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Autore: Meiko    25/11/2003    3 recensioni
L'ispirazione mi è venuta ascoltando "At the beginning", un pezzo molto bello, che è stato usato per il cartone di "Anastasia". Quando l'oscurità è attorno a te, hai solo due possibilità: conviverci, o impazzire. Lei ha scelto la prima, e da quel momento la sua vita ha preso quella piega. Poi...qualcosa risvegliò in lei la curiosità perduta. Un viso che non sarebbe mai riuscita a vedere...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Maki...cosa...-
"Kojiro, ho bisogno di parlarti...di parlare di noi due..."
-Che…che cosa vuoi? Io…io e te non abbiamo niente da dirci!
"Sono qui fuori casa tua..."
-Cosa?!-
il ragazzo scostò la tenda con un gesto spaventato, sotto la pioggia che la nascondeva come un velo delicato, una cabriolet nera era parcheggiata con i fari accessi a voler tagliare come un coltello luminoso le gocce di pioggia.
Neko si avvicinò alla finestra, e rimase sconvolta da quella macchina, fuori, appoggiata alla portiera aperta, una ragazza vestita di un’impermeabile elegante nero parlava al telefono, un cappuccio copriva i neri capelli.
"Vedo che Neko e li con te…bene…Kojiro, salgo su "
-Maki! Io e te non abbiamo niente da dirci! Maki? Dannazione!-
Kojiro sbatté nervosamente la cornetta sul telefono, mentre Neko lo guardava ansiosa di spiegazioni, coprendo di nuovo il vetro della finestra con la tenda, mentre vedeva la figura nera di Maki sparire dalla sua vista.
Il ragazzo la guardò preoccupato, passandosi nervoso una mano tra i capelli, mentre Neko si stringeva le mani introno alle spalle, avvertì improvvisamente un moto di freddo in tutto il corpo.
-E’…E’ qui…-
-Si…-
-Sta salendo?-
-…si…-
l’aveva sussurrato con vergogna, non riusciva a guardare Neko, che alzò lo sguardo spaventata verso Kojiro, che fissava un punto vuoto.
Neko strinse un pugno: era tempo.
Aveva aspettato a lungo, prima di ripetergli quella domanda.
E se non l’avrebbe chiesta in quel momento, non avrebbe più avuto occasione.
-Kojiro, adesso mi devi rispondere sinceramente a questa mia domanda…-
il ragazzo non si voltò, ma sentiva il suo cuore accelerare di botto, un’atroce dubbio lo coglieva, mentre Neko continuava a stringere i pugni, tenendo le braccia sui fianchi, lo sguardo fisso sulla schiena del ragazzo.
-…tu…ami ancora Maki?-
Kojiro restò senza parole a quella domanda fatta a bruciapelo, quella domanda che gia una volta aveva rifiutato di rispondere, quel pomeriggio, alla casa sul lago, dove poi aveva capito di amare Neko.
Ma amava solo lei?
Si, solo lei.
Però…forse…
Il ricordo di quella affascinante pantera s’insinuava nella sua mente, che però non riusciva ad offuscare lo sguardo delizioso di un tenero micetto.
Però…Maki c’era sempre nella sua testa…nascosta fra le trame di tanti pensieri…mostrandosi quando meno il ragazzo voleva vederla…
Si…quella ragazza era entrata con violenza nella vita di Kojiro, come un sasso che colpisce un vetro, e le schegge ferivano il ragazzo, che parlò piano, la sua voce leggermente tremante, sudava freddo.
-Ecco…io…-
-Kojiro, si o no?-
Neko cominciava ad avvertire nervosismo, l’aria dell’appartamento si stava caricando dell’elettricità del temporale e della tensione di Maki che stava arrivando tra loro, a rovinare quella pace…
Quella pace tanto agognata che Neko sperava ancora di avere, e che invece avrebbe dovuto dire addio.
Maki era testarda, ed era anche pericolosa, e lei lo sapeva.
Ma Kojiro le aveva detto che si erano lasciati…
Lo aveva detto però con un tono di voce vagamente nostalgico.
No…non si fidava…
Di questo se ne vergognava, ma non poteva sopportare l’idea di essere presa in giro da quell’uomo che ora non le rispondeva, facendola ancora di più innervosire.
Strinse ancora di più i pugni, chiudendo gli occhi, strizzandoli con sofferenza, mentre aspettava quella risposta, un lampo da dietro la tenda illuminava la scena, le gocce di pioggia battevano con violenza e rabbia contro il vetro, quasi a voler rappresentare il nervosismo di Neko in quel temporale.
Restarono ancora un attimo in silenzio, prima che Neko sentisse mancargli il fiato, mentre Kojiro sussurrava la risposta.
-…si…-
-…capisco…-
i pugni serrati si sciolsero, ora le mani erano abbandonate lungo i fianchi, mentre la ragazza guardava con dolore, rabbia repressa e sofferenza quella schiena che si voltava, mostrando il volto di Kojiro colmo di vergogna e colpa, come poteva aver detto quelle parole a Neko?
Come poteva aver detto a quella deliziosa fatta quella risposta?
Adesso la vedeva morire, così come muoiono le foglie ad autunno, così come muoiono gli alberi in inverno, sotto il peso della candida neve.
La vedeva sorridere con amarezza e timidezza, un braccio intorno alle spalle, l’altra mano che timida e imbarazzata metteva una ciocca di capelli dietro l’orecchio, gli occhi non riuscivano a soffermarsi da nessun’altra parte se non il pavimento li sotto.
No…non poteva finire così…
Kojiro si avvicinò, afferrando per un polso Neko, che alzò lo sguardo.
-Però, Neko, questo non c’entra nulla con noi! Io amo solo te adesso! Amo te! Non Maki!-
-Certo…ma in un futuro prossimo ti potresti pentire della nostra relazione…e poi…-
Neko alzò lo sguardo, le lacrime dagl’occhi cominciarono a scorrere lungo le guance.
-E POI NON VOGLIO ESSERE PRESA IN GIRO! IO TI AMO, KOJIRO!-
aveva gridato queste parole, sicura che altrimenti la voce le sarebbe mancata, e lentamente abbassò il polso ancora stretto nella mano di Kojiro, che la guardava stupito e terrorizzato, terrorizzato al solo pensiero delle parole che sarebbero uscite dalla bocca di Neko.
-Però…tu ami ancora Maki…quindi…forse…forse è meglio se non ci vedessimo più…-



avete presente quando un bicchiere quando a terra? O quando un oggetto di vetro si frantuma? O quando qualcosa colpisce con violenza una finestra, fracassandola?
Il cuore di Kojiro aveva fatto lo stesso rumore, mentre la sua mano aveva perduto tutta la forza che possedeva, Neko piangeva silenziosa, mentre si allontanava, afferrando il cappotto, mettendoselo, senza asciugare le lacrime che copiose bagnavano le guance, aprendo la porta e scendendo in tutta fretta le scale, senza guardare indietro, senza poter guardare indietro, non volendo guardare indietro.
Se si fosse guardata indietro, a cosa sarebbe servita quella domanda?
In quell’istante, Maki uscì dall’ascensore, sentendo i passi di qualcuno che scendeva dalle scale riecheggiare per la tromba delle scale, lasciandosi scappare solo una smorfia di un mezzo sorriso vittorioso, per poi entrare con passo felino e deciso dentro l’appartamento di Kojiro, il ragazzo si voltò a guardarla, scuro in volto, mentre la ragazza lo guardava con aria ammirata, ancora una volta quella meraviglia della natura sarebbe stata sua, SUA.
-Ciao Kojiro…sono tornata-
e mentre parlava con voce rauca e sexy, avvicinandosi con passo ancheggiante verso il ragazzo, Neko uscì di corsa dall’edificio, fermandosi in mezzo alla strada, avvertendo il cuore farle un male atroce, una fitta assurda, il pianto non accennava a smettere, mentre insieme alle lacrime calde si univano gocce di pioggia fredde, gelate, che lentamente bagnavano la ragazza, che rimase li, sotto la pioggia, senza parlare, senza poter fare altro che restare in piedi, in mezzo a quella strada, a bagnarsi fino alle ossa.

*

(Ora ci spostiamo, in Belgio! Chiedo perdono per la mia ignoranza riguardo alla città, ogni cosa è puramente inventata di sana pianta dalla mia mente malata!)

Taro camminava con passo tranquillo per il grande viale alberato, il vento freddo muoveva dolcemente i rami più fragili degl’alberi, carichi di gemme, accarezzando con mani di bimba, che si divertiva a giocare a colorare il grigiore spento dell’ aria del lungo viale che separava la casa del ragazzo dal campo di allenamento, dove stava tornando, con la sacca dietro la spalla e un’espressione stanca ma soddisfatta dipinta in volto, i capelli ancora umidi per la doccia da poco fatta venivano asciugati dolcemente dal vento fresco, mentre i suoi occhi color nocciola si perdevano nelle macchie gialle e bianche della strada, la neve aveva cominciato a cadere, ma era così poca che il giorno dopo era gia svanita, sciolta da quel sole tiepido coperto da cirri grigi e gonfi.
Stava pensando a Yuko, a come doveva stare adesso con Genzo, ora che viveva con lui da circa…due mesi o meno, non se lo ricordava più nemmeno lui, il tempo volava!
Le mancava molto quella dolce figura, ma non si era pentito di averla lasciata andare, incredibilmente non aveva pianto, ma si era limitato a stringerla a se, imprimendosi nella mente il suo buon profumo di frutta secca che aveva sentito per la prima volta sotto la Tour Eiffel.
“Beh, spero che stia bene!”
pensando a questo, il ragazzo iniziò a fischiettare una canzone che aveva sentito alla radio, qualche giorno prima, una canzone un po’ vecchiotta dei Beatles, riadattata da una cantante italiana, si doveva chiamare Mina.
Come si intitolava…ah! “When I’m 64”
Era abbastanza carina, ricordava molto quelle vecchie canzoni occidentali che negl’anni 60 si ascoltavano nelle radio.
Era immerso nel ricordare quella canzone, che non si accorse di una figura femminile che gli passò accanto, per poi voltarsi e seguirlo, ticchettando leggermente le dita contro la schiena calda del ragazzo, che si risvegliò dai suoi pensieri, voltandosi, avvertendo una voce femminile allegra salutarlo.
-Salut Taro!-
il ragazzo si voltò, trovandosi di fronte una ventenne dai lunghi capelli biondi legati in una coda, un neo sopra la parte sinistra del labbro, gli occhi color ametista che osservavano birichini e meravigliati il ragazzo, che ci mise un momento prima di capire chi era la ragazza vestita di una tuta da ginnastica, dal fisico ben fatto, che gli sorrideva.
-Lucille!!!-
(metterò il discorso in italiano, ma in realtà stanno entrambi parlando in francese!)
-Per fortuna che mi hai riconosciuta!-
-Scusami, ma sei cambiata molto dall’ultima volta!-
in effetti, Lucille si era tinta i capelli di quel biondo, mentre in realtà i suoi capelli erano di un bel castano scuro lucente.
-Cosa ci fai qui in Belgio?-
-Sono qui di passaggio, per un tour. E tu?-
-Mio padre si è trasferito qui, ed io…-
-…e tu giochi a calcio nella squadra giovanile nazionale, ho indovinato?-
entrambi scoppiarono a ridere, in effetti Taro era un tipo abbastanza prevedibile, soprattutto per quanto riguardava il calcio.
I due cominciarono a percorrere la strada verso casa del ragazzo, Lucille chiacchierava con la sua solita aria allegra e sorridente, i capelli biondi legati in quella coda alta con un fiocco viola, il neo sbarazzino sopra il labbro piegato in un sorriso contento, mentre Taro ascoltava, anche se spesso si soffermava ad ammirare la figura magra della ballerina, non aveva perduto niente del suo brio.
Continuarono a chiacchierare come non avevano mai fatto, in effetti era trascorso qualche annetto da quando si erano lasciati.
A, almeno…da quando lui aveva lasciato lei per Yuko…
A proposito…
-E Yuko come sta?-
Taro si fermò a quella domanda, per poi sorridere al suo solito modo e riprendere a camminare. -Sta bene, adesso sta ad Amburgo con Genzo Wakabayashi-
-Ah! Il famoso SGGK!-
Lucille rallentò, per poi fermarsi, e sorridere triste, guardando con malinconia il ragazzo.
-Allora…non ti ha corrisposto?-
Taro sorrise triste, scuotendo il capo.
-No, ma siamo rimasti amici-
-Come noi due…-
Lucille abbassò un attimo il capo, prima di risvegliarsi e affiancare di nuovo il ragazzo, che la fissava con una punta di sofferenza e di nostalgia.
Lui l’aveva lasciata per seguire Yuko, e lei ne aveva sofferto, però riuscendo a riprendersi, e continuando la sua strada.
Taro cercò di cambiare argomento, non voleva far rattristare Lucille, non appena averla ritrovata! -E dimmi…di cosa tratta il tuo tour? Avete gia fatto qualche tappa?-
con un sorriso raggiante dipinto sulle labbra, la ragazza cominciò a raccontare dei posti che aveva visitato, del programma del tour, e dei suoi compagni di viaggio.
-Ehi! Sei impegnatissima! Immagino che non hai tempo per il ragazzo!-
-Infatti, non ho tempo da perdere! E comunque non sono riuscita a trovare il ragazzo…perché ti amo ancora, Taro-
il ragazzo si voltò a guardarla, il vento passò con uno spiffero birichino, muovendo nervosamente la lunga coda di cavallo della ragazza, che sorrideva…come l’ultima volta che si erano salutati.
Quel sorriso tranquillo, dipinto di amara verità e sofferenza, qualcosa che aveva sempre lasciato in Taro un grande senso di colpa…e una grande tristezza.
Lei sorrise ancora, per poi indicare un locale li vicino.
-Ci prendiamo qualcosa di caldo? Ho freddo!-
annuendo sorridente, Taro seguì la ragazza, ordinando per entrambi una cioccolata calda, che arrivò in pochi minuti.
-Ma tu non seguivi una ferrea dieta, Lucille?-
-Oh! Non me ne parlare! A volta la trovo assolutamente stupida quella dieta che il mio maestro mi fa fare!-
Lucille copiò con i gesti e la voce nasale il suo maestro, facendo scoppiare a ridere Taro, mentre la ragazza lo guardava con malinconia.
Le era mancato quel sorriso, quei modi di fare gentile, quella dolcezza.
Insomma…gli era mancato Taro!
Lucille rise con lui, continuando a chiacchierare, sembrava che le cose da dirsi non finissero mai, mentre sorseggiavano la loro cioccolata.
La radio del bar, ad un certo punto, mandò quella canzone che Taro prima stava fischiettando, ed entrambi di fermarono ad ascoltarla.
Un motivetto allegro, simpatico, fatto dai Beatles, riproposto in modo diverso da quella cantante italiana, che l’aveva resa davvero graziosa.
Lucille ticchettava con le unghie lunghe sulla tazza, mentre l’ascoltava, Taro ogni tanto le lanciava qualche occhiata, ammirando la figura magra e slanciata dalle ragazza.
Appena finì la canzone, i due ripresero a parlare, Lucille sorrideva contenta.
-Lo sai che c’è anche questo pezzo nello spettacolo? Pensa che io sono una delle tre ballerine che lo ballano-
-Interessante! Fai qualcos’altro?-
-Vediamo…faccio un balletto classico da sola…poi…con tutto il gruppo faccio un pezzo moderno…poi faccio da coreografia ad un brano musicale di tipo irlandese cantato da una ragazza molto brava!-
-Insomma, fai tutto tu!-
-Beh, non esageriamo, diciamo che mi do da fare!-
Taro ammirò stupito la modestia di Lucille, prima di allora non aveva notato quell’atteggiamento nella Lucille che ricordava, molto orgogliosa e sicura di se, ma che sapeva mostrarsi dolce e timida.
-Sai…in questi anni ti ho pensato…-
Lucille con un dito fece la circonferenza della bocca del bicchiere, mentre Taro la guardava con tristezza, annuendo.
-So che hai chiamato Yuko…e poi…-
-Ho chiamato te…scusami, ero stata una sciocca!-
-No, aveva tutto il diritto di farmi quella telefonata. In fondo…l’ho detto io stesso, quel giorno, quando ci siamo salutati, che potevi tranquillamente chiamarmi!-
-Forse, ma come amica, non come una ragazza innamorata disperatamente che cercava di riaverti, quando invece tu eri ancora legato ad Yuko -
Taro la guardò, sorridendo felice, facendola arrossire.
-Sei molto maturata-
Lucille arrossì, imbarazzata, lasciando stupito Taro, mentre lei tornava normale, sorridendo contenta.
-Questa esperienza mi ha fatto maturare. Spero di non averi lasciato male per non aver ritrovato la vecchia Lucy!-
-Figurati, anzi! Sono felicemente sorpreso-
-Grazie-
Taro si trovò di colpo in imbarazzo, quella ragazza i qualche modo lo affascinava.
Si guardò intorno, e fissò con delusione l’ora nell’orologio in vetro appeso ad un punto alto del bar.
-Si è fatto tardi…è ora che torni a casa!-
-Anche per me si è fatto tardi, devo prepararmi per stasera-
-Stasera fate lo spettacolo?-
-Si, purtroppo l’ultimo, poi domani partiamo, torniamo a Parigi -
Taro la guardò stupito e rattristato, non voleva che lei partisse così presto, si erano appena ritrovati!
-E’ un peccato che tu parta così presto!-
-E’ un peccato che ci siamo incontrati solo adesso! Però spero che verrai stasera, alle otto, in piazzi, a vedere il nostro spettacolo!-
-Contaci!-
i due si salutarono, ognuno prendendo strade diverse, ma sperando incosciamente di ritrovarsi alle otto, in quella piazza…

Erano le otto meno dieci, ma gia c’era parecchia gente radunata alla piazza, prendendosi un posto a sedere per lo spettacolo all’aperto per la compagnia di Lucille.
“Accidenti! Meno male che volevo arrivare presto! Sarà meglio che mi trovi subito un posto, se non mi voglio ritrovare a vedere lo spettacolo in piedi!”
-Taro!-
il ragazzo si voltò, e fissò sbalordito una ragazza dai morbidi capelli biondi brillanti, gli occhi truccati, la pelle brillante, vestita di un body nero con un nastro viola intorno alla vita scarpette di ballerina, il tutto sottolineava il fisico ben fatto della ragazza, Taro cercò di non notarlo, anche se era arrossito constatando che la ragazza stava davvero bene in quanto a salute!
-Lucille! Sei bellissima!-
-Figurati! Questo è solo il costume per il pezzo d’inizio, poi mi dovrò cambiare per il pezzo di musica classica! Ma vieni, ti ho tenuto un post in prima fila!-
la ragazza lo trascinò per un braccio verso i primi posti a sedere, su una delle seggiole verdi c’era un foglio quadrettato con sopra scarabocchiata la parola “occupato”.
Taro s’imbarazzò per le attenzioni di Lucille, che non sentì ragioni, per poi essere richiamata da una delle ragazze della compagnia, allontanandosi e dando il “buon divertimento” a Taro, che appoggiò la giacca sulla seggiola, attorno a lui la gente si radunava, e i bambini si mettevano seduti per terra di fronte alle prime file per vedere meglio lo spettacolo.
-Lucille, chi è quel bel ragazzo? Il tuo ragazzo?-
-Magari lo fosse Carmen! Ma basta parlare di sciocchezze, che si va in scena-
-IN BOCCA AL LUPO TUTTI!- -CREPI!!-

*

Porta Romana bella, porta Romana…
E gia passato un anno da quella sera
Un bacio dato in fretta sotto un portone
Porta Romana bella…
Porta Romana

Porta Romana…

In un cortile largo e fatto a sassi
Io fischio e tu ti affacci alla ringhiera
Poi scendi e il pomeriggio è tutto nostro
In giro per i prati fino a sera
M’han detto che sei andata ad abitare
In un quartiere nuovo più elegante
Ti sei sposata è giusto è regolare
Da me, lo so, non t’aspettavi niente

La la la la lalla

Passa un ciclista e canta…
La voce si allontana….

Porta Romana bellaaa
Porta Romana…

Porta Romana bella, Porta Romana
Un anno è brutto e lungo da passare
D’amore non si muore, sarà anche vero
Ma quando ci sei dentro
Non sai che fare

Porta Romana…

Un cinemino, forse fatto apposta
Due film in una volta, cento lire
Ci siamo andati insieme ad ogni festa
Seduti in fondo, la senza guardare
Quel giorno che hai detto “adesso basta!”
Io zitto preferivo non sentire
Ma tu hai insistito “No sul serio basta!”
Come se fosse facile capire…

La la la la lalla

Festeggia un ubriaco…
La fine settimana…
Porta Romana bella!

Porta Romana…

Porta Romana bella!
Porta Romana!

(Giorgio Gaber “Porta Romana”)

Genzo spense la musica dello stereo, rimettendo a posto il cd di quel cantante italiano, mentre avvertiva il silenzio scendere pesante in tutta la casa, un silenzio che schiacciava, che dava un senso di fastidio nel portiere, che si limitava a cambiare cd e a spegnere il silenzio con la musica che metteva.
Solo che, adesso…quel silenzio non gli procurava tutto quel fastidio…
In qualche modo…lo trovava piacevole…
Era l’unico momento in cui non aveva da una parte le grida e le domande dei rompiballe di giornalisti, e dall’altra il tifo di ultra scatenati in partite e allenamenti.
L’unico attimo di pace…insieme a lei…
Da quanto tempo si conoscevano?
Genzo provò a fare un calcolo approssimativo dei mesi.
Cinque…cinque mesi…
Sembrava così poco, eppure al portiere sembrò essere passata un’eternità.
Ora Yuko era al piano di sopra, che dormiva, mentre lui l’aveva lasciata in pace, erano successe tante di quelle cose.
Si fermò nel suo giro al piano di sotto, soffermandosi a fissare la scalinata che portava ai piani di sopra, cominciando a percorrerla, i suoi passi venivano soffocati dalla moquette.
La visita all’oculistica, la decisione di Yuko.
Avrebbe aspettato ancora una settimana, poi avrebbe fatto l’intervento.
Solo sette giorni.
Tra sette giorni, Yuko avrebbe aperto gli occhi.
Tra sette giorni, avrebbe ammirato e odiato il mondo.
Tra sette giorni, avrebbe cominciato ad amare e detestare il mondo…
Tra sette giorno, forse, l’avrebbe persa…
NO!
Non doveva pensare a questo!
Fermò il suo salire lento e ponderato, scuotendo il capo, imprecando la mancanza del berretto dalla sua testa, era in camera.
Salì le scale con sempre più lentezza, prima di fermarsi di fronte alla porta socchiusa della stanza, aprendola con incertezza, lasciando che uno spiraglio gli permettesse di guardare quello che accadeva nell’immobilità apparente della stanza.
Lei era distesa sul letto, avvolta dalle lenzuola leggermente sgualcite.
Le persiane erano leggermente socchiuse, in modo dal lasciare passare un raggio di sole che illuminasse il letto e la mano della ragazza, che dormiva tranquilla di fianco, i capelli sparsi, una mano sopra i lenzuolo, l’altra sotto il cuscino.
Vestiva di una canotta bianca e jeans, parte del corpo coperto dal lenzuolo bianco.
Era davvero angelica, Genzo sorridendo la guardò, mentre si avvicinava al tavolo li vicino per prendere il berretto bianco che Yuko gli aveva regalato per Natale.
Il suo sguardo, improvvisamente, si fermò su un libro che era a poca distanza dalla ragazza, decorato con foglie rosse secche, di cuoio scuro.
Il ragazzo si sedette sul bordo del letto, guardando il libro, per poi ammirare Yuko, con un gesto triste le accarezzò una guancia, mettendogli dietro l’orecchio un ciuffo di capelli, fissandola con aria afflitta.
Perché stava così male? Doveva essere felice, presto Yuko sarebbe tornata a vedere…
Eppure…aveva sempre un brutto presentimento, che non si riusciva a spiegare.
Sbuffò stancamente, tenendo su una gamba il berretto, passandosi una mano tra i capelli neri, per poi alzarsi dal letto, avvicinandosi alla finestra, cercando di vedere fuori dalla persiana il mondo fuori, illuminato dal sole che scaldava dopo la pioggia di prima.
-Genzo…-
il ragazzo si voltò sorpreso, Yuko si era messa seduta sul grande letto, i capelli leggermente spettinati, una mano la reggeva, mentre l’altra s’intrecciava con i capelli.
Il portiere sorrise dolcemente.
-Scusami, ti ho svegliata-
-No, figurati, era sveglia da un po’ di tempo. Mi dici cos’hai?-
-Niente-
-Sicuro?-
Yuko schiuse gli occhi, Genzo ammirò da lontano le iridi velate, mentre la ragazza tastava le lenzuola, mettendosi meglio seduta su letto, toccando con delicatezza il libro li vicino, afferrandolo e stringendolo in grembo, suscitando la curiosità di Genzo, che si avvicinò.
-Si, sta tranquilla. Piuttosto, che cos’è questo libro?-
Yuko sorrise raggiante, aprendo il libro, le pagine bianche venivano passate dolcemente dalle mani delicate della ragazza, che parlava malinconica e felice.
-Questo libro contiene tutti i miei ricordi più cari. Testi, poesie, frasi prese da libri, canzoni-
afferrando gentilmente la grande mano del portiere, Yuko lo spinse a toccare la pagina bianca, che si mostrò piena di piccoli buchini.
Scrittura in Braille…
Genzo sorrise, accarezzando poi una guancia di Yuko, che socchiuse di nuovo le iridi, questa volta turbata.
-Genzo, ma che cos’hai?-
-E che…pensavo che tra sette giorni…quando aprirai gli occhi…potrai vedere il sole…-
-Sempre se tutto andrà bene-
-Ma certo che andrà tutto bene, sciocchina!-
Yuko annuì, anche se vedeva quell’enorme 50% fatto apparentemente di roccia, quando in realtà era sabbia asciutta, che veniva spazzata via dal vento.
Genzo gli appoggiò la fronte sulla sua, no, non riusciva a nasconderglielo.
-In verità, sono preoccupato che quello che vedrai non ti piacerà e…-
-Che io me ne vada via?-
Genzo si nascose il viso con il cappello, si vergognava molto di quello che pensava, non si fidava di Yuko, e questo la ragazza di sicuro non glielo avrebbe perdonato.
Invece, Yuko si limitò a cercarlo, per poi stringere le braccia intorno al collo del ragazzo, abbracciandolo e mettendosi seduta sulle sue gambe, appoggiando il capo sul grande petto, ascoltando il battito del suo cuore, sussurrando.
-Io…non lo farò…io voglio restare accanto a te…ora…ti prego…abbracciami…-
Genzo annuì, e la strinse a se, baciandole il capo, poi le labbra, per poi sdraiarsi accanto a lei, ed addormentarsi tenendola abbracciata a se, aspettando con lei che passassero quei sette giorni…

(Spero che vi piaccia, so che la canzone che non c’entra nulla, ma mi piace moltissimo, e l’atmosfera che creava mi sembrava l’ideale! Aspetto co

  
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