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Autore: Evilcassy    22/06/2010    3 recensioni
Tanti piccoli momenti legati a 'Two Pairs of Chilling Eyes'. 8- Purple Shades of Victory““Con fare conciliante e con un sorriso da orecchio a orecchio, il ragazzo appoggiò le mani sul pancione di Nina. “Sono sicurissimo che ci sia un’altra cosa che gli va a genio…” “Evidentemente non hai visto la sua espressione quando ha scoperto che è femmina.” “Vammi indovinare: la solita?” “La faccia di Dragunov ha diversi tipi di impassibilità. Quella era la stessa impassibilità che utilizza anche nei post sbronza.” “…Colorito verdognolo?” “Precisamente.” “Oh, beh. Poteva andar peggio, no?” “Certo, poteva assumere l’impassibilità di quando si ritrova davanti Raven.”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Anna Williams, Lee Chaolan, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
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Chilling Pills.

Perché scrivere una storia intera e di senso compiuto comporta troppa fatica.

 

5 - Kazakistan

 

SBAM!

La Jeep color verde militare ondeggiò alla furiosa chiusura della portiera, mentre l’occupante che ne era scesa, livida in volto dalla rabbia, si allontanava percorrendo a passo svelto il cortile infangato del campo base.

Il cielo plumbeo aveva iniziato a scaricare le prime gocce di pioggia gelida direttamente sulla sua testa bionda, ma lei, Nina Williams, quasi non se ne accorgeva tanto era arrabbiata.

Entrando dentro una delle baracche, chiudendo la porta con un calcio, lasciò cadere a terra il pesante zaino per poi sedersi su una sgangherata sedia che scricchiolò in maniera inquietante.

Un paio di minuti dopo la porta si riapriva, e Nina rivolgeva il suo sguardo gelido e sprezzante verso l’uomo comparso sulla soglia.

Non che Sergei Dragunov si aspettasse realmente un saluto migliore, ma l’espressione di Nina aveva avuto il potere di guastargli la giornata. Giornata che, dopo un bombardamento ben riuscito, era stata dal suo punto di vista radiosa. “Ben arrivata.” Disse, gustandosi il suo classico sigaro post combattimento. “Fatto buon viaggio?”

Nina voltò lo sguardo da un’altra parte, fuori dai vetri rigati di pioggia della finestra, verso il cortile dove un mezzo blindato stava transitando.

“Volkov ti vuole vedere per fare il punto della situazione e per darti ragguagli sulla missione. Hai tempo mezz’ora.” Spiegò, cercando di non mostrarle quanto fosse realmente infastidito dal suo muso lungo. Non ottenendo reazione, con una leggera smorfia di insofferenza Dragunov richiuse la porta della baracca, per poi avvicinarsi di più alla donna, chinandosi per averla ad altezza del viso. “Quattro mesi senza vederci e questo è il tuo saluto?”

L’espressione che gli rivolse Nina avrebbe potuto far congelare un vulcano in eruzione: “Quattro mesi? Così pochi in confronto a quelli che ho speso cercando il mio obbiettivo, facendogli piazza pulita intorno e trovando il modo di eliminarlo senza attirare troppo l’attenzione generale. E quando sono ad un passo – ma che dico, a tre centimetri! – dal completare la mia missione… tu che fai? Mi fai trascinare in questa landa fangosa a cercare quattro mentecatti di merda nostalgici Mishima  e con deliri di onnipotenza? E ti aspetti che faccia persino i salti di gioia nel rivederti!”

“Guarda che non è stata una mia idea… so benissimo che prediligi le missioni pulite da agente snob quale sei.”

Agente snob? Razza d’un cretino, è quello il mio RUOLO! Come il tuo è quello di andare a combattere a destra e a manca puzzando come una capra.”

“Sono un soldato, sono addestrato a ciò ed eseguo gli ordini senza far tanto il difficile, al contrario di te.”

“Se sono qui, significa che anche io ho eseguito gli ordini – di certo non sono arrivata a casa di Borat per vederti. Stavo benissimo a Londra, in quello splendido sushi bar pronta ad avvelenare la spia nemica.”

Il soldato scattò in piedi, allontanandosi come se avesse preso la scossa: “TSK! Sushi bar… tu e la tua stupida ossessione per il pesce crudo. Ne vuoi un po’? Beh, c’è un fiume a tre chilometri, prendi una rete e vattelo a pescare il tuo cazzo di sushi!”

“Imbecille”

“Stronza”

Seguì qualche minuto di silenzio, in cui Dragunov cercava di smaltire la furia guardando anche lui il cortile, prima che Nina si alzasse dalla sedia e gli chiedesse dove si trovasse il colonnello Volkov.

“La casupola in fondo a destra è il suo ufficio” rispose l’uomo stancamente, avvicinandosi. In fondo Nina non aveva tutti i torti ad essere furibonda: era stata appena costretta a buttare alle ortiche il lavoro di quasi un anno. Il più era convincerla che non c’entrava nulla, e che per quanto non vedesse l’ora di ritrovarsela davanti, l’idea di chiamarla in Kazakistan tra i rinforzi gli aveva fatto storcere il naso. Le appoggiò una mano sul braccio, attirandola appena a sé. Riuscì a catturare il suo sguardo, avvicinando le labbra alle sue.

Con un colpo secco in pieno petto, Nina Williams lo spedì sulla sedia, che rovinò a terra sotto il peso dell’uomo. Senza indugiare oltre la donna uscì lasciandolo gambe all’aria sul pavimento.

Imprecando sonoramente, Dragunov si rialzò scivolando sui pezzi frantumati della sedia.

Doveva ammetterlo: adorava quando faceva così. Già pregustava la lotta per infilarsi nel suo stesso letto…

 

Alle h.23 della stessa notte, montando di vedetta al campo base, Sergei Dragunov si era ritrovato a pensare con nostalgia al bromuro che gli rifilavano nella minestra in Accademia. Ma perché diavolo era diventato illegale? Neppure il diluvio sotto cui faceva la guardia gli faceva passare il nervoso al pensiero di Nina a pochi metri da sé, in branda, algida ed intoccabile.

Ne era uscita dal colloquio con Volkov guardandolo con sufficienza, sibilandogli di starle alla larga, perché c’era in gioco una sua promozione e non ne aveva la minima intenzione di lasciarsela sfuggire a causa di una qualche distrazione assolutamente irregolare.

Aveva dissimulato il tutto con una smorfia ovvia: e che pensava quella, un trattamento di favore solo perché era sua moglie? Erano in missione, non in luna di miele!

Fanculo a Volkov…

 

Alle 5 di mattina rientrò nel suo alloggio – la casupola  dalla sedia distrutta in cui aveva avuto il primo incontro con Nina, il giorno precedente- completamente zuppo d’acqua, assonnato – non dormiva da quasi ventiquattro ore  - innervosito ed imprecante.

E con sommo stupore si ritrovò davanti a Nina che si allacciava la tuta militare. “Che ci fai qui?”

Senza voltarsi, annodandosi i lacci degli anfibi, la donna gli aveva spiegato che non c’era posto nell’accampamento femminile, e così aveva avuto il permesso di dormire, per quella notte, nell’alloggio del Sergente, dato che era di guardia. “Ti ho lasciato il letto caldo, tesoro” aggiunse poi, con una smorfia irrisoria.

“E tu ora dove vai?”

“In perlustrazione: mi hanno affidato alla squadra di Pavlov.”

Per sua fortuna la dissimulazione era il suo forte. Dopo aver augurato buona fortuna alla moglie – e una morte lenta e dolorosa a Pavlov - si era gettato sul letto, accontentandosi di avere fra le sue lenzuola solo il profumo di Nina.

 

Poche ore dopo era stato svegliato di botto da un soldato semplice, con la comunicazione di una convocazione urgente da parte di Volkov.

Dopo  neppure un quarto d’ora aveva assunto il comando della sua squadra e si era lanciato sulla scia della squadra di perlustrazione di Pavlov: doveva aspettarselo che quel coglione si sarebbe esposto al fuoco nemico.

Come mandare a puttane un’intera operazione. Con Nina appresso, poi!

Sbuffando, controllò di nuovo il suo equipaggiamento, intimando all’autista del mezzo blindato di accelerare.

 

Sotto la pioggia battente, con la luce del giorno che si affievoliva di minuto in minuto, il fitto bosco dove avevano perso il segnale dei compagni cominciava a somigliare all’Amazzonia.

Si erano divisi, restando in contatto via radio. Un paio dei suoi avevano ritrovato un cadavere di un commilitone. Un altro era riuscito ad avvistare Pavlov ferito, e stava prodigandosi per andare a soccorrerlo. Vincendo il desiderio di ordinargli di lasciarlo crepare in quel bosco, Dragunov aveva acconsentito.

All’appello mancavano ancora tre membri della squadra, compresa Nina.

Dragunov avanzava lentamente, facendo il meno rumore possibile, mimetizzandosi nella vegetazione, mentre gli occhi iniziavano a bruciarsi per lo sforzo di restare vigili nella semioscurità.

Uno strattone alla schiena lo fece cadere all’indietro, mentre il fischio di un proiettile gli passava a pochissimi millimetri dal volto andando a conficcarsi nel tronco di un albero e gli occhi celesti di sua moglie gli si piantavano in faccia. “C’è un cecchino appostato sull’albero di fronte. E’ tutto il pomeriggio che cerco di colpirlo: sei fatto apposta per rovinare i piani alla gente tu, eh?” sibilò. Dragunov calcolò la traiettoria del proiettile che stava per colpirlo, poi caricò il fucile e si alzò in piedi.

“Che stai facendo, creti….!”

PUM!

Un urlo soffocato e un tonfo.

Voltandosi nuovamente verso la donna, non riuscì a trattenere un sorrisetto compiaciuto “C’era un cecchino. Ma grazie a me abbiamo un problema in meno.”

“E grazie a me non hai la testa aperta in due come un melone. Chissà quanta segatura ne sarebbe uscita.” Rispose Nina accettando la mano che l’uomo le stava porgendo. Notando una grossa macchia di sangue sulla casacca, l’uomo le domandò se fosse ferita.

“Oh, tesoro, non far finta di non conoscermi. Sai benissimo che questo sangue non è mio!”

….Quando si parlava di dolce metà, eh!

“Andiamo, immagino non ti garbi campeggiare in questo posto, vero?”

“Puoi giurarci. Non vedo l’ora di farmi una doccia calda!” Pigolò la donna, stropicciandosi le membra fradice.

“TSK! Doccia calda al campo base? Ma dove pensi di essere, in villeggiatura?”

Nina stava per aprire la bocca per insultare pesantemente lui e tutto l’esercito, quando la voce di Volkov alla radio gli aveva richiamati all’ordine per dargli le ultime direttive.

 

La notte era scesa senza che la pioggia smettesse di scrosciare. “E’ difficile sentire i rumori così.” Borbottò Nina, guardandosi attorno nella semioscurità che avvolgeva la casupola semidiroccata che era diventata loro rifugio per quella notte.

Con l’oscurità che avanzava e il nemico in agguato, Volkov aveva deciso di mandare rinforzi nel bosco, sicuro di aver individuato la base nemica. Aveva comunque ordinato a Dragunov di mantenere la posizione, essendo meno rischioso che tornare indietro, e aveva individuato una vecchia catapecchia abbandonata dove si sarebbero potuti rifugiare in attesa delle prime luci del mattino, in cui avrebbero sferrato l’attacco decisivo.

Aiutandosi con il suo visore notturno, decidendo fosse meglio evitare di accendere luci che gli avrebbero fatti individuare, Dragunov aveva trovato una scala che conduceva ad un piccolo scantinato. “Vieni di sotto, saremo più riparati.”

Intirizzita dal freddo, Nina lo seguì, invocando un clemente fuocherello per riscaldarsi. “Non sono abituata come te a questo genere di missioni” borbottò rabbrividendo.

L’unico mobilio presente nello scantinato erano due panche rovesciate e zoppe, che Dragunov rialzò e assicurò con qualche pezzo di legno sotto i piedi irregolari, per poi unirle contro la parete dello scantinato. “Niente fuoco, ci individuerebbero.” Spiegò brevemente, mentre la donna si sedeva e si raggomitolava su sé stessa per preservare un po’ di calore. “Turni di guardia?”

“Direi di si. Inizio io.” Si sedette al suo fianco, cingendole la vita e facendole appoggiare la testa su di sé. “Andiamo Williams, sei sopravvissuta alla Kamkatcha!”

“Avevamo delle coperte e un fuoco per scaldarci là.” Brontolò di rimando, avvicinandosi di più, passando un braccio attorno alle spalle, aderendo ulteriormente.

“Dovresti toglierti quei vestiti bagnati” consigliò l’uomo, aprendosi il giubbotto e sfilandoselo dalle spalle. “Credimi, è meglio.” Aggiunse, indovinando lo sguardo perplesso della donna. Frugò poi alla cieca nel suo zaino d’equipaggiamento, trovando un paio di barrette energetiche.

“Uh, che gentile che sei ad offrirmi una cena…” commentò ironica Nina, prendendone una e divorandola.

Rimasero per un po’ in silenzio, le orecchie tese che cercavano di captare qualche altro rumore oltre a quello della pioggia che ticchettava sulle tegole rotte e sulle foglie degli alberi.

Nina sembrava essersi assopita, il respiro regolare che tremava e la pelle d’oca lungo le braccia nude. L’uomo se la portò in grembo, abbracciandola meglio per cercare di scaldarla. Abituato com’era al freddo e al dormire all’addiaccio, reputava quella debolezza di Nina una lacuna enorme cui sopperire il prima possibile. Eppure non riusciva a scrollarsela di dosso.

Con un sospiro Nina sembrò risvegliarsi. “Stavo pensando una cosa.”

“…?”

“Domani potremmo morire.”

“…!”

“Uau. Morire insieme. L’apoteosi del romanticismo”

“Uhn…”

Con un movimento fluido, Nina si mise a cavalcioni su di lui, passandogli le braccia attorno al collo. Individuò il suo fiato caldo e appoggiò le labbra sulle sue. Ne stuzzicò la lingua, aderendo al suo petto. Dragunov non la fermò, rispondendo al bacio, cercando la pelle sotto la maglietta bagnata. La casacca bagnata scivolò sul pavimento, la ricetrasmittente cadde sul pulsante d’accensione, ma loro non sentirono il lieve brusio che emise.

 “…un po’ pericoloso non trovi?”

Nina si fermò, pensierosa. La intravide mentre sembrava contare qualcosa con le dita, pensando. “Beh, in effetti… però…” Le sue labbra tornarono sul collo. “In fondo, è un rischio che vale la pena correre, no?”

“Terrò il fucile a portata di mano…”

“…?”

“Beh, insomma, per ogni evenienza e…”

“Oh, Sergei, ma ‘sta zitto un buona volta!”

 

 

“Colonnello Volkov, stiamo ricevendo una comunicazione dal Sergente Dragunov, signore!”

“Ah-ha! Sono sicuro che è andato in perlustrazione notturna e ha trovato qualcosa di interessante: Soldato, metti in viva voce, voglio sentire i dettagli delle informazioni.”

“Sissignore!”

“… Terrò il fucile a portata di mano…”

“…?”

“Beh, insomma, per ogni evenienza e…”

“Oh, Sergei, ma ‘sta zitto un buona volta!”

“…?”

“….!!”

Senza dire una parola, qualcuno sopprimendo una risatina qualcun altro alzando la fiaschetta di Vodka, l’intera base stava fissando l’altoparlante della radio.

“Co-colonnello… ehm… che faccio, chiudo la comunicazione?”

 

 

 

Signore, a voi il famoso capitolo del Kazakistan! E voi sapete cosa ne viene fuori!

Sono es-ta-sia-ta dai vostri commenti! Resto senza parole!

Miss Trent, visto che ho seguito il tuo consiglio?

Spero che anche questa Pill vi scivoli in gola senza intoppi!!  Una buona giornata da

EC

 

 

 

 

   
 
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