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Autore: cocochokocookie    26/05/2010    4 recensioni
L'orgoglio ferito da parole di sottovalutazione, desideri di conquista che portano anche ad andare contro amici di vecchia data, e la presunzione del potere che scorre nelle vene. Ma la superbia non sempre veleggia su acque sicure, nella Storia di un Impero.
[Siglo de Oro]
Genere: Generale, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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| Imperio Mutilado ~ Mentiroso | Cap. 1
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Rating Capitolo: Arancione [A R A N C I O N E, ho avvisato: A R A N C I O N E, principalmente per la terminologia, ma solo se siete poliglotti :'D]
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Lovino Vargas ~ Italia Romano ◊ Stato del Vaticano | Arthur Kirkland ~ United Kingdom | Francis Bonnefoy ~ République française | Gilbert Weillschmidt ~ Preußen
Nota: Conclusione del XVI secolo
Osservazioni personali: esattamente, ieri compivo il mio diciassettesimo compleanno, sono praticamente al culmine dell'antica età da marito, quasi. OoooH~, zitella e vecchiarda, quale onta ç^ç


Imperio mutilado
HERIDA



Alto sulla costa, gli stivali affondati nella sottile e rada sabbia che intervallava le sporadiche zolle d'erba sormontanti il promontorio roccioso, restò immobile, investito dal vento della brezza notturna, mentre all'orizzonte il sole concludeva il suo ciclo, provocando l'ilarità della Nazione, la quale scoppiò a ridere, prima di voltarsi al calar delle tenebre, lasciandosi coprire dal manto della giubba lunga e scura, il ghigno sul viso più simile ad una lama insanguinata, almeno quanto il vestiario.
Sangue rappreso, sangue straniero.
Sangue spagnolo.


Sentiva i granelli sotto il corpo, sui palmi, fra le dita. Respirava con lentezza, gli occhi socchiusi e la vista sfocata.
Era a casa, lo percepiva dal sole, dall'aria che scivolava lenta e dolorosa nei polmoni, dal rumore delle onde dopo una tempesta.
Naufrago in sé stesso.
« Biondo! » aggrottò le sopracciglia alla voce lievemente acuta, troppo concentrato sul movimento del torace per badare ad altro, per dare attenzione a voci circostanti. Voleva soltanto se ne andassero, chiunque fossero quelle sagome scure che si frapponevano fra i suoi occhi ed il cielo albeggiante.
« NON CHIAMARMI A QUEL MODO! » litigavano anche. Gioia e giubilio per i suoi timpani, saturi d'acqua salmastra quanto le vie respiratorie ed ogni senso umano.
Chiuse le palpebre, era spossato, stanco, spossato.
Distrutto.


Romano camminava lento, avanti ed indietro in quel giardino antecedente l'entrata della Villa: andare nel retro, tra i campi coltivati gli era vietato; i contadini che lavoravano sotto il sole alle piantagioni erano una vista fioca e lontana, dalla sua finestra e dalla sua attenzione, attratta dallo specchio rilucente del mare, così simile a quello di casa.
Giocava con i sassi levigati che si dissestavano dall'ordinato lastricato, ai bordi, usandoli per scavare nel terreno grezzi bozzetti e caricature, ambigui disegni e percorsi per sassi più piccoli, o frutti rotondi, quando ne trovava.
Non sopportava di stare all'interno di una casa così grande in solitudine: le domestiche non parlavano con lui, si limitavano a portargli i pasti, gli abiti ed il necessario per l'igiene, per il resto del tempo riusciva a scorgerne solo l'ombra, in quei corridoi opulenti e sfarzosi quanto apparentemente fragili.
Il bianco, si sa, si sporca facilmente.
E quella casa era tutta bianca, quasi a riflettere i raggi del sole che sorgeva e moriva ogni giorno, anche nell'impero dove non tramonta mai.
Sussultò nel sentire dei passi lungo la strada, correndo all'interno dell'abitazione, non era mai successo che qualcuno si presentasse a casa di Antonio, in quel lungo periodo di assenza, gli pareva innaturale avere qualcuno intorno senza lui come riferimento effettivo, per quanto avesse imparato ad orientarsi in quella casa, seppur grossolanamente.
« Scheiße, pure la porta chiusa » sentì proferire oltre l'uscio, al che corse a nascondersi sotto la rampa di scala, osservando il portone inciso e massiccio smuoversi, così oscurato.
« La solita grazia » commentò un'altra voce, alludendo al calcio inferto dal primo per spalancare la porta. Questi mugugnò contrariato, prima di sbuffare e sistemarsi meglio il peso sulle spalle, sostenuto nella medesima quantità dall'altro, avanzando nell'atrio.
Una donna scese le scale, portava il grembiule bianco e l'ampia gonna vermiglia dell'uniforme della servitù, i lunghi capelli scuri legati in due treccie e l'espressione cupa.
« Salve, serve dell'acqua » commentò sarcasticamente il primo che aveva parlato. Lovino non lo riconobbe, non l'aveva mai visto prima, eppure aveva qualcosa di stranamente fastidioso, in quell'accento secco con cui tingeva ogni consonante e minimizzava le vocali, ogni sua parola pareva un ordine, un'imposizione. E poi era strano, non aveva mai visto capelli tanto chiari, quasi fossero ossa sottili e leggere, per non parlare degli occhi: pareva il demonio, con quelle fiamme nelle iridi.
« Lo perdoni, è un buzzurro » il tono gentile dell'altro provocò un brivido lungo la schiena dell'italiano, l'arrotondamento delle parole più secche e la morbidezza del tono di voce gli davano la nausea, oltre che infastidirlo per lo stridio con la parlata dell'albino. Era il francese di Napoli, era il francese che lo voleva portare via dalla sua terra.
Ma ora non c'era Antonio, e lui era sotto una scalinata a pochi metri dall'invasore dei suoi campi, accompagnato da una lingua grezza.
La donna non si mosse, limitandosi a tornare indietro, dopo aver guardato con indifferenza entrambi gli ospiti. Non li conosceva, ma aveva sentito parlare di loro dalle domestiche più anziane, i suoi amici.

Francis osservò la sudamericana allontanarsi, aggrottando le sopracciglia con espressione sorpresa, mentre l'amico storceva il naso, decisamente meno fino del francese.
« Ehi, dico a te: non vedi che serve una mano, blöde? » esclamò il prussiano, mentre l'altro scuoteva il capo, voltandosi poi al compare, zittito però dalle parole della donna, mentre questa si allontanava.
« Chingate, non aiuto un hijo de puta dopo quello che ha fatto a noi. Che muoia » sibilò, prima di scomparire tra i corridoi, seguita dallo sguardo furente di Gilbert, il quale fece per seguirla e sguainare la spada, se Francis non l'avesse richiamato con un mugugio per l'improvviso carico di peso solo sulle sue spalle.
« Hure » sputò tra i denti l'albino, prima di riprendere il carico amaranto, salendo le scale.
« Ti dai una calmata, sì? » lo rimproverò Francia, mentre imboccava corridoi principali, soffermandosi davanti alla porta, ignaro di essere pedinato a distanza, a differenza dell'altro, fin troppo vigile per non notare i passi ovattati, veloci e brevi a qualche metro da loro.
Entrarono nella stanza dello spagnolo, lasciandolo scivolare sul letto e sospirando entrambi, mentre il biondo si sedeva sul divanetto presente nella stanza.
Prussia osservò l'amico privo di sensi, scuotendo il capo e sbuffando, prima di appoggiarsi allo schienale del canapè, schioccando la lingua al palato.
« Blödsinnig » sospirò dopo qualche minuto il tedesco, al che Bonnefoy non potè far altro che annuire, sospirando poi.
« Devi sempre essere così volgare? » commentò, accompagnandosi con un gesto della mano, mentre la porta della stanza, lasciata aperta, lasciava intravedere una testolina castana con gli occhi grandi ed i vestiti sporchi di terra ed erba, intenta ad osservare il corpo disteso sul letto.
Era... morto?
Si avvicinò un poco, guardando male il francese ed ignorando il prussiano, arrivando con lentezza e circospezione fino al baldacchino, sotto osservazione degli altri due.
« Chi stachel è? » mormorò Gilbert, sorpreso dall'apparizione del piccoletto, le mani ai fianchi e l'espressione saccente, inarcò il sopracciglio niveo al gesto quasi infastidito di Francia di alzare la mano per zittirlo, attento, ricevendo dopo qualche istante una risposta ricollegabile alla loro ultima diatriba in Sud Italia.
Gilbert cerchiò la bocca in un'espressione quasi ebete, mentre l'altro storceva il naso con stizza, mentre il piccoletto gli rivolgeva un'occhiata d'ira, avvicinandoglisi e tirandogli un calcio negli stinchi.
« Bastardo figlio di puttana, cosa gli hai fatto? » urlò, mentre il prussiano scoppiava a ridere ed il biondo prendeva il ragazzino per la collottola, alzandolo di qualche centimetro e guardandolo con sufficienza.
« Moi l'ho riportato a casa, è lui che è sot » concluse, ignorando i movimenti di Romano, il quale si dimenava, a metà tra l'irritato e l'impaurito, prima di essere rimesso a terra, domandandosi perché tutti ci provassero tanto gusto a fargli mancare la terra sotto i piedi, per la miseria.

Fracasso, voci, baccano, rumore. Parecchio rumore.
Ed un'emicrania da far spavento, oh, se la sentiva bene, quella.
Rimbomava nelle tempie, assieme allo scrosciare della pioggia delle nottate precedenti.
« Vaya mierda, carajo » esordì finemente, in segno di disapprovazione a quella sottospecie di putiferio nei suoi timpani, sostenendosi con i gomiti, sententendosi affondare su di una superficie sofficie e morbida, aggrottando le sopracciglia e socchiudendo le palpebre, lasciandosi scivolare nuovamente sdraiato, rantolando per una fitta all'altezza della spalla dopo averla caricata di peso.
« Stai fermo, cretino » la voce leggera gli perforò il timpano destro, per quanto fosse poco più di un borbottio infastidito e sommesso, mentre gli sfuggiva dalle labbra un'imprecazione di dolore per il bruciore improvviso al taglio dolorante.
Spalancò le palpebre, costringendosi a mettere a fuoco la situazione, aggrottando le sopracciglia nel ritrovarsi il familiare baldacchino del proprio letto sopra il capo.
« Bonjour »
Alzò il capo, ritrovandosi un ammiccante e sarcasticamente sorridente Francis ai piedi del letto, mentre Gilbert ghignava con la schiena appoggiata ad uno dei bracci che sorreggevano i tendaggi pesanti e scarlatti. Sul divanetto poco distante, la giubba, la camicia di cotone e l'alabarda erano ammassati alla bell'e meglio, mentre un cappello piumato faceva capolino sulla montagnetta creata dagli indumenti.
“ Romano? ” collegò, prima di storcere il naso per il fastidio e scostare il braccio, voltandosi e trovando un ragazzino italiano dall'espressione irata e gli occhi rossi, armato di stoffa e rhum.
« Guten tag, Antonio » esordì il prussiano, inarcando il sopracciglio destro, ricevendo uno sguardo velenoso dall'iberico, infastidito dall'idea di essersi dovuto far salvare da altri, dopo la rovinosa e vergognosa disfatta lungo la Manica ad opera di quel nanetto saccente ed i seguenti temporali disseminati lungo il ritorno.
Era naufragato? Esattamente.
« Huevon » replicò lo spagnolo, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie con la mancina, prima di voltarsi nuovamente a Lovino, accennando un sorriso forzato all'espressione orgogliosa del più piccolo, evidentemente preoccupatosi, a giudicare dalla faccia quasi stravolta che tentava di mostrare il meno possibile, per quanto gli risultasse male.
« Che ci fate qui? » domandò dopo qualche minuto di silenzio, rivolgendosi chiaramenti agli altri componenti dell'antico e famigerato trio.
« Di niente, Carriedo, figurati, non c'è bisogno di tanto accoramento » commentò Francia, scuotendo il capo ed alzandosi, passandosi poi elegantemente una mano fra i capelli.
« Non ho bisogno dell'aiuto di nessuno, Francia » replicò secco Matamori, mentre Lovino continuava in anormale silenzio a tamponare la ferita, la quale continuava a sanguinare, seppur non copiosamente.
« Sta zitto, con » tagliò corto il francofono, guardandolo di sbieco.
« Eri arenato a nord, ti abbiamo cercato per cinque giorni » informò l'albino, il quale continuava a ghignare, quasi calcasse la mano sulla situazione dell'altro.
« Adios » concluse freddamente Antonio, aggrottando la fronte per l'ennesima fitta causata dall'alcolico a contatto con il taglio profondo. Gilbert non proferì parola, limitandosi a fare un'ironica riverenza ed uscire dalla stanza con espressione indifferente, mentre il francese si soffermava pochi istanti sull'uscio della stanza, guardando quasi con compassione lo spagnolo, cosa che irritò il ferito più di ogni altra, probabilmente.
Ripetè il brusco congedo scandendo le lettere, incitando Francis ad andarsene, mentre questi guardava ora Romano, ora lui, sospirando ed allontanandosi.

« Romano, non dovresti essere nelle tue stanze? » domandò con tono di rimprovero il Conquistador, serrando i denti per una pressione volutamente eccessiva sulla ferita da parte dell'interpellato.
Non solo lo lasciava alla deriva quasi per mesi, tornando poi ridotto peggio di uno straccio per passare la cera sui pavimenti, ma pretendeva anche che gli obbedisse come un cagnolino quando lo aiutava.
« Pensa a sanguinare meno e stare più zitto » mugugnò il ragazzino, iniziando a passare la garza di stoffa imbevuta nell'alcol attorno alla spalla, le ginocchia sul velluto delle coperte e l'espressione concentrata nella sottile ed innaturale ruga fra le sopracciglia aggrottate.
Fosse stato un suo qualsivoglia subordinato l'avrebbe preso a schiaffi per toni simili, fosse stato Belgio, Olanda, Marocco si sarebbe ritrovato a doversi preoccupare delle sue, di ferite.
Eppure c'era qualcosa, nel tuo tono di voce e nei suoi gesti, che gli suggeriva che, tra i due, era comunque l'altro quello più fragile.
Antonio rimase silente, accennando un sorriso, divertito dal tono del più piccolo, sospirando e socchiudendo gli occhi.
« Vai, Romano, lascia stare » concluse dopo quelli che sembrarono secoli per la densità intrisa di rabbia e rimprovero che permeava il pesante silenzio calato.
« No » insistette l'altro, prima di soffermarsi alla presa sulla propria spalla, ruvida.
« Vai, ho detto. Posso finire da me. » concluse, falsando un sorriso, al che l'altro gli gettò in viso il pezzo di stoffa imbrattato di sangue e rhum, uscendo e sbattendo la porta con volontari impeto ed enfasi.
Rimasto solo, la Nazione imperiale sospirò, prendendosi il capo tra le mani, chiudendo gli occhi e serrando la mascella.
Era stato un idiota, un cretino, un deficiente a pensare di riuscire a battere Arthur su un campo di battaglia simile: era praticamente andato a tirargli i sassi sotto il balcone di casa sua.
Ed ora?
Ora sentiva scivolargli tutto fra le dita, ma non l'avrebbe permesso. Aveva lottato per guadagnarsi quelle terre, quei territori, il suo El Dorado oltreoceano, il suo Roma Caput Mundi, la sua reputazione.
El imperio en el que nunca se pone el sol.

Non aveva intenzione di muoversi. Affatto.
Dava le spalle a quella porta da tre quarti d'ora buoni, quando si decise a voltarsi, socchiudendo appena l'uscio ed osservando il più grande fasciarsi con attenzione il torace, sussultando nello spostare l'attenzione sul suo viso abbronzato, rigato.
Aggrottò le sopracciglia, chiudendo delicatamente e silenziosamente la porta, tenendo appoggiata la mano sul pomello per qualche istante, fissando l'oro con il quale era fabbricata senza vederlo davvero, prima di allontanarsi, scendendo le scale con passo veloce, uscendo e correndo fino al grande cancello privo d'inferriate.


« Che pensi? » domandò la figura sotto l'ombra di uno degli ulivi nel giardino di Villa Carriedo, le iridi rosse che svettavano per la luce solare riflessa sull'abitazione.
« Che almeno prova a sorridere » concluse il biondo in un sospiro, sistemandosi il copricapo celeste e guardandolo con espressione stanca, prima di avviarsi per le strade di Madrid, seguito dopo poco dal prussiano.
Questi si soffermò poi, sentendosi tirare.
Abbassò lo sguardo, inarcando il sopracciglio destro all'espressione infastidita del ragazzino Vargas, stranito.
« Che vuoi? » domandò seccato l'albino, guardandolo male.
« Grazie » sputò rapidamente Lovino in italiano, prima di voltarsi e tornare entro le proprietà civiche dell'iberico, sentendo lo sguardo interrogativo del tedesco, il quale non aveva capito un accidenti di ciò che gli aveva detto.



« Francis? »
« Che c'è? »
« Cosa vuol dire ‘grazie’? »
« ‘Danke’, perché? »

« ... Antonio è un bastardo »






Esatto, hanno usato tutti e quattro il fine linguaggio degli scaricatori di porto [che definizione classista] degno della loro lingua natia, eccetto Francis, il quale si è contenuto un poco, per lo meno.
I termini vanno dal ‘inchiappettati’ al ‘figlio di donna dalla cattiva reputazione’, passando per ‘sciocco’ e similari ~ Oh, ed il tono di voce, nell'ultima frase, è quello di uno che ride come un deficiente. Vai Gilbo <3 :'D
El imperio en el que nunca se pone el sol = definizione coniata da Carlo V significa letteralmente ‘L'impero dove non tramonta mai il sole’, riferendosi al fatto che quando il disco dorato calava in Europa sorgeva nelle Americhe e viceversa.


~ Risposta alle recensioni [O... M... A... °_______° maquantesono? *AAAAAA* AAAH, chebellochebellochebello]

Kurohime
Povero davvero, se poi gli arriva in casa colui in cui confidava in una situazione simile, li mortacci che salta di gioia :'D

kristin
Lieta e — ammetto— sorpresa dai tuoi complimenti, sono felice ti senta o sia sentita anche per poco nei panni di Antonio, dato che uno dei punti su cui faccio leva è appunto il tentativo costante di far immedesimare il lettore nell'ottica dell'autore stesso —l'è mìa 'na bèla roba 'A'— e nel personaggio per primo, il fatto che tu sottolinei la rarità di questo nel tuo caso, beH, ammetto che mi ha fatto saltellare per casa non poco :'D.
OMA, non so cosa dire, davvero —cosa alquanto rara nel mio caso, poiché molti si lamentano di una fioca quanto lieve persistenza all'essere logorroica [a dir loro >>]—, se non grazie.
Grazie per gli auguri, fetta di torta? *^* —su di giri :'D—

la Crapa
Adèla cheee! *fissa con inesistente senso critico il dolce, prima di affondare la forchetta nella precaria composizione di pasticceria e ficcarsela giù per l'esofago*
E mini pizze *-* e piatti di paella *-* ed ora mi calmo e faccio la brava bimba *-* —vulcano islandese che ha un nome IMPRONUNCIABILE e chilometrico, fastidioso fin dall'anagrafe =^=—
La differenza tra l'Imperio e l'Impero è probabilmente stata incarnata dalla distanza enorme che divideva le colonie tra loro e l'inettitudine del ceto aristocratico spagnolo, tanto pomposo quanto negato nell'economia e negli investimenti di capitali, rispetto all'utilizzo del denaro nell'epoca classica da parte dei romani quali costruzioni utili ad arricchire un'economia interna.
Contentissima ti sia piaciuto anche England *A* *saltella all'applauso* :'D
DORSORUGOSO DI NORVEGIA *AAAAAAAAAAAAAA* *ha amato l'animazione a computer dei draghi in HP, oltre che il libro —sia santificata la saga, anche se l'epilogo è una schifezza u_ù—*
Non riporre fiducia in me, donna, non sono sicura di riuscire a portare a compimento questo surrogato di Fan Fiction unita ad una puntata di SuperQuark :'D.

Finiti i pre-esami, a dopodomani la notizia dell'ammissione o meno.
Speròm bè çAç

Takami_Kinomiya
*lascia sventolare mantellodellefrasisparateallacazzochesisonorivelatefigate* GRAZIE *^^^^^^*9
E, manco a dirlo, ti ringrazio per la recensione, riempie di orgoglio il vedere che qualcuno apprezza o critica il tuo operato e ti spinge a continuare ad avanzare in questo percorso ‘strano’ —è dir poco :'D—

Eh, Lovino. Lovino è sboccato, probabilmente l'autore si è reso conto che la lingua italiana è quella con la gamma d'imprecazioni ed insulti maggiore al mondo ed ha partorito questo diavoletto con la censura sulle labbra :'D.
E sì, un bel ‘Fottiti’ gielo ha lanciato, al povero Tonio :'.

nihal the revenge
adoro come stai presentando il rapp spagna-romano,sono proprio loro,decisamente!
w lovi,il re della coerenza(troppo bella la scena del cappello dello scorso capitolo).bene così,perchè antonio ha comunque un lato bianco,che ora mostra solo a romano,ma c'è.(in pratica ha una doppia personalità ^^")
*rullo di tamburi*è arrivato iggy,e che ingresso!grande modestia questo ragazzo,non c'è che dire XD.mi è piaciuto come l'hai presentato,e anche le sue parole,lo adoro!(ma no,anche lui??!!ebbene sì,in questa ff amo tutti eccetto austria,che detesterò sempre e comunque,sorry ù_ù).
antonio si è preso proprio una bella batosta(se non sbaglio simbolicamente è a partire da questo momento che inizia la crisi della spagna).tocchrà a gil e francis andare a consolarlo?sarà finito in depressione poveretto,e a vedere loro,forse ci finirà ancor di più XD.
bellissimo capitolo,come sempre del resto.
una cosa...si vedrà ancora un po' feli?mi piacerebbe moltissimo *_*
gli auguri te li faccio anch'io,ciao!

La scena del cappello sta raccogliendo consensi, evviva Lovinoooo~ :'DDDDD.
Ed il cappello, ovviamente u_ù.
Esatto. Molti sottovalutano la battaglia nella Manica tra la Spagna ed il Regno Unito, senza calcolare che in questo frangente si è segnata la fine di un impero e l'inizio di un altro, il quale perdura, se possibile, ancora ai giorni nostri, nella superbia inglese e nel potere trasmesso all'America —riuscite ad immaginare la corona di Siviglia  al posto di quella inglese? Ed il pesos a sfidare l'Euro, invece che far combattere questi contro la plurinominata sterlina?—.
Non so se Feliciano si vedrà nuovamente, non so una cippa di 'sta fan fiction, per la miseria :'DDDDDDDD *dichiarazione shock* [però ci spera, in un VeneCiano sorridente per bilanciare la cruenza di Spagna :'D].
ASSHIEEE *_____*






Ed ora, madame e ... [non so come si scriva monsieu, avendo fatto tedesco alle medie, ma sorvoliamoooooo~], mi ritiro sui libri di Arte, che il tema finale incombe + +
   
 
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