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Autore: Dira_    06/06/2010    19 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Un grazie speciale alle ragazze che mi hanno recensito! Siete state fa-vo-lo-se!
@Chiara96: Grazie mille! ^^ Non preoccuparti se non mi hai lasciato una recensione, l’hai fatto adesso! XD Wow, addirittura 50 capitoli interi, ti devo un sacco! Appena ho un momento giuro che leggo anche la tua!

@Nicky_Iron: Sì, so di fare ritardo, ma sai… gli esami :/ Ehehe, sì, devo ammettere che devo molto a voi recensori. Mi fare capire le varie incongruenze della storia, e vi sono davvero grata per questo! Non preoccuparti, ci sarà una seconda parte!
@Aga: Grazie mille! Eh, beh, vedrai come risolverà la situazione Albie… incasinandola XD Mi dispiace, ma purtroppo causa studio non ce l’ho fatta a scrivere tutto qui. Buone vacanze!
ElseW: Grazie mille! E bentornata! Ahaha, ma davvero? Beh, grazie, Tom essendo un personaggio originale se riesce a far diventare Al monogamo… Wow! XD Vero, sono d’accordo. Jamie è perfetto per gli amori proibiti! XD Grazie per i complimenti alla Scorpius/Rose, mi fa piacere vedere che sono riuscita a rendere qualcosa di originale. Grazie grazie! ^^
@Aliena: Ciao! Vero, Harry senza Ron… XD Remus è molto Teddy e viceversa. Beh, padre e figlio!
@Pheeny: Grazie! Coraggio, continua a seguirmi, vedrai che ci sarà un happy end!
@Trixina: Wow,che mega recensione! Grazie mille per i complimenti, li riferirò alle fan-artist! ;) Anche io adoro i manga, vengo da lì come formazione! XD Sì, ci sarà un seguito! ;) I flash sui capitoli, quelli tranquilli, mi servono per staccare. Ne ho bisogno anche io. Sul rapporto Ted  e Victoire ho intenzione di fare qualcosa nella seconda parte. Sulla seconda parte sì, forse è un po’ semplicistico, ma ho usato la classica soluzione alla Rowling. Forse non è un granchè, ma ehm… ^^’’ Spero di essere un po migliorata qui. Harry io lo adoro, e grazie quindi per i complimenti!
@Simomart: Wow, grazie per la mega recensione! Sì, volevo un Harry più maturo, e mi fa piacere che tu l’abbia notato ;) Grazie mille… c’ho pensato molto per la Thule e sapere che la trovi ‘azzeccata’ come scelta non può che farmi piacerissimo! E’ anche bellissima la tua riflessione sull’immortalità e l’amore. Grazie, grazie. Sì, penso che la seconda parte comincerà poco dopo, esami permettendo.
@Altovoltaggio: Mi fa piacere che ora trovi più credibile la Ted/James. Ci ho messo molto per svilluparli, quindi mi fa davvero piacere. Vero, tutti omosessuali torna poco, ma di base questa è una fic slash :P Sul rapporto Rose/Scorpius invece dovrò svillupparlo di più, lo so. E grazie per avermelo fatto notare, era una cosa che avevo notato anche io. Ci sarà spazio anche per loro nella seconda parte. Sono stati un po’ messi da parte qui per esigenze di trama. ;/ Oh, e io adoro i Muse! L’8 giugno sarò in prima fila! XD E la canzone secondo me era perfetta. xD
@Sophie: Mi fa molto piacere che tu abbia sottolineato il fatto che tra Ted e James è una cosa graduale. Perché è nata così XD Perfetto quindi! Davvero ti piace Doe? Allora forse lo farò vivere, dai xD
Harry l’ho fatto cresciuto, e mi fa piacere vedere che si nota.
Grazie. Ron e Harry sono amici di lunga data. Gliela dovevo. ;) Grazie mille per la recensione!
 
****
 
 
Capitolo XLVI


 
 
 
 
I've got to, that's the whole thing.
("High Noon", 1952)
 
 
Hogsmeade. Dopocena.
 
“La volete fare finita di agitarti? Mi stai facendo venire il torcicollo!”
Rose cercò di spingere via la mole muscolosa del cugino, spiaccicata contro la sua schiena.

Erano nascosti dietro i Tre Manici di Scopa, impilati praticamente l’uno sull’altro dietro la rimessa delle scope.
Il motivo per cui erano lì, e non nella loro Sala Comune ad aspettare notizie, era perché James aveva visto Teddy uscire dal Castello, diretto verso Hogsmeade.

C’era di mezzo Albus, persino un tonto come lui l’aveva capito subito.
Così si era precipitato per seguirlo, ed era stato intercettato da Scorpius. Dopo qualche tentennamento, il maggiore dei Potter aveva confessato le sue intenzioni, esaltando anche l’altro: Rose a volte si chiedeva come fosse possibile che si fossero odiati tutto quel tempo quando era evidente che si adoravano follemente a vicenda.  
Forse perché sono troppo simili…
Teddy aveva usato il passaggio della Strega Orba, probabilmente per fare prima, e James e Scorpius l’avevano seguito a distanza di pochi minuti. Lei era andata loro dietro.
“Ehi, non vedi che la mia signora sta scomoda?” Scorpius tirò un colpetto a James per farlo spostare. Poi una spinta. “Scomoda!”
James le franò sulla spalla, soffocando un’imprecazione. “Malfoy, giuro che ti affatturo!” Sbottò indispettito.
“Io giuro che schianto entrambi se non la fate finita di ballare la quadriglia!” Li redarguì, allungando il collo. 

“Io lo facevo per te, fiorellino.” Si adombrò Scorpius. “Comunque… Vedi qualcosa?”
“A parte un ubriaco steso sul selciato… no. Non sta uscendo nessuno dal pub.”
La visuale era ottima, rifletté Rose. Peccato che, a parte Teddy, non sapessero chi diavolo c’era dentro la locanda.
Lo scampanellio allegro della porta la fece sobbalzare. “Tutti indietro!”
A dispetto dell’allegro motivetto appena suonato, chi uscì aveva l’aria tutt’altro che allegra. Era suo zio Harry, Ted… e suo padre.

Miseriaccia. La cavalleria… Allora Al è stato davvero…
Inspirò, deglutendo una boccata d’aria fredda. Il cielo si era sgombrato dalle nubi e uno spicchio di luna giallognola illuminava esattamente l’entrata e le tre figure.
Ted aveva i capelli color verde elettrico, un pugno nell’occhio anche a quella distanza.

Ansia?
Guardò James, in una muta domanda.
“Si è appena preso una partaccia, mi sa…” Borbottò il ragazzo.
Ted si passò una mano trai capelli, continuando un discorso evidentemente già iniziato dentro la locanda.  “L’entrata per la tomba di Silente… pensavo non ci fosse modo per entrare.”
“Dopo che Tu-Sai…” Ron sospirò. “Dopo che Voldemort ha profanato il corpo di Silente la prima volta si è pensato di mettere la tomba in un luogo più sicuro. La bacchetta è nascosta lì.” Lanciò uno sguardo ad Harry che era rimasto in silenzio. “È sotto il lago nero, in una grotta sotterranea… ma per portarci le spoglie di Silente… beh, bisognava prima arrivarci. L’entrata è stata creata allora. Ci sono delle barriere protettive.” Si grattò una guancia, con una smorfia. “Ma le barriere possono essere disattivate. E quel bastardo sembra essere in possesso di informazioni di questo genere…”

“E come le ha avute?” Il tono di Ted era sgomento. “… la professoressa Prynn?”
“No. Il grimorio.” Ron lanciò uno sguardo all’interno della locanda. Poi abbassò la voce. Li sentirono comunque. “Il grimorio che ti è stato rubato.”
Ted serrò le labbra, senza replicare. L’espressione parlava da sola. “Credete che Doe sia andato là? Alla tomba?”
È andato là.” Tagliò corto Harry. “Ted, dovevi occuparti dei ragazzi… Ma soprattutto dovevi sorvegliare Al.”
“Harry… Mi dispiace.” La faccia del giovane Lupin la diceva lunga su quanto si stesse tormentando per quello. Harry e suo padre dovevano essere arrivati da poco, rifletté Rose: avevano ancora i segni della metropolvere addosso. “Pensavamo fosse nei suoi dormitori.”
“Pensare non è avere la certezza, Ted.” Anche da quella distanza Rose notò come suo zio sembrasse a dir poco furioso. Si sentì dispiaciuta per Ted, e in colpa.

Se solo fossi andata a vedere come stava invece di farmi cacciare via dai suoi compagni…
Se solo non l’avessi asfissiato chiedendogli continuamente come stava e avessi fatto invece qualcosa per farlo confidare…
Si morse le labbra: si proclamava sua migliore amica, ma non era riuscita a rendersi conto che Al aveva davvero intenzione di andare a cercare Thomas.
Lanciò poi uno sguardo a James. Era livido e non era certa che fosse per il freddo.

Oddio, non vorrà prendere le difese di Teddy! No, eh!
Lo afferrò per un braccio. “Dove credi di andare?!” Gli sibilò.
“Non è colpa di Teddy!” Sbottò a bassa voce. “L’ho tenuto impegnato io!”
Scorpius assunse un’espressione ilare, reprimendo una risatina con un grugnito.
Rose inspirò. Persino in certi frangenti quei due riuscivano ad essere due idioti chiassosi.

“Se ci scoprono finiremo in punizione per un milione di anni!” Gli diede una botta sul petto. “Che senso avrebbe?” 
 
“Ragazzi?”

Rose inspirò, chiudendo gli occhi, quando sentì la voce sconcertata di suo padre alle spalle.

Ovvio, aveva urlato per richiamare all’ordine il cugino.
Si voltò, sentendosi rossa, imbarazzata e stupida.
James si schiarì la voce.

Harry lanciò loro uno sguardo complessivo. Non sembrava contento, ma neppure particolarmente sorpreso di trovarli lì.
Scorpius si passò una mano sulla nuca, restando – Rose non lo ringraziò mai abbastanza – in silenzio per una volta.
Teddy impallidì ancora di più se possibile. Rose fu certa di vedergli a lettere cubitali ‘Sono un Professore Fallito’ stampato in fronte.
No, siamo noi che siamo degli studenti infernali, Ted…
“Non è colpa di Ted!” Sbottò James, minimamente preoccupato dall’essere fuori dalle mura di Hogwarts e probabilmente in dirittura di una punizione colossale. “È un professore, non la balia di Al!”
“Jamie…” Tentò Ted, sembrando incredibilmente sulle spine. “Va tutto bene, non…”
“Se pensavi che Al avesse intenzione di fare una cazzata, perché non gli hai parlato tu papà?” Lo accusò apertamente. “Al ha deciso da solo di andare a cercare Tom! Non è colpa di nessuno! Non capisci che non siamo più mocciosi? Che le scelte che facciamo, le prendiamo da soli?”
Compresa la scelta di fare una stronzata colossale, sapendolo.

Albie è quello intelligente di noi. Lo sapeva. E l’ha fatto comunque.
Cazzo, Al. Sei un idiota.
Harry sostenne lo sguardo del figlio per un lungo momento. Sembrò quasi capire quello che stava pensando. Fece un sospiro. “Hai ragione James. Credo di aver esagerato stavolta.”
James batté le palpebre, sbigottito. “Sì… ehm.” Mugugnò, non aspettandosi di dover tacitare così presto la sua vena protettiva. “Già.” Concluse.
Harry sorrise appena. “Dovevo immaginarlo che sareste venuti qui…”
“Signore… Albus è stato rapito? Come Dursley?” Chiese Scorpius, ogni traccia di ilarità scomparsa dal volto.

Harry annuì. “Ma sappiamo dove si sta dirigendo il suo rapitore. I Tiratori Scelti sono già in zona.”
“Zabini ci ha detto che non lo vede da questo pomeriggio, da poco prima di cena.” Intervenne Rose, incerta. Le sembrava tutto un orribile incubo: prima Thomas, poi Al. “Zio, manca da ore…” Sussurrò, sentendo la voce gonfiarsi di pianto.
Non era giusto. Non era giusto che succedesse una cosa del genere a loro. Ad Al, che non aveva mai fatto male ad una mosca…
Si sentiva piccola, stupida e maledettamente indifesa. Umiliata. Sua madre non avrebbe reagito così alla sua età. Avrebbe proposto una soluzione, avrebbe evitato che Al compiesse una stupidaggine simile.
Invece io cos’ho fatto? Niente. Un accidenti di niente.
Sentì la mano di Scorpius posarlesi sulla spalla. Ignorando lo sguardo indagatore di Ron si chinò al suo orecchio. “Non siamo auror. Non siamo professori e non siamo preparati a questo genere di cose. Non rompertici la testa.” Mormorò.
La stessa cosa che gli aveva detto lei quando James aveva salvato la vita a Ted.
Fece un mezzo sorriso, un po’ rincuorata.

“Andrà tutto bene ragazzi.” Li rassicurò Ron, lottando evidentemente contro l’impulso di dire qualcosa sulla mano di un Malfoy addosso alla sue progenie. “Ma voi dovete tornare al Castello. Teddy vi accompagnerà e…”
“… e non se ne parla!” Sbottò James. “Si tratta di Al! Possiamo esservi utili!”

“Scordatevelo!” Sbottò Ron esasperato. “Cosa pensate di fare?”
“Esservi utili!” Ripeté incupendosi. “Smettetela di trattarci come bambini! Al e Tom sono famiglia, ce l’avete insegnato voi che la famiglia si protegge!”
“E l’avete fatto.” Replicò Harry, fermandolo. Gli mise una mano sulla spalla. “Ci siete stati utili. Siete stati voi a capire come i Naga erano arrivati, e voi a metterci molte pulci nell’orecchio… Senza contare che Smith ha creduto all’innocenza di Thomas grazie alle vostre testimonianze. Siamo potuti arrivare a Doe anche grazie a voi.”
James fece una smorfia. “Insomma, lasciate fare gli adulti…”
Harry abbozzò un sorriso, stringendo la presa sulla spalla del figlio maggiore. “Per ora. Arriverà anche il vostro momento. Non affrettare i tempi, Jamie. Credimi. Non farlo.”
James si mordicchiò l’angolo di un labbro, poi lanciò uno sguardo agli altri due.

Rose inspirò appena. “Riporteceli zio Harry… riporta Al e Tom a casa.”
 
****
 
Foresta Probita.
 
Camminare nei boschi della Foresta Proibita era tetro, cupo… e affatto sicuro.
Harry incedeva per sentieri laterali, con dietro Ron che ansimava leggermente. La luce della luna illuminava fiocamente i loro passi, e tutto attorno a loro c’era il vento che batteva gli arbusti, agitando le cime dei faggi contorti.
“Miseriaccia, tu ti ricordi dov’è l’entrata?” Mormorò, deglutendo e cercando allo stesso tempo di respirare.
“Più o meno.” Tagliò corto. Estrasse la bacchetta, mormorando un ‘guidami’. I punti cardinali apparvero iridescenti davanti a lui. “Ad Est.”
Ron spostò con una mano una macchia particolarmente tenace di rododendro, disvelando un accumulo roccioso.
Fu un attimo. Il sibilo di un incantesimo scoppiò a pochi centimetri da lui. Riuscì a tirarsi indietro appena in tempo, ma una ciocca dei suoi capelli venne sacrificata nell’operazione. La vide, rossiccia e malinconica ai suoi piedi.

“Fermi! Siamo auror!” Gridò Harry, accanto a lui, accovacciato dietro l’arbusto.
“… Potter?!” Proruppe una voce, che Harry riconobbe come quella di Smith. “Maledizione, abbassate le bacchette!”

Ron borbottò un’imprecazione, tirandosi in piedi e spazzolandosi energicamente il mantello. “Che diavolo credevate di fare? Ci avete quasi schiantati!”
Il sergente Tiratore apparve da dietro il cumulo di rocce, seguito dai suoi uomini: aveva il volto contratto dall’ira, paonazzo quasi al pari di Ron. “Razza di idioti! Come potevamo pensare che foste auror?!”
“Calmiamoci tutti.” Intervenne Harry guardandosi attorno: c’erano una mezza dozzina di Tiratori, con le bacchette abbassate, ma le espressioni nervose. La Foresta non metteva certo in uno stato d’animo sereno, rifletté.  “Non avevamo modo per avvertirvi, Zacharias. E sarebbe stato pericoloso se Doe è nei paraggi.”
“Non è nei paraggi.” Negò l’uomo, passandosi una mano dietro al collo. “È già dentro.”
“Cosa?!” Sbottò Ron. “E perché diavolo non siete già entrati?”
“C’è una barriera.”
“Avrete chiesto l’incantesimo per scioglierla, no?”

“Non è uno degli incantesimi protettivi. Quelli sono stati violati. È nuova. Puzza di magia nera. È stato quel Doe.” Ribatté quello con un’espressione innervosita nello sguardo. “Potter, non ti era stato ordinato di startene buono?”
“Mio figlio Albus è stato rapito.” Ribatté, poi esitò. “… anche lui.”
“Merlino Benedetto, ma i tuoi bambini non riescono a starsene lontano dai guai? Cos’è, genetico?” Sbottò esasperato. “Bene. Così adesso abbiamo due ostaggi.” 

Ron si frappose tra lui ed Harry, in un impeto protettivo. “Falla finita, Smith! Non riesci ad avere un po’ di tatto?”
“Me l’hai già fatta questa domanda, Weasley. Si tratta di due adolescenti in mano ad un pazzo che vuole profanare ad una tomba. Non mi sembra momento di averne.” Sbottò. “Se avete una soluzione siete pregati di comunicarcela, altrimenti comportatevi come parenti e levatevi dai piedi.”

“Tu …”
Ron.” Lo richiamò Harry, mettendogli una mano sul braccio. “Ha ragione.” Si schiarì la voce, e continuò. “Zacharias, ho bisogno di vedere l’entrata. La barriera. Dì ai tuoi uomini di lasciarmi passare.”
L’uomo guardò dietro di sé, poi fece un cenno affermativo, scostandosi.

Harry pensò che, dopotutto, persino i suoi detrattori erano ben felici di lasciargli la patata bollente.
L’entrata normalmente era nascosta, trasfigurata in un anonimo ammasso roccioso. Adesso invece era stata svelata : un arco di pietra.

Non era un entrata. Era un Velo.
Non quello dell’ufficio Misteri, naturalmente. Ma una semplice passaporta comunicante. In realtà più simile agli Armadi Svanitori, tralasciando la forma.
Era stata un’idea di Hermione, che Harry aveva faticato a lungo ad accettare. Il Velo dell’ufficio Misteri gli aveva portato via Sirius.
Ma Hermione, come sempre, aveva avuto ragione. Era stato di gran lunga il miglior sistema difensivo in quegli anni. Trasfigurato in una roccia era rimasto quasi vent’anni come parte del paesaggio della Foresta. L’avevano reso comunicante con la grotta e solo ri-trasfigurandolo con un complicato incantesimo si riusciva ad attivarlo.
“È stato attivato?” Chiese.

Smith annuì. “Già. Non si vede?”
“Perché allora non siete già scesi?”
Smith prese un ciottolo da terra e lo tirò contro la pietra. Con uno schiocco fortissimo fu disintegrato e ridotto in polvere a pochi metri dall’entrata.

“Eccolo qua il perché.” Fece cenno l’uomo, beffardo.
Ron gli si accostò. “È una barriera potente, dovremo chiamare Vitious”
“Non c’è tempo.” E aveva un presentimento.

È me che vuole. Se vuole avere la bacchetta, deve prima sconfiggere me.
Sperò solo che non fosse la sua Sindrome da Eroe a parlare.
Guardò Ron, che gli lanciò uno sguardo preoccupato. Come se sapesse già cosa stava per fare.
“Harry, non…” Tentò infatti.
“So cosa faccio.” Lo fermò. Inspirò, guardando verso l’entrata. “Occupati tu del resto.”
Ed entrò.
Sentì i respiri trattenuti degli uomini dietro di sé, inspirare e attendere. Sentì l’esclamazione di Ron e l’imprecazione di Smith.
Sentì, quindi la barriera non aveva funzionato con lui. Non l’aveva fulminato sul posto. Aveva avuto ragione a fidarsi del suo istinto. Era ancora vivo.
Aprì gli occhi, e si trovò dentro l’ingresso della grotta. Fuori, coperti dalla patina brumosa del Velo, riusciva ad intravedere Ron e i Tiratori.

“Harry!” Lo chiamò l’amico. “Harry, tutto bene?” Lo sentì dire, la voce attutita come se gli parlasse da un’altra stanza.
“Sì, tutto bene!” Sguainò la bacchetta. “Vado avanti.”
“Dannazione Potter, è proprio quello che vuole!” Sbottò Smith, premurandosi comunque di stare a distanza di sicurezza. “Aspettiamo la squadra di spezza - incantesimi! Dobbiamo entrare tutti assieme!”
“È solo un uomo, Zacharias. E non abbiamo tempo. Dobbiamo stare alle sue regole.” Lanciò uno sguardo alle sue spalle: dietro di sé si apriva la scalinata…  e per quanto cercasse di sondare quel buio denso con lo sguardo non riuscì a vedere che a pochi passi da sé.

A tentoni cercò una torcia. Sapeva come fossero disposte ordinatamente lungo tutto il percorso; del resto lui stesso aveva contribuito, dopo la guerra, quando si era pensato alla ricostruzione del Castello, a creare quel rifugio per la tomba di Silente. Si sentiva furioso all’idea che uno sporco ladruncolo, al soldo di un alchimista straniero la profanasse… coinvolgendo peraltro la sua famiglia.
La pagherai, John Doe.
La trovò finalmente e sussurrò un ignis, toccandone la base. L’incantesimo divampò, accendendo quella e tutte le altre in sequenza. Sorrise appena. 
Molto meglio.
Smith sembrò sputare a terra, in un attacco di collera impotente. “Maledizione! Potter, se succede qualcosa a quei ragazzi o perdi il possesso di tu-sai-cosa giuro che vado personalmente a raccontare tutto alla Gazzetta! Ti butterò giù dal tuo piedistallo da eroe a calci nel culo!”
Harry suo malgrado sorrise. “È difficile, Zacharias. Ormai ci sto piuttosto comodo.”
“Oh, va’ all’inferno!” Sbottò, sparendo dalla sua visuale. Probabilmente per andare ad imprecare senza sentirsi ribattere contro.  

Ron lo guardò serio invece. Si avvicinò al limitare del Velo. Era pallido, dietro le sempiterne lentiggini. “Amico, sta’ attento laggiù. Noi qui cercheremo di rompere la barriera.”
“Sta’ tranquillo.” Lo rassicurò. “Andrà tutto bene.”
Si voltò, inspirando. Poi sparì nelle tenebre.

 
****
 
Era ironico.
Harry lo pensò quando fu arrivata alla base della scivolosa scalinata che si addentrava nelle viscere stesse delle highlands.
Era ironico che fosse proprio una grotta l’ultima dimora di Silente, quando era stata una grotta che gli aveva portato via la poca vita che gli restava.

L’aveva pensato in quel momento, e doveva ammettere che il parallelo era leggermente macabro.
Fece qualche passo sul terreno ghiaioso. Doveva ammettere eppure, che a differenza della grotta di Voldemort, sulle cupe scogliere di Moher¹, la grotta che si estendeva sotto il Lago Nero era… stupenda.
Per questo l’aveva scelta.
Era un luogo fatato. Un particolare tipo di muschio magico, che cresceva solo in particolari condizioni e temperature, gli aveva spiegato Neville, tappezzava l’intero luogo, donandogli una luminescenza bluastra.
Sporgenze rocciose, come guglie di un duomo barocco, si inerpicavano per tutta la sua lunghezza.

Era una sala circolare e in fondo, proprio di fronte alla macchia più luminosa, c’era il mausoleo di Silente.
Una gigantesca fenice di pietra abbracciava la tomba bianca, che persino da lì, a parecchie centinaia di metri, riluceva del suo tenue lucore.
Lo spettacolo in sé quasi ti spingeva a distogliere lo sguardo. La Mcgrannit, a lavoro finito, aveva ironizzato fosse decisamente una cosa vistosa.
Avevano convenuto a tutti che a Silente sarebbe piaciuta.
Inspirò appena, quando un refolo d’aria gelida gli lambì la nuca, quasi a ricordargli che non era lì per rendere omaggio al suo mentore, ma bensì per trovare John Doe e liberare Thomas e Al.

Stese la bacchetta di fronte a sé. Sembrava non esserci nessuno.
I rumori nella grotta erano assenti. Si poteva sentire il silenzio, interrotto saltuariamente da qualche goccia d’acqua, che rimbombava però con la forza di una tempesta.
Non sapeva cosa doveva aspettarsi. Sapeva solo che John Doe lo aspettava, nell’ombra.
Poi lo vide. E gli si gelò il sangue nelle vene, prima di infiammarsi di fuoco, rabbia e terrore.

C’era Al disteso davanti alla tomba. Era a terra, esanime, senza mantello, con la sola divisa.
Sembrava incredibilmente piccolo, da laggiù.
Al!” Gridò, chiamandolo. Corse verso di lui, con i sensi tesi al massimo e il cuore che minacciava di spaccarglisi nel petto.

No. No. No. Non il mio bambino, Merlino, ti prego… non lui.
Non lui. Non ancora.
Lo raggiunse, inginocchiandosi di fronte a lui, prendendolo tra le le braccia. Era leggero, e freddo.
“Al! Albus, rispondimi… Ehi…” Lo scosse leggermente. Sentiva il sudore gelido ghiacciarglisi lungo la schiena, e quasi credette di morire e rinascere un paio di volte quando vide che ancora respirava, che era pallido sì, ma c’era ancora colore sul suo viso.

 
“È solo svenuto.”

Anche quella voce ebbe il potere di ghiacciargli il cuore. Perché la riconosceva.
Era pacata, ferma, bassa, perennemente venata da una cortesia innata.
Era la voce di Thomas.
Si voltò, trovandoselo davanti. Paradossalmente, fu Tom a sembrargli in condizioni peggiori. Era in piedi e vigile ma aveva il viso così bianco da sembrare cera, i capelli appiccicati sulle tempie, e qualche ciocca ribelle lungo le guance smunte. Sembrava dimagrito ancora, la camicia dell’uniforme disegnava ombre strane sul torace magro.

Come se sotto non ci fosse niente…
Ma furono i suoi occhi che lo portarono a sciogliere il figlio dall’abbraccio, e posarlo delicatamente a terra.
Erano completamente assenti.
E conosceva bene quell’ espressione. Durante la sua carriera di auror l’aveva vista più volte.
Mio Dio, no. È sotto imperio.
“Tom.” Mormorò, alzandosi. “Lo vedo, sì… Tu stai bene?”
Il ragazzo fece un mezzo sorriso, che si tese dolorosamente sulle labbra livide. Sembrava pura meccanica, Harry capì che non stava sorridendo davvero. “Non mi posso lamentare, Harry. Grazie.”
“Tom… Dov’è lui?” Chiese, serrando la presa sulla sua bacchetta. Tom era armato. La bacchetta non era sua, l’avrebbe riconosciuta al volo, era quella di Al.

Dannazione.  
Al e Tom avevano passato cinque anni a fare magie assieme, ed erano legati da ricordi, sentimenti, esperienze e soprattutto dallo stessa gradualità di apprendimento magico: questo, per una bacchetta, contava quasi più del sangue. Tom sarebbe stato in grado di usarla come se fosse sua.
“Lui chi Harry?” Chiese. Il tono era monocorde. Sembrava rispondesse solo per stimolo.
“John Doe, Tom. Dov’è? È qui non è vero? Devi dirmi dov’è.”
“No. Non posso.” Inarcò le sopracciglia. “Non posso.” Ripeté più lentamente, quasi a sé stesso.

“Ascoltami Tom…” Si avvicinò, di un solo passo. Il ragazzo entrò subito in tensione, notò da come irrigidì le spalle. Quello non era l’imperio.
Era istinto.
Maledizione, è spaventato a morte. Se lo attaccassi mi attaccherebbe per difesa.
L’imperio spesso veniva definita la meno pericolosa della maledizioni senza perdono. Sicuramente la meno dolorosa. Ma era il ragionamento di fondo ad essere sbagliato: non era il grado di dolore, inesistente a dire il vero, a renderla pericolosa.
Non è solo mettere un mago sotto il tuo potere. È inibirgli la sua coscienza. Si può farlo agire come se fosse vigile, farlo parlare, comportare normalmente. Ma è la sua coscienza ad essere soggiogata.
Non riconosce chi ha davanti. Azzera il suo giudizio, la sua etica, tutto.
Diventa solo una macchina, senza sentimenti. Esegue gli ordini.
L’unica cosa che l’imperio non poteva controllare era l’istinto.
E nel caso di una battaglia, non è qualcosa su cui comunque puoi contare…
Ad ogni azione corrisponde una reazione. Se levi la bacchetta contro un maledetto, quello ti ucciderà. 
Ricordava ancora con chiarezza straordinaria le lezioni di Malocchio Moody.
“Tom, guardami. Puoi combatterla.” Disse fermo. “Non è irreversibile. Lo so che mi stai sentendo. Devi combatterla. Devi combatterla e dirmi dove si sta nascondendo quell’uomo…”
Era lì, lo sapeva. Lo sentiva. Non si stava mostrando, semplicemente. Poteva rimanere rintanato nelle ombre della grotta, ed aspettare.

Maledetto figlio di puttana…
Sapeva che non sarebbe mai stato semplice per lui combattere contro Tom.
“Combatterla?” Chiese il ragazzo, distogliendolo dai suoi pensieri. “No, Harry. Non posso.” Ripeté. Suonava come la cantilena di un alunno annoiato.
“Certo che puoi.” Ribatté con forza. “Tom, tu sei molto più forte di una stupida maledizione della volontà. Devi combatterla, devi dirmi dov’è Doe… e dobbiamo portare Al via di qui. Albus.” Ripeté, scostandosi per farglielo vedere. “È svenuto, forse sta male. Al è il tuo migliore amico, Tom. Te lo ricordi, sì? Certo che te lo ricordi…”
Con orrore si rese conto che neanche quello funzionò. Lo sguardo del ragazzo passò senza emozioni sul corpo esanime dell’altro. Come se neanche lo vedesse.

Harry realizzò che Tom era troppo debilitato per poter combattere. E che l’unica speranza era farlo parlare, e intanto cercare da solo l’ubicazione di quel bastardo.
Come se fosse semplice. Qui dentro ci sono centinaia di posti in cui nascondersi…
Poi Tom si mise una mano dentro la camicia, e ne tirò fuori qualcosa. Era un medaglione. Harry non l’aveva mai visto prima, sebbene avesse un’aria familiare.
“Sai cos’è questo?” Chiese il ragazzo. “È cominciato tutto da questo, sai.”

“È un medaglione, Tom. Dove l’hai preso?” John Doe doveva essere là attorno. Abbastanza vicino da potersi godere lo spettacolo. Ne era sicuro.
Il sorriso di Tom divenne improvvisamente sgradevole. Non avrebbe mai creduto di poterlo dire, ma Dio, era identico a quello del giovane Riddle. “Nella Foresta, Harry.”
Riportò gli occhi sul medaglione. E capì.

È la Pietra. 
La cicatrice prese a formicolargli. Non aveva niente a che vedere con il dolore accecante che aveva patito da ragazzo, solo un’ombra. Ma ricordò le parole di Ethan Scott.
Un’anima lascia sempre una traccia, ovunque alberghi, anche se solo per poco.  
Erano l’anima di Tom e quella maledetta pietra ad essere in sintonia.
“Vedo che l’hai riconosciuta subito, anche se trasfigurata.” Mormorò il ragazzo. “Lo sai? Mi appartiene di diritto. Apparteneva a quello che rimane di Voldemort e… io sono quello che rimane di Voldemort.”
“No, Tom. Non lo sei.” Replicò furioso. “Qualsiasi cosa ti abbiano fatto, come ti abbiano fatto nascere… tu sei un’altra persona. La reincarnazione. È quello che è successo a te, tutto qui. Pilotata o meno, tu non sei lui. Sei un’altra cosa.”
“E cosa?” Replicò il ragazzo. Sentì la rabbia tremargli sulle labbra, e faticare ad uscire a causa della maledizione. “Un contenitore?”
Harry riportò gli occhi su di lui. “Sei Thomas. Ti prego, dimmi dov’è.”
“No.” Questa volta la voce era venata chiaramente da qualcosa. Ma Harry capì che non era uno sviluppo in positivo. Era rabbia.

L’istinto… Tom è spaventato, infuriato. Il medaglione, contiene la pietra, dove l’anima malvagia di Riddle ha soggiornato. È come se amplificasse la sua rabbia…
No. Peggio. È come se gli desse un bersaglio.
Me.
“Bacchetta alla mano, zio Harry.” Disse il ragazzo. “L’etichetta, prima di tutto.” Recitò beffardo.
“Thomas, no.” Lo redarguì, saettando con lo sguardo per l’enorme sala di pietra. Poteva essere dovunque. “Non leverò la bacchetta contro di te.”
“Allora morirai.” Harry sentì la sua mano mettersi in posizione prima che volesse davvero farlo. “Avada
Protego horribilis!” Scattò e il lampo verde del ragazzo scoppiò migliaia di scintille verdi. Era un’amara consolazione, ma la maledizione, come pensava, non era stato abbastanza efficace. Era bastato uno scudo di difesa di medio livello a vanificarla.

È solo un ragazzino… e non ha mai scagliato l’anatema che uccide.
Non che non avrebbe potuto farlo. Tom era brillante. Se ci avesse provato di nuovo…
Maledizione, fottuto bastardo. Vuoi farmi combattere con lui fino a che il cuore non gli cede?
Thomas respirava male. Se n’era accorto da un po’. Sebbene il volto mostrasse una calma soprannaturale, i respiri che tirava erano secchi, irregolari. Solo lanciargli un incantesimo l’aveva spossato.
Doveva mettere fine a tutto quello.
Stupefi-
Protego!
Il ragazzo sorrise di trionfò quando la sua presa rimase salda sulla bacchetta e lo vide indietreggiare di qualche passo.
“Hai visto zio Harry? Imparo in fretta.” Sibilò. “Non cercare Doe. Credo sia meglio che tu dia attenzione a me… Perché sono io il tuo avversario adesso.”

 
 
****
 



L’avevano svegliato dei forti scoppi.
Nel dormiveglia aveva pensato, stupidamente, al rumore dei fuochi d’artificio dei Tiri Vispi quando li scoppiavano ogni estate per il Solstizio.
Poi aveva aperto gli occhi. E davvero, avrebbe voluto non farlo.
Vide la schiena di suo padre, a parecchi metri davanti a sé. Suo padre, che combatteva.
C’erano lampi di luce ovunque che gli ferivano gli occhi. Un rumore tremendo.

Ma non era l’uomo biondo il suo avversario. Quando si diradò il fumo dovuto ad una leggera frana vicino a loro, vide Tom.
Era Tom a combattere con suo padre. Sotto imperio.
Maledizione!
Non badavano a lui, e come avrebbero potuto?
Quello non era un duello scherzoso, come  ogni tanto suo padre faceva con loro.
Non stavano facendo finta. Si lanciavano incantesimi per uccidersi.
Un lampo verde fischiò poco sopra la sua testa. Si riparò con le mani, ma poi lo vide precipitare dall’altro lato, rimbalzando su un incantesimo scudo di suo padre e schiantarsi contro la parete di roccia parecchie centinaia di metri più in là provocando un crollo.
Sentì suo padre imprecare, anche in tutto quel rumore. Aguzzò la vista e vide che sembrava aver colpito un arco di pietra.
Tentò di alzarsi in piedi. Doveva fermarli.
Non sapeva come, ma doveva farlo. Suo padre stava cercando di difendersi, non di attaccare, ma Tom…
Lo saprà che è sotto imperio? Lo saprà?
Perché se non l’avesse saputo, forse…
Lo sguardo di suo padre, riusciva a vederlo per l’innaturale lucore della grotta, era feroce. Concentrato.

Come se Tom fosse un nemico…
Sentì la bocca secca e lo stomaco serrato nella morsa del panico.
Doveva farli smettere.
Devo, prima che…
Inspirò, lanciando uno sguardo lungo la grotta. Doe non c’era. Non c’era modo per lui di trovarlo, lì dentro, ed obbligarlo a sciogliere la maledizione. O se c’era, non ne era in grado.
Non senza una bacchetta, comunque…
Si rialzò, sentendo la ghiaia in cui era stato buttato conficcarglisi nelle ginocchia e nei palmi delle mani. Probabilmente aveva persino qualche livido sulle ginocchia. Il fastidio servì a renderlo lucido.
Doveva trovare una bacchetta.
Gli venne quasi da ridere, all’assurdità della sua richiesta, ma poi si voltò.
Era la tomba di Silente quella.
Un’enorme fenice di pietra racchiudeva la famosa tomba bianca. La gigantesca scultura era appollaiata, con il suo prezioso contenuto su un agglomerato calcareo, molto simile ad una leggera collina.
L’idea lo trafisse da parte a parte, come una folgorazione.
La Bacchetta di Silente! Silente è stato sepolto con la sua bacchetta!
Certo, risalire quel pendio avrebbe significato essere una specie di bersaglio inconsapevole per gli incantesimi del padre e di Thomas, ma…
Lo risalì comunque. Nessuno badava a lui. Doveva fare presto. Doveva avere una bacchetta.
Avrebbe disarmato Tom, e sarebbe tutto finito.
 Non c’era tempo per avere paura. Doveva avere una bacchetta.
La tomba era così bianca che gli ferì quasi gli occhi, quando si insinuò tra le gigantesche ali della fenice.
Bianca e sigillata.
Si morse un labbro. Profanare una tomba era un atto terribile. Specialmente quella tomba.
Gli sudavano le mani, aveva paura. No. Era terrorizzato.
Ma gli scoppi sotto di lui, la polvere calcarea che gli cadeva trai capelli, facendogli capire che la grotta era squassata dalla magia, non gli davano scelta.
Devo. Solo… come?
La tomba sembrava un’unica lastra di marmo, di uno spessore sufficiente per contenere le spoglie di un uomo, ma… Non sembrava avere aperture.
È stata sigillata con la magia…
Si morse un labbro, passandoci una mano, angosciato.
Come la apro? Come dannazione la prendo la bacchetta?
Sentì un fruscio d’ali, un vento leggero che smosse l’aria immobile della grotta. Si voltò di scatto.
“Fanny!” Sussurrò sconvolto: come diavolo era entrata lì?
La fenice si appollaiò sul suo braccio. Era molto più grossa di un falco, eppure non pesava nulla.

“Come… come hai fatto…”
Non che mi debba stupire. È una creatura leggendaria. Ed è definitivamente la fenice di Silente.
La fenice gli becchettò leggermente la guancia, prima di staccarsi dal suo braccio e posarsi sulle tomba.
“Devo prendere la bacchetta Fanny… Ti prego, aiutami.” Sussurrò.
La fenice dispiegò le ali e Al fu accecato da un’improvvisa vampata d’oro e fiamme.

 
****
 
 
Non ci riusciva.
Erano passati solo dieci minuti, o forse una mezz’ora. non riusciva a capirlo, ancora.
Per quanto cercasse di disarmarlo, Tom respingeva ogni suo attacco.
Era l’imperio.
L’imperio lo teneva vigile. Probabile che quel bastardo gli avesse ordinato di non riposarsi, di non arretrare mai.

Gli ha ordinato di uccidermi…
E c’era una grossa differenza tra chi tentava di difendersi e chi voleva uccidere.
Il primo non aveva chance contro il secondo.
E c’era anche da considerare il fatto che Tom si stava violentando, fisico e mente, per combattere al suo livello.
“Tom, smettila!” Tentò nuovamente, vanificando uno stupeficium. Tom non poteva sconfiggerlo naturalmente, ma non si stancava neppure e non riusciva a togliergli la bacchetta o schiantarlo.

È intuitivo, veloce… e conosce il mio arsenale di incantesimi…
Lui stesso aveva duellato per anni con lui e i suoi figli d’estate. Aveva insegnato loro come difendersi, come evitare gli incantesimi e quali usare per rispondere efficacemente.
E quelle informazioni erano tutte chiuse nella memoria di Tom, pronte per essere usate. Senza filtri, senza indecisioni o incertezze.
Tom tossì, ansimando. Aveva il viso coperto di sudore e un taglio lungo la fronte gli aveva lasciato una lunga macchia di sangue appiccicoso fino alla guancia.
“Tom, ti prego, devi-…”
Crucio!
Harry sentì un dolore tremendo impadronirsi di lui. Cadde in ginocchio, a bocconi. Non era come quello di Bellatrix, non era neanche lontanamente come quello di Voldemort.

Ma era un crucio.
E il suo istinto scattò prima della ragione. In un scoppio di adrenalina riuscì a levare la bacchetta.
Everte Statim!” Gridò.

Il ragazzo non si aspettava, evidentemente, che riuscisse a combattere gli effetti della maledizione, perché non fece in tempo a farsi scudo e fu scagliato contro una roccia con forza.
Harry, sentendo il dolore sparire di colpo scattò in piedi, raggiungendolo.
Era ancora cosciente, neppure il colpo l’aveva fatto svenire. E gli occhi…
Merlino. Gli occhi.

Erano rossi.
Non si era accorto fino a quel momento del loro colore, a causa dell’illuminazione evanescente della sala.
Ansimava Tom… ed era così simile a lui.
A Voldemort.
Lo guardava, con quelle iridi rosse, che aveva visto nei suoi sogni, nei suoi incubi.
Per un attimo, Harry si sentì trasportato a vent’anni prima, a quella fatidica notte.
La bacchetta non gli tremò nelle mani mentre la levò verso Tom.

 
Expelliarmus!

Harry sentì uno strappo violento e la sua bacchetta volò in aria. Sentì il rumore del legno contro la roccia, secco, come uno sparo. Si voltò, incredulo. Perché la voce l’aveva riconosciuta.

Era Albus.
Pallido, tremendamente pallido, con gli occhi verdi spalancati dalla paura.
E con la Bacchetta di Sambuco in mano.
“Al…” Sussurrò. “Al, cosa hai fatto?”
“Tu… tu volevi ucciderlo!” Sbottò il ragazzo. “È a terra!”
“Al, no! Merlino, tu…-“


Si sentì un applauso schioccare sinistramente dentro la caverna.
Uscì John Doe, come apparso dal nulla.
“… Tu sei il nuovo padrone della Bacchetta, ragazzino. Neppure io potevo pensare ad una soluzione migliore, lo ammetto. Harry Potter senza bacchetta, e suo figlio con. Avanti le nuove generazioni quindi.  Tom?” Fece una pausa. “Uccidilo e prendigli la bacchetta.”



****
 
 
Note:
Ci manca un ultimo capitolo.

Dai. Ve l’aspettavate? :D
1 Le Scogliere di Moher sono dove, nella versione filmica, sono state girate le scene della grotta dell’horcrux. Piccola licenza poetica.
La canzone traccia di questo capitolo è Qui .
  
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