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Autore: NoireNeige    02/07/2010    4 recensioni
"Se fossimo sempre uguali e senza errori, non saremmo umani... Le emozioni che credevamo scomparse possono ritornare solo con un semplice ricordo nascosto.
Eppure...
Come le Nuvole Bianche troviamo sempre la forza di ritornare e provarci ancora.
… E ancora."
Dedicata a tutte le persone che mi sono state vicine :)
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Children ‘n’ Hope

 
 
-ok, che ne dite di ripartire da “Angel Fall First”?-
Chiese Tuomas, diretto più a Sara che agli altri. La ragazza annuì rimettendo a posto il microfono. Era concentrata al massimo, sapeva che avrebbe potuto cantare altre 50 canzoni con quella grinta. Iniziò l’intro di “Angel Fall First” e chiuse gli occhi. Sentì i muscoli rilassarsi, la mente correre veloce e libera. Una folata di vento le mosse i capelli e  inspirò profondamente. Era pronta a cantare, sentiva le note della melodia scorrerle nelle vene al posto del sangue.
Ma la magia si ruppe di colpo. Un rumore riportò Sara alla realtà e le fece aprire gli occhi di scatto. Guardò davanti a sè, dove quella sera i fans li avrebbero accolti con calore. Ora c’era solo un immenso spazio bianco sotto il sole. Al centro però si trovavano una donna e due uomini giganteschi, che probabilmente facevano parte della security. La donna iniziò ad urlare e gli uomini la presero per le braccia.
-TUOMAS!TUOMAS, Dì A QUESTI UOMINI DI LASCIARMI ANDARE!è TUTTO IL GIORNO CHE CERCO DI PARLARTI, MA QUESTI COLOSSI NON MI LASCIANO UN SECONDO!! –
Il tastierista scese dal palco con un salto e si avviò verso la donna. Gli altri, compresa Sara, rimasero a guardare. Il ragazzo fece un paio di gesti ai due uomini, che se ne andarono. Tuomas e la donna si sorrisero e si diedero due baci sulle guance.
Sara sentì la pelle d’oca salirle fino alla radice dei capelli. Immediatamente scese dal palco e si avvicinò al suo ragazzo. Si accorse che la donna doveva avere circa 30 anni, forse anche di più.
-… ciao… - disse. Tuomas distrasse l’attenzione dalla sconosciuta e si voltò con un sorriso.
-Sara!vieni… lei è la mia ragazza!- disse, presentando la cantante. La donna face un grande sorriso.
-molto piacere, Sara!io sono Lora, la zia di Tuomas-
Sara sgranò gli occhi e si sentì sciogliere.
Era sua zia.
Cazzo. Che figura di merda.
Dopo essersi ripresa, addolcì lo sguardo verso la donna. La band, zia compresa, si sedettero sul bordo del palco con le gambe a penzoloni, tranne Tuomas che rimase in piedi, pronti ad ascoltare.
Lora cominciò a raccontare del suo passato, di quando aveva 13 anni e prendeva il piccolo Tuomas per la manina e lo accompagnava a lezione di piano.
Sara sorrise immaginandosi il ragazzo che aveva di fronte rimpicciolire fino a tornare bambino. La zia parlò per delle ore della famiglia Holopainen, soprattutto del mitico Zio Salvatore, proveniente dall’Italia e delle sue pizze. Secondo Sara, Lora era una donna piuttosto strana: non riusciva a finire i discorsi, ne iniziava altri che non centravano nulla con quelli precedenti e a volte sorrideva senza motivo. Con il passare del tempo però, si accorse che la donna non era strana, bensì agitata. Continuava a torcersi le mani, si aggiustava i capelli ogni secondo, guardava l’orologio e parlava in fretta.
Quando meno se lo aspettavano, Lora piantò il racconto della Nonna Clotilde che aveva messo 6 peperoncini ultra piccanti nel brodo e si alzò
-oddio, sono in ritardo!Devo andare, ragazzi!
Si avviò velocemente verso gli studi. La band la seguì come una mandria di buoi e Tuomas provò a replicare.
-ma zia, non… -
-oh, è stato bello parlare con voi, ma non posso proprio restare! –
-zia… -
-no, Tuomas, non posso! –
-zia… -
Il discorso andò avanti finchè non arrivarono davanti alla porta d’uscita. Il tastierista prese Lora per un braccio e la voltò.
-zia non ci hai detto perché sei venuta!-
Silenzio. La donna prese fiato e guardò tutti i ragazzi
-oh… davvero?bhe… - tornò dentro lentamente facendo schioccare i tacchi delle scarpe –io e Giorgio, mio marito, non siamo più in buoni rapporti… credo che il nostro matrimonio stia per finire e devo rimediare. Volevamo partire per Firenze, la sua città natale, per vedere se riusciamo a sistemare le cose… solo che vorremmo rimanere da soli e non possiamo portarci dietro Luca, nostro figlio di 2 anni… - sospirò e tornò fuori guardando l’ora. Tuomas face un passo avanti
-e noi cosa dovremmo fare? –
La zia si voltò con gli occhi lucidi –tenere con voi Luca fino al mio ritorno –
Sgranarono tutti gli occhi (0__0)
-porca bestia! – esclamò Jukka. Sara lo trucidò con lo sguardo. Lora trattenne il respiro mentre i Nightwish restavano immobili
-devo andare… - la donna si allontanò a gran velocità…
Ma i ragazzi erano troppo shoccati per correrle dietro.
 
Non so quanto tempo fosse passato da quando mi ero praticamente stesa con la faccia sul pianoforte. Avevo smesso di piangere e respiravo lentamente e profondamente. Non avevo più bisogno di calmarmi, mi sentivo… in pace con me stessa. Alzai la testa scostandomi i capelli. Mi asciugai i rimasugli bagnati delle mie lacrime… l’ultima cadde sul pianoforte rimbalzando e rompendosi in minuscole goccioline. Mi venne una voglia irresistibile di suonare… mi guardai attorno circospetta come se mi aspettassi che sbucasse qualcuno da un momento all’altro, ma la sala era completamente vuota e silenziosa. Alzai il coperchio di scatto e appoggiai delicatamente le dita sui tasti bianchi. Chiusi gli occhi e suonai l’inizio di “The Forever Moments” dei Nightwish. Mi fermai un attimo e alzai lo sguardo verso i sedili immersi nel buio. Trattenni il fiato. Sentivo la sua presenza come se fosse a due millimetri da me.
-era l’inizio di “The Forever Moments”…-
Sussurrò Alexi. Non mi voltai
-sei venuto, alla fine… - dissi con la voce quasi spezzata e un mezzo sorriso ironico -… vuoi picchiarmi?- azzardai appoggiando le mani in grembo. Lo sentii ridere, quasi
-n-no… volevo dirti che lo show è finito –
Rimasi sorpresa –siete andati avanti, dopo la mia scenata?-
-già… m-mi hanno premiato come secondo chitarrista più veloce al mondo –
Abbassai lo sguardo con un sorriso – complimenti… -
-Nana… - cominciò lui. Ma non volevo sentire altro
-andiamocene- mi alzai e mi voltai verso di lui. Guardarlo in viso mi fece male… era incredibilmente mortificato e si vedeva chiaramente che si sentiva in colpa
-NO!- disse lui facendo un passo verso di me. Rimasi immobile, come ghiacciata.
-A-Alexi, io… -
-no… no, zitta non dire niente.- lo guardai, con gli occhi chiari che brillavano sotto la luce.
Ma mai quanto i suoi…
Probabilmente stava facendo un misero tentativo di “sciogliere il ghiaccio” ma io mi sentivo più tesa di una stecca da biliardo.
-t-tu… suoni il piano?-
Mi voltai per un secondo verso lo strumento poi tornai con gli occhi fissi sui suoi –si… si, cioè sono entrata in conservatorio quando ero bambina e ho imparato a cantare e a suonare il piano e ovviamente il… violino. Ma non credo che te ne possa importare qualcosa, io… volevo solo… io… - mi impapinai e diventai rossa come un peperone abbassando lo sguardo sulle mie mani congiunte.
Alexi sorrise –nono, mi interessa e… suona. –
-cosa?????-
-suonami qualcosa… - ripeté lui.
Mi tremarono le gambe –n-no… -
-perché?-
Lo guardai e trattenni il fiato. Poi mi sedetti sul seggiolino del piano e sospirai –la mia famiglia non è mai stata artistica. Ero l’unica ad avere quel sogno… -
-quale?- mi chiese lui.
-volevo diventare pianista. Mi sono allentata per degli anni, non ho mai smesso… ho iniziato a comporre quando avevo solo 11 anni… mi comprarono una pianola, poi il piano elettrico… ma io volevo di più. Il mio più grande desiderio era quello di suonare un pianoforte a coda su un palco, possibilmente con qualcuno che mi ascoltasse…-
-allora fallo. Hai il palco… hai il pianoforte… hai il pubblico. –
Il cuore iniziò a battermi forte –ma… non saprei cosa suonarti e poi… -
-non importa. Mi va bene qualsiasi cosa, anche una misera improvvisazione…–
-ma non è questo il punto… se volessi potrei suonarti tutto quello che vuoi. Solo che… non suono da 2 anni. Prima lo facevo per qualcuno, capisci?Ora… ora che non c’è più nessuno, non ha senso che io continui a sperare…-
-hai me. Suona, ti prego… fallo per me –
Lo guardai con il cuore colmo di commozione. Inspirai così profondamente da sentire male alla trachea. Posizionai di nuovo le dita e pensai a cosa suonare… mi vennero in mente le note della canzone che avevo scritto qualche notte prima. Incominciai a suonare così lentamente che quasi non si sentiva nessuna melodia… risuonai il pezzo iniziale e ci aggiunsi altre note. Ogni volta che ricominciavo la melodia aggiungevo delle note in più finchè non divenne come un fiume in piena. E sembrava sia dolce che dura e inarrestabile. All’inizio avevo paura… avevo paura di non ricordarmi più o di non essere abbastanza brava. Ma poi andando avanti la paura scomparve del tutto e mi sentii sicura. Volevo solo che Alexi ascoltasse quella dannata musica che avevo composto in lacrime nel suo lettopensando solo ed esclusivamente a lui e a quello che era successo tra noi.
Volevo che mi perdonasse per quello che gli avevo detto…
Sbagliai una nota e mi tremarono le labbra… presi un bel respiro e ricominciai.
Finchè la canzone non finì, sparendo nel nulla… respirai più velocemente e non riuscii a guardare Alexi negli occhi, ma sentii che si era avvicinato
-è… bellissima. Davvero… l’hai scritta tu?-
Sbattei un paio di volte le ciglia e annuii guardando i tasti bianchi
-e come si chiama?-
-W-white clouds…- balbettai nel vuoto, la mia voce si spense sulle ultime parole.
-è davvero stupenda-
Non potevo sopportarlo. Mi alzai e gli andai vicino
-MA perché???PERCHè MI STAI PARLANDO??DOVRESTI ODIARMI PER QUELLO CHE TI HO DETTO, PORCA PUTTANA!!!!PERCHè TI DIVERTI A FARMI SOFFRIRE????-
Urlai. Avrei voluto piangere, ma avevo finito tutte le lacrime prima…
Alexi mi fermò un braccio a mezz’aria e strinse la presa, immobilizzandomi. In un istante ci avvicinammo l’uno all’altro pericolosamente
-scusami… non volevo farti del male… - sussurrò, ripetendo le stesse parole di quella mattina. Non avevo il coraggio di respirare
-i-io… -
-a parte quello… non smettere di suonare solo perchè qualcuno ti ha fatto soffrire. Pensa che in tutto il mondo ci sono milioni di persone che pagherebbero qualsiasi cosa per sentir suonare te. Non rinunciare mai ai tuoi sogni -
Quelle parole mi colpirono come una saetta… E le nostre labbra erano così vicine
Mi circondò la vita con un braccio e io glielo strinsi con la mano libera.
Sarebbe bastata solo una spinta verso l’alto…
Chiusi gli occhi e mi alzai sulla punta dei piedi, sicura che sarebbe successo, che lo avrei potuto baciare…
-hem hem…- qualcuno si schiarì la gola dietro di noi.
Riaprii gli occhi e tornai con i piedi per terra, abbassando lo sguardo e sospirando. Avrei tanto voluto uccidere chiunque in quel momento fosse stato dietro di me ad interromperci. Anche Alexi sembrava seccato. Guardò davanti a sè e si raddubbiò… stupita dalla sua reazione, mi voltai.
Un omino basso, quasi calvo e con dei buffi occhialetti inglesi e rotondi ci stava guardando da sotto il palco.
-hem hem- ripetè – s-scusate se vi ho interrotto, ma… -
-si, in effetti ci ha interrotto- ripetei io acida. Sentii Alexi che soffocava una risata e l’omino si mise a posto gli occhiali indignato
-s-si, io… dunque… - cercò di salire sul palco saltando, ma non ci riuscì. Provo altre due volte ma senza grandi risultati. Alzai gli occhi al cielo mentre Alexi si stava strozzando dal ridere
-esistono le scale!- dissi indicando i tre scalini che conducevano sul palco. Il tizio mi guardò, poi decise di rassegnarsi e arrivò sul palco
-grazie. Comunque… mi chiamo Eric Belzman e prima ho sentito… che stavate suonando. Chi di voi?-
Mi feci avanti –io… perché?-
-perché il mio lavoro consiste nell’essere manager di pianisti pieni di talento e portarli in giro per il mondo nei teatri più famosi…-
Il cuore mi batté fortissimo –è per caso… una proposta?-
L’omino sorrise –già… non si sente tutti i giorni un capolavoro del genere!l’hai scritto tu, giusto?-
Annuii –si… si chiama White Clouds-
-ok… qual è il tuo nome?-
Esitai – N-nana…-
Eric rise –no, il tuo vero nome, intendevo!-
-oh!!mi chiamo…- voltai appena lo sguardo verso Alexi –mi chiamo Silvia- sentii il ragazzo sussultare ma non ci feci caso
-bene, Silvia…-
-ma la pregherei di chiamarmi Nana!Nessuno mi chiama con il mio vero nome da quando avevo 11 anni… non mi sento a mio agio-
Eric mi fissò per alcuni istanti, poi sospirò –va bene… Nana… sarà il tuo nome d’arte. Tieni, questo è il mio biglietto da visita. Pensaci, mi raccomando!- mi porse un biglietto di carta azzurra con sopra diversi numeri di cellulare. Sorrisi e lo presi
-grazie… ma non credo che ce ne sia bisogno- l’uomo mi guardò con fare interrogativo. Gli ridiedi il pezzo di carta –ho già deciso. Accetto-
Sentii Alexi che si irrigidiva terribilmente e Eric sembrava quasi sconvolto
-wow, nessuno aveva mai accettato così velocemente!-
 Sorrisi –non posso rinunciare al mio sogno proprio ora. Accetto, senza ripensamenti- Ero decisa ad arrivare fino in fondo. Il manager sorrise
-bene… allora ti richiamerò io quando sarà il momento più opportuno. Sono sicuro che farai un grande successo se suonerai sempre come sta sera!-
Ci scambiammo i numeri di cellulare, poi Eric scomparve dietro le quinte. Non potevo crederci, mi sembrava un sogno… stavo per diventare una vera pianista di successo!
Mi voltai verso Alexi. Ci guardammo per qualche minuto… mi ero quasi scordata di cosa stava per succedere prima che arrivasse Eric.
-sbrighiamoci, ci staranno aspettando- disse lui freddo avviandosi verso le scale. Annuii distratta e lo seguii… prima di spegnere la luce mi guardai un attimo indietro: il pianoforte maestoso, il palco, le luci… era tutto fantastico e presto sarebbe stato di nuovo mio.
Ma non mi sarebbe dispiaciuto affatto rimanere lì a suonare un altro po’… o magari per tutta la vita. A me bastava solo avere la musica nelle vene per sempre.


The Forever Moments: 
http://www.youtube.com/watch?v=9S9SzLW2Sc4
 
   
 
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