Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Evilcassy    30/06/2010    4 recensioni
Tanti piccoli momenti legati a 'Two Pairs of Chilling Eyes'. 8- Purple Shades of Victory““Con fare conciliante e con un sorriso da orecchio a orecchio, il ragazzo appoggiò le mani sul pancione di Nina. “Sono sicurissimo che ci sia un’altra cosa che gli va a genio…” “Evidentemente non hai visto la sua espressione quando ha scoperto che è femmina.” “Vammi indovinare: la solita?” “La faccia di Dragunov ha diversi tipi di impassibilità. Quella era la stessa impassibilità che utilizza anche nei post sbronza.” “…Colorito verdognolo?” “Precisamente.” “Oh, beh. Poteva andar peggio, no?” “Certo, poteva assumere l’impassibilità di quando si ritrova davanti Raven.”
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Anna Williams, Lee Chaolan, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Chilling Pills.

Perché scrivere una storia intera e di senso compiuto comporta troppa fatica.

 

6 – London Falling.

 

Allora… Mini ricetrasmittente … c’è. Pistola con silenziatore – ah, la mia cara Beretta 92, anche. Colt di riserva… ecco qui. Orologio multiuso… al proprio posto. Uhn…. Si, il filo nylon ogni tanto si inceppa, devo ricordarmi di farlo controllare. Rossetto- bomba, ecco qui il mio tocco di classe. Infine: latrotossina, ottimo veleno: la vedova nera non sbaglia mai. Prendo su anche lo spray al peperoncino? Ma si, tanto tiene poco spazio.”

Con movimenti fluidi e calmi, come se stesse preparando il beauty case per un weekend fuori città, Nina Williams faceva la cernita di tutto quello che le serviva, nascondendo sapientemente le varie armi nella borsetta e nelle tasche. Si ravvivò i capelli avendo ben cura di raccoglierli con un sottile ma appuntito spillone, e si legò al collo una luccicante e robusta collana.

Ogni singolo accessorio del suo guardaroba doveva poter essere utilizzato per raggiungere lo scopo, niente veniva lasciato al caso.

Canticchiò un motivetto mentre si ritoccava il trucco allo specchio: con dei cerchi scuri attorno agli occhi, gli occhiali da sole non erano solo una formalità del suo ruolo.

Guardò il risultato allo specchio con un sorrisetto compiaciuto, lisciandosi la camicetta di seta verde lungo le curve perfette dei fianchi.

E’ tutto a posto. Cercò di convincersi.

No che non lo è.  Ribatté un’odiosa vocina dentro di sé.  Non lo è affatto.

Era di una settimana in ritardo.

Aveva la nausea da quattro giorni.

L’odore del the era diverso.

E lei conosceva troppo bene quegli indizi.

Tanto più che, proprio accanto al silenziatore faceva bella mostra un test di gravidanza ancora impacchettato, acquistato un paio d’ore prima.

Ed ora tamburellava le dita sulla superficie di marmo del mobile, indecisa se farlo subito o meno.

Se è positivo dovrei mandare all’aria la missione. Pensò. Aveva già sperimentato cosa succedeva a portare a termine un compito del genere in quello stato.

Ma se non lo faccio, non so se è positivo o meno e ho la coscienza a posto. No?

No.

Nina Williams focalizzò la sua attenzione sulla sua immagine riflessa, mentre apriva meccanicamente la confezione del test.

Dannato Kazakistan.

Dannato Dragunov.

E dannata soprattutto la voglia costante che aveva di lui.

 

Camminava spedita lungo il Millennium Bridge avvolta in un sottile impermeabile scuro, gli occhi gelidi e nervosi nascosti dietro a degli occhiali di Gucci del medesimo colore.

Per passanti era un’elegante donna d’affari, indaffarata e frettolosa, che gettava un’occhiata fugace alla facciata della Tate Modern Gallery con l’aria di chi dovrebbe decidersi prima o poi a prendersi un pomeriggio libero per visitarla per poi girare per Canvey Street. Al civico 4 voltava quasi inconsapevolmente il viso verso la vetrina del ristorante giapponese Tsuru, fermandosi come se si ricordasse di non aver ancora pranzato e occhieggiando al menu in esposizione con l’acquolina in bocca.

Ma si, un veloce sushi ci può stare. Ne ho sentito parlare così bene di questo posto! Sembrava suggerire la sua espressione. Dopo di che controllava nuovamente l’orologio Basta che sia veloce, però! Ed entrava.

 

Il bersaglio di Nina, Vladimir Neitchenko, era seduto lungo il bancone, e si stava giusto infilando un maki in bocca. Alla vista del piatto lo stomaco le si attorcigliò improvvisamente, e fu davvero difficile dissimulare la nausea che le era salita, mentre il cameriere le si avvicinava per ricevere l’ordinazione.

La donna aveva già aperto bocca per ordinare una porzione di sushi misto, quando la vocetta fastidiosa dentro di sé iniziò a pigolare: Ma non puoi mangiar pesce crudo!

Rimase un istante con le labbra schiuse, a formulare questo pensiero con una nausea crescente. E non dovresti neppure essere qui.

“U- una bottiglia d’acqua. Naturale, grazie.” Biascicò, aggiustandosi nervosamente gli occhiali da sole. Neitchenko, al suo fianco, la stava osservando con la coda dell’occhio. Merda. Si è insospettito. Meglio battere in ritirata. Prese la bottiglietta d’acqua, la pagò ed uscì con un sorriso tirato, bevendone un sorso e avviandosi sempre a passo svelto dalla direzione opposta al suo arrivo.

 

Ecco che si era impantanata. La sortita della sua coscienza infame l’aveva portata a commettere un errore. Neitchenko era una ex spia, certi particolari non passavano osservati: Ora probabilmente le stava dando sua volta la caccia, ed ora era costretta ad anticipare le sue mosse, ad attirarlo in trappola.

Ma prima doveva depistare un suo eventuale inseguimento.

Riattraversò il Tamigi sul Southwark Bridge e proseguì sino alla City, dove per giustificare la fretta in caso il suo bersaglio la seguisse davvero, individuò una banca di cui era correntista e vi entrò per una banale operazione di prelievo allo sportello, prolungata con domande e richieste di informazioni inutili all’impiegata.

Uscita, cercò di sembrare più rilassata e passeggiò con più calma, come se avesse fatto tutte le cose importanti.

Comprò in edicola il nuovo numero di Cosmopolitan, si soffermò a guardare una vetrina e a provare un paio di scarpe, dopodiché riprese la metropolitana a Mansion House e tornò in albergo facendo un giro più lungo e tortuoso del solito, cercando di far perdere le sue tracce nel dedalo di vie di Soho.

Appena entrò nella camera, gettò impermeabile e occhiali sul letto, e si sedette stancamente. Doveva trovare un piano che non la coinvolgesse troppo a livello fisico, e alla svelta.

Ma soprattutto, doveva riflettere.

 

Incinta di quattro settimane e due giorni.

Da quell’incontro avventuroso e pericoloso (sotto molti aspetti) con Sergei in quella catapecchia del Kazakistan. Avrebbe dovuto resistere, avrebbe dovuto starci lontana, no?  Era la cosa più logica da fare quando ci si ritrovava a migliaia di chilometri di distanza da una farmacia e con il blister della pillola contraccettiva sul comodino del suo appartamento a Mosca.

E invece, complice la prolungata lontananza e l’eccitazione per il pericolo, gli si era lanciata tra le braccia.

Nina, che idiota che sei stata. E adesso?

E adesso avrebbe dovuto per prima cosa completare la missione. E poi affrontare tutto il resto. Non ne avevano più parlato della possibilità di aver figli, e vista la disastrosa esperienza precedente, era stata ben attenta a non farne capitare più.

Una cosa era certa: questa volta Sergei l’avrebbe saputo da lei, a viva voce e a quattrocchi.

E poi cosa succederà?

“Valuteremo insieme il da farsi.” Si rispose, sospirando. Affondò la testa nel cuscino: non riusciva ad immaginarsi madre, per quanto realmente già lo fosse, tanto quanto non riusciva a prendere in considerazione l’idea di non tenerlo.

Sfilò dalla borsetta il cellulare e cercò sulla rubrica il numero di Steve, sentendo la sua voce si sarebbe schiarita le idee.

 

Sergei la chiamò dopo pochi minuti che aveva riattaccato con suo figlio. 

“’Sera Williams, tutto bene?”

“Ciao. Si, si, va tutto bene.” Mormorò con un filo di voce, trattenendosi dal parlare oltre.

…Fatto?”

“Non ancora. C’è stato un inconveniente, non ho potuto finire. Ma è questione di ore.”

“Niente di grave, spero.”

Dipendeva dai punti di vista… “Oh, no. solo un contrattempo.”

“C’è qualcosa che non va? Sei strana.”

Nina prese un respiro. Valutò bene prima di parlare, ma l’importanza del discorso richiedeva che lui fosse davanti a lei. Voleva vederne l’espressione, voleva capire realmente cosa pensasse. Non poteva dirglielo per telefono. “Dobbiamo parlare.”

La voce di Sergei si era fatta improvvisamente più bassa, iniziando a parlare inglese. “Cosa è successo?”

“Voglio parlartene dal vivo al tuo ritorno.”

“La settimana prossima torno a Mosca, avrò un paio di giorni di licenza. Se non avrai ancora finito potrò raggiungerti a Londra.”

“Va bene.”

“Williams, sei sicura di star bene?”

Nina sorrise. Sbagliava o quella era una punta di preoccupazione? Magari anche di gelosia. Qualsiasi cosa fosse, proveniva da suo marito ed era indirizzata a lei. Una cosa più unica che rara, parlando di Sergei Dragunov.

“Si. Sto bene.”

 

La stazione della metropolitana di Leichester Square all’ora di punta era affollata come al solito. Nel suo cappotto Burberry in tartan beige, dietro ai soliti occhiali scuri, Nina Williams attendeva il treno cercando di farsi venire in mente un’idea su come risolvere la situazione. Il suo orgoglio e gli ordini del comando le impedivano di lasciare libero un bersaglio senza neppure tentare realmente di farlo fuori.

Ma la sua lista delle priorità ora era cambiata.

Lascia stare, sai come è finita la volta scorsa in cui hai deciso di portare a termine una missione. Sospirò stancamente la solita voce interiore.

 

Aveva sognato tutta notte quella goccia rubino che cadeva sul pavimento, tra i suoi piedi, e che segnava il suo primo fallimento, la prima volta in cui aveva pagato cara la sua attitudine omicida.

Si sfiorò la tempia, colta da un lieve capogiro, poi si sforzò di prestare attenzione all’annuncio dell’altoparlante. La donna vicino a lei spinse il passeggino un po’ avanti, preparandosi ad entrare nel convoglio in arrivo. Dentro, un batuffolo avvolto in una coperta rosa dormiva beatamente. Si ritrovò a sorridere lievemente, decidendo all’improvviso sul da farsi.

Sarebbe rientrata a Mosca, avrebbe fatto certificare il suo stato e si sarebbe ritirata dalle missioni. Non per sempre, solo il tempo necessario.

 

Si mosse verso il limite della banchina con la sensazione di essere osservata. Il suo sesto senso, il suo istinto affinato da anni di clandestinità e di vita mercenaria, l’avvertivano del pericolo. Si voltò lentamente, pronta a tutto, mostrando quasi indifferenza.

A tre metri di distanza, al di là della madre con la carrozzina e altre persone, c’era Neitchenko.

Il mondo è fottutamente piccolo. Pensò, restando immobile.

Bluffa! Le impose il suo istinto.

Mentre l’uomo rimaneva immobile a studiarne la prossima mossa, le labbra di Nina si incurvarono nel suo piccolo sorriso sadico. Si alzò gli occhiali con studiata calma, ipnotizzandolo con i suoi occhi di ghiaccio, mentre la mano le scorreva all’interno del cappotto. L’uomo ebbe un moto di sorpresa, si mosse appena dalla sua posa, sorpassò la linea gialla del bordo con un piede, mentre la folla si accalcava.

Una distrazione fatale: scivolò quasi comicamente dalla banchina.

La folla fece appena in tempo ad urlare all’unisono che la metropolitana lo travolse.

 

Nina arretrò di un passo, in una mossa inorridita, imponendosi di non guardare il sangue, di non controllare ulteriormente.

Non l’aveva toccato con un dito. Non l’aveva ucciso. Neitchenko era caduto vittima della sua distrazione.

Ora capisco perché lo volevano far fuori. Altro che ex spia con informazioni strettamente riservate. Questo era un idiota bello buono!

Mentre fingeva sgomento ed orrore lasciando la stazione, Nina sorrise dietro alla mano che si teneva premuta contro le labbra.

Questo si che era salvare capra e cavoli.

Luck of the Irish.

 

Agente Williams. Proprio lei desideravo vedere.”

Porc…!!  “Colonnello, agli ordini.” Salutò, mettendosi sull’attenti, stringendo convulsamente tra lin una mano la busta con il certificato medico, quasi nascondendolo tra le dita.

“Riposo, agente. Volevo solamente complimentarmi con lei per come ha risolto la questione Neitchenko. Ottima idea, quella di simulare un incidente in metropolitana. Molto discreto e al di sopra di ogni sospetto. Anche dalle telecamere di sorveglianza la Polizia londinese non ha trovato nessuna anomalia, e l’episodio non è stato neppure sottoposto ad indagine. Non c’è che dire, Williams, lei ha stile.”

“La ringrazio, Colonnello.”

“Alla luce di questo successo la sua promozione è praticamente assicurata, non possiamo fare a meno dei suoi servizi: abbiamo altre missioni per lei.”

Nina rimase un attimo interdetta. “Io...”

Prima che potesse proseguire, lo sguardo del Colonnello Volkov si era già posato sul cerotto bianco nell’avambraccio, indizio del prelievo di sangue. “Controllo annuale? Non l’aveva già fatto prima di Londra?”

“Si, signore.” Sospirò la donna. Oh, al diavolo. Non è una cosa che si può nascondere a lungo, no? Lentamente, vedendo la promozione volare lontano lontano da lei, Nina porse la busta bianca al Colonnello, che la aprì.

“Ah.” Disse, una volta letto il certificato, restituendole il foglio. “Questo cambia le cose.”

La donna non poté fare a meno di sospirare con un moto di  delusione: “Già.”

“… ed è di…?”

“Beh, certo!” rispose piccata. Si accorse di dovere ulteriori spiegazioni circa la propria condotta – anche uno stupido ci sarebbe potuto arrivare che il bambino era stato concepito durante un’operazione militare - ma Volkov non domandò ulteriori spiegazioni.

“Il Sergente Dragunov farà di ritorno questa sera dal Kazakistan. Credo sperasse di passare diversamente i due giorni di licenza.”

“Beh, io…

“Non occorrono spiegazioni, Williams. Ad ogni modo, in bocca al lupo. Con il figlio di Dragunov ne avrà bisogno.”

Gr… grazie signore. Crepi. Il Lupo.”

 

Mentre il colonnello si allontanava dalla direzione opposta alla sua, Nina pensò di fortuna gliene serviva più di quanto fosse normalmente a disposizione di un’irlandese.

 

 

Buonasera ragasse!

Allora, premetto che NON sono MAI stata a Londra…

Perciò, ringrazio prima di tutto Mr Google Maps per il suo splendido servizio di mappe della città e di cartine della metropolitana! Le stazioni, le vie e soprattutto il ristorante giapponese esistono! (e quest’ultimo ha 5 stelle come recensione su Google)

Detto ciò, ora Nina è davvero nei guai…  J

Oltre a Mr Google Maps ringrazio calorosamente:

Miss Trent, i cui pareri/elucubrazioni/ipotesi sono sempre ben accetti, ricercati e agognati.

Nefari, puntuale ed entusiasta con l’immaginazione moooolto ampia e la bocca piena di muesli dietetico.

Miss Rose, new, graditissima entry che mi ha fatto andare ancora di più in brodo di giuggiole

Whisper Of The Wind altra new entry fanwriter, gentilissima e ‘Annista’: Per quanto riguarda la morte del papa di Anna e Nina, mi sono basata sulla storia di Tekken, in cui la morte avveniva dopo il primo torneo per circostanze mai chiarite, e non su Death By Degrees. Mi piaceva di più cosi…. Abbi pietà di una povera pazza!

Bloody Road, che mi fa emozionare ed intrigare con la sua Cyanide…!

 

A presto…!

EC

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Evilcassy