Nimueh, la figlia del lago
Non è che si sia mai pentita, no -
davvero non riusciva più a sopportarlo -
e gli scrupoli di coscienza, l'etica, la morale
sono cose troppo terrene per lei che è creatura di lago.
Eppure, talvolta, quando la notte si spegne e s'affaccia in lontananza il primo sole,
quando si solleva alla riva e un calore lieve le riscalda la pelle chiara,
talvolta, in quei momenti,
un'immagine sfocata le bussa alla mente
e le pare di ricordarlo sorridere -
il volto di Merlino s'affaccia al suo ricordo, di Merlino imprigionato e beffato,
di Merlino circuito e sfruttato,
ma sorridente prima che lo lasciasse per sempre.
Allora non riesce più a capire,
si sente confusa -
e umana -
sensazione che le piace assai poco, deve ammetterlo.
Si chiede se per caso avesse in mente qualcosa, l'uomo diavolo,
e cerca l'impercettibile dettaglio che deve esserle sfuggito.
Lo cerca a lungo, tra i fili sottili della sua vita
confusa nella Leggenda.
Ma non può trovarlo, Nimueh.
Lo cerca nel posto sbagliato, lei fata, lei strega, damigella e signora, necromante.
Dovrebbe forse guardare tra le vite altrui -
quella di Merlino, quella di Morgana,
più fragili, più umane di quanto la sua sia mai stata,
più terrene, forse,
poiché non le generò l'acqua di un lago,
poiché entrambi nacquero da un intrigo,
da un tradimento,
da una scintilla di sentimento.
Non può trovarlo, Nimueh,
e quel sorriso rimane un'ombra,
un dubbio, un tarlo,
una goccia che cade incessante sulla pietra
della sua esistenza
priva d'amore.