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Autore: Gillywater    11/09/2005    16 recensioni
Sono passati sette anni dalla misteriosa scomparsa di Lord Voldemort; Harry e Hermione sono felicemente fidanzati e in procinto di sposarsi. La vita di tutti sembra andare a gonfie vele, fino a quando persone tutt'altro che desiderate iniziano a fare la loro comparsa. E se qualcuno che si finge amico fosse in realtà un traditore? I sogni di tutti verrebbero per forza di cosa infranti, a chi l'arduo compito di ricomporli?
Ff dedicata sinceramente a Eva_elamela, FraFra e LadyLiberty
Storia sospesa a tempo indeterminato.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Draco/Ginny, Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Seven Years'
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I Sentieri dei Sogni Spezzati

 

Prologo: Ritorno al Presente

 

“Hermione Granger camminava a passo svelto per i corridoi del Ministero della Magia.

I tacchi delle scarpe che rumoreggiavano sul lustro pavimento di marmo, il viso teso e preoccupato, un ticchettare di un orologio che giungeva alle sue orecchie come un invito a muoversi: niente di tutto ciò lasciava presagire nulla di buono.

Sapeva che le occorreva altro tempo perché quello di cui disponeva non sarebbe mai bastato; tutto sembrava gravarle sulle spalle come un peso abnorme e fuori controllo.

In uno specchio appeso ad una parete vide riflessa la sua immagine un po’ trascurata e si passò immediatamente una mano sul viso per cancellare i segni del sudore che le scendeva in elaborati rivoli dalla fronte, mentre un po’ preoccupata accelerò  il suo passo.

Nel corridoio incrociò un paio di persone: un uomo alto e allampanato, con il viso pallido e delle lentiggini che spiccavano nitide come stelle in un cielo notturno particolarmente scuro, e una donna con gli occhiali dalla montatura spessa che le ricadevano pesantemente sul naso; quello che accomunava entrambi erano i capelli di un fantastico nero lucente, che conferivano loro un’aria signorile e di tutto rispetto.

Quando li vide Hermione memorizzò i loro visi nella sua testa, in un flash di secondo che le sembrò durare un’eternità; augurò anche il buongiorno a quei due sconosciuti, sapeva che nel suo lavoro doveva essere cortese, ma la sua gentilezza non venne ripagata, perché i due tirarono dritto senza nemmeno voltarsi per guardarla.

Raggiunse la porta di un marrone molto scuro, ed Hermione si stupì per l’ennesima volta notando quando bene fosse tenuto; bussò poi con discrezione e una voce femminile la invitò ad entrare.

Girò la maniglia e subito le giunse l’immagine della signorina Green Katie- Ministero della Magia succeduto a Cornelius Caramell- che la stava aspettando seduta sulla sua comoda poltrona rivestita di velluto rosso, con le gambe accavallate, lasciate volontariamente in vista grazie ad una vertiginosa minigonna.

-Buongiorno- le disse, rendendosi conto troppo tardi che si trovavano in pomeriggio inoltrato; decise di non correggersi, ma di aspettare che fosse l’altra a parlare, ma ciò non accadde.

Il bel viso della donna rimase immobile, le labbra tirate nel medesimo sorriso, gli zigomi leggermente sollevati e gli occhi scuri illuminati da una luce a cui, al momento, non seppe dare un nome; poi, improvvisamente, le lunghe sopracciglia che quasi nascondevano gli occhi ebbero un fremito e la donna aprì la bocca per parlare.

Hermione però non riusciva a sentire quello che diceva, le sembrava l’immagine di un pesce che cerca di parlare ma che si rende conto di non riuscirci.

-Cosa dice?Non la sento!- le domandò quasi urlando.

E poi ebbe una visione orripilante.

Il volto della Green stava iniziando a mutare, acquistava sempre di più i tratti di un volto diverso, dalle guance profondamente scavate e gli occhi di un bagliore quasi fanatico.

Hermione riconobbe quel volto, lo aveva visto la prima volta al quinto anno ad Hogwarts e i ricordi che collegava ad esso non erano affatto piacevoli.

-Be…- iniziò a dire, ma sentì uno strappo allo stomaco, come se avesse toccato una passaporta o si fosse smaterializzata e improvvisamente aprì gli occhi.”

*

Hermione aprì gli occhi e si ritrovò tutta sudata nel suo letto; i capelli le erano tutti appiccicati alla fronte e sentiva i muscoli di tutto il suo corpo indolenziti come se avessero compiuto uno sforzo immane; ansimò un paio di volte e si toccò il volto bagnato, scoprendo solo a quel punto di aver fatto un sogno terribile.

Si voltò verso la sua destra e vide un ragazzo che riposava tranquillamente; il torace si alzava e abbassava al ritmo regolare del suo respiro e dall’espressione beata che aveva in volto stava certamente facendo sogni d’oro.

Hermione decise di non indugiare oltre e si alzò diretta al bagno; quasi non cadde a terra inciampando nel filo del telefono ma si aggrappò alla maniglia della porta evitando di rovinare a terra.

Percorse il pianerottolo con circospezione, sperando di non vedere spuntare Mangiamorte da un buco della serratura e poi si chiuse a chiave in bagno.

Fissandosi allo specchio si rese conto che era vero quello che tutti le dicevano, cioè che era dimagrita in modo pauroso e che era diventata quasi scheletrica.

-Devi riguardarti- disse rivolta a se stessa –altrimenti ti ritroverai in una clinica babbana con una flebo al braccio-

La ragazza si sciacquò con cura il viso e poi appoggiò i gomiti al bordo del lavandino; ancora una volta lo stesso sogno e ancora una volta le stesse identiche immagini che si ripetevano come la pellicola di un film che viene riavvolta continuamente per essere poi visionata.

Di solito era Harry ad avere le visioni, era lui il Sibillo in casa, non poteva credere di averlo surclassato e di prevedere il futuro, lei aveva sempre odiato Divinazione.

Hermione pensò che fare del sarcasmo in quel momento era davvero patetico, quindi cercò di tornare all’ordine.

-Dovresti parlarne con qualcuno- le disse una vocina sincera dentro di sé.

-Io sogno Bellatrix Lestrange che diventa il Ministero della Magia e dovrei dirlo a qualcuno?Così mi scambierebbero per pazza e mi manderebbero a fare un giro nel reparto per malati di mente del San Mungo? No grazie, credo che rimarrò a crogiolarmi nel mio brodo!-rispose ad alta voce.

-Ma non credi che se ne parlassi con qualcuno potrebbe darti la sua opinione al riguardo?Non dovresti prendere sotto gamba certe visioni, specie se trattano argomenti così ‘bollenti- continuò severa la vocina.

-E con chi dovrei parlarne secondo te?- domandò scettica Hermione, mentre appoggiava la schiena alla fredda parete di pietra del bagno e si lasciava scivolare a terra, circondandosi le gambe con le braccia.

-Potresti parlarne con Harry…chi meglio di lui può capire quello che provi?- consigliò la vocina sinceramente come se non vedesse nessun’altra possibilità al riguardo.

-Giusto dovrei parlarne con Harry e…-

-HERMIONE?-urlò una voce proveniente dall’esterno del bagno –Stai bene?-domandò.

-Si sto bene, adesso esco…ti serve il bagno Harry?- domandò cortesemente, uscendo dalla stanza e gettando le braccia al collo del ragazzo.

-Insomma…sai avrei bisogno di farmi una doccia dopo stanotte- le disse con un sorrisetto impertinente, mentre depositava alla ragazza un lieve bacio a fior di labbra.

“A chi lo dici” pensò lei.

-Con chi parlavi li dentro?- domandò Harry, entrando in bagno per controllare che effettivamente non ci fosse nessun essere umano con il quale poter interloquire.

-Con nessuno- rispose prontamente Hermione.

Harry si voltò a guardarla, e subito il suo sopracciglio guizzò in alto: lo sguardo che le stava volgendo non era quello che di solito si volge ad una persona sana di mente.

-Parlavi da sola?- disse, e dal tono di voce che usò non sembrava proprio una domanda, una constatazione semmai.

Hermione sorrise, mentre le guance si imporporavano lievemente di rosso -Si… sai com’è… ogni tanto ci vuole per… riordinare le idee- cercò di giustificarsi.

Harry, invece, se aveva mai avuto dubbi sul fatto che la sua ragazza potesse avere degli squilibri mentali, finalmente aveva trovato la conferma.

Restarono a guardarsi per un lungo, interminabile istante e ancora una volta Harry non poté fare a meno di notare quanto Hermione si stesse trascurando; stava giusto per aprire bocca e farglielo notare, quando la ragazza chiamò il suo nome, con voce talmente seria e profonda, da fargli perdere qualunque proposito avesse in quel momento.

-Harry?-

-Si?-

-Più tardi ti devo parlare di una cosa…-

Harry inarcò per la seconda volta un sopracciglio e il suo marchio di fabbrica –un sorrisetto che Hermione definiva “ti-sto-prendendo-in-giro-e-nemmeno-te-ne-accorgi”- gli si dipinse sul volto ancora pallido per il sonno.

-Hermione, se c’entra con i preparativi per il matrimonio, vestiti delle damigelle, tortine per l’antipasto o cose simili, cambia strada perché sai benissimo che io non sono proprio quello che si definisce “un consulente matrimoniale” okay?-

La ragazza contraccambiò il sorriso (era quasi riuscita a imitarlo perfettamente)-Matrimonio?- domandò.

Harry la raggiunse e le afferrò i fianchi, mentre lei si aggrappava alle sue spalle; raggiunse il viso di Hermione e si fermò ad un millimetro dalle sue labbra –Si, matrimonio!Nel caso non te ne fossi accorta, io e te sabato prossimo ci sposiamo-

-Ma pensa…allora abbiamo appena una settimana per goderci la nostra vita da scapoli!Credo che comincerò da Hogsmeade e già che ci sono darò un’occhiata a Diagonalley, se non sbaglio hai detto che ti occupi tu delle mie spese!Sono sicura che qualche milione di Galeoni saranno uno scherzo per te, caro il mio Chiappe d’Oro-

Il sorriso di Harry si fece più largo –E sai da dove comincerò io?- domandò, osservando le labbra di Hermione con uno sguardo estremamente sensuale.

-No, dimmi, da dove?-

La presa intorno ai fianchi della ragazza si fece più salda e la voce di Harry più sensuale –Dalla doccia- disse, allontanandola bruscamente da sé, correndo in bagno e chiudendosi a chiave dentro –Ne ho estremamente bisogno- urlò, prima che la sua voce lasciasse il posto allo scrosciare incessante dell’acqua.

Quando Hermione, completamente intontita, si rese conto che Harry era riuscito ad incantarla e a imbrogliarla senza che lei manco se ne accorgesse, scoppiò a ridere di gusto e con il sorriso ancora vivo sul volto si avviò verso la sua stanza, dove si lasciò cadere sconfitta sul letto.

***

It's all about power, bout taking control
Breaking the will ,and raping the soul
They suck us dry 'til there's nothing left
My oh my, My oh my”

 

                                        We Are – Ana Johnsson

 

Volto scheletrico, ricordava a chiunque lo vedesse quanto sottile potesse essere il confine tra il viso di un rettile e quello di un essere umano; occhi scarlatti, che ad ogni battito di ciglia accentuavano la luce che li animava di quel sentimento di vendetta sanguinosa, che ai suoi tempi era risuscita a mietere vittime come spighe in un campo di grano.

La mano tremante, di uno che ormai ha perso tutto nella vita e che desidera potersi commiserare, invitava ad avere pietà di una persona che pietà per gli altri non ne ha mai avuta.

Poche parole per descriverlo.

Descrivere colui che seminava terrore solo per il puro gusto di farlo, da cui non traeva nessun beneficio, lo sapeva, ma che ormai vedeva davanti a sé un unico scopo: pareggiare una volta per tutte i conti con colui che era riuscito a sconfiggerlo nonostante fosse un neonato.

Colui che  ad un anno di vita era riuscito a spezzare la sua catena di vittorie, quando Lord Voldemort viveva gli anni più prosperi della sua vita, dove il potere si concentrava nelle sue mani come arterie che convergono tutte verso il cuore.

Poche parole per descrivere un uomo a cui è rimasto ben poco.

Poche parole, ognuna delle quale però era talmente ricca di significati nascosti, da accentuare il loro valore e moltiplicarlo all’infinito.

La tediosa monotonia che lo circondava, veniva interrotta solamente dal sommesso rumore dei suoi muscoli che si contraevano, mostrando un ghigno cattivo, che scopriva i suoi denti ingialliti dagli anni.

E il suono della sua voce, simile ad un sibilo, che rendeva satura l’aria circostante e che faceva correre brividi lungo la schiena di chiunque lo udisse.

E solo uno lo udiva.

Colui che gli era sempre stato accanto.

Colui che, per fedeltà o paura, non lo aveva mai lasciato.

Colui che, tuttavia, aveva un debito con il suo peggior nemico e che avrebbe potuto sbattergli la porta in faccia, abbandonandolo finalmente al suo peggior timore.

La solitudine.

Ponderava dalla mattina alla sera su quanti modi ci fossero per poter esprimere la parola ‘solo’ ma giungeva sempre alla medesima conclusione, che lui solo non era, e che ben presto avrebbe fatto sputare sangue a tutti coloro che lo avevano additato come nemico, senza rendersi conto quanto potessero essere proprio loro i nemici di se stessi.

Con le loro bravate per proteggersi da lui, i loro piani di difesa che lo invitavano solamente a  mostrare il suo potere per far capire che non era sufficiente per lui.

Con la loro paura di pronunciare il suo nome, che inconsciamente lo facevano sentire l’essere più importante dell’universo, colui nelle cui mani si concentra il potere e che tutti venerano come un dio.

-Codaliscia?- chiamò a mezza voce, quasi in un soffio nemmeno udibile.

In meno tempo di quanto la mente umana possa percepire, un ometto basso e grassoccio, con fare topesco e i denti leggermente all’infuori, si precipitò ai piedi del suo Signore, con le braccia protesse in segno di perdono.

Aveva l’aria estremamente patetica, ma era il solo…

-Tutto quello che vuole Mio Signore…- disse l’ometto con voce flebile e acuta, aveva le mani che tremavano e alcune lacrime di paura erano rimaste imprigionate tra le sue ciglia.

-Tu sai- iniziò l’altro, prendendogli il mento tra due dita e sollevandolo fino a puntare i suoi occhi scarlatti in quelli impauriti dell’ometto –che sei l’unico che mi rimane al mondo, vero?-

-Si Mio Signore-

-E sai anche che, nonostante tutto, tu per me puoi rappresentare il pericolo più grande di tutti?- domandò in un sibilo.

-No- rispose Codaliscia, distogliendo lo sguardo.

-No?Ne sei sicuro?-

Un breve annuire da parte dell’ometto e il Signore Oscuro lo lasciò andare.

Il suo nome mai pronunciato, ma che soltanto con un sinonimo incuteva terrore.

Voldemort.

-Ricordi Codaliscia, cosa accadde al terzo anno di Harry Potter?-domandò dopo un interminabile secondo, durante il quale l’ometto aveva iniziato a grattare con le unghie la liscia superficie di legno del pavimento.

-Potter mi salvò la vita…-rispose, mentre un tremito lo colse, come se fosse stato finalmente messo a conoscenza della verità.

-E sai cosa comporta questo?-

L’uomo piagnucolò un po’ e si portò le mani alla bocca, mangiucchiandosi le unghie con ansia –Sono in debito con lui-

-Esatto!-esclamò Voldemort, mentre il sibilo delle sue parole scuoteva ancora i timpani di Codaliscia che iniziò a tremare.

-Cosa posso fare per…- iniziò, ma una voce impetuosa sovrastò la sua e si rannicchiò contro la parete, proteggendosi la testa con le mani.

-Devi riscattarti Codaliscia, devi fornire a Potter qualche informazione preziosa che lo conduca dritto da me- disse Voldemort con veemenza, massaggiandosi le tempie come se stesse compiendo uno sforzo sovrumano per pensare –Ma prima… prima devi entrare nella sua testa, conoscere le sue mosse… Fare in modo… che lui si fidi di ‘te ’- concluse.

-Impossibile Mio Signore, se Potter mi vedesse sono sicuro che mi farebbe dire tutto quanto, il suo nascondiglio e…- cercò di rispondere l’ometto, ma ancora una volta l’altro lo interruppe.

-È quello che voglio Codaliscia, è esattamente quello che voglio- disse Voldemort, osservandolo con un sorriso talmente dolce da risultare quasi patetico, o meglio…

Terribile.

L’espressione di terrore che Codaliscia manifestava sul volto, si tramutò in una di stupore allo stato puro e le sue sopracciglia si aggrottarono.

-Ti riscatterai dal tuo debito e quando succederà… Tornerai da me, e io potrò finalmente ricostruire ciò che loro hanno distrutto!-

***

-Le donne sono tutte uguali: parla loro di profumi, trucchi e vestiti e le lascerai tranquille nel loro elemento-

Questa l’autentica teoria di Fred Weasley, sulla quale richiedeva sempre i diritti d’autore; suo fratello gemello, George Weasley, annuiva con enfasi, gesticolando in maniera incontrollabile con le mani ad ogni parola del ragazzo.

Harry e Ron si erano incontrati quella mattina nella cucina di Greamuld Place e avevano deciso di andare a salutarli al loro negozio di scherzi a Diagonalley; al loro ingresso, un fuoco d’artificio –chiaramente firmato Weasley- era scoppiato loro davanti, facendoli sobbalzare dalla paura.

Quando mesi prima era stato loro comunicato, i gemelli non erano stati particolarmente entusiasti di sapere che lui e Hermione si sarebbero sposati, ma si erano comunque congratulati con lui, dopo un interminabile silenzio in cui sembrava che stessero meditando sul da farsi.

Quello che Harry ricordava perfettamente era lo sguardo preoccupato che avevano scambiato con Ron, ma inizialmente non ci aveva dato molto peso, ma adesso…

-Non c’è motivo di preoccuparsi Harry- continuò Fred, indifferente –Hermione si starà divertendo come una pazza con Tonks e mamma a scegliere i vestiti per le damigelle, non c’è bisogno che ti preoccupi troppo, non sarà arrabbiata per nulla con te-

Harry annuì, ma non era del tutto convinto; l’immagine di Angelina e Katie abbattute –che speravano di trovare un anello di fidanzamento come regalo di Natale, e non pacchetti di api frizzole in quantità industriale- continuava a passargli per la testa, e fu proprio questo che lo spinse a prendere i consigli dei due ragazzi con le pinze e decisamente molto alla lontana..

-Forse avete ragione- disse il ragazzo in un sussurro, osservando una strana testa con i capelli verdi e l’espressione buffa, in una scatola colorata: non osava nemmeno chiedere a cosa servisse.

-Togli pure il forse ragazzo, hai davanti a te i Cupidi degli innamorati!- esclamò George, facendo cadere tre gocce esatte di un liquido giallo canarino su delle tortine.

Ron inarcò un sopracciglio e scosse la testa: era cresciuto con quei due sconquassati, non si stupiva di nessuna fesseria che usciva dalla loro bocca.

-Okay, ragazzi, volevamo semplicemente chiedervi se venivate con noi a pescare dopodomani; Tonks ci ha fatto capire con modi molto ‘sbrigativi ’ che ci voleva fuori di casa entro le sei del mattino; devono decidere come sistemare la Tana per il gran giorno- spiegò Ron con fare annoiato, sedendosi su uno sgabello a due gambe, che sembrava stare in piedi per magia; inizialmente controllò che effettivamente lo reggesse senza distruggersi, poi si rilasso e puntò lo sguardo verso i gemelli.

Fred e George dal canto loro lo stavano guardando con tanto d’occhi –Ehm…dopodomani… proprio non possiamo, sapete, non possiamo permetterci di tenere chiuso il negozio, anche solo per un giorno, il tempo è denaro- spiegò uno dei due; erano vicini in quel momento, ed essendo praticamente identici, non si riusciva a distinguerli.

Ron guardò entrambi furtivamente –Questa storia del negozio vi ha ormai risucchiato quel poco di cervello che avevate; dovreste pensare un po’ anche alle vostre ragazze oltre ai soldi; alla bellezza di ventisei anni non avete ancora messo la testa a posto…- li provocò Ron.

Harry capiva che la conversazione stava prendendo una brutta piega, stava giusto per invitare Ron ad andarsene, quando Fred o George parlò –Pensa alla tua ragazza Ron, prima che sia troppo tardi- gli disse sottovoce, ma non abbastanza per evitare che gli altri lo sentissero.

Il sopracciglio di Ron guizzò in alto e il ragazzo si alzò in piedi, appena in tempo prima che lo sgabello si sgretolasse a terra.

Restò a guardare il mucchietto di polvere sul pavimento per un lungo istante e poi voltò le spalle ai suoi fratelli, aprì la porta del negozio e senza dire una parola uscì.

Harry non sapeva proprio cosa fare.

-Ci vediamo ragazzi- salutò i gemelli, che risposero con un veloce cenno del capo, e poi corse dietro al suo amico.

Si era fermato in mezzo alla strada e la sua figura alta e maledettamente magra spiccava nitida, mentre i raggi del sole disegnavano il suo profilo.

-Ron- lo chiamò ad alta voce Harry –si può sapere che ti è preso?Non pretendo di sapere gli affari che hai con i tuoi familiari, ma hai trattato Fred e George davvero male, perché?-

Ron fissava l’asfalto e rimase indeciso un paio di minuti prima di parlare –Come hai detto tu, ci sono cose, segreti, che appartengono solamente a noi stessi, e io non permetterò a nessuno, specialmente a due bambini cresciuti, di dire a me come mi devo comportare-

-Questo lo capisco, ma cosa hanno detto di così grave, sarà troppo tardi, perché? E poi… chi è la raga…?- iniziò a domandare Harry, ma Ron lo interruppe.

-Harry, guarda… hanno aperto un nuovo negozio di dolci, andiamo a dare un’occhiata?Potrei portarne un po’ a Lily, sai quanto ne va matta!-esclamò, avviandosi verso il locale e fermandosi davanti alla vetrina per rimirare un grappolo di ragni gommosi, mentre aspettava che Harry lo raggiungesse.

“Meglio così” pensò Harry, con un’alzata di spalle.

Comprarono un po’ di tutto nel negozio, secondo Ron era uno dei migliori che avesse mai visto- dopo Mielandia s’intende- anche se il proposito per cui erano entrati (comprare dolci alla sorellina di Hermione) fu vanificato, visto e considerando che il rosso non era un tipo affatto goloso.

Quando uscirono, una ragazza li stava aspettando: aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, e alcuni ciuffi ribelli le ricadevano sul volto; cercava di sistemarli con gesti frenetici dietro le orecchie, ma questi scappavano dispettosi al suo controllo.

Indossava un semplice paio di jeans e una maglietta bianca, ma anche vestita così raggiungeva una perfezione divina.

-Hermy, che ci fai qui?- domandò Ron sorpreso, che ancora portava in mano il sacchetto dei dolci con l’aria un bambino che ha appena comprato un giocattolo nuovo.

-Sono venuta a trovarvi; stavo letteralmente impazzendo: altri cinque minuti tra quei profumi e sarei morta soffocata-

Ron rise –E Fred che diceva che voi donne siete tutte uguali…-

-Ma non conosce la nostra Herm- disse Harry, abbracciandola e dandole un breve ma dolcissimo bacio a fior di labbra.

-Cosa state facendo qua? La scorta per l’inverno?- domandò Hermione, dando un’occhiata all’insegna del negozio di dolciumi.

-Ah, ah- rise Ron sarcastico –Stavamo comprando dei dolci per tua sorella-

Hermione sorrise –Che carini…-intervenne con tono sarcastico -‘Stavate ‘? Perché ‘stavate ’?- domandò.

-Perché Ron è un ingordo- spiegò Harry con un sorriso.

-Tu no, eh? Potterino…-

-Mai quanto te, Lenticchia…- rispose l’altro.

Hermione scosse la testa –Non è possibile, a ventitre anni vi comportate come dei bambini di cinque...-

Gli altri due la guardarono con uno sguardo tutt’altro che amichevole, ma il più mansueto –Ron- fece finta di niente e continuò il suo discorso –Comunque, per dimostrarti la mia generosità, lascio tutti i miei dolci in eredità a Lily… portaglieli stasera, e dille che sono da parte di zio Ron-

Hermione ci pensò su –Già, poi se le si carieranno i denti, i miei genitori sono dentisti, non dovremmo nemmeno sostenere le spese! Bravo Ron sei un genio- si complimentò la ragazza, ridendo.

-Modestamente- rispose Ron, con aria da bullo, porgendo i suoi sacchetti alla ragazza.

-Sarà meglio andare, non credete? Devo finire di sistemare alcune cose prima di domani… Sapete che c’è un nuovo nemico che si diverte a giocare con noi?-disse Harry, osservando l’orologio mezzo scassato che portava al polso.

-Si ho sentito dire qualcosa in merito da Moody stamattina, ma sono ancora in vacanza e me ne frego altamente, a meno che non piazzi una bomba in casa mia, il che cambia le regole del gioco…-spiegò Ron, con un’alzata di spalle, mentre Hermione lo guardava con occhi sbarrati.

Restò immobile per un po’, era evidente che stesse pensando a qualcosa di molto importante, ma non ne fece comunque parola con nessuno, voleva trovare un posto più adatto di quello.

-Hermy, tutto bene?- domandò Ron, osservandola in un modo strano.

-Si, tutto bene- rispose lei con un sorriso, prendendo i due ragazzi sotto braccio e avviandosi per la strada con aria abbastanza rilassata –Stavo pensando a Malfoy…-

-Come diavolo ti viene in mente di pensare proprio a lui-

-Beh, vi siete messi a litigare chiamandovi Potterino & Lenticchia, chi doveva venirmi in mente?-rispose lei, con quell’aria da eterna sapientona che non aveva perso con l’andare degli anni, e che era capace di rendere ogni parola che usciva dalla sua bocca la cosa più evidente del mondo.

-Va bene, va bene…-

-Quel piccolo furetto che mi dava del ‘mezzo scemo ’ ma come si permetteva?- domandò Ron con aria feroce in volto, stringendo i pugni.

-Tranquillo Ron, vuol dire che ti conosceva solo a metà- rispose Hermione con un’alzata di spalle rapida e subito dopo accelerò il passo.

Ci volle qualche secondo prima che Ron registrasse quelle parole e ne ricavasse un discorso di senso compiuto, e subito dopo iniziò a correre dietro all’amica, che già scappava ridendo sguaiatamente.

Harry li osservava divertito e scuoteva la testa, infondo era bello vedere che almeno certe cose con gli anni non cambiavano, non lo facevano sentire completamente fuori dal mondo.

-Come osi…. Mi stai dando dello scemo eh?-

Decisamente…

-Si-

 …Hermione e Ron che litigavano erano uno spettacolo destinato a rimanere intatto.

*****************

  

Salve a tutti gente! Eccomi di ritorno con una nuova ff a chap… Spaventati? Beh, vi capisco ^.^
In primo luogo volevo ringraziare tutti, ma proprio tutti coloro che hanno letto tutte le mie ff e sono stati così carini da lasciarmi dei commenti, aiutandomi a continuare; è merito soprattutto vostro se la mia passione per la scrittura è aumentata, facendomi arrivare a scrivere questa storia!

Spero solo che sarà di vostro gradimento!!!

 

Oh, quasi dimenticavo…

Mi sento di dedicare nel modo più sincero, questa ff a tre amiche degne di questo nome:

Eva_elamela, FraFra e Lady Liberty91 !!

Ragazze, smack, smack, smack, grazie di tutto!

 


Bacioni fortissimi e sinceri a tutti coloro che passano di qua,

e un in bocca al lupo per l’inizio della scuola (a me tocca domani)

ale69

  
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