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Autore: Farrah Wade    02/07/2010    2 recensioni
Essere genitori non è mai una cosa facile. Spesso si devono prendere decisioni difficili riguardo ai figli. Quante volte per "fare del bene" si deve "fare del male", rischiando di essere fraintesi e addirittura odiati dai propri figli? Ne sa qualcosa il dottor Philip Price, che oltre a dirigere un ospedale, si troverà alle prese col non facile carattere dei suoi gemelli. La sofferta ma necessaria decisione di mandarli a studiare in un collegio adatto al rango della famiglia scatenerà una serie di terribili eventi che vedranno coinvolti i suoi figli e una strana "allucinazione" che lo porterà a dubitare della loro sanità mentale e rivangare alcuni segreti celati da tempo dal nonno dei gemelli, il primario ormai in pensione Preston Price. Genitore austero e brillante medico, Philip cercherà sempre di fare "la cosa giusta" finendo inevitabilmente col fare quella sbagliata.
Genere: Drammatico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 25



-Avanti – mormorò – fatti vedere, lo so che ci sei.

Non ebbe risposta. Eppure non si era sbagliato. Si rilassò un po’ e tornò a guardare fuori dalla finestra.
Il parco era bellissimo, illuminato dal sole di quella splendida giornata. Quanto avrebbe voluto essere là fuori e poter respirare l’aria fresca a pieni polmoni, sentire il vento, il profumo dell’erba appena tagliata, il calore del sole sulla pelle …
Si aggrappò alle maglie della griglia di sicurezza montata sulla finestra e cercò di sentire il profumo delle piante, dei fiori, ma nonostante la finestra fosse aperta, la griglia non lasciava filtrare molta aria; era fitta e impenetrabile. Una punta di dolore gli trafisse lo stomaco. Era una grande privazione per lui, loro lo sapevano.

-Ma che bello – mormorò sarcastico –sono rinchiuso qui dentro da giorni e lo devo proprio  a mio padre; devo essere proprio un deficiente!

Il suo spirito indomito era tornato prepotentemente a reclamare la sua libertà perduta. Si aggirava per la stanza come una tigre in gabbia. Sentiva come un ronzio in testa, probabilmente per il colpo che aveva subito sbattendo contro il muro. Si toccò la fronte, e in effetti era gonfio e gli faceva parecchio male.
Ritrasse la mano, imbrattata di una sostanza vischiosa, sangue naturalmente. La vista del sangue lo indisponeva sempre, si ripulì perciò in fretta le dita nella t-shirt.

-Ma bene! Come glielo spieghiamo ora ai sapientoni in camice bianco? Maledizione! –imprecò.

Era ovviamente - e a ragione – preoccupato della reazione dello staff medico. Si era ferito di nuovo, proprio come il giorno del suo ricovero, e per un attimo la parentesi felice del colloquio telepatico avuto con Rachel gli aveva fatto dimenticare la ferita e tutto il resto.
 Anche se in un certo senso la crisi e perfino le lacrime erano state utili per avergli restituito fiducia e voglia di lottare, ora era seriamente preoccupato. Come spiegare che quella ferita era solo un incidente? E se non lo era? Era confuso. E agitato. Era stato davvero Straker? Incredibile, ora aveva pure un nome! Forse era vero che era pazzo. Il dubbio si stava nuovamente insinuando nella sua mente già confusa. Era insidioso. Gli sembrò addirittura di udire la sua risata maligna.
Rimase nuovamente vigile, in ascolto, tutti i sensi all’erta, non più confusi o intorpiditi dai farmaci. Il cuore che batteva all’impazzata sembrava volergli schizzare fuori dal petto.
Avvertiva qualcosa ora, tutto intorno, come una presenza opprimente. O era solo autosuggestione?

Benché atterrito e spaventato, radunò lo scarso coraggio e con voce non proprio ferma, disse: -Mostrati dunque, almeno saprò di essere pazzo!

La risata possente di Straker gli rimbombò nella testa, assordandolo. Sussultò spaventato. Tapparsi le orecchie per non sentirlo fu un gesto puramente istintivo e inutile.

Sei recidivo, Benji, ma non ho intenzione di punirti di nuovo. Non oggi. E’ stato interessante vedere le tue lacrime; non credo sia un privilegio che concedi a molti, vero? Dunque anche tu provi dei sentimenti. Questo legame con tua sorella è molto profondo e solido da quanto ho potuto capire.

Al sentire nominare Rachel, le penne gli si arruffarono di nuovo. La paura lasciò il posto alla collera. Si rese conto delle sue parole solo dopo averle pronunciate.

-Non ti azzardare nemmeno a pensare a lei, brutto bastardo, o ti giuro che me la pagherai, costi quel che costi! – lo minacciò.

Straker rimase in silenzio. Anche Benji, incredulo di essere riuscito a dire una cosa simile dopo la battuta che si era preso e che ancora lo faceva sanguinare.

Meriteresti nuovamente una lezione per la tua lingua biforcuta, ma passerai già abbastanza guai per quella ferita… credimi il dolore che io ti ho inflitto è solamente fisico; le loro terapie a volte possono essere molto più crudeli e spietate … rispose infatti Straker.

-Che ne sai tu?!

Benji dimenticò ogni prudenza. Strinse i pugni e gli gridò contro: - Tu non sai niente di me! Vattene! Lasciami in pace, sta’ lontano da me!!

Straker non si offese per tutte quelle ingiurie, stavolta. Si limitò a provocarlo.

Bada a come parli, ragazzo, o Rachel soffrirà un po’!

-Lascia fuori mia sorella da questa storia! Non pensarci nemmeno o io …

L’Uomo Calvo rise crudelmente: Tu cosa? Avanti, dillo!

Benji si morse la lingua per non dire cose di cui si sarebbe pentito. Non voleva che Rachel soffrisse.

Saggia decisione, Benji. Non pensavo che ne saresti stato capace! Stai facendo progressi. Forse, dopotutto, questa esperienza non è una cosa negativa.

Benji dominava a stento la rabbia che aveva dentro. Si prese la testa tra le mani, alzando gli occhi al cielo in una muta imprecazione, quando invece avrebbe voluto urlare a Straker tutto quello che pensava di lui. Voleva che se ne andasse, che lo lasciasse in pace. Voleva che non fosse mai esistito.
La sua risata beffarda si fece udire di nuovo.

-Perché continui a torturarmi? Che ti ho fatto di male?! – chiese disperato.

Straker gli rispose gentile: Io non ti sto torturando Benji, sei tu che ti stai facendo del male.

-Oh, per favore! Questa sì che è bella! Risparmiami le perle di saggezza psichiatrica. Se sono finito qui è soltanto per colpa tua e tu lo sai bene!

Straker ci andò giù pesante: Non è stato forse il tuo stesso padre a farti ricoverare o sbaglio? Non ti ha forse trovato ferito nella tua stanza che deliravi?!

Benji era furioso: - Non stavo delirando! Stavo parlando con te!! E’ tutta colpa tua!

E’ colpa mia anche se ti sei tagliato con i cocci di vetro? Eppure ti avevo messo in guardia …. E se io fossi frutto della tua mente malata e avessi, che so, una specie di lato oscuro autodistruttivo?

Benji lo interruppe, puntando il dito: - Hey! Non ci provare con me! Niente cazzate psichiatriche! Io non sono malato e tu di certo non sei frutto della mia mente!

Come fai ad esserne certo? - insinuò Straker mellifluo. Non lo era infatti.

-Non farò questi giochetti mentali con te. Io non sono pazzo! E’ stato tutto un malinteso che TU hai creato!!

Questa si che è bella, ragazzo! Tu e tuo padre non andavate d’accordo già prima del mio arrivo…

-Questo è un altro discorso!

Forse ti serviva un amico con cui condividere i tuoi segreti …

-Io non ho segreti e di certo non mi servono amici come te per condividerli! Tu stai cercando di farmi venire un esaurimento nervoso!

Tu sei pazzo!

-Vaffanculo!!

Un dolore atroce gli trapassò la testa quasi all’istante, seguito da quella tremenda e sinistra risata.

Hai dimenticato le buone maniere?

-Sei uno psicopatico, criminale, bastardo!

La risata di Straker soverchiò ogni cosa. Benji fece una smorfia di sofferenza.

Già, forse è vero … ma mi piace un sacco farti arrabbiare!

Benji non rispose, piegato in due dal dolore.

Allora? Nessuna risposta mordace?

Scosse la testa. –No. Non farò i tuoi giochini mentali. Io non sono malato.

Proprio adesso che mi stavo divertendo. Se non sei malato, perché continui a parlare con me?

-Va’ all’inferno!

La morsa dolorosa aumentò, facendolo gemere di nuovo.

Non impari mai tu, eh?

-Lasciami in pace! Voglio essere lasciato solo!!

Un’ombra scura gli si abbatté addosso, facendolo urlare. Per la seconda volta quel giorno venne abbrancato e scagliato contro la grata di sicurezza, ferendosi di nuovo. Rimase a terra, semisvenuto e dolorante. Ebbe l’impressione di udire dei passi venire verso di lui. Passi lenti e cadenzati. Non erano passi da infermiere, quelli. Tuttavia, temette di non potersi più fidare delle proprie percezioni; non finché venivano alterate da questo strano Uomo Calvo…  
I passi si fermarono a non più di due centimetri dal suo braccio, poi una voce, la sua voce lo invitò ad alzarsi.
Benji, tutto pesto e dolorante, si ritrasse spaventato da quella presenza opprimente. Lo udì ridere.

Non ne hai ancora avuto abbastanza?

-Puoi anche ammazzarmi, se vuoi, non m’importa ma non ti aspettare che mi arrenda così facilmente. Io non sono pazzo e riuscirò a dimostrarlo.

Straker rise crudele. Nessuno ti crederà. La pazzia consiste proprio in questo; puoi anche dire la verità, tanto nessuno ti darà retta. I pazzi non sono credibili!

Benji cercò di alzarsi ma tutto il suo corpo protestò dolorosamente. Parlare gli costava molto.

Inoltre tu hai paura. Di me, di loro, di te, di tutto questo.

-Non è vero! -  gridò Benji - Io non ho paura! Vorrei vedere te al mio posto!!!

Hai paura invece, una paura fottuta che tutto questo possa essere vero!

Benji tacque, pugnalato a morte da quell’insinuazione. Forse era proprio così, dopotutto. Quelle parole sintetizzavano molto bene il concetto. All’improvviso, senza nessuna ragione apparente, si mise a ridere. Fu la volta di Straker di rimanere di stucco. Benji rise di nuovo, incurante del dolore. Gli sembrava in effetti un po’ folle, la risata sconnessa di una persona mentalmente instabile.

-Ho capito il tuo gioco ma stavolta non ci casco. Tu vuoi farmi dubitare di tutto, vuoi farmi diventare pazzo. Sono stato un idiota a darti retta ed ora mi trovo qui per colpa tua.

No Benji, non per colpa mia. Io ti avevo avvertito, ricordi?

-Non cercare di confondermi. Ricordo molto bene!!

A me non sembra. Io ti ho aperto gli occhi, piccolo ingrato, ti ho fatto vedere la verità, quella che tuo padre ti ha sempre nascosto.

-Ora basta. Vattene, non voglio più ascoltarti.

Si alzò in piedi con una smorfia di dolore. Barcollò e dovette appoggiarsi al muro per non cadere.

-Ahi, la mia testa, che male. – Si toccò la fronte e vide che perdeva ancora sangue. Udì la perfida risata di Straker vicino a lui. Troppo vicino. Indietreggiò spaventato. Non si sentiva per niente bene e Straker era un osso duro. Gli aveva fatto male.

-Ora dovrò pagare le conseguenze per queste ferite … Sei un bastardo, l’hai fatto apposta!

Straker rise di nuovo, canzonandolo. Non sai quanto mi dispiace… ma tu insultami ancora e io vado da tua sorella e le spezzo un braccio.

Benji si spaventò sul serio. La voce di Straker era gelida e lui sapeva che quando diventata così, era pericoloso. Iniziò a tremare di paura. Tutta la sua velleità si spense di colpo. Lui aveva vinto. Ancora.

-Non fare del male a Rachel, lei non ti ha fatto niente.

E nemmeno io – volle aggiungere, ma ritenne prudente tenere la bocca chiusa. Strinse i pugni. Era umiliante doversi sottomettere ad un essere spregevole come quello, ma non poteva permettergli di fare del male alla sorella. Era suo compito difenderla.

Dopo qualche minuto di silenzio, Straker gli parlò di nuovo: Hai un coraggio davvero fuori dal comune,ragazzo, lo ammetto, ma ci sono cose che sono troppo grandi, anche per te.

Nonostante il dolore alla testa e le numerose ferite, Benji stava di nuovo per rispondergli, quando la sua presenza svanì all’improvviso. La strana oscurità che avvolgeva la stanza si dissipò come se non ci fosse mai stata. Benji si guardò intorno sempre più confuso. Era solo. Si accasciò sul pavimento. Possibile che si fosse immaginato tutto? No, quel dolore era una testimonianza così maledettamente reale … eppure … Il dubbio si insinuava ancora una volta nella sua mente provata.
Decise che era troppo stanco e malconcio per riuscire a pensare in modo razionale.
   
 
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