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Autore: Bellis    03/06/2010    1 recensioni
Mycroft Holmes racconta un caso che vide protagonista il celebre congiunto diversi anni prima e dimostra che, nonostante gli anni passino, i fratelli maggiori rimangono sempre tali.
Genere: Avventura, Mistero, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! A scanso di equivoci, lo scrivo immediatamente: codesto è, ahimè, l'ultimo capitolo. Sono molto triste, in questo momento, giacchè mi son divertita così tanto a scrivere questa storia, e...
Mycroft: Lei si è divertita.
Oh, signor Holmes, che piacere.
Sherlock: Come diceva mio fratello, noi invece non ci siamo divertiti molto. Passi per la caduta, passi per la botola e la claustrofobia...
Mycroft: Beh, insomma, passi.
Sherlock: Ma ciò che ha scritto in quest'ultimo capitolo è inaccettabile, soprattutto...
Watson: Shh! Per cortesia, Holmes! Abbia pietà di questa povera scrittrice e del suo ristrettissimo pubblico!
Ecco, grazie, dottore. E scenda dal ramo, signor Mycroft, direi che il suo peso è ecces -
- CREEEEK -
Uh-oh.
CRRRKSTONF!

Alchimista, che volo che ho fatto! Tu come stai? Oh, quante stelle in cielo! :P A parte gli scherzi - grazie per la stupenda recensione, sei sempre assai prolissa, ed i tuoi complimenti sono un enorme incoraggiamento, credimi! Mi spiace di averti tratta in inganno, in effetti avevo intenzione di rendere il precedente un lunghissimo ultimo capitolo, ma poi ho pensato di spezzarlo in due. In quanto alla correzione - doverosa - de L'amara vicenda purtroppo sarà un lavoro molto lento, giacchè sono molto pigra la fanfiction è corposa. Hai visto? Finley si è salvato - ma come reagirà il perfido Greene alla cattura?
Sherlock: Eh, saperlo.
Mycroft: Ma noi lo sappiamo, fratello.
Sherlock: Dettagli.
Ehm... lascia perdere quei due. Eccoti il nuovo frammento di novella *_* Ti ringrazio ancora tanto, buona lettura!

Avviciniamoci dunque al capitolo...


VIII - Soluzione

"Dunque Greene oppose resistenza?" domandò cupamente Watson, spostando uno sguardo istintivamente - anche se inutilmente - accorato da me al mio fastidiosamente iperattivo congiunto.

"Come tutti i criminali, anch'egli provò l'irresistibile impulso di sottrarsi alla giustizia, sì." ribattè quello, passeggiando pensoso attraverso la stanza finemente ammobiliata ed affiancandosi all'amico, al quale rivolse un insolitamente disteso, seppur quasi impercettibile, sorriso. "Rammenti, Mycroft, il momento in cui rivedemmo il Tynemouth, dall'alto della nostra cavalcatura, mentre Poole si apprestava a condurre presso il posto di polizia il suo prigioniero?"

Annuii, "Lo ricordo piuttosto bene, perchè, per la seconda volta in quel giorno, ritenni concluse le nostre faticose vicende. Una sensazione gradevole ma purtroppo errata. Una volta visto il procuratore sicuramente rinchiuso in uno degli uffici, e ben quattro conestabili di guardia all'esterno ed all'interno dell'edificio, e l'ispettore stesso lì presente a condurre l'interrogatorio, avrei voluto rientrare a villa Holmes per godermi un riposo che consideravo meritato - e sfido chiunque a darmi torto." nella rimembranza di quell'interminabile giornata, sentii un leggero sudor freddo riaffiorare alla mia fronte, che tamponai col mio rosso fazzoletto di seta. "Ma forse avrà già indovinato, dottore, che Sherlock non fu affatto d'accordo con tale proponimento."

"Avevo la sensazione che sarebbe stato completamente contrario, anzi incline a rimaner sul posto."

I due coinquilini si scambiarono un'occhiata vagamente divertita; quindi mio fratello ebbe la grazia di ritornare a sedere accanto a me, così da consentirmi di concludere il racconto.

"Ciò che è rimasto maggiormente impresso nella mia memoria non è tuttavia la visione delle scogliere, che in lontananza parevano rilucere della spuma delle altissime onde che si riversavano su di esse, come un'immensa ombra scura che incombesse su Whitley Bay, eppure con un'aura celestiale volesse illuminare il paese, donandogli un poco del calore che il sole primaverile aveva lasciato in eredità.

"Vedo nella mia mente, come se l'avessi ritto di fronte a me, ora, il viso di Greene. Mai vidi una confessione di colpevolezza impressa più profondamente nel viso di un uomo, mai scorsi accento più turpe a deformare le fattezze di una persona. Se avevo qualche latente dubbio nelle teorie del mio giovane parente, esso fu definitivamente fugato, nell'istante in cui il lume della candela rischiarò il viso del procuratore..."

"Tutto ciò è assurdo, Poole. Passerà molti guai per questa sua incompetenza."

"Signore, mi permetta di farle notare che lei si è opposto a ufficiali delegati dello Yard che le hanno chiesto di seguirli. Ufficiali che l'hanno trovata fuggiasco sulla strada per Prudhoe."

"Non mi pare che inoltrarsi su di una pubblica strada sia un delitto, ispettore! La credevo una persona assennata, ma mi accorgo che -"

"Il delitto, signor Greene, l'ha commesso una settimana fa, e consiste nell'assassinio di Ann Dunbar, l'innocente merciaia. L'ha commesso questa mattina, quando con l'inganno ha convocato mio fratello in paese al solo scopo di condurlo a Giddy Manor e liberarsi di lui. Queste, signore, sono le sue accuse."

Era stato Sherlock a parlare, ed io rabbrividii. Non avevo mai udito tale accento di veemente lucidità nella voce del mio giovane congiunto. Mi era estranea la determinazione con la quale egli si stava rivolgendo ad un uomo la cui carica incuteva rispetto in ogni abitante della piccola cittadina a ridosso del mare. Ma non era rabbia, non era vergogna, non era disdegno, ciò che provavo nei confronti dell'adirato ragazzo: era una sorta di timore. Mi accorsi in quel momento che a suscitare tale decisione in lui, a far esplodere la fiamma del suo ingegno, era stata probabilmente la mia misteriosa e per lui tragica scomparsa. Dapprima, il suo ragionamento era lento, distaccato, quello di uno scienziato, di un ponderatore astratto. Ora, il balzo aveva percorso una distanza enorme, la catena di deduzioni era solida, i fatti erano ricollegati. Il cerchio era completo.

"Ah, voi due! Taci, giovane Holmes, o potresti pentirti della tua insolenza." ringhiò Greene, ed entrambi facemmo contemporaneamente un passo verso Sherlock. Il buon senso di Poole evitò il peggio, mentre il dottor Finley, anch'egli presente, ci osservava, preoccupato.

"Basta così. Basta, signore. Non vedo perchè il giovanotto non dovrebbe parlare. Del resto, sinora ha azzeccato ogni cosa che ha detto. Sù, ragazzo, dì la tua."

Vidi che mio fratello prendeva un evidente respiro, come per calmarsi. Rimase in piedi e cercò un briciolo di concentrazione, come per guadagnare qualche momento nella sua costante lotta contro la stanchezza. Accennò in senso affermativo una risposta all'ispettore, quindi indirizzò il suo discorso nuovamente al procuratore.

"Ho ragione di credere, signor Greene, che i suoi maneggi illegali in questa regione siano iniziati più di due anni fa, nelle vicinanze di Chester-le-Street. Mi sfugge il motivo dell'esatta origine di questa sua idea criminosa - è una delle informazioni che mi mancano. Tuttavia, non è essenziale, e se lei non vorrà collaborare, sarò costretto a lasciarla da parte, per ora. Il suo primo complice fu William Hatherley, maniscalco privo di una occupazione stabile. Fu lui ad insegnarle l'arte del batter moneta falsa? Un esperto in metalli comunque avrebbe potuto risultarle utile, almeno sino al momento in cui il malcapitato, in preda ad un eccesso di alcool, non fece alcune amare allusioni a lei ed all'attività che avrebbe resi entrambi ricchi... fu udito da molti tra i compaesani. Sparì pochi giorni dopo, scartato dalla macchina del crimine esattamente come lo è stato O'Claire... come è accaduto alla povera Dunbar. Negli archivi di Chester ho trovato notizia della scomparsa del manovale, ma nessuna di un suo ritrovamento. Forse il fiume ne sa qualcosa.

"Ad ogni modo, Greene, lei non si è fermato qui. La sua rete criminale si è allargata. L'arte del falsario si è diffusa in modo epidemico, in tutta la zona di sua competenza legale - una coincidenza notevole, non trova? E proprio dall'anno in cui lei ha iniziato il suo mandato come rappresentante locale della giustizia britannica - un titolo che, il dottor Finley e il signor Poole saranno d'accordo, non le si addice. Ho effettuato ricerche nel circondario, e le date combaciano perfettamente. Svariati casi di falsificazione, nessuno risolto, tutti finiti nel nulla. E' stato discreto, signore: solamente un omicidio... sino ad una settimana fa. Ora potrà spiegarci cosa è accaduto, allora. Cosa la signorina Dunbar ha visto."

Il procuratore era bianco, nel volto tirato che stava iniziando ad assumere un colorito cinereo, quasi spettrale. Boccheggiava, e non riusciva a respirare. Un sorrisetto ironico si fece strada sulle labbra del mio congiunto.

"Vedo che non ha intenzione di dirci cosa è successo. Bene, le risparmierò la fatica. L'incauta Miss Dunbar si è avvicinata troppo alla casa degli spettri, l'ha vista scendere al di sotto della botola, dove tenevate i marchingegni e gli stampi necessari al vostro delinquenziale scopo. Dapprima si è molto spaventata, credendo che si trattasse d'un fantasma. Ma quando è fuoriuscito dal sotterraneo, l'ha riconosciuta, Greene, e si è avvicinata... vedendo le banconote che aveva tra le mani. Ho visto con i miei occhi, nel giorno seguente, le impronte della donna e le sue... lei si è affacciato alla botola, è uscito, si è fermato in un punto, ha lasciato cadere un oggetto non molto pesante - accanto all'apertura le impronte erano nitide e profonde, e contornate da alcuni leggerissimi segni. Mi corregga se sbaglio - la signorina è fuggita. Lei l'ha inseguita, afferrando la prima arma che le è capitata a tiro, e l'ha colpita con tutta la forza che aveva nelle braccia. Forse mi sbaglio?"

Allibito, il procuratore balbettò qualcosa, fissando Poole con sguardo vacuo, "Ispettore! Non avrà intenzione di credere a questo ragazzino!"

L'interpellato spostò le iridi scure su Greene, con durezza frammista ad una certa misura di ammirazione, "Non al ragazzino, signore. Alle sue parole. E non sono più tanto sicuro che sia un semplice ragazzino. Vai avanti, Holmes."

Con un brillìo di trionfo nel viso aquilino, Sherlock proseguì, implacabile.
"Ha fatto del suo meglio per cancellare le sue tracce, eh, signor Greene? Ha finto di ritrovare lei il corpo della Dunbar, escludendo Poole e Finley dal luogo del delitto e classificando subito l'evento come un tragico incidente - nè l'ispettore nè il medico avevano motivo di sospettare di lei o di mettere in dubbio la sua parola. Mycroft ed io abbiamo indagato, ed io ho mostrato troppa vivacità nelle mie ricerche, il che mi ha portato a seguire O'Claire mentre, in tutta fretta, si recava a Giddy Manor per sgomberare il locale, divenuto poco sicuro dopo la morte della donna. L'irlandese, preso dal panico, ha tentato di mettermi a tacere, con un metodo certo meno elegante di quello che lei ha tentato di utilizzare su mio fratello. Da chi è venuto a sapere delle nostre conclusioni? Da Finley, certamente, che era stato incaricato dallo stesso Mycroft di metterla al corrente dell'accaduto. Ispettore Poole - lei era nella nostra mente il primo indiziato, e per questo le dobbiamo delle scuse."

I baffi del poliziotto si incurvarono, "Non c'è problema, figliolo."

"Dopo aver rinchiuso mio fratello nell'anticamera dello scantinato, lei, procuratore, ha abbandonato il suo compare, avviandosi nella direzione più plausibile e sicura: quella che l'avrebbe portata più rapidamente al confine di contea passando per città nelle quali l'ispettore Poole non aveva alcuna autorità - ovvero quelle escluse dall'area della sua stessa magistratura. Brillante tentativo, signore. Veramente brillante."

In quel momento, guardavo Sherlock con una definita e chiara scintilla d'orgoglio. Non scorgevo pecca alcuna nei suoi ragionamenti: egli aveva forgiato gli anelli della sua catena di deduzioni con mano ferma e sicura - e con una perseveranza che consideravo eccellente e degna di nota.

Si era tuttavia interrotto, e pensai fosse per spossatezza estrema - ma incontrai il suo sguardo, e vidi un lampo di paura attraversarlo. Capii che qualcosa non andava, e lentamente, con la cautela di chi teme di trovare esattamente ciò che troverà, ritornai a scrutare Greene.

I lineamenti dell'uomo erano contorti in maniera sgradevole, quasi brutale. I capelli erano scarmigliati per quella lunga corsa attraverso il Tyneside, i vestiti recavano le pieghe che solo un grande sgomento può provocare nell'abbigliamento di un gentiluomo. Ma più di tutto, il viso dava una chiara impressione di bestialità. Il colorito grigiastro, il sudore che imperlava la fronte, le vene che pulsavano sulla gola... e gli occhi, traboccanti d'odio, che fissavano mio fratello col chiaro istinto d'ucciderlo. Quell'individuo, che forma umana più non aveva, era pronto a tutto pur di vendicarsi.

"Ebbene, hai usato la tua magia nera, piccolo demonio. Mi hai rovinato: ma tu seguirai il mio stesso destino, in un modo o nell'altro."

Aveva estratto una piccola rivoltella dalla tasca più riposta del soprabito, e caricato il colpo in canna la puntò dritta al petto del suo avversario. Gridai qualcosa: ma eravamo entrambi sopraffatti dall'orrore, e nessuno dei due potè muoversi.

"No, fermo, Greene!"

Un colpo secco la cui eco rimbombò nella stanza.
L'ispettore era scattato in avanti ed aveva afferrato il polso del criminale. Trovai la forza di raggiungere mio fratello, il quale, sbattendo le palpebre, aveva abbassato gli occhi su se stesso, un lieve stupore che prendeva il posto del terrore. Finley, accorso immediatamente, lo percorse con lo sguardo, trovandolo illeso.

Quel proiettile era stato deviato, ma il procuratore non aveva alcuna intenzione di cedere ed affrontare la giusta punizione che un tribunale gli avrebbe comminato. Scostai piuttosto bruscamente mio fratello dal luogo dove Poole cercava ancora di ridurre il criminale a più miti consigli, e notai con intimo tumulto che quell'essere aveva in mano la pistola, e stava caricando un colpo in canna.

Vi fu una colluttazione, il dottore chiamò a gran voce gli agenti nei pressi: due del gruppo di bobbies accorsero, ma prima che potessero far nulla, una seconda detonazione percorse la saletta, e tutti rimanemmo immobili, come tramutati in pietra. Passarono pochi istanti, solo un battito di ciglia: il corpo esanime di Greene cadde al suolo, Poole si fece indietro, molto scosso.

"Mio Dio." balbettò, deglutendo e guardandosi intorno, spaesato, "Mio Dio." ripetè.

Non mi aspettavo una reazione del genere dall'esperto emissario dello Yard: ma capii come la vicenda avesse inferto un duro colpo alla sua fiducia nel sistema giudiziario della nostra Inghilterra, nella bontà di un sistema al servizio del quale egli si trovava ancora. Inoltre, compresi come tre decessi in meno di sette giorni fossero troppi anche per l'animo più saldo, in una cittadina del Northumberland nella quale tutti si conoscevano.

Finley, molto serio, si avvicinò a lui, "Sieda, Henry. Ecco, così va meglio. Si tranquillizzi, non è colpa sua." scrutò con severità i bobbies che si erano toccati la tesa dell'elmetto al loro ingresso, e che si ritirarono senza una parola.

"Quale bassezza, Bart." mormorò Poole, dopo numerosi minuti di silenzio, interrotti solamente dal placido ticchettio di un orologio sospeso alla parete dirimpetto al crocefisso. "Quale macabra tinta di squallore assume questo luogo, ora che so - ora che son consapevole della presenza della gran serpe della corruzione anche nel cuore di coloro che la dovrebbero aborrire. Uomini scelti per la loro onestà e devozione nei confronti delle leggi emesse dalla Corona stessa... eppure, non immuni dal subdolo germe della malvagità. Sino all'ultimo ho voluto credere che le parole di questo ragazzo non fossero altro che una teoria - ma ciò che ho udito... ed il comportamento dell'uomo che adesso possiamo nominare colpevole... rimuovono ogni sembianza di tentennamento che possa ancora esistere in me."

Il medico gli indirizzò uno sguardo di muta empatia. Gli occhi vuoti di Greene continuavano a fissare il soffitto.

"Cosa penseranno i nostri padri della nostra stoltezza, Finley? Lei dice che non è mia la colpa di ciò che è avvenuto. Ma essi, dall'alto dei Cieli in cui si trovano, riserveranno forse a me la stessa indulgenza? A me, che non ho voluto vedere? Che ho nascosto la verità con lo stesso entusiasmo adoperato da un criminale?"

Il suo interlocutore gli poggiò una mano sulla spalla, cautamente, "Henry, lei è troppo duro con se stesso. Obiettivamente, non avrebbe potuto fare di più."

Poole si levò in piedi, con un triste sorriso colmo di familiarità e gratitudine che testimoniava come effettivamente quei due si fossero conosciuti per tutta la vita, "Il vecchio Finley, il burbero incapace di portar rancore. Mi dica, mio buon amico, lei forse chiuderebbe gli occhi, di fronte ad una ferita, oppure sùbito la cauterizzerebbe? Nasconderebbe a se stesso la notizia d'una malattia, o cercherebbe sempre più a fondo, pensando a come curarla?"

L'anziano medico di campagna malcelò un sospiro, "Per amore della sincerità, Henry, le dirò che, se il paziente mi stesse molto a cuore e la patologia fosse grave, radicata... probabilmente anch'io non farei altro, come d'impulso ha agito lei, che serrar le palpebre, in un patetico - ma umano - tentativo di evitare l'inevitabile."

"La sua onestà le rende onore, Bart, e dona un poco di lustro alla nostra annerita e ormai cadente generazione. Spero di poter seguire il suo esempio nell'ammettere i miei errori ed apprendere da essi." si guardarono per un momento, stringendosi la mano, quindi l'ispettore attraversò la stanza, avvicinandosi a me e Sherlock, che fermi e silenziosi c'eravamo tenuti in disparte.

"Avete aperto gli occhi a questa città." affermò, solennemente; per un momento le sue iridi scure e quelle grigie di mio fratello si incontrarono, e quelle del ragazzo, colme di sgomento, si abbassarono in fretta, "Avete dischiuso le cateratte del Cielo, e scoperto quanto dolorosi possono rivelarsi i raggi del Sole. Tuttavia ti chiedo, giovane Holmes, di mantenere viva la fiamma della ricerca, e di non disdegnare mai la Verità."

Il mio consanguineo - colui che, in quel preciso istante, ero fiero di poter definire come tale - rialzò lo sguardo, ed esso conteneva ancora quella vena d'impaziente sete di sapere che avevo quella notte visto ingabbiata nella fredda determinazione di un contegno eccezionalmente votato al perseguimento d'una soluzione. In quell'istante ebbi la visione di cosa mio fratello sarebbe divenuto: ma non riuscii a comprendere appieno il concetto.

"Ha la mia parola, signor Poole."

"Sì," sussurrò l'altro, "Lo so."

Lasciammo Whitley Bay nella notte, col cuore pesante, ma con l'animo più saggio.

Un comfortevole silenzio si spandeva placidamente nel Diogenes Club. I soci se n'erano andati già da tempo - non che la loro presenza fosse solitamente fastidiosa. Come fondatore, mi erano concessi alcuni privilegi, tra i quali il poter usufruire delle sale del circolo anche prima e dopo dell'orario di chiusura. Sherlock, come me, scrutava il dottor Watson, che assorto rifletteva sulla significativa conclusione di quel lontano caso.

"Successive indagini condotte dall'ispettore Poole identificarono numerosi altri ricettacoli di malavita in tutto il Tyne and Wear, la cui nascita era in qualche modo collegata ai diabolici piani di Greene, la cui malvagia influenza era stata fulcro ed origine di troppi intrighi. Tuttavia, nè mio fratello nè io fummo mai coinvolti in quella serie di arresti." aggiunsi, a voce bassa, accennando un sorriso in direzione del medico, "I nostri genitori furono di ritorno in capo a pochi giorni, ed avemmo già un gran daffare nello spiegar loro il motivo degli strani... acciacchi... di Sherlock e della mia aria troppo stanca. Ma non dovemmo impegnarci troppo: gli onniscienti giornaletti di provincia risposero per noi alle loro domande."

Watson ricambiò il gesto, con genuina soddisfazione nello sguardo attento, "Immagino che il signor Holmes - vostro padre - fosse assai fiero dei risultati da voi ottenuti." spostò gli occhi scuri da me al mio congiunto e viceversa, mentre ci scambiavamo un eloquente sguardo.

"... no?" fece, con Vittoriano tatto, e sollevò le sopracciglia alla nostra comune esitazione.

"Ebbene, vecchio mio, deve considerare il fatto che Siger Holmes era sin troppo avvezzo a..."

"... alla tua sconsideratezza, Sherlock, ed alla tua irrequietezza."

"Stai descrivendo te stesso, fratello mio, non nostro padre."

"Le tue caratteristiche prima menzionate diedero da fare ad entrambi."

"Non ho intenzione di negarlo."

"Saresti un ingenuo a farlo."

"Ma, insomma," intervenne il dottore, il suo sbalordimento che riusciva a spingerlo oltre i solidi cancelli della discrezione tipica della sua persona, "Intendete dire che il vostro genitore fu irritato dal vostro coinvolgimento in quei pericolosi eventi?"

Incontrai le iridi chiare del celebre detective di Baker Street, e notai in esse con intimo compiacimento una tenue nota di sano terrore, al ricordo di quei giorni remoti - pur consapevole che esse erano attualmente lo specchio delle mie.

"Fu alquanto - deluso - dall'apprendere che entrambi avevamo tanto alla leggera trasgredito ai suoi comandi, dottor Watson."

"Per usare un eufemismo." borbottò mio fratello, con lieve sarcasmo.

"Inoltre..."

La situazione stava minacciando di diventare vagamente comica, la qual cosa, pur giovando all'umore del mio parente, non si addiceva affatto ad un gentiluomo della mia levatura. I baffi dell'ex soldato assunsero una piega di accennato divertimento, e Sherlock si dedicò ad una ancor più minuziosa osservazione del fornello della sua pipa di radica.

Era destino che ci fosse risparmiata una continuazione di quell'imbarazzante resoconto, però, perchè Thaddeus, il silenzioso e fedele cameriere del club, entrò nella stanza con un biglietto dignitosamente appoggiato su di un vassoio d'ottone.

"Un telegramma per il signor Sherlock Holmes." annunciò, porgendo il foglio al legittimo destinatario e quindi ritirandosi con un inchino.

Mio fratello scorse rapidamente il modulo, quindi, con un grido di approvazione, balzò in piedi, passando la notizia al suo collega, "Legga qui, Watson! Il Giudice Lanning ha emesso il mandato, e prevedo che il buon Lestrade non avrà obiezioni a fornirci una legalmente ammessa cautela personale: sarà necessario recarci subito presso i Docks."

La prontezza di quella nuova non mi stupì. Dopotutto, la sollecitazione di un funzionario di Whitehall aveva qualche effetto su un magistrato dello Yard.

"Santo Cielo, Holmes." rimarcò il medico, alzandosi in piedi, "E' già mattina?"

"No, amico mio, sono solamente le dieci di sera. Mi rammarico di averti tenuto in piedi sino a quest'ora, fratello. So quanto tu tenga alla tua meticolosa routine giornaliera. Non ti incomoderemo oltre. Ti saluto, Mycroft."

Respinsi le sue scuse con un cenno della mano e strinsi la destra che Watson mi porgeva, "E' stato un piacere, dottore." scoccai una breve occhiata seria al mio congiunto, "Sois prudent, petit frère."

Ma quello, assorto com'era nel problema il cui unico impedimento era stato finalmente rimosso, quasi non mi sentì. Lo rividi ragazzo, incurante del rischio che l'avventurarsi su strade ignote avrebbe potuto comportare; lo vidi animato dall'ardente scintilla che quegli oscuri eventi avevano avuto il potere di deporre in lui, e che gli sarebbe sopravvissuta, tramandata dagli scritti che troppo spesso la sua mente analitica biasimava, ma che avrebbero reso immortale ciò per cui egli aveva sempre combattuto.

"Ascolti, Holmes, per quale motivo vuole recarsi nell'area dei Docks? Gli omicidi sono stati commessi a Soho, dopotutto, e non abbiamo alcun motivo per scegliere quella parte di Londra più di un'altra, con i pochi indizi a nostra disposizione."

"Ah, dottore, lei vede ma non osserva! Cosa sappiamo del nostro uomo? Cosa abbiamo di lui?"

"Non più di un brandello di tela colorata."

"Colorata con un pigmento a base d'acqua."

"E con questo?"

"Applicato da poco, artigianalmente."

"Continuo a non capire."

"Nessuna traccia di sale, Watson! Acqua dolce! Il nostro uomo lavora vicino al Tamigi."

"Per Giove!"

Sherlock afferrò la manica del camerata, lasciandogli appena il tempo di recuperare cappello e bastone e sospingendolo sino all'uscita, dalla quale sentii ancora provenire il suo rapido vociare.

"Adesso, Watson, esistono solamente tre imprese tessili degni di nota, a Londra, e solo una di esse utilizza per la colorazione pigmentazioni a base d'acqua. E' una tecnica ormai in disuso. Lo stabilimento in cui siamo diretti è situato vicino ai Docks, ed il fiume, come può ben intuire..."

"... è la fonte principale dell'attività."

"Ma certo. Così come, utilizzando una tecnica tanto economica, quella stessa fabbrica sarà privilegiata, nel commerciare con navi da carico..."

Scossi lentamente il capo, mentre i suoni si spegnevano nel vasto atrio, e mi apprestai a ritornare a casa. Mi sovvenne come, da bambino, mio fratello volesse sempre correre, mentre noialtri camminavamo: non sopportava di non sapere dove conducesse la strada che aveva di fronte. Non poteva soffrire di averne percorsa solo una parte, o di aver trascurato qualche biforcazione.

Fui sollevato, all'idea che le vie del mondo fossero tante, e che esistesse qualcuno che anelasse a percorrerle tutte. Ringraziai il Cielo che qualcuno avesse scelto di seguire il mio infaticabile congiunto nel suo eterno peregrinare.


****************

Note dell'Autrice
Ci salutiamo, dunque... per ora.
Watson: O Cielo *preoccupato*
A presto!... *sogghigno*


   
 
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