come tanti,

nobile e coraggioso quel tanto che bastava per sedere intorno a quella Tavola,

e non un tantino di più,

e a lui stava bene così.


Poi, però, per ironia della sorte, gli toccò di sorreggere Artù negli ultimi istanti

e di gettare la gloriosa Excalibur tra le onde del mare.

Tre volte vi dovette andare prima di trovare il coraggio per farlo -

ma non aveva mai paventato eccelso coraggio, lui -

e fu forse quella sua amorevole esitazione -

non era stato certo per il valore d'una spada se aveva scambiato l'ordine per un delirio -

a uccidere il re,

che lo lasciò dicendogli solo «su di me non potrete più fare alcun affidamento»

e «pregate per la mia anima».


E lui, che non era il miglior cavaliere del mondo, ma era uomo di parola e affetto,

pregò davvero,

e fino all'ultimo giorno della sua vita

facendosi eremita presso Glastonbury

ed esaudendo quell'ultimo desiderio del suo sovrano,

pronunciato magari per dovere di cronaca.


Poi il suo nome fu nuovamente dimenticato -

nessun corteo di angeli, visioni, sogni né pianti disperati ad accompagnarne la dipartita -

ma qualcuno, più informato di altri, sussurra senza dare troppo nell'occhio

che nessuna storia ci sarebbe stata, se lui non l'avesse narrata,

perché quel cavaliere anonimo e semi sconosciuto

fu l'unico a conoscerne la fine

e a vivere abbastanza per poterla narrare.


Lui, Sir Bedivere, non commenta affatto,

attendendo che quella voce si spenga naturalmente,

e sempre convinto che il silenzio sia preferibile alla gloria, in fondo.






  
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