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Autore: Evilcassy    14/06/2010    3 recensioni
Tanti piccoli momenti legati a 'Two Pairs of Chilling Eyes'. 8- Purple Shades of Victory““Con fare conciliante e con un sorriso da orecchio a orecchio, il ragazzo appoggiò le mani sul pancione di Nina. “Sono sicurissimo che ci sia un’altra cosa che gli va a genio…” “Evidentemente non hai visto la sua espressione quando ha scoperto che è femmina.” “Vammi indovinare: la solita?” “La faccia di Dragunov ha diversi tipi di impassibilità. Quella era la stessa impassibilità che utilizza anche nei post sbronza.” “…Colorito verdognolo?” “Precisamente.” “Oh, beh. Poteva andar peggio, no?” “Certo, poteva assumere l’impassibilità di quando si ritrova davanti Raven.”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Anna Williams, Lee Chaolan, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
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Chilling Pills.

Perché scrivere una storia intera e di senso compiuto comporta troppa fatica.

 

4- Just a little bit of love. (AnnaLee)

 

Anna Williams non si sarebbe mai scordata il momento in cui la sua vita era cambiata radicalmente.

Quanto pesava quella borsa che portava in spalla mentre si affrettava ad uscire dall’edificio della Mishima Zaibatsu. Si ricordava perfettamente il rimbombo della battaglia sulla sua testa e i vetri che si staccavano dalle finestre del grattacielo e si schiantavano in strada.

Aveva varcato la soglia dell’uscita principale nell’esatto momento in cui il grattacielo aveva iniziato a tremare.

Subito dopo aveva sentito il rombo potente di una Ferrari che svoltava l’angolo e inchiodava, a pochi metri da lei.

“Posso offrirti un passaggio?” Lee vestiva ancora gli abiti dell’incontro che aveva disputato poche ore prima, un taglio sulla fronte medicato e dei Rayban scuri. E il suo sorriso smagliante, provocatore e irresistibile.

Aveva intenzione di sembrare inizialmente diffidente, di fare la preziosa, ma un boato proveniente alle sue spalle l’aveva convinta a gettarsi all’interno dell’abitacolo dell’auto con una certa fretta.

Sgommando, Lee era partito a tutta velocità. “Destinazione?”

Uhn… non ne ho una in particolare… vediamo, dove potrei andare…?”

“Io sto andando all’aeroporto, prima che scoppi il caos e che chiuda. Il mio jet privato mi attende in pista. Posso invitarti?”

“Dipende dalla destinazione.”

“Nassau, Bahamas. Ovviamente. Con sosta necessaria per il rifornimento a Honlululu e Miami. Posso contare sulla tua compagnia per tutto il viaggio?”

“Le Bahamas devono essere un bel posto per una vacanza rigeneratrice.”

“Assolutamente. Posso chiederti cosa hai portato in quel tuo voluminoso bagaglio? Sei l’unica che è riuscita a fare le valigie, a quanto vedo!”

La donna tamburellò sulla superficie di camoscio della borsa: “Honey qui dentro c’è la mia liquidazione da Bodyguard di Kazuya…!”

“La cassaforte del ventisettesimo piano?”

“Oh no, no. Quella del centovettisettesimo: La personale del tuo adorato nipotino”

Il Jet di Lee era l’apoteosi del lusso. Sedici comodi posti a sedere, un salottino e una piccola camera da letto completa di  bagno con doccia. “Sei incorreggibile!” rise di gusto lei, alla vista del letto rotondo.

Il viaggio verso Nassau era stato lungo quanto piacevole. Alternavano gli atterraggi e i decolli seduti sulle poltroncine ai brividi ad alta quota del letto rotondo. Tutto questo finché, mentre facevano un giro nell’aeroporto di Miami durante il rifornimento, sulle televisioni avevano mostrato chiaramente la distruzione della Mishima Zaibatsu, i cadaveri estratti dalle macerie dei Mishima e l’elenco dei dispersi, tra cui figurava anche Nina. La borsetta di Gucci che si era appena comprata le era sfuggita di mano ed era caduta per terra, mentre il cuore le mancava di battito.

“Andiamo, Anna… sai quanto è brava tua sorella a nascondersi.” Aveva detto Lee, raccogliendogliela con un gesto cavalleresco. “Per quanto riguarda i Mishima… non potrei essere più sollevato di così. E’ grave?”

…cosa?” aveva domandato lei assente, lontana.

Lee le aveva rivolto uno sguardo sorpreso: “Forse è meglio che torniamo sull’aereo. Sei un po’ scombussolata, non è vero?”

Ah-ha…

Erano passati mesi interi in cui lei si sentiva completamente vuota, apatica e incompleta. Conosceva bene quella sensazione, l’aveva provata più e più volte nella sua vita. Niente la scuoteva, neppure notare come le calzassero a pennello i vestiti che Lee le regalava per tirarle su il morale.

Anzi, la compiacenza dell’uomo le dava fastidio, la innervosiva l’averlo vicino, accondiscendente senza capire che cosa le stesse succedendo.

Si sentiva un’ingrata, ma non riusciva ad evitarlo.

Così aveva deciso che l’unico modo per star meglio era di farla finita. In una sera in cui Lee era fuori casa si era immersa nella superba e gigantesca Jacuzzi di marmo con un bicchiere di vino rosso in mano. Dopo aver svuotato il calice, l’aveva spaccato contro il bordo e si era piantata un coccio acuminato nel polso. Stava ammirando il sangue così scarlatto che ne sgorgava, prendendo coraggio per terminare la sua opera, quando la porta si era improvvisamente aperta e si era ritrovata davanti uno sbalordito e terrorizzato Lee.

E la consapevolezza di aver sbagliato di nuovo tutto l’aveva colpita come uno schiaffo.

Quando si tocca il fondo, si possono fare soltanto due cose: O restare li ed annegare o darsi una bella spinta e risalire.

Con Lee che teneva la ferita avvolta nel suo fazzoletto di seta e l’accompagnava in ospedale, incurante della camicia candida che si macchiava di sangue, Anna concluse che aveva una buona ragione per risalire.

Qualche mesi dopo si rigirava il test di gravidanza positivo tra le dita.

Era entrata nell’ufficio di Lee e glielo aveva detto tutto d’un fiato. “Guarda che non è un problema per me crescere il bambino da sola, se tu non lo vuoi.” Aggiunse, vedendolo impallidire.

Sembrava che Lee stesse per avere un infarto, mentre quasi la implorava di farsi vedere da un medico.

Per averne la certezza.

La cena della serata, in un raffinato ristorante, l’aveva angosciata. Lee non aveva spiaccicato parola per tutta la durata del pasto, rifiutandosi di rispondere alle sue domande e alle sue richieste.

E quando lei stava per sbottare e innaffiarlo con il contenuto incredibilmente analcolico del bicchiere, ecco che tirava fuori imprevedibilmente una scatolina di velluto blu dalla tasca interna della giacca.

Una scatolina cosi piccola che conteneva il più grosso solitario che Anna Williams avesse mai visto.

“Direi che è l’occasione giusta per chiederti di sposarmi”

Tre mesi dopo si erano sposati sulla spiaggia, davanti ad un tramonto mozzafiato. Loro due da soli e la sua pancia che iniziava a spuntarle.

E da allora la vita era stata di gran lunga più rosea. La perfezione che aveva tanto invidiato, agognato, cercato sembrava tenerle la mano. Probabilmente erano gli ormoni, che calmavano il suo animo irrequieto.

Eppure non si sentiva ancora completa, nonostante la vita che stava crescendo dentro di sé le regalava una serenità di cui mai avrebbe potuto crederne l’esistenza.

Così, dopo averne parlato con Lee, aveva deciso di cercare Nina, cogliendo l’occasione dell’annuncio del Settimo Torneo del Pugno d’Acciaio.

Quanto c’era rimasta male davanti all’iniziale astio che continuava a covare sua sorella! Ma poi Nina era con lei, al momento del bisogno, in mezzo a quella città distrutta mentre aveva deciso di ‘scodellare il primo figlio’.

Jamie era la cosa migliore che la vita potesse darle.

Eppure, nonostante il suo bambino, nonostante il suo matrimonio perfetto e la sua famiglia d’origine ritrovata in parte, ad Anna mancava qualcosa.

Nel corso degli anni la ricerca della perfezione era stata il ritornello delle sue mille peripezie, diventando un’ossessione da cui non riusciva ancora a liberarsi.

Non riusciva a far pace con sé stessa. C’era sempre qualche ombra sui suoi passi.

E quello che stava capitando ora era il capitolo successivo della sua inquietudine.

 

Lee si infilò il suo nuovo Rolex, regalo di Anna del loro secondo anniversario di matrimonio, aggiustandosi poi il polsino della camicia e della giacca. Elegante, impeccabile, anche quando doveva andare ad una banale cena con dei fornitori della Violet System. La classe non era acqua, amava precisare.

“Anna, tesoro, sto andando.” Fece appena in tempo ad annunciare la sua partenza che la porta del loro bagno en suite si spalancò immediatamente. “TU non vai da nessuna parte!” Anna si lanciò tra le sue braccia, facendolo cadere all’indietro sul tappeto, fissandolo implorante a cavalcioni su di lui, mentre gli guidava con forza le mani sui suoi seni. “Non adesso, almeno. Lee, io sto ovulando.

“… Anna…

“… e la temperatura basale è ottima!”

…Amore, io…

Jamie è impegnato in salotto a guardarsi Cars. Questa volta ci siamo, me lo sento!”

Lee sospirò, roteando gli occhi grigi. “Anna… per favore…

“Solo un po’ di zucchero

Anna…

“Un pochiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiino…

“NO.” era giunto il momento di prendere una posizione decisa in merito. Ormai quella situazione stava sfociando nel ridicolo. Riuscì a sfuggire dalla stretta della moglie, facendola rotolare di lato, e ad alzarsi sistemandosi la giacca. Poi le porse una mano, dispiaciuto della sua espressione abbattuta. Se pensava di intenerirlo così però si sbagliava di grosso: Era ora di parlarsi chiaro.

“Principessa, ascoltami: così non funziona. Stiamo cercando un altro bambino, questo è vero, ma non mi pare il caso di buttar il tutto in una mera ginnastica, non sei d’accordo? Non mi piace che quando tento un approccio tu prima scappi in bagno a controllare il test della fertilità, per poi informarmi che è inutile farlo in quel momento. Così come non mi piace che tu mi salti addosso nei momenti più improbabili giusto perché stai ovulando. Mi rifiuto di essere il tuo gingillo di riproduzione.”

Anna si era appoggiata alla parete, lo sguardo –adirato ed innervosito – che saettava sulla sua faccia. “Stiamo cercando di avere un bambino, è questo il metodo, no?”

“Oh, Anna, per avere Jamie ci è bastato…

“Non so se l’hai notato, ma pare che ora sia un po’ più difficile. Lee, è da più di un anno che si stiamo provando senza risultati. Senza contare il periodo del se arriva arriva. Siamo stati sull’isoletta dove abbiamo concepito Jamie per ben quattro volte. Ho modificato per tre volte la nostra dieta, ti ho proibito di fumare e mi metto sempre a testa in giù dopo che abbiamo fatto. Nulla. Direi che è il caso di farlo solo al momento giusto, non trovi?”

Il marito incrociò le braccia, fissandola serio. “No. Non stiamo facendo ginnastica per dimagrire, Anna. Stiamo cercando di concepire un figlio.”

“Una figlia” lo corresse distrattamente la donna, giocherellando nervosamente con le dita.

“Giusto. Ma evidentemente neppure questo funziona. E sinceramente non mi stupisco. Non credi che ci voglia un pochino di amore, un pochino di tranquillità? Non credi che senza ansia si possano migliorare le cose? Per Dio, Anna, ne stai diventando ossessionata!”

“Io voglio solo…

“… ed è quello che voglio anche io, Principessa. Ma non posso permettere che questa ricerca diventi una malattia. Non voglio che tu…

“… io… non riesco a capire che cosa non funzioni… ed è una cosa che... non mi va giù.”

L’uomo le cinse la vita sottile, stampandole un bacio sulle labbra. “Forse è arrivato il momento di rivolgerci ad uno specialista.”

“E’… come una sconfitta.”

“Mi avevi detto che avevi imparato ad accettarle, le sconfitte. E poi questa non la è proprio: dobbiamo capire cosa non va: vogliamo dare a Jamie un fratellino e…

“Sorellina”

“Noi vogliamo dare a Jamie una sorellina e cerchiamo solo di capire bene cosa dobbiamo fare per farla arrivare.”

“L’altra volta era stato così facile…” Anna sospirò sfregandosi gli occhi, improvvisamente stanca. “Hai ragione, Lee. Ti ho trattato come gingillo sessuale.”

“Non è quello che mi ha dato fastidio. Adoro essere il tuo gingillo sessuale. E’ il fine della riproduzione e basta che mi sconvolge. Ultimamente non c’era più… passione, calore. Insomma, le nostre solite cose. Domani contatteremo la migliore clinica di Nassau e andremo a farci visitare entrambi. Vedrai che in men che non si dica troveremo la soluzione. Nessuno può mettere Baby in un angolo.”(*)

Anna sorrise conciliante alla citazione cinematografica del marito. “Va bene ha ragione.” Gli sistemò il bavero della giacca e il nodo della cravatta. “Ecco, così sei perfetto. Buona cena, tesoro.”

Dopo un bacio a stampo Lee scese al piano di sotto.

Anna sentì Jamie ridere ad un saluto dispettoso, rispondendogli con una pernacchia e facendosi promettere un pomeriggio sulla spiaggia insieme.

Sospirò, guardandosi allo specchio, gettando l’ennesimo ed inutile stick di ovulazione nel cestino, a far compagnia ad altri sei uguali.

Si, tutto ciò stava divento un’ossessione pericolosa. Come la era stata quella di battere e umiliare sua sorella e  quella, più recente, di fare l’impossibile pur di mantenere un fisico perfetto per paura che Lee cominciasse a rivolgere le sue attenzioni a qualcun’altra.

Pareva che la sua vita gravitasse sempre attorno ad uno stato ossessivo. Ciò in cui non riusciva diventava per lei un’ossessione, quasi una malattia.

“Mamma?” una vocetta sulla soglia della porta le fece voltare la testa di scatto. Jamie, il suo cucciolo dagli occhioni blu e i capelli argentati la fissava stringendo tra le mani il suo modellino di Saetta McQueen preferito. “… tuo.” Decise, porgendogli la macchinina.

Anna si chinò di fronte al figlio, prendendo Saetta delicatamente. Era raro che Jamie la facesse utilizzare a qualcuno, era molto geloso dei suoi giocattoli preferiti. “E’ per me? Davvero?”

Il piccolo annuì, dondolandosi da un piede all’altro. “E tu cosa usi, amore mio?”

“Sally” rispose, porgendole la mano. “…giochi?”

Eccola lì, la perfezione. Lei, che l’aveva cercata così tanto, alfine l’aveva creata. Con quella faccia da furbetto – tutto suo padre, e i suoi occhioni azzurri e limpidi. Il vero uomo della sua vita, quello che non l’avrebbe lasciata neppure nell’improbabile ipotesi che diventasse vecchia, brutta e grassa.

“Certo tesoro, andiamo giù di sotto?”

Jamie annuì. “Andiamo Madame!” esclamò ad alta voce, imitando suo padre, strappandole una sonora risata.

 

 

 

 

Ragazze!

I vostri commenti positivi mi stravolgono!!!

Spero di non deludervi con questo (improbabile, noioso, assurdo e non richiesto) spaccato della vita quotidiana di un’altra coppia…

E spero di riuscire ben presto a scrivere del ----  Kazakistan!!!----

(*) La citazione viene da Dirty Dancing Non so se vi ricordate, ma (stando alle mie Ff) ad Anna piaceva Patrick Swayze.

Una buona serata a tutti, vado a mettere le birre in fresco per Italia – Paraguay.

Un beso!

EC.

 

   
 
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