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Autore: war    29/05/2010    1 recensioni
Fra gli esorcisiti, per combattere il Conte del Millennio e i Noah, viene inviato dal Vaticano un aiuto, giunto direttamente da quel Dio che a volte ci si dimentica di amare... La strada da percorrere è una sola: ed essa è sempre stata perfettamente delineata davanti ai nostri piedi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

- Spesso il male di vivere ho incontrato – Eugenio Monatale



Per un fugace attimo, mentre ero intenta a scappare dalle mire di Tyki Mikk, mi chiesi che fine avessero fatto le altre due ragazze.
Nella concitazione seguita all’inizio dello scontro con uno dei Noah più forti in circolazione non mi ero curata altri che di me stessa e ammetterlo mi provocava un leggero senso di colpa. Una creatura del Signore non doveva agire in tale modo, ma forse, tutti gli anni vissuti come essere umano mi avevano alla fine resa più simile a loro che a ciò che ero alla mia origine.
- Sei sicura di poterti concedere tutte queste distrazioni? – chiese Mikk con un ghigno malevolo sul bel volto prima che la sua Tease di posasse sul mio braccio.
Era abbastanza doloroso, come se sulle zampette di quella cosa dall’aspetto leggiadro vi fosse acido corrosivo. Feci un gesto istintivo. Tipicamente umano. Se una ragazza è infastidita da un insetto lo scaccia con la mano. E fu un grande errore perché così avevo si distrutto una delle care Tease del Noah ma mi ero anche ridotta la mano uno schifo.
- Gesto istintivo ma non troppo furbo – non mancò di notare l’irritante Piacere.
- Grazie, potevi avvisarmi prima – ribattei in un ringhio.
Sono tuo nemico. Se ti indebolisci da sola a me fa solo piacere… - ribattè ampliando quel ghigno distorto che si portava incollato alla faccia.
Vogliamo tirarla per le lunghe? – chiesi iniziando a spazientirmi.
Guarda che stai avendo la peggio, o meglio voi esorcisti state avendo la peggio… Vuoi dare uno sguardo? – chiese il Noah accendendosi una sigaretta.
L’opportunità che mi veniva offerta era ghiotta, perché potevo sapere senza troppa fatica cosa fosse capitato o cosa stesse capitando agli altri ma la controparte non era per nulla allettante. C’erano troppi “ma” in sospeso, incluso quello che ciò che mi veniva mostrato corrispondesse a verità.
Sono il Noah del piacere, non quello della Menzogna – mi fece notare lui sbuffandomi un faccia una nube azzurrata di puzzolente fumo di sigaretta.
Arricciai il naso e feci una smorfia.
So chi sei, anche il mio collo si ricorda bene di te. – non mancai di appuntare. Lui rise, una risata roca e sensuale.
A quanto pareva i suoi piani su di me stavano cambiando di nuovo.
- Nella remota possibilità che fossi interessata alla tua proposta… Cosa mi verrebbe a costare? – chiesi stando sempre sul chi vive.
- Chissà… Non ho ancora stabilito il giusto compenso. – disse lui gettando a terra la cicca della sigaretta. Ma cos’aveva fatto? Se l’era mangiata!? Due tiri, al massimo tre e l’aveva finita? Signore mio era troppo sperare che i polmoncini di quel malefico Noah cedessero sotto il peso del catrame?
-Grazie ma la proposta non mi interessa. – ammisi iniziando liberare la mia Innocence. Ormai il sigillo dell’orecchino, quello che mi aveva dato Leonardo non era più efficace. Forse il passare del tempo lo aveva indebolito. Improvvisamente mi resi conto che non era affatto così. Quel sigillo non aveva mai davvero posseduto il potere di sigillare la mia Innocence. Semplicemente ero io a crederlo. Ad esserne convinta e la forza della mia convinzione aveva influito il mio comportamento. Credendo di non poter fare una cosa mi ero persuasa di non poterla fare davvero.
Riconobbi davanti a me stessa e all’evidenza che Leonardo era davvero un genio. Non solo per le proiezioni futuristiche delle sue idee ma anche per la capacità quasi spaventosa di comprendere il funzionamento della mente.
Libere dalle costrizioni che io stessa avevo imposto le mie ali dalle candide piume si aprirono alla mie spalle.
Cosa stai…!?! – la voce del Noah del Piacere era strozzata e voltandomi verso di lui notai che si teneva il petto con una mano mentre il volto sbiancava ed il respiro si strozzava nella sua gola. L’espressione di dolore che gli distorceva i lineamenti si stava rapidamente sostituendo a quella di sorpresa che ancora dimorava nei suoi occhi dorati.
Armi pari. Armi pari mio caro Noah. – gli dissi con una voce che per un momento non riconobbi come mia ma come quella dell’altra me stessa.


Il muro davanti ai miei occhi divenne trasparente ed io riuscii a vedere cosa stava accadendo al di la di esso.
Road.
Road che giocava il suo gioco crudele con le altre due ragazze.
Miranda era vittima dell’illusione della mocciosa e piangeva, incapace di reagire davanti a quella che era una delle sue maggiori ansie: essere inutile.
Lenalee era colpita nei suoi affetti più profondi. Mi resi conto che Allen era davvero Allen, o meglio era il Quattordicesimo e che tutto sommato quella situazione lo stesse incuriosendo. Mi sentii arrabbiata e quasi tradita per la mancanza di interesse che il Noah reietto mostrava nei confronti della pena manifestata dalla ragazza.
Non potevo sentire le parole di Lenalee ma la disperazione dipinta sul suo viso era molto più eloquente di qualsiasi suono. La vidi lasciarsi cadere fra le sue stesse ginocchia, coprendosi il volto con le mani per arginare il fiume di lacrime che ormai non poteva essere contenuto oltre.
Vidi Road ridere, gettando indietro la testa. La risata le percorreva il corpo, scuotendolo come una foglia in balia del vento. Provai rabbia. Rabbia per quel divertimento meschino. Per la risata crudele che il patimento altrui portava su quella bocca di bambina. Se fino ad allora, per quanto trovassi decisamene antipatica la Noah dei Sogni, mi ero sempre trattenuta in virtù del fatto che avesse l’aspetto di una bimbetta adesso, la rabbia che ruggiva nelle mie vene mi fece di colpo comprendere che quella Noah non era diversa da tutti gli altri membri della Famiglia. Non importava che aspetto avesse. Così come non importava l’aspetto fisico degli Akuma.
Gli Akuma erano sempre Akuma, indipendentemente dalla sembianza che prendevano. Erano creati dal Conte del Millennio per divenire i suoi strumenti. In un certo senso non erano diversi dagli Esorcisti o dagli Apostoli… Ma nell’altro senso erano profondamente diversi. Difficilmente un esorcista rinunciava ad essere tale, ma la scelta era arbitraria. Mollare, arrendersi, cambiare vita era una possibilità. Anche se a conti fatti nessuno l’aveva mai scelta era pur sempre un’ alternativa che nostro Signore non ci toglieva. Il conte non lasciava scelta.
Usava il dolore di chi era sopravvissuto ad una persona cara, per costringere con l’inganno a richiamare l’anima del defunto e poi la legava all’Akuma che egli stesso aveva costruito per dare una parvenza di vita a qualcosa di inanimato che diveniva il suo strumento. Senza possibilità di scelta. Senza speranza di redenzione o liberazione.
Solo noi Esorcisti, annientando l’Akuma permettevano all’anima prigioniera di proseguire per il suo iter… Tuttavia non ci era concesso di salvare nessuno. Se l’anima era corrosa dal peccato era destinata comunque all’inferno.
Il Quattordicesimo fissava Lenalee con indifferenza e quasi con sprezzo. Come si guarda uno strano insetto di cui non si capisce la forma, lo scopo o la ragione di essere. Road saltellava intorno alla ragazza, chinandosi ora alla sua destra, ora alla sua sinistra e dicendole sicuramente qualcosa di orribile dato il modo in cui la ragazza si accartocciava su se stessa e singhiozzava.
- Angel… - il rantolo di Tyki Mikk mi riportò alla mia realtà.
Avendo infranto le barriere del mio sigillo la mia Innocence manifestava se stessa. Io ero fatta di Innocence. Non avevo problemi di sincronizzazione o altro, perché non si trattava di essere un compatibile e di adattarsi. Si trattava semplicemente di prendere coscienza della propria intima natura.
- Vattene, Tyki. Vattene se non vuoi essere annientato. – glielo dissi, in un tono che non era minaccioso. Era una constatazione. Avrei potuto dire che il sole sorgeva ad Est e la mia intonazione non sarebbe cambiata di una virgola. Non so perché lo feci; di avvertirlo intendo. Non era certo nel progetto del mio Signore salvare i Noah e il Conte del Millennio. Però glielo dissi. Probabilmente era una questione di coscienza personale. Qualcosa che già avevo ma che avevo sviluppato durante gli anni di permanenza nel mondo umano. Gli angeli delle caste più nobili mi avrebbero compatita, credendo che il difetto insito nei geni umani mi avesse alla fine contagiata.
Chissà se era vero?


Il muro davanti a me andò in frantumi.
Il Quattordicesimo si voltò di scatto, mentre Road si nascondeva dietro uno scudo che aveva innalzato con il suo potere onirico.
- Bentro… - le parole gli morirono sulle labbra socchiuse.
- Oh, il nostro angioletto si è arrabbiato? – mi derise Road.
Non la degnai di uno sguardo. Non era lei che mi interessava in quel preciso momento.
- Non sarò mai dalla tua parte, Lord Lucifero. E non c’entra il fatto che io sono un angelo e tu un angelo decaduto. Non dipende dal fatto che sia stato designato come il Vespertino… E’ solo che tu non capisci il senso delle lacrime, nemmeno delle tue. – lo accusai.
- Delle mie? – chiese lui facendo un passo indetro.
- Non te ne sei accorto? L’Allen che è rinchiuso dentro di te sta piangendo. Se ti tocchi le gote lo puoi realizzare. – gli dissi
Road scoppiò a ridere, maligna.
- E’ ovvio che possiamo piangere. Abbiamo una parte di ricordi di Noè. A conti fatti siamo umani anche noi… Lo è il nostro corpo e lo sono i nostri geni… -
- In tal caso siete ancora più penosi e patetici. Manifestate sentimenti che il corpo ricorda ma la mente no. Non comprendente cosa siete. – le dissi lanciandole uno sguardo di sbieco.
- Tu! Come osi!?! – ruggì lei con una voce che era di donna adulta e non di bambina.
- Che c’è? La verità fa forse male? – ribattei deliberatamente provocatoria.
Volevo lo scontro con lei. Per ciò che aveva fatto a Lenalee. Per ciò che aveva fatto a me. Per quello che mi aveva costretta a realizzare.
- Io lo so cosa tu ami, Angel. E adesso me la pagherai! – sibilò collerica materializzando dal nulla Kanda.
Un Kanda piuttosto pesto per la verità.
Era quello il suo piano? Credeva di piegarmi facendo del male a Kanda? Per un attimo me lo chiesi ma accantonai subito quell’idea. Road non poteva essere tanto limitata… Ma se lo era sarebbe stata meglio per me.
Delle candele appuntite circondarono il ragazzo.
- Che ne diresti se lo riducessi un puntaspilli? – domandò facendo ciondolare le gambe fasciate da calzette a righe dal bordo di una scopa volante sulla quale stava seduta.
Odiavo il suo modo di manipolare la realtà, come se fosse un prestigiatore o un illusionista. Ma quella volta non avrebbe funzionato, perché che lei lo realizzasse o meno, la persona che aveva difronte non era più Angel Cielo ma Azael.
- Kanda è un Esorcista. Sa che il suo dovere gli impone il sacrificio. Se sarà in grado di difendersi dal tuo attacco buon per lui. Io non sono Dio. Io non posso salvare nessuno. –
Qualche candela si slanciò verso Yu.
Il sangue colò rosso e vivo dalle ferite che gli si erano aperte sul corpo. Erano graffi più o meno superficiali, ma era chiaro che Road aveva un certo vantaggio su di lui. E se ciò la distraeva a me faceva solo comodo. Perché stavo raccogliendo potere e lo stavo facendo in sordina.
- Sono certa che al prossimo attacco si farà molto più male. – dichiarò.
- Non lo aiuterò, Road. – le dissi iniziando a raccogliere il mio potere.
- No! – si ribellò lei quando si rese conto che il mio attacco sarebbe stato davvero micidiale.
Le mie ali si aprirono quando riversai fuori di me la forza. Percepii solo le candele evaporare, la Noah gridare di dolore e la stanza in cui eravamo andare in frantumi come uno specchio colpito da un sasso.



Kanda mi fissò per un attimo in silenzio.
Se ci fosse accusa nei suoi occhi blu come la notte io non fui in grado di capirlo. Allen si tolse la giacca e libero del giogo del Quattordicesimo si chinò su Lenalee, coprendo le sue spalle tremanti e accogliendola fra le sue braccia quando lei vi si gettò in singhiozzi. Se ci fosse stato Komui gli sarebbe reso un colpo pensai.
- Tu… - mi richiamò Kanda.
Voltai il capo per fissarlo un attimo.
Le parole non raggiunsero mai le sue labbra, ma io le intesi benissimo.
Gli sorrisi. Sapevo che era un sorriso dolce e gentile. Un sorriso che raramente concedevo.
- Pesano? – chiese ad un tratto indicando con un cenno del mento le ali, che sebbene fosse chiuse e sfiorassero il pavimento, non erano sparite.
- Sono… Ingombranti a volte… - ammisi in un soffio.
- Tsk! – rispose lui avvicinandosi ad un’altra porta.
- Dove vai? – gli chiese Allen
- Ci aspettano per una festa… Dov’è la Lotto? – ribattè lui con il solito tono scazzato.
- Credo sia rimasta infondo alle scale. Vado io a prenderla - annunciai facendo sparire le ali e ringraziando la scollatura del vestito che aveva permesso loro di liberarsi senza farmi restare seminuda. Kanda aveva ragione. Non potevamo piangere sulle nostre ferite; potevamo solo avanzare, interpretando la nostra parte e dando il meglio di noi. non aveva usato le parole per spiegarlo, ma i gesti e il suo stesso esempio.
Questo era Kanda.
  
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