Due.
Vantaggi:
toglie di mezzo le zanzare e qualsiasi altro di tipo di moscerino
fastidioso.
Svantaggi:
lo senti schiamazzare ogni volta che va a farsi una svolazzata. Se
svolazzata
si poteva chiamare.
Ulquiorra
era il tipo di persona che si lasciava innervosire facilmente dalle
cose
negative che la vita gli presentava ogni tanto. Per essere precisi, due
volte
su tre era di pessimo umore. E il pipistrello non aiutava di certo;
volava a
destra e a manca senza uno scopo preciso, in modo molto rozzo data
l’ala rotta,
andando ad appigliarsi pure ai capelli scombinati del padrone
temporaneo. Il
ragazzo lo cacciò via con un violento gesto della mano,
alzandosi di scatto dal
letto.
« Sono
sveglio, diamine! »
In modo
sbrigativo gli diede qualcosa da mangiare, per poi andare a prepararsi
con
calma per l’università. Almeno non aveva molto da
fare lì; scocciature in meno.
Non
aveva ancora fatto parola con nessuno del nuovo ospite volatile. Tanto
che
differenza avrebbe fatto raccontarlo in giro? E poi, stava
già molto meglio;
almeno si sforzava di volare per conto suo. Forse era il caso di
procurargli
una gabbietta, per evitare vasi rotti in casa.
Andare
all’università ogni tanto lo rilassava. Quando
finiva presto le lezioni, era
solito appostarsi sotto una quercia, nel giardino immenso della grande
università, a leggere un libro o immergersi nella musica con
le cuffie che
coprivano interamente le sue orecchie, già mezze nascoste
dai capelli
nerissimi. Respirava profondamente, anche una sola volta, ed entrava in
trance.
Gli unici momenti in cui poteva concederselo.
Non
poté fare a meno di pensare a quell’artista di
nome Nike. Lei poteva entrare
nel suo mondo ogni volta che lo desiderava. Chissà come
faceva.
E a
proposito di lei, lo aveva invitato all’accademia, qualche
volta. Lui non aveva
idea di cosa ci andasse a fare, né per quale ragione valida
dovesse vederla
ancora. Il pipistrello, certo. La scusa più ridicola per
incontrarsi con
qualcuno. Si immaginava già una scenetta; i suoi amici che
chiedevano
ingenuamente “Ulquiorra, dove vai?”, e lui che
rispondeva con voce ed
espressione seria “Mi vedo con una ragazza per parlare di
pipistrelli”. Persino
Batman aveva argomentazioni più interessanti con le ragazze.
Non che
gli importasse, comunque, ma si chiedeva come mai non ci trovava nulla
da
ridere.
Quando
si decise di alzarsi per avviarsi verso casa, uscendo
dall’università notò dei
cartelli che indicavano le diverse facoltà. Tra queste,
anche l’accademia di
belle arti, pochi metri più avanti. Non era la prima volta
che vedeva quei
cartelli, ma ora era tutta un’altra cosa visto che sapeva che
qualcuno che
conosceva frequentava quel posto. In quel momento pensò solo
che doveva essere
una gabbia di matti.
Senza
giungere a nessuna conclusione, dal momento che non gli importava, fece
per
girarsi ed andare per la sua strada. Ma qualcuno lo fermò.
Ed era ancora lei.
« Ciao.
» disse semplicemente Nike. A vederla sembrava indossare
abiti abbastanza
leggeri per il freddo invernale, mentre la faccia era tutta pasticciata
dalle
tempere. Non si vergognava ad andare in giro così?
« Ciao.
» rispose lui con tono calmo. Lei iniziò a
sorridere, scostandosi una ciocca di
capelli colorati in malo modo dai colori. Doveva essere una che toccava
spesso
i propri capelli, che avevano un aspetto spinoso e di un nero lucente.
« Stavi
andando a casa? » chiese Nike.
Ulquiorra
annuì. « Oggi non avevo molto da fare. »
Anche
Nike annuì, aggiungendo. « E immagino che voglia
dare un occhiata al
pipistrello, vero? »
Aveva
un che di snervante parlare di quell’animale con lei. Lui
rispose in modo
sbrigativo di no, dicendo che stava già meglio. Una persona
qualunque l’avrebbe
preso per uno scortese, ma lei non fece nessuna espressione
particolare,
annuendo e basta. Restò in silenzio per un attimo, spostando
lo sguardo verso
la sua destra, meditabonda.
«
Allora io vado. » disse Ulquiorra. «
Porterò i tuoi saluti al pipistrello. »
«
Allora non hai nulla da fare adesso? » chiese improvvisamente
lei, bloccandolo
ancora una volta. Fu la prima volta in cui il ragazzo aveva davvero
paura a
rispondere.
« … No.
» e nel frattempo si diceva; non
dirlo,
non dirlo, non dirlo.
« Ti
andrebbe di fare un giretto per l’accademia? Mi è
venuta in mente una cosa. »
L’ha
detto!
Ulquiorra
mantenne la sua espressione calma di sempre, trovandosi quasi costretto
a dire
di sì. Gli occhi di quella ragazza avevano assunto un che di
quasi severo, di
minaccia, come se gli avesse detto che, in caso di rifiuto,
l’avrebbe
incenerito. E lui non voleva pesi inutili sulla coscienza.
L’accademia
di belle arti di Berlino si presentava come un edificio
dall’architettura
rinascimentale, imponente e dalle murature candide, con la sola scritta
dorata
che sovrastava l’enorme portone in legno; Akademie
der Künste in Berlin.*
All’interno
c’era di tutto. nei
corridoi, ogni due metri, c’era una scultura classica, poi un
dipinto astratto,
poi dei lavori degli studenti appesi alle pareti, poi delle vetrate
colorate,
poi degli arredi barocchi, poi gotici. La gran parte delle porte
dell’edificio erano
aperte e mostravano studenti intenti a ritrarre la natura morta
dipingendo sul
cavalletto, o a lavorare vasi, o a lavorare su tavoli obliqui con
righelli e
squadre, o realizzare vestiti. Diversa gente camminava lungo i
corridoi, sempre
con scartoffie in mano. Contrariamente a quanto pensava, non erano
tutti come
Nike. C’era chi si presentava in modo più ordinate
e chi sembrava uscito da un
frullatore. C’era chi aveva un colore di capelli assurdo e
chi era rasato a
zero. Poteva essere un bel posto. Ma perché Nike lo aveva
portato lì?
«
Perché mi hai condotto qui? Hai detto che ti era venuta in
mente una cosa. »
chiese Ulquiorra, in cerca di delucidazioni.
Nike
sorrise, senza smettere di camminare. « Ti ho detto che amo
dipingere? »
« Sì. »
« Ecco,
noi per realizzare dipinti perfetti studiamo moltissima anatomia. E
visto che
sono al primo anno, ci fanno ancora realizzare ritratti basati su
statue o
modelli. Però quello che avevamo oggi si è dato
malato all’ultimo, e mi hanno
mandata in giro a cercarne di nuovi. Così…
»
Ulquiorra
non si fece nessuno scrupolo a fare marcia indietro. « Scusa,
ho da fare. Dov’è
l’uscita? »
Lei
mise il broncio, seguendo poi un viso supplichevole, afferrandogli la
manica
della giacca verde chiaro indossata dal ragazzo. « Ti prego!
Non posso tornare
a mani vuote! »
Ulquiorra
si mostrò impassibile, continuando a camminare, anche se si
trascinava la
ragazza dietro. Nessuno sembrò farci caso. Artisti.
« Non
sono la persona più indicata per fare il modello. »
« E
perché? Hai un bel fisico, magro e proporzionato. Tanto non
devi fare altro che
stare immobile. »
Pensa
che divertimento.
« Non
insistere. Ti ho già detto che non mi interessa. »
« Non
dirmi che alla tua età ti vergogni. »
Come se
lei fosse chissà quanto più vecchia. Comunque,
Ulquiorra non ci stava a farsi
mettere i piedi in testa così solo perché a una
banda di pittori allo sbaraglio
serviva un qualcuno da ritrarre.
« Non
mi va l’idea di posare, tutto qua. »
Nike si
parò davanti a lui, bloccandolo con fermezza. Il suo sguardo
si fece deciso e
serio, come se per lei fosse questione di vita o di morte. Al ragazzo
scappò
una piccola goccia di sudore.
«
Senti, noi abbiamo bisogno di modelli. Non ti costa nulla. Devi solo
metterti
al centro di una sala, stare fermo e basta. Alla fine della lezione poi
te ne
vai. Durerà al massimo un paio d’ore. Te lo sto
chiedendo come favore
personale, ma se ti ostini a non accettare, allora ti
denuncerò. »
« E
perché? » chiese lui spalancando di poco gli occhi.
« Non
ci metto niente a inventarmi qualcosa. Ad esempio, potrei dire che
tieni in
ostaggio il pipistrello. »
Era
fermamente convinta di ciò che diceva. Decisamente;
Ulquiorra era finito nelle
grinfie di un’aliena che non aveva nulla di meglio da fare
che scombussolargli
la vita. E che si ostinava a non mollare la presa dai suoi gomiti,
stringendoli
convulsamente.
E gli
occhi di quella ragazza gli incutevano quasi timore. Erano color
nocciola,
dalle pupille leggermente più dilatate del normale. Erano
tondi e contornati da
uno strato di matita e mascara a cui Ulquiorra non aveva fatto caso
quando
l’aveva conosciuta. Incrociarli gli diede
l’impressione che quella ragazza
sarebbe stata disposta a tutto per un disegno, per quello che amava
fare.
Inoltre, celavano qualcos’altro che Ulquiorra non sapeva
dire. come se cercasse
di nasconderlo, ma rimaneva uno spiraglio.
Conosceva
bene quel tipo di sguardo, perché per un po’ lo
aveva avuto anche lui. Ma aveva
imparato da tempo a barricare ogni minima fessura, per evitare che
qualcuno
sbirciasse troppo nella sua interiorità.
Gli
occhi sono lo specchio dell’anima. Ebbene, Ulquiorra non
aveva la minima
intenzione di far vedere la sua anima. Quella ragazza, invece, sembrava
ancora
inesperta su questo punto, o forse era semplicemente noncurante di
farsi vedere
in modi diversi dalla gente.
Ulquiorra
infine sbuffò. « Solo per questa volta. »
Nike
fece un enorme sorriso, afferrò il braccio del ragazzo e lo
condusse a passo
svelto in fondo al corridoio.
«
Vieni, ti accompagno al camerino! Per coprirti puoi usare una delle
coperte che
trovi lì. »
Pessimo
segno. Cosa intendeva per coprirsi?
« Ah,
poi non ti preoccupare, non fa freddo. Abbiamo i riscaldamenti
costantemente
accesi. »
L’unica
cosa a cui pensò Ulquiorra fu; questa
è
fuori.
Di
nuovo fece marcia indietro, trascinandosi ancora una volta Nike che,
senza la
minima voglia di lasciarlo andare, aveva messo forza nelle gambe per
portarlo
dove voleva, col risultato che lui a passo lento si dirigeva verso
l’uscita,
mentre lei faceva un qualcosa di simile al moonwalk di Michael Jackson.
« Hai
appena detto che accettavi. » disse lei.
« Non
mi avevi detto che avrei dovuto posare nudo. »
replicò lui, cercando il modo di
levarsela di torno.
« Son
dettagli. Guarda che non sei proprio nudo nudo nudo. Ti puoi coprire
davanti
con una coperta. »
«
Questi dettagli mi infastidiscono. Non mi va di posare nudo. »
« Come
sei innocente. Ti sei mai fatto la doccia con un amico? »
« Te lo
chiedo giusto per curiosità; quanti uomini ci sono nel tuo
corso di pittura? »
E Nike,
con estrema naturalezza, rispose. « Solo il professore.
»
Ulquiorra
aumentò il passo, ma Nike non si decideva a staccarsi da
lui. « Se ti può
consolare, siamo solo dieci ragazze. »
« Fai
spogliare il tuo professore. »
« Mica
può girare nudo per correggere i nostri errori. »
« Non
se ne parla. Per me il discorso finisce qui. Lasciami. »
Nike lo
guardò in silenzio per un attimo, senza nessuna espressione
particolare. Poi
concluse con. « Oh, d’accordo. »
mollò la presa, facendo perdere l’equilibrio
al ragazzo che inciampò, cadendo a terra. Visto che nessuno
sembrava averci
fatto caso, si rialzò con più dignità,
ripulendosi in fretta. Nike, però, si
era di nuovo messa davanti a lui, guardandolo seriamente.
« Sai
cos’è successo ad Adamo ed Eva dopo che hanno
mangiato il frutto della
conoscenza? Te lo dico io, si sono vergognati della loro
nudità. La prima cosa
che hanno fatto è stata di coprirsi. Ma non ti pare assurdo?
Prima se ne vanno
in giro allegri e nudi, e poi, dopo aver mangiato un misero frutto, si
sono
vergognati? Tu sei nato dal corpo di una donna che si è
unita ad un uomo. Hai
bevuto il latte aggrappandoti al seno di tua madre. Ti sarai anche
visto
qualche porno quando eri adolescente, e lì di donne nude ce
ne sono a bizzeffe.
»
Ulquiorra
sviò velocemente lo sguardo. Che discorsi assurdi per
convincerlo.
« Il
mio si chiama semplicemente senso del pudore. » disse lui a
tono basso.
Nike fu
irremovibile. « Hai tatuaggi strani? »
« No. »
« Nei
imbarazzanti? »
« No. »
«
Malformazioni? »
« No. »
« Vedi?
Sei normalissimo. Non c’è nulla di cui ti devi
preoccupare. E poi noi saremmo
troppo prese a disegnare per fare commenti osceni su di te. Ascolta. Il
nudo
all’accademia è fondamentale. Ti prego…
»
Ulquiorra
non capiva affatto il perché fosse così
importante per lei, e a quanto sembrava
per le sue compagne, trovare un modello. Una statua non andava forse
bene?
Comunque
decise di non risponderle, per farle capire che tanto non avrebbe
accettato di
posare nudo davanti a delle sconosciute. Voleva tornare a casa sua, nel
pianeta
Terra. Anche accanto a quel pipistrello malandato, purché
andasse via da lì.
« Va
bene, ti faccio un’offerta; puoi tenere la biancheria.
»
« No. »
ribadì convintissimo il ragazzo.
Lei lo
guardò abbastanza male, ma poi sbuffò,
aggrappandosi nuovamente alla sua giacca
e chinando il capo, come umiliata. « E va bene. Ti faccio
tenere i vestiti. Ma
posa. Per favore. »
Fu
un’esperienza decisamente fuori dal comune per Ulquiorra. In
una grande sala,
dieci ragazze erano appostate davanti un cavalletto con ogni materiale
indispensabile per disegnare e dipingere. Nike gli aveva indicato la
sua
postazione, proprio al centro, circondato da quelle ragazze. Lo fece
sedere su
una piattaforma rettangolare e gli disse di mettersi come voleva,
purché fosse
visibile. Il professore, nonostante non avesse ottenuto il nudo che
cercava, si
era mostrato entusiasta di fronte alla presenza di Ulquiorra. Notando
che il
ragazzo era troppo rigido, lo modellò letteralmente come
voleva lui, in una
posa abbastanza difficile da ritrarre, persino Ulquiorra se ne era reso
conto.
Ecco, doveva restare immobile, ora, per chissà quanto tempo.
C’era
un silenzio quasi spaventoso. Ulquiorra poteva vedere che ogni singola
ragazza
alternava gli occhi tra lui e il dipinto. Il resto non contava, non
esisteva
proprio. Soprattutto Nike. Lo guardava con
un’intensità strana, come se con
quegli occhi volesse scattargli una fotografia, tenere la fisionomia
ben
piantata in testa e disegnare senza il bisogno di voltarsi ancora.
Ulquiorra
avrebbe voluto concludere tutto velocemente, era snervante essere
osservati
così. Chissà se poi lo stavano disegnando bene.
Dopo
due ore poté andare. Le ragazze avevano tutte finito, tranne
Nike che stava
dando un ultimo ritocco. E non lo degnò di un saluto. Mentre
il ragazzo usciva
dalla sala, finalmente, sentì il professore chiedere di
lasciare i lavori sulla
cattedra. Ecco, la curiosità iniziava a premere. Insomma,
aveva posato per
loro, il minimo era vedere qualcosa, no?
Finse
di camminare molto lentamente per aspettare che uscissero tutte quante,
Nike e
professore compresi. La ragazza gli sorrise e lo salutò.
«
Grazie… » fece, arrossendo un po’. Lui
ricambiò il saluto con un veloce gesto
della mano e, non appena furono spariti tutti dalla sua vista,
tornò indietro.
Erano
dieci fogli in formato A3 appollaiati su una grande cattedra verde. Si
guardò
intorno furtivo, per assicurarsi che nessuno lo vedesse, e poi,
sfiorando
inizialmente con timore, sfogliò i lavori.
Da
grande ignorante qual era in materia di disegno, non sapeva dare
giudizi
tecnici. Certo, erano brave. Solo un disegno trovò che
facesse particolarmente
schifo, gli aveva fatto una testa esageratamente grande, ma
sorvolò. Anche
perché non è che gli interessavano tutti.
Quando
arrivò al lavoro di Nike perse qualche minuto a notare ogni
singolo
particolare.
Era…
Bello, sì. Ma in nessun altro disegno c’era
quell’attenzione ai particolari
quasi maniacale. I capelli, ad esempio, era disegnata ogni singola
ciocca,
ciuffo ribelle, riflesso di luce. E gli occhi, le iridi accuratamente
disegnate. Ogni singola vena che sporgeva dalle mani o dai polsi, ogni
sfumatura per le più piccole ombre. Ulquiorra era ignorante,
ma dovette
riconoscere che era mostruosamente brava. Chissà se aveva
usato davvero solo
una matita per farlo.
Lo
sguardo cadde poi verso il basso, dove c’era scritto il nome
a caratteri
piccoli e in stampatello; Nike Heinrich.* E sotto la sua firma, un
insieme di
ghirigori, secondo Ulquiorra.
Posò
tutto con cura, lasciandolo come l’aveva trovato, e se ne
tornò a casa, dove il
pipistrello lo aspettava. A proposito, non gli aveva trovato ancora un
nome,
anche se a dire il vero non sapeva neanche se lo avrebbe tenuto.
« Vieni
qua, conte Dracula; vediamo come sta l’ala. »
Andava
molto meglio di quanto pensasse Ulquiorra. Non era così
grave come pensava.
Tanto meglio, se ne sarebbe liberato prima.
Mettendo
in ordine si accorse poi di avere un oggetto che non gli apparteneva.
Il
foulard usato dalla ragazza per fasciare l’animale. Sporco di
sangue. Lo rigirò
più e più volte, come se dovesse rivelare qualche
oggetto nascosto, ed infine,
concluse, sospirando.
«
Glielo riporterò domani all’accademia. Mettiamolo
in lavatrice. »
Già
s’immaginava la sua espressione; con occhi sognanti a
ringraziarlo. Che strana
ragazza. Decisamente la più strana che avesse incontrato. Ma
bisognava capirla,
era un’artista.
Mentre
la lavatrice faceva il suo lavoro, Ulquiorra uscì nuovamente
di casa per
vedersi con qualche amico. Senza curarsi di fare una carezza o un
qualcosa
all’animale, che invece schiamazzò quando lo vide
allontanarsi.