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Autore: Kiary92    05/06/2010    1 recensioni
La storia di una ragazza: Angelica, che cerca di avere una vita tranquilla benché abbia compito davvero strano; diverso, più che altro. Questa ragazza fa parte di una misteriosa Agenzia, la quale la ingaggia per missioni, a volte pericolose, contro strane “entità” corporee e non; anche se la gente comune li chiama fantasmi e demoni. Il suo compito, e quello degli altri agenti chiamati anche Demons Hunter, è quello di sterminare ogni demone, e convincere i fantasmi con aure maligne di altri a “passare oltre” a trovare la pace in un altro posto. Benchè compia questo insolito mestiere, anche Angelica ha una vita normale: va a scuola come una semplice diciottenne, viene trascinata in strane feste dai suoi amici, nonché compagni di classe, litigi e risse con la più odiosa delle compagne e, chi può dirlo, magari troverà anche l’amore, chi lo sa? Magari sotto forma di un bellissimo ragazzo dagli occhi blu? Tra un insolito incontro in biblioteca, varie vicende sui banchi di scuola e, diciamolo chiaro e tondo, momenti di vera sf...ortuna, ecco a voi, la storia di una Demons Hunter. Una cacciatrice di demoni.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lunedì, 2 marzo 2009

Socchiuse appena gli occhi, cercando di mettere a fuoco la stanza di Matteo.
Voltò appena lo sguardo verso il comodino, osservando le lancette della sveglia che vi era appoggiata sopra: 4.23
Appoggiò nuovamente la testa al petto caldo del ragazzo, che si abbassava e si alzava a ritmo costante.
Sorrise accarezzandogli dolcemente gli addominali, lasciati scoperti dal lenzuolo che lo copriva dalla vita in giù, mentre lei era coperta fin sopra al seno.
Arrossì al pensiero della serata appena trascorsa con Matteo.
Avevano fatto l'amore per tutta la notte, sussurrandosi a vicenda delle dolci e romantiche parole, e, alla fine, lui si era accasciato su di lei, entrambi esausti. L'aveva coccolato finché non si era addormentato tra le sue braccia, con la testa appoggiata sul suo petto, che non ne voleva sapere di calmarsi; ma poi, alla fine, si era addormentata anche lei, senza i soliti incubi che la tormentavano.  
Fece per alzarsi, ma un paio di forti braccia glielo impedirono, e voltò appena lo sguardo verso Matteo, che sorrideva, ancora con gli occhi chiusi.
- Non fingere di dormire - sussurrò voltandosi verso di lui, abbracciandogli la vita, strofinando la testa sul suo petto, ma Matteo non si mosse.
- Allora dormi davvero - sussurrò lievemente, ghignando tra sé e sé - Peccato, e io che volevo il bis -
Il ragazzo spalancò gli occhi e si mise immediatamente sopra di lei, iniziando a baciarle il collo.
- Non stavi dormendo? - chiese prendendogli una mano ed intrecciando le dita con le sue.
- Sono sempre al servizio della mia gattina se ne ha bisogno -
Sorrise - La gattina si sente poco amata... -
- Poco amata? - chiese lui staccandosi e guardandola negli occhi - Ma se ti ho amato per tutta la notte, mia dolce gattina -
Con la mano libera lo attirò a se, poi alzò appena la testa, portandosi ad un soffio dall'orecchio del ragazzo - Voglio che mi ami per sempre -
Lui sospirò e le sorrise, ricominciando di nuovo a baciarle il collo.
- Matteo - sussurrò in un mugolio - Mi hai sfiancata ieri sera...non so se ci riesco -
- D'accordo amore mio, facciamo un'altra volta -
Sgranò gli occhi - Cosa? -
- Recuperiamo un'altra volta -
- Non quello...mi hai chiamata...-
- Amore mio - concluse lui con un sorriso che le fece sciogliere il cuore - Amore mio, perché ti amo talmente tanto che non riesco a fare a meno di chiamarti così -
- Oh Matteo - sussurrò baciandolo con passione, ma poi si staccò appena - Niente gattina?-
- Solo quando...-
Non lo fece finire, perché imitò le fusa di una gatta.
- Ma oltre che fare le fusa, mia bella gattina...graffi come una tigre -
- Oh, ma smettila che sono tre graffietti -
- Tre graffietti eh? - chiese lui mostrandole la spalla destra quasi completamente coperta da dei piccoli segni rossi.
- Oddio, scusami. Io non...me ne sono resa conto -
- Tranquilla, non é niente - disse il ragazzo ritornando al suo fianco, coprendosi nuovamente con le coperte - Meglio dormire -
- ‘Notte -
- Buona notte -
______________________________________________________

Non aveva più chiuso occhio: era rimasta sotto le coperte a fissare il soffitto della stanza.
Si spaventò a morte quando il suo cellulare, da qualche parte in casa, prese a suonare e si alzò, indossando la prima cosa che le capitò a tiro, ovvero la camicia di Matteo, che le arrivava ad una ventina di centimetri sopra il ginocchio.
“ E adesso cosa vorranno a quest’ora della notte?” pensò precipitandosi giù dalle scale in punta di piedi, notando immediatamente il telefono, appoggiato vicino al mazzo di rose rosse, con il display che si illuminava a scatti. Rispose e lo portò all’orecchio.
- Pronto? -
- 33, c’è una riunione speciale dove lei deve essere presente -
- Chi vuole la mia presenza a questa riunione? -
- La Direttrice -
Sospirò, passandosi una mano nei capelli - A proposito di cosa? -
- Mi è concesso dirle solo che deve sedurre uno dei creatori dei demoni artificiali -
- Co...cosa? Sedurre? -
- Non posso dirle altro, solo che è una questione della massima importanza -
Prese un profondo respiro - D’accordo, arrivo tra mezz’ora -
- Sono le 5 signorina Vetra, può prendersela pure con comodo -
Sbuffò e riattaccò.
Si guardò intorno, respirando forte, e batté un piede a terra, imprecando a denti stretti.
Risalì le scale in punta di piedi, tornando nella camera di Matteo, e dalla scrivania prese un foglio dal block notes ed iniziò a scrivere. Non appena ebbe finito, piegò il foglio e lo mise sul comodino vicino alla sveglia, in modo che il ragazzo la leggesse subito.
Si rimise il vestito in un batter d’occhio, poi si avvicinò al letto, sedendosi accanto al fidanzato che dormiva beato.
Gli passò una mano nei capelli e poi appoggiò le labbra sulle sue.
- Ti amo - sussurrò, staccandosi subito dopo, ed uscendo dalla stanza.
***
Si mise di scatto a sedere non appena la sveglia prese a suonare.
Si guardò subito intorno, non vedendo la fidanzata a letto.
- Angelica? - chiamò ad alta voce, strofinandosi gli occhi - Angelica dove sei? -
Nessuno rispose. Dopo notò il piccolo foglio di carta piegato accuratamente ed appoggiato alla sveglia.
Allungò il braccio e lo prese, aprendolo velocemente e leggendo la scrittura minuta della ragazza.

Matteo. Ho avuto un imprevisto.
Non posso venire a scuola oggi, ma possiamo vederci stasera, ok?

Angelica


“Imprevisto?” pensò, ripiegando il foglietto “Che tipo di imprevisto potrebbe convincere Angelica a rimanere a casa da scuola?”
***
Agenzia - ore 7.30
Con un semplice gesto spalancò la porta della sala riunioni, senza nemmeno bussare per farsi ricevere.
- Adesso mi spiegate cosa diavolo è questa storia? -
Attorno alla tavola circolare di vetro al centro della sala c’erano le quattro persone più importanti dell’Agenzia: la Direttrice, sempre vestita in modo impeccabile, l’Agente 2, l’Agente 10, che regolava i rapporti con le Agenzie delle altre città italiane, ed infine J., il ragazzo esperto di informatica, è solo grazie a lui che l’Agenzia può contare sulle tecnologie di ultima generazione.
L’Agente 2 si alzò in piedi, facendole un cenno con la testa. Dall’ultima volta che l’aveva visto non era cambiato per niente: pelato, alto, robusto, l’espressione severa e la freddezza dei suoi occhi neri.
- Si sieda Agente, e si calmi -
Prese un profondo respiro, facendo un passo avanti e chiudendo la porta della sala - Non mi calmo finchè non mi spiegate ogni singola puttanata che vi siete inventati! -
- Angelica - sussurrò dolcemente la Direttrice - È una cosa di grande importanza, non è una...puttanata -
- La nota “sedurre qualcuno per estorcergli delle informazioni” non c’era sul contratto che ho firmato! -  
- Lo so 33, ma dobbiamo sapere cosa stanno tramando - disse ancora la donna, sollevando poi una mano per indicare una delle tante sedie vuote - Accomodati, ti spiegheremo ogni cosa -
Prese un altro profondo respiro, tentando di calmarsi, e si sedette.
- Abbiamo studiato ogni particolare del piano, 33. Lei è l’unica donna che, oltre ad essere estremamente attraente, è uno dei migliori Agenti di Verona - iniziò l’Agente 10. Era un uomo sulla cinquantina, con i capelli brizzolati e un piccolo accenno di barba, sul naso portava un paio di occhiali da vista che coprivano gli occhi marroni che guizzavano di tanto in tanto verso i fogli sparsi sul tavolo di vetro - Il numero di attacchi da parte dei demoni artificiali è aumentata in questi ultimi mesi, abbiamo perso molti Agenti e numerosi civili sono stati coinvolti -  
Fu la volta dell’Agente 2, che si alzò in piedi e, con un piccolo telecomando, fece partire un proiettore nascosto chissà dove, che mostrò la foto di un uomo dai capelli biondi, gli occhi chiari e un paio di occhiali da vista sul naso.  
- Lucas Leferve, 25 anni. Nel 2006, dalla Francia, giunge in Italia in cerca di un lavoro come ricercatore, ma viene ingaggiato da quella diavolo di agenzia che crea dei mostri per poi venderli come armi agli eserciti dei paesi stranieri. Da fonti certe, sappiamo che ha contribuito alla creazione e al miglioramento di questi demoni artificiali con altri due scienziati, gli unici ad aver accesso ai laboratori -    
- E cosa centra il fatto di sedurlo? -
- C’è una festa alla villa di Leferve questa sera - s’intromise nuovamente l’Agente 10 - Lei dovrà sedurlo e farsi portare al laboratorio, recuperare più informazioni possibili e distruggere gli eventuali demoni in creazione -
- Perché vi interessano le informazioni sui demoni artificiali? -
Silenzio.
- Allora? -
- È stata una mia idea 33. Ho pensato che sarebbe un bene avere dei demoni che seguono i nostri ordini per uccidere altri demoni -   
- Non approvo -
- Lo so Angelica, ma così sarebbe tutto molto più facile. Gli Agenti non rischieranno più la vita -
Sospirò - D’accordo, accetto l’incarico -
La Direttrice le sorrise - J. ti mostrerà l’attrezzatura -
***
Davanti al cancello c’era solamente Elisabeth: appoggiata al muro con le braccia incrociate. Si avvicinò e la salutò, ma lei non rispose, ghignava solamente sotto i baffi.
- Che c’è? -
La rossa tentò di ritornare seria - Passato una...buona nottata? -
Inarcò un sopracciglio - Cosa? Perché me lo chiedi? -
- Perché credo che tu abbia una strana macchia sul collo che assomiglia tanto ad un...- iniziò l’amica, avvicinandosi al suo orecchio per sussurrargli la parola mancante: succhiotto.
Si portò una mano al collo - Oh -
- Tranquillo, non si vede tanto. Angelica è stata buona - disse la ragazza - A proposito, dov’è? -
- Ha avuto una specie di imprevisto e non è potuta venire -
Elisabeth inarcò un sopracciglio, facendosi seria all’improvviso - Imprevisto... -
- Sì - rispose in modo quasi impercettibile, iniziando a guardarsi intorno: non lontano da loro, vicino al parcheggio riservato ai motorini, c’era il solito gruppo di ragazzi che, da quando lo avevano visto mano nella mano con la ragazza più popolare della scuola, avevano iniziato a lanciargli occhiate torve, ma se ne stavano sempre a debita distanza, osservandolo, con la sigaretta che pendeva dalle loro labbra.
Ritornò a guardare Elisabeth, con il cellulare all’orecchio e l’espressione imbronciata - Dai, rispondi... -
Attese qualche secondo. Sapeva che la rossa stava chiamando Angelica e sapeva che non le avrebbe risposto: tutte le volte che aveva provato a chiamare la fidanzata, dopo un po’, scattava sempre la segreteria.
La compagna si rimise in tasca il cellulare, incrociando le braccia al petto.
- Non risponde -
Sospirò - Gli altri? -
- Eh, sono andati tutti in biblioteca per ripassare italiano -
- Raggiungiamoli, no? Cosa facciamo qui impalati? -
- Sì, forse è meglio, anche perché sta per suonare - rispose lei in tono serio.
- Elisabeth, c’è qualcosa che non va? -
- Non te lo voglio nascondere Matteo, ma sono davvero in pensiero per Angelica -
- Sono sicuro che ha un buon motivo per sparire così -
- Matteo, non ti sembra strano che tutte le volte che succede ritorna con delle ferite? -
Si sistemò la cartella sulle spalle - Elisabeth, devi calmarti. Conosci bene Angelica e sai che non farebbe mai qualcosa di stupido -
La ragazza si passò una mano nei capelli - Sono sicura, invece, che adesso sta facendo qualcosa di stupido -
- Calmati, domani ne parleremo con lei, ok? - domandò, mettendole una mano sulla spalla, cercando di tranquillizzarla.
La rossa si voltò - Forza andiamo -
Pochi passi e subito si bloccarono, voltandosi di colpo verso un’auto, che aveva appena frenato davanti al cancello, ed ora era ferma, con il motore acceso. Il finestrino si abbassò con un lieve sfrigolio, mostrando il guidatore: una donna, vestita in modo elegante e rigorosamente in nero, i capelli rossi come le fiamme, il viso pallido, che sembrava fosse stato scolpito nel freddo marmo, e un paio di occhiali da sole neri.
- Tu devi essere Elisabeth - disse la donna.
- Sì, sono io - rispose la compagna al suo fianco - E lei chi è? -
- Il mio nome non è importante -
- E come sa il mio? -
La donna nell’auto sorrise in modo accattivante, puntando lo sguardo verso di lui - E tu devi essere Matteo -
Non rispose, si limitò solamente a fissare con intensità le lenti scure degli occhiali.
- Posso sapere lei chi diavolo è? -
La strana donna sorrise ancor di più, mentre il viso scompariva dietro il finestrino che si alzava nuovamente, poi partì a tutta velocità, sgommando.
***
Erano le nove passate ormai.
Era ancora seduta nella sala riunioni, solo che i due Agenti e J. erano usciti una decina di minuti prima, ed ora era sola con la Direttrice.
- Angelica -  
Incrociò le braccia, guardando un punto nella stanza che non fossero gli occhi grigi della donna, con aria un po’ indignata.
- Mi dispiace averle assegnato questo incarico, ma è davvero necessario -
- Non si scusi, è il mio lavoro -
- Invece devo farlo, Angelica, è una questione di orgoglio personale - rispose la donna, appoggiando i palmi delle mani sulle ruote della sedia a rotelle - Credo sia l’unica che possa riuscire a fare una cosa del genere -
Si schiarì la voce - Direttrice, se la missione non dovesse andare come previsto, ossia farsi portare ai laboratori, posso comunque far rivelare la posizione? -
- Sì, certo. Sono due possibili obbiettivi -
Abbassò lo sguardo, osservandosi le ginocchia, coperte dai jeans - Direttrice, vorrei chiederle un favore -
La donna le si avvicinò, prendendole la mano in modo quasi materno - Certo Angelica, qualsiasi cosa -
Prese un respiro profondo - Se dovesse succedermi qualcosa, se dovessi morire in una missione, vorrei che informasse due persone su quello che faccio...-
La Direttrice piegò appena la testa con aria dubbiosa - A chi? -
- Matteo Dall’Angelo ed Elisabeth Hall -
- Perché vuoi questo? -
- Non sono ancora pronta per dire che vedo i fantasmi e uccido demoni, la prenderebbero davvero male -
- Perché hai pensato ad una cosa del genere? -
- Come sa il demone dai capelli rossi che ha ucciso l’Agente 32 è tornato, ed io ho intenzione di ucciderla e se dovessi fallire...-
La donna sospirò, battendole una mano sulla spalla - D’accordo Angelica, hai la mia parola -
Fece un cenno con la testa - Grazie -
- Ora vai, l’Agente 2 ti sta aspettando qui fuori -
Si alzò in piedi, facendo un piccolo cenno con la testa alla donna, in segno di rispetto - Arrivederci - sussurrò, prima di uscire e trovarsi ad un soffio dall’Agente 2, in piedi accanto alla porta.
Si incamminarono per i corridoi dell’Agenzia e per diversi minuti rimasero in silenzio, poi sbuffò.
- Cosa c’è Angelica? -
- Ma si può sapere perché diamine mi avete fatta venire così presto? -
L’Agente 2, al suo fianco, la guardò di sottecchi, lasciandosi sfuggire una roca risata.
- Allora? -
- Devi studiare la pianta della casa di Leferve -
- Ma ho sempre J. in contatto con l’auricolare -
- E se l’auricolare si rompe? -
Sbuffò - Ok, mi studio quella cazzo di piantina -
Si fermarono davanti ad una grande porta blindata, senza maniglie ovviamente, con solo un piccolo schermo touch screen dove doveva essere inserita la password che sapevano solo J. e la Direttrice.  
- J. dovrebbe arrivare tra un paio di minuti - la informò l’uomo.
- D’accordo -
- In bocca al demone 33 -
- Crepi il demone - rispose, sorridendo.
Non appena l’Agente 2 scomparve dietro un angolo, prese il cellulare dalla tasca: da quando era entrata nella sala riunioni non aveva smesso di suonare. Probabilmente erano Matteo ed Elisabeth, ed infatti le chiamate perse erano del fidanzato e dell’amica.
Fece il numero di Elisabeth che, anche se era a scuola, avrebbe risposto comunque.
- Cristo santo dove diavolo sei? Matteo fai finta di parlare con me - disse l’amica, in un sussurro.
- Elisabeth, scusami, non posso spiegarti, ma ti assicuro che va tutto bene -
- Ok ok, ma quando torni ti becchi l’interrogatorio. Non riesco più a capirti Angelica...oh cazzo la prof mi ha vista... -
“ Merda” pensò - Elisabeth! Devi dire a Matteo che...-
- ...un attimo prof, non vede che sto parlando? -
- ...che stasera non ci  sono, ok? -
- Ok, ora per colpa tua ho anche una punizione -
- Grazie -
- Ciao! Ok, ok prof, le do il cellulare, un attimo -
______________________________________________________

Ormai era più di un’ora che attendeva l’arrivo di J., appoggiata al muro accanto alla porta dell’ufficio del ragazzo dei computer.
- Eccomi qui -
Alzò lo sguardo: il ragazzo dai capelli rossi aveva uno strano ghigno sul viso; non appena inarcò un sopracciglio con fare interrogativo, lui rispose con un semplice sorriso.
- 33, l’attrezzatura è pronta - disse avvicinandosi alla porta, mettendosi sottobraccio il fagotto che teneva in mano, e digitò velocemente la password sullo schermo touch screen, che fece scattare la porta blindata con un sibilo acuto.
Con un altro strano rumore la porta si aprì lentamente, lasciando libero l’accesso al laboratorio di J.; chiamato da tutti “il paese delle meraviglie”. Il ragazzo entrò senza complimenti, mentre lei rimase sull’uscio, in silenzio, osservando il laboratorio immerso quasi completamente nell’oscurità.
- Beh? Che fai lì impalata sulla porta? - chiese lui - Per caso devo invitarti ad entrare come i vampiri? -
Sbuffò ed entrò nella stanza: davanti a lei diversi monitor erano attaccati alle pareti e, sotto di essi, una lunga scrivania di metallo, stracolma di strani oggetti di ultima tecnologia.
J., fermo al centro della stanza, dietro ad un grosso tavolo di vetro, simile a quello della sala riunioni, la guardava con il ghigno di prima stampato nuovamente sulle labbra.
- Mi dici cos’è che ti fa tanto ridere? - chiese, mettendosi le mani sui fianchi.
Il rosso aprì il fagotto che teneva sottobraccio, appoggiando tutto il suo interno sul tavolo di vetro - Questa è tutta roba tua -
Guardò l’attrezzatura e, quasi immediatamente, la sua attenzione fu attirata da un abito da sera di un rosso scuro. Lanciò un’occhiataccia al ragazzo e si voltò, uscendo dal laboratorio.
- Angelica! -
- Scordatelo, io non mi metto una cosa del genere - disse incamminandosi per il corridoio. J. fu subito dietro di lei, che a stento riusciva a stare al suo passo.
- Oh andiamo! Lo devi sedurre! -
Si bloccò di colpo - Dammi una buona ragione per mettere quel coso -
- Sarai bellissima e nessun uomo potrà resisterti -
Sospirò “ E pensare che ieri ho indossato una cosa simile per Matteo”
- Fai un piccolo sforzo. Prima finisci e prima lo togli -
Fece dietrofront, ritornando al laboratorio con J. - Armi? -
- Due pugnali, una pistola darebbe nell’occhio sotto...un vestito così stretto -
Prese la sedia accanto alla scrivania, la portò vicino al tavolo di vetro e si sedette, accavallando le gambe - Finiscila -
- Ok, poi hai un’auricolare e un piccolo microfono, così sarai sempre in contatto con il sottoscritto che, essendo collegato al sistema di telecamere della villa di Leferve, posso dirti tutto di tutti -
- Altro? -
- Oh beh, hai degli occhi stupendi -
- Smettila idiota! - urlò scattando in piedi, battendo i pugni sul tavolo, facendo sussultare il ragazzo.
- Ok scusa. Io ho finito, ora dovresti studiarti la piantina della villa -
- Sono nell’archivio? -
- No, ce l’ho io - rispose lui, avvicinandosi alla scrivania, aprendo uno dei due cassetti ed estraendo un fascicolo, porgendoglielo subito dopo.
- Perché ce l’hai tu? -
- Io e la Direttrice abbiamo ovvi motivi -
Si risedette, incrociando le braccia al petto - Volete tenere segreta la missione? -
- Esatto, ragioni di sicurezza -
Prese il fascicolo che J. le porgeva, aprendolo per dargli una veloce occhiata.
- A proposito: dov’è la villa di Leferve? -
Il rosso si accigliò - Fuori Verona -
- Dove esattamente? -
Il ragazzo balbettò un nome tra i colpi di tosse, facendola irritare ancora di più - J.!!! -
- Oh, non molto lontano tesoro; ad un’ora di viaggio al massimo -
Si appoggiò allo schienale della sedia, cominciando a dondolarsi - Tra quanto devo partire? -
- Sono le dieci e dieci adesso - rispose lui osservando l’orologio stretto intorno al polso - Potresti partire per le 16; tanto nella villa ci saranno già un sacco di invitati, visto che era previsto anche un pranzo con un sacco di dottori e gente così -
- Ok, ho capito - sussurrò alzandosi in piedi, tenendo il fascicolo contenente la piantina della villa di Leferve sottobraccio, arrotolando poi il fagotto con l’attrezzatura e l’abito all’interno.
Diede le spalle al rosso, salutandolo con un piccolo gesto della mano.
  
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