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Autore: Diana924    13/06/2010    1 recensioni
Karen si deve recare in Argentina per il matrimonmio di sua cugina,scoprirà che alcune vecchie leggende...
Genere: Dark, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai nel momento esatto in cui l’aereo atterrava. Un po’ intorpidita scesi dall’aereo. La mia prima preoccupazione fu se la mia valigia fosse arrivata, sono per natura paranoica. Il bagaglio era arrivato, sano e salvo.

Mentre uscivo vidi una ragazza, più o meno mia coetanea, che teneva in alto un cartello su cui c’era scritto il mio nome, Karen McCormack. Quella ragazza doveva essere Pam. Era diversa da come me l’aspettavo. Tutti i miei parenti, me compresa erano biondi, ricci, alti e con le lentiggini. Facevano eccezione alcuni parenti di mia madre, che erano castani. E mio nonno Robert, che in gioventù aveva i capelli rossi. Pam invece era mora, aveva i capelli lisci molto lunghi e tipici tratti latini.

<< Paloma Rojias? Sono Karen, tua cugina >>. << Hola Karen, sono felice di conoscerti >> Pam parlava un ottimo inglese, diversamente da me. Occorre sapere che in famiglia ci si considerava prima scozzesi e poi inglesi. Questa idea aveva portato i miei genitori a parlare solo scozzese con me e James. Come se non bastasse ci avevano iscritto ad una scuola privata, dove l’inglese veniva parlato solo durante una lezione, quella di inglese appunto. Ciò ci aveva creato diversi problemi, soprattutto a me, quando entrata all’università mi fu e mi è difficile comprendere appieno le lezioni.

Invece Pam lo parlava benissimo, e io capivo abbastanza lo spagnolo, non ci sarebbe stato difficile conversare.

 

***

Mentre eravamo in viaggio verso casa sua Pam mi raccontò, un po’ in inglese un po’ in spagnolo, di come lei ed il suo futuro marito si fossero conosciuti. Appresi che il matrimonio, cosa strana per me, non era combinato, ma era un matrimonio d’amore, come quelli che si vedono nei film. Com’era romantico, nella nostra famiglia i matrimoni erano tutti combinati, con altre famiglie nobili scozzesi, con l’intento di preservare il sacro sangue scozzese, come diceva mia madre.

Il suo promesso marito si chiamava Ramon, era un avvocato alle prime armi, e come mi disse ti piacerà, è un ottima persona, è così facile per me amarlo. Devo dire che provai un po’ di gelosia, com’era fortunata Pam a fare un matrimonio con l’uomo che amava!

Giungemmo a casa loro, Villa Teresa, verso le due del pomeriggio, dopo un’ora di tragitto, durante la quale parlammo pochissimo, non sarebbe potuto essere diverso: non ci conoscevamo e non avevamo niente da dirci.

La casa era in stile coloniale, con un ampio giardino. I muri erano bianchi e rossi, e vi cresceva un’edera rigogliosa. Le finestre erano ampie e ariose, enormi.

Pam lasciò la macchina sotto una tettoia verde e bianca molto curata, io presi il mio bagaglio e la segui.

Entrata in casa una cosa attirò la mia attenzione: una statuetta. Non era molto grande, ma mi sembrava enorme. Era invece molto piccola, pregiata; raffigurava un giaguaro dell’Amazzonia che teneva una zampa sollevata. << Cos’è? >> chiesi distrattamente a Pam. << E’ Ananga >> disse una voce dalle scale.

Una ragazza dai neri capelli, magra come un grissino, in una vestaglia bianca apparve. Sembrava un angelo, o uno spettro, a seconda di come la si vedesse.

<< Clara, stai bene? >> chiese Pam. Per un momento non ricordai, poi ebbi un’illuminazione: Clara Rojias era la sorella minore di Pam. << Si, sai che dovevo vederlo, è più forte di me, lui mi parla, e mi ha ordinato di scendere a vederlo >>.

<< Ora che l’hai visto puoi anche tornare di sopra, non stai bene, devi riposarti per domani >> le consigliò Pam. Ubbidiente come una bambina Clara fece quello che le era stato ordinato.

<< Cos’ha tua sorella? >> << E’ malata, delira, da due settimane ha un attaccamento… come si dice… ah si, morboso, verso quella statuetta che hai visto >>.

Disse, come se fosse terribilmente in imbarazzo e si volesse riabilitare ai miei occhi.

Annui e la segui per le scale, verso la mia stanza.

 

****

La mia stanza si trovava nell’ala destra della casa. Era ampia e spaziosa, il letto aveva delle lenzuola bianche molto belle, di lino.

Deposi la valigia a terra, l’aprì e sistemai i vestiti. Siccome erano già le cinque mi preparai per il cocktail delle sei, poi ci sarebbe stata la cena di prova. Niente addio al nubilato, la cosa mi sorprese, ma non tanto, ogni Paese ha le sua abitudini.

Indossai il vestito adatto: nero, senza spalline, abbinato ad una pochette bianca, orecchini a goccia, trucco poco marcato e un braccialetto. Mi rimirai nello specchio un’ultima volta e scesi.

   
 
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