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Autore: The Warden Archivist    18/05/2010    2 recensioni
Anche se il Flagello è passato, un certo Custode non smette di avere terribili incubi...a volte, la strada che ci riporta a casa è quella che ce ne allontana. SPOILERS sull'epilogo del gioco, più avanti potrebbe farsi violento. A tratti drammatico, a tratti umoristico, ma sempre avventuroso, nello spirito di Dragon Age!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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そっと閉じれ ば じっと眠ればいい
通り雨 散りゆく 花びらにたとう

Affascinato da ogni viso sorridente
E’ normale se tutto va in pezzi

Kyoukasuigetsu, Hayami Shou (Aizen Sousuke)








“Te l’avevo detto che l’avevi colpito troppo forte!”
Strinse le palpebre, un acuto dolore alla base della testa che gli si irradiava su tutto il cranio. Le orecchie gli ronzavano come se uno sciame di calabroni ci avesse fatto il nido dentro, ma riuscì a distinguere qualche parola, mentre riprendeva pian piano conoscenza.
“Ma l’hai guardato bene? Uomo grande, grosso e armato: io lo colpisco quanto forte mi pare…”
A fatica, aprì gli impercettibilmente gli occhi, cercando di mettere a fuoco. Come da una nebbia, Alistair riuscì a scorgere sopra di lui due ombre indistinte nella penombra, e a percepire il duro pavimento di marmo su cui era steso.
“Già, e quando si sveglierà non sarà solo grande, grosso e armato, ma anche arrabbiato! Bella mossa, genio…”
Con la testa che ancora gli girava, valutò in fretta la situazione. Doveva essere in un qualche luogo chiuso, a giudicare dall’odore di stantio che gli intasava le narici. Stranamente, non era legato, ma soltanto buttato a terra, supino. Ovviamente dovevano averlo privato della spada e dello scudo…
“Hey, non dare la colpa a me! Io sono per la non violenza, non sono abituato a maneggiare…cose…violente!”
…certo, a meno che i suoi rapitori non fossero stati i totali idioti che sembravano essere.
Stando attento a non farsi scoprire, mosse la mano destra lungo il fianco, cercando il piccolo coltello da formaggio che si portava sempre dietro (non si sa mai quando può venir fame)…
…ed ebbe la conferma che i suoi rapitori erano degli idioti al cubo.
Attaccata alla cintola, stava ancora la spada, intatta.
Di chiunque si trattasse, non erano dei professionisti, e questo era un vantaggio.
“Ah capisco, quindi quel ‘lo colpisco quanto forte mi pare’ è il tuo modo personalissimo di predicare pace e amore…”
Fu questione di pochi attimi. Facendo leva sulle gambe scattò in piedi, brandendo la Zanna avanti sé e fendendo nell’aria qualche colpo di avvertimento, pronto a fare un macello di chiunque avesse tentato di fermarlo.
Fu sorpreso di notare la totale mancanza di resistenza da parte dei rapitori. Anzi, con uno strillo acutissimo di terrore, i due fecero un balzo all’indietro, perdendo l’equilibrio e rotolando a terra come due salami.
Sospirò, vagamente deluso. Peccato, non sarebbe stato male sgranchirsi un po’ le ossa.
Si avvicinò ai due uomini, puntandogli contro la spada, e li osservò con aria di sufficienza.
Erano due maghi, su questo non c’era dubbio, a giudicare dalle lunghe vesti che indossavano. Il primo (quello che nella sua mente aveva ribattezzato: “Il Bastardo Che Mi Ha Colpito” o semplicemente “Il Bastardo”), era un giovane sulla ventina, i lunghi capelli biondo sporco raccolti in una treccia, e il naso porcino, talmente ridicolo che se non fosse stato in quella situazione, Alistair gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia.
Si limitò a premergli un piede sullo sterno, immobilizzandolo al suolo (cosa di cui il malacapitato non parve felicitarsi granchè).
Il secondo mago (rinominato per l’occasione “Il Nervoso”) aveva una faccia vagamente familiare…
“A parte tutte le considerazioni che potrei fare sulla vostra abilità di sequestratori – sbuffò Alistair, agitando la spada davanti alle loro facce impietrite dalla paura – ci conosciamo?”
“Ah…ah… - gemette Nervoso, sudando freddo – Io…ah…non so se vi ricordate di me…”
Alistair si chinò per guardare meglio, stringendo le palpebre…e avvicinando pericolosamente la punta della Zanna alla gola del poveretto, che con un gridolino strozzato tentò disperatamente di trascinarsi indietro.
“L…L’armadio…” riuscì infine a balbettare.
“Uhm…” mugugnò Alistair, puntellando il gomito sul ginocchio e poggiando il mento sulla mano con aria pensosa (e impedendo al Bastardo di respirare mentre lo faceva).
“Argh! Di…diglielo Godwin, prima che mi soffochi!”
“AH, ECCO!”
Agitò un lungo fendente davanti ai loro nasi, felice di essersi finalmente ricordato.
Aveva incontrato il Nervoso molto tempo addietro, agli inizi della campagna militare. Una volta giunti al Circolo, e scoperta la grave situazione in cui si trovavano i maghi, Prometheus si era offerto di cercare superstiti nella torre invasa da demoni e abomini. Dapprincipio, Alistair era rimasto sorpreso da quella scelta…da quanto gli aveva detto Prometheus, coi maghi del Circolo non si era lasciato da amico, anzi, spesso lo sentiva parlar male di loro, dell’intera organizzazione del Circolo e (soprattutto) del modo in cui si piegassero ai templari. A quel tempo, era ancora troppo presto perché gli potesse raccontare di Jowan, così come Alistair non gli aveva ancora parlato del suo diritto di nascita, ma dalle sue parole aveva intuito che il mago era rimasto profondamente deluso dal Circolo, e che per nessuna ragione al mondo vi avrebbe mai più rimesso piede.
Beh, nessuna ragione al mondo, a parte il Flagello.
Comunque, durante la loro spedizione nella torre, e dopo aver massacrato una buona quantità di mostri e cadaveri ambulanti, avevano trovato, in uno dei dormitori, un misero mago impaurito, nascosto dentro un vecchio armadio, tutto tremante.
E il Nervoso era proprio lui.
“Voi siete il tizio dell’armadio! – esclamò, allegro, indicandolo con la punta della spada – Credevo che foste morto…”
“Ahah – ridacchiò nervosamente Godwin, allontanando pianin pianino la spada da davanti al suo naso con un dito – La mia solita fortuna, immagino…”
“Ora che abbiamo esaurito i convenevoli – sibilò il Bastardo, viola in faccia per la mancanza di ossigeno – vi dispiacerebbe togliere il piede dal mio sterno, se non vi è di troppo disturbo?!”
“Con calma – lo apostrofò il cavaliere, premendolo a terra con maggiore forza, tanto da strappargli un urletto di dolore – devo ancora decidere se la botta che mi avete dato vale uno squartamento veloce o una lunga, penosa tortura…”
“M...MA! – tartagliò Godwin, bianco in volto – Ma noi non volevamo fare niente di male! Giuro!”
Alistair si limitò ad inarcare un sopracciglio, scettico.
“Davvero! – insistette il mago – non vi abbiamo nemmeno tolto le armi, per dimostrarvi la nostra buna volontà!”
“E io che credevo foste semplicemente stupidi…”
Arretrò, togliendo finalmente il piede dal petto del Bastardo. Quest’ultimo sputacchiò, cercando di riprendere fiato, tra una bestemmia e l’altra. Godwin, dal canto suo, si limitò a tirare un lungo sospiro di sollievo, un sorriso ebete stampato in faccia.
Alistair si guardò attorno.
Nonostante la totale assenza di mobilio, le ragnatele e la generale aria d’abbandono che impregnava l’ambiente, non ebbe difficoltà a capire dove si trovassero.
La Torre del Circolo.
Dovevano trovarsi nell’atrio di quelli che una volta erano stati i quartieri dei maghi anziani…anche se era difficile a dirsi. Tutto il mobilio era sparito, insieme ad ogni traccia di corruzione demoniaca. Dietro di lui, vuoto e desolato, stava il magazzino, dove tanto tempo addietro avevano trovato l’adepto della Calma, Owain. Sebbene il luogo sembrasse deserto, Alistair potè udire un vago eco di passi, nei corrodi adiacenti l’atrio.
“Come ci sono arrivato, qui? – si rivolse a Godwin, perplesso – E come avete fatto a superare i templari?”
“Ah, beh – farfugliò Godwin, sudando freddo alla vista della Zanna, ancora sguainata al fianco di Alistair – non…non so se…”
“Il Sovrintendente risponderà alle vostre domande – sibilò il Bastardo, massaggiandosi la gola e mandando dardi degli occhi in direzione di Alistair – ha richiesto espressamente di vedervi, quando vi foste…svegliato.”
“Rinvenuto, vorrete dire… - si sentì in dovere di puntualizzare il cavaliere, inarcando un sopracciglio – e come mai non potete rispondere voi alle mie domande, di grazia?”
“Sbaglio – sogghignò il Bastardo, sprezzante, dirigendosi verso il corridoio esterno – o voi stesso ci avete appena dato degli stupidi? Di conseguenza, sospetto che le nostre risposte sarebbero troppo sciocche, per un’intelligenza fine come la vostra…”
“Venite, my lord – si intromise Godwin con urgenza, volendo evitare un macello, considerata l’espressione spazientita che adombrava il volto del cavaliere – vi condurremo dal Sovrintendente, e lui vi spiegherà ogni cosa…non vi sarà fatto alcun male, su questo il Sovrintendente è stato molto chiaro. Vuole solo parlarvi…”
Alistair lanciò un’occhiata diffidente prima all’uno, poi all’altro mago, e riflettè. Anche se in un modo del tutto inaspettato, era riuscito ad entrare nella torre…e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era quasi un sollievo trovarsi in balia dei maghi, invece che dei templari. Molto meno fanatismo religioso con cui avere a che fare, da un lato, e molta più gratitudine verso gli eroi del Ferelden da sfruttare a suo vantaggio, dall’altro. Comunque, questa storia del Sovrintendente non gli piaceva per niente…perché lo aveva fatto catturare a quel modo, se voleva solo parlare? E poi, chi era costui?
Poco convinto, rinfoderò la Zanna, e si apprestò a seguire i maghi.
“Non ho detto che ‘siete’ stupidi…ho detto che lo sembrate soltanto…”
“Oh, questo sì che migliora le cose…” borbottò il Bastardo, precedendolo nel corridoio.
Godwin sorrise, tirando un lungo sospiro di sollievo, e fece strada.
Nel corridoio e nelle stanze, gruppi di maghi e streghe si affaccendavano nel trasportare libri e altri strumenti di magia, talmente indaffarati da non accorgersi che, tra di loro, camminava un intruso. Evidentemente, stavano riorganizzando la torre per i loro scopi. Nella biblioteca, gli scaffali desolatamente vuoti venivano alacremente riempiti con nuovi testi e raccolte di pergamene, mentre, seduti agli scrittoi, alcuni maghi trascrivevano pagine e pagine di prontuari e archivi, su chissà quale arcano argomento. Le sale circostanti, occupate solo da qualche branda improvvisata e pochi bauli, venivano rassettate a dovere. Sotto la supervisione dei maghi, le scope spazzavano il pavimento da sole, animate da qualche strano incantesimo, e gli stracci volavano come fantasmi lungo le pareti, togliendo le ragnatele. Una spugna schizzò nell’aria a pochi passi da loro, inseguita da un apprendista in preda al panico, che cercava di riprendere il controllo del suo incantesimo. La sola cosa che riuscì a trattenere Alistair dal ridere, fu il pensiero che un uso così sconsiderato della magia fosse del tutto inappropriato…oltre che pericoloso per la sua salute, visto che la spugna in questione gli era passata ad un pelo dal naso.
“Pulizie di primavera, eh?” azzardò, sperando di ottenere qualche informazione in più, prima del fatidico incontro col Sovrintendente.
“Potremmo chiamarle così – rispose Godwin, gioviale – un bel cambiamento, vero, rispetto agli ammassi di carne putrescente e ai demoni?”
“Sicuro – annuì Alistair – E voi dovreste saperlo più di tutti, dopo quello che avete passato, Godwin…come avete fatto ad uscirne, dopo che ce ne andammo? Non abbiamo più avuto vostre notizie, in seguito…”
“Oh, è stato terribile! – berciò il mago, felice di poter elencare le sue disgrazie a qualcuno che non le avesse sentite almeno un’infinità di volte, come la gran parte dei membri del Collettivo – Cadaveri e budella ovunque, e un puzzo che non vi dico…Ho dovuto buttare le mie vesti nel fuoco, perché non se andava, nemmeno dopo il ventesimo lavaggio con l’essenza di lavanda… Naturalmente, dopo quello che era successo, non me la sentivo di continuare a vivere alla torre…ho la costituzione delicata, sapete, ed era più che evidente che i templari stavano facendo un pessimo lavoro, nel proteggerci, quindi perché avrei dovuto affidare la mia preziosa persona ad un branco di maniaci incompetenti? Così ho preso capra e cavoli, e mi sono nascosto tra i resti dei miei poveri fratelli del Circolo, che venivano trasportati sulla terraferma per essere cremati…”
“Un momento, un momento – lo fermò Alistair, sperando di aver capito male – mi state dicendo che vi siete infilato in un carico di cadaveri in decomposizione, per poter scappare dal Circolo?!”
“Ho rischiato di fare la loro stessa fine! – si scandalizzò Godwin, indicandosi la fronte – Vedete? Niente sopracciglia! Me le hanno bruciate, quei fetenti! Ringrazio Andraste di essere fuggito dalla pira appena in tempo, prima di andare in fumo del tutto!”
“Credo che sto per sentirmi male…”
“E non sareste l’unico…” sospirò il Bastardo, cupo.
“Taci, Herbert! – sibilò Godwin – tu non c’eri, noi hai rischiato di farti fare il sedere a strisce dagli Abomini! Dovevo scappare, altrimenti…”
“…altrimenti la prossima volta mi avrebbero sicuramente fatto di peggio… – completò la frase il mago Herbert, sfinito – So la storia a memoria, Godwin, non c’è bisogno che me la ripeti…”
Prima che Godwin potesse aprire la bocca per ribattere, Herbert lo interruppe.
“Siamo arrivati” proclamò, bussando ad una porta.
Alistair la riconobbe. Lo studio del Primo Incantatore.
Ghignò, incrociando le braccia sul petto. La sua prima impressione di questo Sovrintendente fu: Presuntuoso.
Dall’interno, una voce chiamò:
“Avanti…”
Rimase sorpreso dal tono cortese (quasi carezzevole) di quella voce.
Herbert aprì la porta, e con un gesto sgarbato gli fece cenno di entrare. Alistair deglutì, pronto a tutto, ed entrò. La porta dietro di lui cigolò sui cardini, prima di richiudersi con un tonfo spettrale, lasciandolo solo nella stanza. O meglio, solo col Sovrintendente.
Stranamente, quella era l’unica stanza della torre che non era cambiata di una virgola. Sui lunghi tavoli addossati alle librerie piene di libri, stavano ogni genere di oggetti e materiali alchemici. Davanti a lui, proprio al centro dello studio, stava un imponente scrittorio, carico di pergamene ed illuminato da una singola candela.
Seduto alla scrivania, su una poltrona dall’alto schienale foderato in pelle rosso scuro, stava un mago.
Non avrebbe potuto dire molto di più sul suo aspetto. Portava una maschera, completamente bianca, dotata solo di due buchi per gli occhi dal taglio orientale, che le davano un’aria di maligna scaltrezza. Era avvolto in ampie vesti, bianche anch’esse, ad eccezione delle cuciture nere che rifinivano la tunica. Un lungo cappuccio da mago gli copriva interamente il capo, cosicché Alistair non avrebbe saputo dire di che colore avesse i capelli, ammesso che ce li avesse avuti. Teneva i gomiti poggiati sulla scrivania, le dita affusolate intrecciate sotto il mento, e lo osservava attentamente attraverso le fessure oblique della maschera, come se fosse stato un insetto in una provetta.
Alistair, risoluto, rispose allo sguardo. Mentre avanzava verso la scrivania, fermandosi a pochi metri da essa, pensò di dover rivedere la sua prima impressione.
Non era un presuntuoso, era Pericoloso.
Forse sarebbe stato meglio essere preda dei templari, dopo tutto. Questo sembrava un osso duro, e tutte le rassicurazioni del mondo non lo avrebbero mai spinto a fidarsi di lui, Oblio o no.
“Così, voi sareste il Sovrintendente…” cominciò, in tono deciso.
L’uomo si alzò dalla scrivania con un movimento aggraziato, facendo svolazzare le vesti ad ogni suo passo, e si diresse verso di lui. Somigliava pericolosamente ad un Orrore Arcano, e Alistair si ritrovò ad arretrare impercettibilmente, la mano che cercava la spada al suo fianco.
Percependo la sua inquietudine, il mago si fermò, e alzò una mano avanti a lui, con fare rassicurante.
“Perdonatemi…”
Ancora una volta il suono di quella voce lo lasciò spiazzato. Era, letteralmente, ammaliante, piacevole e profonda come quella di un padre affettuoso, o di un mentore…
Per un solo, breve attimo, gli ricordò quella di Duncan.
Scosse la testa, furente con sé stesso. Non doveva abbassare la guardia! Se anche non ne fosse stato sicuro prima, ora aveva la certezza che c’era qualcosa di strano sotto!
“Non avevo intenzione di spaventarvi”
“Ma a quanto pare avevate tutta l’intenzione di farmi trascinare qui contro la mia volontà – esclamò Alistair, caustico – I vostri messaggeri colpiscono da professionisti!”
Il mago continuò a fissarlo, come se volesse vivisezionarlo con lo sguardo. Sottili brividi di paura cominciarono a minare la volontà del Custode Grigio, mentre quegli occhi lo giudicavano.
“Vi posso assicurare – replicò il mago, pacatamente – che le azioni dei miei colleghi non erano atte a danneggiarvi…”
“Riguardo a quel tale, Herbert, non ci metterei la mano sul fuoco…”
“Potete biasimarmi – le parole vennero pronunciante come da un sogghigno – se ritengo più prudente che certe cose restino segrete, per la sicurezza del Collettivo?”
“Quali cose, per esempio?” chiese Alistair, irritato dall’aria di superiorità che si dava il Sovrintendente.
“Per esempio, come arrivare alla torre”
“O come mai i templari sono scomparsi? – insistette il giovane, diffidente – Cosa ne avete fatto?”
“Suvvia, Alistair – lo rimproverò il mago con tono benevolo – sapete meglio di me che anche lo spirito più devoto può diventare estremamente flessibile, davanti a qualche sovrana…perché spargere sangue, quando si può spargere oro?”
“Come sapete il mio nome?”
Da dietro la maschera, il Sovrintendente rise, divertito. Una risata profonda e vibrante che fece tremare la fibra più profonda di Alistair, in soggezione. Con che razza di uomo aveva a che fare? Si stava prendendo gioco di lui, questo era ovvio, e ci provava anche un gran gusto nel farlo. Il solo pensiero bastò a fargli andare il sangue alla testa.
“Credete che io non m’informi, sulla natura dei miei collaboratori? – gli domandò, indicandogli una sedia ed invitandolo ad accomodarsi – E voi, assieme al vostro amico, siete stato uno dei nostri più validi collaboratori…”
Dubbioso, Alistair si sedette davanti alla scrivania, mentre il Sovrintendente tornava al suo posto, con la stessa grazia di poco prima.
“Visto che siete così ben informato, allora potrete di certo indovinare il motivo per cui sono qui”
“Sono informato, non onnisciente, ragazzo mio – rispose il mago – ma da quello che le mie fonti mi hanno riferito, pare che vogliate qualcosa da noi…”
“Noi?”
“Noi, il Collettivo – sogghignò il Sovrintendente – Mi rendo conto che posso avere l’aria di uno che si da troppa importanza, ma ancora non uso il pluralis maiestatis…”
“Il…che?”
“Dunque, perché non m’illuminate, Custode? – continuò il mago, impassibile – Che cosa può fare il Collettivo, per il suo fedele collaboratore?”
Il tono con cui pronunciò quel ‘fedele collaboratore’ non gli piacque nemmeno un po’. Probabilmente, il Sovrintendente lo considerava alla stregua di un mercenario senza scrupoli, e la cosa lo metteva a disagio. Fino a che punto poteva spingersi? Cosa avrebbe comportato, veramente, farsi aiutare dal Collettivo? Non aveva mai avuto occasione di valutare la cosa fino in fondo, e poi gli eventi si erano susseguiti così rapidamente…
“Uccidimi…”
Ma aveva fatto troppa strada per lasciar perdere.
Facendo appello a tutto il suo sangue freddo, Alistair si decise.
“Ho bisogno di viaggiare nell’Oblio!”
Lo disse tutto d’un fiato, così rapidamente e così forte che per un attimo pensò che il Sovrintendente non avesse capito una parola.
Il mago si poggiò allo schienale della sedia, le mani raccolte avanti a sè, e si limitò a  fissarlo per qualche istante, in silenzio.
“Perché?” chiese infine, semplicemente.
“Fatti miei” rispose, altrettanto semplicemente.
Il Sovrintendente rise piano, ammirato.
“Immagino conosciate bene l’enorme costo, in termini materiali e spirituali, che questo tipo di viaggio comporta?”
“Se è un problema di denaro, non…”
“Vedo che non capite – lo interruppe, in tono vagamente più duro – non è il denaro che ci manca, dovreste ricordarlo, visto che avete lavorato per noi in passato…”
Si sporse sulla scrivania, tanto che i loro volti quasi si toccavano. Immobile per la tensione, Alistair vide che aveva gli occhi di un inquietante viola scuro.
“Qui si tratta di fiducia, ragazzo mio – sussurrò il mago, freddo come una lama nel cuore – Fare una cosa simile comporta innumerevoli rischi, soprannaturali e non…uno dei miei maghi potrebbe venir posseduto, voi potreste rimanere ucciso (dubito che la vostra richiesta sia dettata da semplice curiosità accademica), i templari potrebbero decidere di avere una coscienza e piombarci addosso come avvoltoi…oppure, voi potreste essere una spia della Chiesa, mandata qui per portarci alla distruzione…cosa potrebbe mai spingermi a rischiare tanto per voi, un collaboratore fidato, certo, ma pur sempre un estraneo?”
Alistair si rese conto che il mago aveva ragione…abbassò il capo, in preda allo sconforto.
“Tuttavia… - riprese il mago, di nuovo paterno – se, come credo, la vostra motivazione è stata così grande da farvi arrivare fin qui, penso che potremmo trovare un accordo”
Dentro di sé, Alistair sentì tornare prepotente la speranza…assieme ad un campanello d’allarme che gli intimava di restare allerta.
“Cosa volete?” chiese, brusco.
“Do ut des…voi fate un favore a me, e io ne faccio uno a voi – si affrettò a precisare, cogliendo l’espressione interrogativa sul volto di Alistair – e sarà un favore di tale importanza, da non lasciarmi dubbi sulla vostra buona volontà, nonché sulla vostra abilità di sopravvivere nell’Oblio”
Alistair si fece sempre più sospettoso. Che razza di favore poteva essere?
“Chiariamo subito: non rubo ai poveracci, non sequestro vergini, e non uccido templari…”
“Oh, credetemi – sussurrò il mago, mellifluo – in questo caso mi ringrazierete…”
Il Sovrintendente aprì un cassetto della scrivania, e ne estrasse un pacco di pergamene, che porse ad Alistair. Il giovane prese la prima della pila, studiandone la scrittura fitta e il sigillo della Chiesa in calce.
“Che cosa…”
“Vi dice niente il nome ‘Cullen’?”
Al sentir pronunciare quel nome, Alistair s’irrigidì.
Oh, certo che ricordava Cullen.
Dovete ucciderli tutti! Nessuna pietà di loro, schifosi maghi del sangue!
Cullen, preferirei risparmiare un maleficar, che rischiare di uccidere un innocente…
NO! Devono morire! DOVETE MORIRE TUTTI, DANNATI MAGHI!
“A giudicare dalla vostra espressione, direi di sì – disse il Sovrintendente, indicando la pila di pergamene con un dito – Sapete certo che Cullen era un templare, e che fu torturato per giorni, sia fisicamente che psicologicamente, dai maghi del sangue asserviti ad Uldred. Quello che non sapete, è che, poco tempo dopo la fine della guerra, il nostro buon Cullen ha avuto un piccolo crollo…”
“Dopo tutto quello che era successo, anch’io avrei sentito il bisogno di una vacanza…” scherzò il giovane, tentando di alleviare la tensione.
“Oh, certamente – annuì il mago, mellifluo – se per ‘vacanza’ intende massacrare a colpi di mazza dieci apprendisti…”
“COSA?!”
Alistair balzò dalla sedia, pallido in volto, gli occhi spalancati dall’orrore.
“Esattamente – continuò il mago, imperturbabile – Cullen vedeva demoni dormienti pronti a balzare fuori in ogni momento e a mettere a ferro e fuoco il Ferelden in ogni mago, e forse anche nei suoi fratelli templari…Così, un bel giorno, ha deciso di porre fine a quella terribile minaccia in maniera del tutto personale, e ha fatto una strage di maghi, finchè i suoi compagni non l’hanno bloccato…ci sono voluti venti templari e una buona dose di pozioni calmanti, prima di riuscire a domarlo…è tutto scritto qui, nel rapporto stilato dal comandante Gregoir.”
“E voi come l’avete avuto, questo rapporto?” chiese, aggrottando la fronte, diffidente.
“Ha importanza? Davvero, ha importanza, davanti alla consapevolezza che Cullen è ancora a piede libero?”
“Come sarebbe a dire? – esclamò Alistair, incredulo – non lo hanno rinchiuso?”
“Sono certo che lo avrebbero fatto, se Cullen non li avesse massacrati durante il tragitto, prima di darsi alla fuga…”
Si alzò, e si pose al fianco di Alistair, scoccandogli uno sguardo molto eloquente.
“Quel pazzo è libero per il Ferelden, preda della sua paranoia omicida. Ogni giorno ricevo notizie di intere congregazioni di maghi massacrate, famiglie innocenti annientate, viandanti impalati sulle staccionate delle strade principali e fattorie date alle fiamme…il tutto compiuto dalla stessa mano”
“Come fate ad esserne certo?”
“Lascia una…firma – scartabellò con dita veloci le pergamene, fino a trovare un disegno che porse ad Alistair – il simbolo di Andraste. Lo traccia sul terreno col sangue delle vittime”
Alistair avvertì una fitta allo stomaco. Dovette trattenere l’impulso di vomitare che gli stava salendo, acido, nella gola. Non poteva crederci…che razza di uomo avrebbe mai potuto…
Prometheus non aveva mai nascosto i suoi timori riguardo all’esaltazione di Cullen, certo, ma arrivare a tanto…
“Perché la Chiesa non è intervenuta?”
“Vogliono far passare a cosa sotto silenzio – sibilò il mago, la voce incrinata dal risentimento – Sarebbe alquanto disdicevole, se si venisse a sapere che i venerabili templari possono essere peggiori del ‘male’ da cui dovrebbero difenderci, non credete? Per il momento, si limitano a cancellare le tracce e ad attribuire le stragi ai briganti, sperando di prenderlo prima che faccia ancora del male…”
Si toccò la tempia con un dito.
“Ma lui è uno di loro…sarà pure pazzo, ma non è stupido…conosce le loro abitudini, i loro schemi, le loro strategie…non hanno alcuna chance di fermarlo, così come non ce l’hanno i miei maghi, contro i suoi poteri di templare… - si piegò, e sussurrò all’orecchio del cavaliere – Voi, d’altro canto, avete tutte le abilità di un templare, e la mentalità di un Custode Grigio…voi avete una possibilità di porre fine a tutta questa morte, una possibilità che nessun altro ha…”
Alistair si alzò dalla sedia, non apprezzando quella vicinanza velenosa, e si mise a percorrere la stanza a grandi passi, inquieto. Per quanto odiasse ammetterlo, il mago aveva ragione. Anche se non avesse voluto collaborare col Collettivo, la Chiesa stava facendo una cazzata colossale, ancora più grave perché non se ne prendeva la responsabilità…porre fine all’esistenza di Cullen non era solo un modo per raggiungere i suoi scopi, o fare il lavoro sporco del Collettivo, era la cosa giusta da fare. Si morse la lingua, al pensiero che il Sovrintendente l’aveva in pugno. Aveva sfruttato la sua stessa morale contro di lui, e Alistair ci era cascato come un allocco.
Battè la mano aperta sul pacco di pergamene, piantando addosso al mago uno sguardo carico della sua volontà ferrea di non venir usato.
“Lo farò – dichiarò, mortalmente serio – ma se scopro che cercate di fregarmi…”
“Non temete, Alistair…”
Era certo che il mago stesse sorridendo trionfante, sotto quella maledetta maschera.
“…avremo tutti quello che vogliamo…”












 


Dun dun duuuuuuuuuuuun!
La faccenda si fa seria! XD
O fanciulle, vi ringrazio immensamente per i vostri commenti e consigli preziosi! Sono commossa! ç_ç
Ma andiamo con ordine:
Shainareth, Alistair è UN verginellO indifesO, non UNA verginellA indifesA, da notare la differenza essenziale tra le due figure! XD Per questo ha bisogno di noi fangirl coi controfiocchi, per difenderlo da Prole Oscura e sorelle stronze! Povero Alistairuccio, ti difendo iooooooooooo!!!! <3
Per quanto riguarda l'età, so che il calcolo è errato, ma nel gioco lo fanno proprio VECCHIO, sacri mutandoni di Andraste, e poi a mia discolpa posso dire di aver letto solo il primo libro, non La Chiamata...correggerò non appena avrò una datazione più precisa...ma io ho sempre pensato che avesse circa 25 anni, magari ho esagerato a definirlo sulla trentina...
Laiquendi, ho provato a scrivere che dormiva nudo, ma ho sbavato così tanto sulla tastiera al solo pensiero che ho rischiato di romperla XD quindi, per la salute del mio pc, ho deciso che nel Ferelden ci sono i pigiami e basta! XD
I più attenti di voi mi avranno scoperta, sono una fan di Bleach (ho deciso che Kenpachi è il mio padre putativo, punto), e in effetti mi sono ispirata ad Aizen per delineare la figura del Sovrintendente.
Nel prossimo capitolo, usciremo dalla torre, e daremo la caccia a Cullen, quindi armatevi di pazienza e di impiastri curativi, perchè la battaglia sarà dura! >.<
Alla prossima!
  
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