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Autore: Hi Fis    16/06/2010    3 recensioni
“L’odore delle spezie e del caffè pervadeva la stanza, mentre il comandante si affaccendava attorno ad un pentolino di ottone. Misurò acqua a sufficienza per tre tazze: la stazza del krogan le suggeriva che una dosaggio umano si sarebbe rivelato insufficiente.” Piccola raccolta di scene inedite nel gioco.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ed eccoci infine all'ultimo capitolo.
Lo dedico a The_Mad_Hatter, che con la sua pazienza e i suoi gentili apprezzamenti mi ha spinto a riprendere in mano la raccolta e a scrivere questo capitolo, quando ormai la davo già per conclusa.

Due cose prima di lasciarvi alla lettura: questo capitolo conclude la raccolta, ma non ho affatto intenzione di smettere di scrivere su Mass Effect a breve. Ho già diverse idee per una serie dedicata al secondo episodio della trilogia di Mass Effect: appena sarò riuscito a sistemarle un po' meglio, conto di pubblicarla.

Secondariamente, e in modo più attinente al capitolo: in ME2 e ME1, la comprensione fra le diverse favelle aliene è garantita dall'azione di traduttori personali, per cui le lingue extraterrestri sono convertite in modo quasi istantaneo in linguaggio umano e viceversa. Metto qui questo appunto "verboso", perchè sarebbe stato pesante inserirlo nella narrazione e ne avrebbe spezzato il ritmo.
E con questo vi lascio al capitolo. Buona Lettura.


“Allora hai deciso, sei sicura?”

“Sì, Liara. Ho deciso.”
“Non posso farti cambiare idea?”
Shepard sorrise stancamente:
“Puoi sempre provarci…”
Liara incrociò le braccia, guardando il suo comandante: un migliaio di domande si agitavano sulla sua lingua, cercando ognuna di ottenere la precedenza. Alla fine, decise di fare l’unica veramente importante:
“Perché?”
 
Shepard si sedette sulla sua scrivania, prima di rispondere:
“Perché Tali è la più esperta nel combattere i geth, Liara. Nell’equipaggio, non c’è nessuno più capace di lei.”
Liara dovette assentire, seppure a malincuore. Era vero e lo sapeva: Tali era per i geth l’equivalente di un’arma ambulante. Grazie alla profonda conoscenza della loro struttura, tipica di ogni Quarian, e delle sue incredibili capacità tecnologiche, non c’era sintetico che potesse sperare di scamparla contro di lei.
L’odio che poi nutriva per ogni geth la rendeva solo più motivata quando brandiva il suo shtogun.
 
Liara sospirò:
“Ma perché Wrex, allora?”
Invece di rispondere, Shepard si mise a giocherellare con un ciuffo di capelli che era scivolato fuori posto. Liara si trattenne a fatica dal colmare la distanza fra loro e metterlo a posto lei stessa. Non fu facile: dovette stringere con forza i pugni contro il suo petto.
 
“Per diversi motivi, Liara.”
“E quali?”
“Il primo è che tenere Wrex lontano dal campo di battaglia e come tentare di tenerti lontano da un reperto Prothean...”
Liara sbuffò divertita: in effetti negare uno scontro a Wrex non era un’idea molto intelligente.
“… e l’hai visto anche tu all’opera: difficilmente c’è qualcosa che può mettersi sulla sua strada.”
“Non nego l’abilità di Wrex, Comandante, ma su Ilos ci saranno sicuramente molti congegni Prothean. Sarebbe più saggio portare qualcuno che abbia esperienza con i loro resti. Almeno non rischierai di finire intrappolata in chissà quale marchingegno Prothean.”
“Strano, ricordo distintamente un’esperta archeologa intrappolata dalle rovine che stava studiando”
Il blu sulle guance di Liara si fece improvvisamente più scuro. Prima che potesse ribattere però, Shepard la fermò con un gesto della mano:
“Non posso portarti con me, Liara.”
“Credi che non sappia difendermi? Tali potrà essere un genio della tecnologia, ma nessuno su questa nave possiede il mio stesso livello di poteri biotici.”
“Non sto mettendo in dubbi le tue capacità, e se ci fosse un altro esperto di tecnologia Prothean a bordo non esiterei a portarlo con me.”
Liara sentì gli occhi inumidirsi:
“Credevo che ci fosse qualcosa fra di noi, Comandante, ma vedo che mi sono sbagliata. Ti lascio tornare ai tuoi doveri.”
Shepard la guardò sorpresa: Liara stava piangendo.
La giovane Asari raccolse i datapad che si portava sempre dietro, e si diresse verso la porta della cabina del Comandante, ma non riuscì a varcarla.
Di fronte a lei, una barriera biotica le impediva di uscire.
“Comandante, vorrei andarmene.” Ormai le lacrime scorrevano libere sulle sue guance e la sua stessa voce era incrinata dal pianto.
 
Un paio di mani le si posarono sulle spalle, costringendola a voltarsi:
“Liara, guardami.”
Con fatica, Liara alzò lo sguardo per incontrare quello di Shepard.
La sua faccia era distorta dal pianto e Liara faticava a mettere a fuoco il volto del Comandante.
“Non pensare, mai, per un solo momento, che non mi importi di te.”
Liara non era molto brava a leggere le emozioni umane, ma riuscì comunque a percepire la sincerità che c’era nella voce di Shepard.
“Ma allora perché…?”
Shepard sorrise a Liara, asciugandole le lacrime sulle sue guance con il pollice.
“Liara, sai perché ai medici è sconsigliato curare i propri familiari quando stanno molto male?”
Liara rimase stupita da quella domanda: cosa poteva mai centrare? Tuttavia conosceva la risposta:
“Lo stress emotivo sarebbe troppo forte da gestire e... OH!”
Shepard fece un cenno affermativo, prima di baciarla sulla guancia, appena sotto l’occhio.
“Liara, io credo che sia possibile combattere per le persone a cui si tiene, ma non assieme a loro: ci sono troppe cose che potrebbero finire male.
Non riuscirei a combattere avendoti al mio fianco, Liara. Sapendo che tu sarai al sicuro a bordo della Normandy, invece, non dovrò preoccuparmi che ti sparino addosso. Capisci ora perché non posso portarti con me?”
Il groppo nella gola di Liara cominciò a sciogliersi, mentre Shepard continuava:
“Lo so che è difficile, tutta questa dannata missione è difficile. Era già fottutamente complicata prima che fossimo costretti a rubare la Normandy e a scappare dalla Cittadella…
Liara fu scossa nel sentire il comandante parlare a quel modo: il suo traduttore ebbe qualche difficoltà a tradurre il termine “fottutamente”, e il giro di parole che il congegno adoperò fu così lungo che Liara rimase per un attimo indietro rispetto a quanto Shepard stava dicendo.
“… E ora è diventata impossibile. Mi hanno addestrato per questo e so di potercela fare, ma non con te vicino. Perché, Liara, tengo a te più di me stessa.” 
 
Quando il traduttore terminò il suo compito, la giovane Asari non disse nulla, ma l’abbraccio in cui strinse il Comandante fu abbastanza eloquente.
Shepard restituì la stretta.
 
“Adesso penserai che sono una stupida, Hayat. Avrei dovuto capire che volevi proteggermi.”
“No, non penso che tu sia stupida, Liara. Penso solo che manchi di esperienza con gli esseri umani.”
“Questo può essere vero.”
“Potrei insegnarti qualcosa, se tu lo volessi.” Il tono nella voce di Shepard fece diventare ancora più scuro il blu sulle guance di Liara.
“Dimmi ancora che è per questo che non posso venire con te.”
Shepard la liberò dall’abbraccio per guardarla negli occhi:
“Liara, non posso portarti con me su Ilos, perché non voglio che i geth ti sparino addosso…”
Il comandante esibì un sorriso obliquo:
“… E anche perché non riuscirei a impedirti di analizzare ogni reperto Prothean che troveremo.”
Liara sorrise di rimando:
“Questa era cattiva, Comandante.”
Shepard le prese le mani:
“Facciamo così: se troverò un souvenir, cercherò di portarlo indietro.”
L’Asari sorrise radiosa, prima di baciare il comandante, cercando di metterci ogni grammo dell’amore per lei.
Liara non era esperta degli umani, ma c’era una promessa, nascosta in quella battuta: Shepard sarebbe tornata, non l’avrebbe lasciata sola. E sapeva che il Comandante manteneva sempre le sue promesse.
Liara la spinse verso il letto:
“È la nostra ultima notte insieme, Comandante. Vuoi ancora parlare?”
“Speravo che me lo chiedessi…”  

  
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