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Autore: Novelist Nemesi    03/07/2010    4 recensioni
Ho provato a pensare alla vita di Ulquiorra Schiffer prima di diventare un hollow, ossia quando era un umano. Ecco il primo capitolo della mia mente quasi perversa. « Artisti. Tutto si spiegava. »
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Schiffer Ulquiorra
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sette.

Vivere da soli per un paio di anni faceva dimenticare alcune vecchie abitudini. Per esempio dormire in un letto, grande o piccolo che sia. Ulquiorra stava per tirare un calcio a Nike, ancora dormiente, solo perché si stava stiracchiando.
Erano le sette del mattino ed era una giornata soleggiata, anche se fredda. Si erano completamente dimenticati di chiudere le tapparelle della finestra, e il sole filtrò con facilità nelle tende lasciando che il bagliore illuminasse il letto dei due giovani. Alla fine, Nike si era fermata a dormire da lui, visto che era tardissimo quando finì il ritratto. Mandò un messaggio alla madre dicendo che si fermava da un’amica. Classica scusa.
Il ragazzo si infilò una vestaglia blu presa dall’armadio e andò in cucina a prepararsi del caffè. C’era qualcosa di strano, quel giorno. Ma non sapeva dire cosa. Nel frattempo anche la ragazza si era svegliata e vestita, facendosi fare del caffè. Mise sul tavolo un qualcosa di rettangolare, incartato accuratamente con della carta da regali azzurra. Chissà da dove l’aveva tirata fuori.
« L’hai addirittura incartato? » chiese Ulquiorra guardando stranito ciò che c’era sul tavolo.
« Non voglio che si rovini. E non ci provare; tu lo vedrai insieme a tutti gli altri tra sei giorni. Intesi? »
Ovviamente, Ulquiorra aveva tentato più volte di dargli una sbirciata, con le buone chiedendoglielo con le cattive facendolo in modo furtivo, ma lei era irremovibile; l’opera l’avrebbe mostrata solo a quella mostra. Il che sarebbe stato anche imbarazzante per Ulquiorra. Andava a vedere un suo ritratto in cui era nudo. Davanti ad altre persone. Che magari l’avrebbero riconosciuto. Nike sapeva essere davvero perfida, anche se non sembrava avere pensieri maligni a riguardo.
Piuttosto, era impegnata a osservarsi il braccio, con fare scocciato.
« Merda, mi hanno punta! Possibile che anche in pieno inverno debba essere vittima di questi esseri inutili? »
« E’ perché il tuo sangue è troppo buono. » disse Ulquiorra scherzando e finendo il caffè, mettendosene un’altra tazza. Ma poi, ecco! Ecco cosa c’era che non andava!
« E’ strano… Di solito zanzare o insetti vari non vengono da queste parti. Murciélago… Ne fa piazza pulita. » si guardò in giro, vedendo in modo sommario che c’era una presenza in meno a casa.
« Murciélago non è ancora tornato. » constatò.
Nike si mostrò subito preoccupata, dicendo che poteva essersi ferito, poteva essere stato investito da qualcuno, maltrattato. Voleva andare a cercarlo subito, ma Ulquiorra la tranquillizzò.
« Aspettiamo ancora un po’. Magari oggi a pranzo me lo ritrovo sulla porta. E poi, oggi devo assolutamente andare all’università, ho un esame. E tu all’accademia. »
« Ma io non ho esami oggi. »
« Nike. Fila a prepararti. »
« Uff… Va bene, signor tutore! »
Quando poi scesero insieme le scale del palazzo moderno in cui risiedeva Ulquiorra –tanto abitava al secondo piano e le scale non erano affatto così pesanti da dover ricorrere all’ascensore- trovò un’altra sorpresa nella sua cassetta della posta. Diverse buste, tutte per lui. E già si stranì.
« Bollette? Ma sono passato a pagare l’altro ieri! » si rigirò pi volte le buste tra le mani, controllò più volte il nome del destinatario, ma quelle erano proprio bollette, indirizzate tutte a lui. In particolare, c’era una busta di una ditta di qualche assicurazione a lui sconosciuta. Il che era stranissimo, lui non aveva fatto nessuna assicurazione.
Nike lo convinse ad aprire le buste, solo così avrebbe scoperto cosa c’era che non andava. E invece Ulquiorra ci capì sempre meno. A quanto sembrava, c’era un terreno a lui intestato che doveva essere pagato perché ci stavano costruendo una casa. Purtroppo il terreno era abusivo. E la cifra che chiedevano era semplicemente assurda.
« Ma che storia è? Io non ho terreni da nessuna parte! » sbottò indispettito. « E poi, devono essere pazzi! Questa cifra la raggiungerò in cinque mesi di lavoro, se tutto va bene! »
« Sarà sicuramente un errore… Cercano sempre di fregarti, in queste cose. » disse Nike, guardando le lettere senza capirci nulla. « E dove avresti questo terreno? »
Già, bella domanda. Voleva tanto saperlo anche lui. Iniziò a rileggere tutto scrupolosamente, ma quando arrivò a quel nome, sentì la rabbia crescere.
« Falkensee. » disse, con un viso scurissimo. « Dove sono nato io. Scommetto che ci sono di mezzo i miei. »
Aveva già deciso di andare subito a chiarirsi con chi di dovere e Nike non ebbe nulla in contrario. All’università non riuscì a concentrarsi come voleva, anche se l’esame fortunatamente non era andato malissimo. Cercò di pensare più e più volte come poteva essere successo, cosa c’entrava lui, perché c’era quel fottuto terreno intestato proprio a lui. Non l’avevano mai più cercato, perché dovevano tornare in quel modo assurdo e fastidioso?
La cosa snervante fu il giro quasi infinito che gli fecero fare. La banca diceva un’altra banca, che diceva l’ufficio postale, che diceva un’altra banca ancora, che diceva un ufficio di assicurazioni che inizialmente non sa nulla, poi fa il nome di un altro ufficio dove sicuramente ne sanno di più. e quando finalmente si riesce ad avere qualche fonte certa, arrivano notizie catastrofiche.
« Vi ho già detto che io non ho nessun terreno laggiù. Non ho mai avuto nemmeno una macchina là. Non c’è niente a mio nome. » disse Ulquiorra per l’ennesima volta.
Il responsabile di quell’ufficio, però, un signore occhialuto e sulla mezza età, con una faccia da sornione –secondo Ulquiorra, semplicemente idiota- prese alcuni documenti, mostrandoli al ragazzo.
« Vede, signor Schiffer, questi documenti comprovano che il terreno in questione è di sua proprietà. Lei non ha figli o fratelli, non può cederlo a nessun altro, e nessun altro suo parente è stato incluso nell’eredità e negli affari che riguardano il terreno. Vede, nessuno ha potere a riguardo, oltre lei, e quindi solo lei ha l’onere di pagare la multa. »
La verità sbattuta in faccia tramite un documento. Ulquiorra in quel momento pensò che non si poteva cadere più in basso di così.
« Eredità? Ma… » prese i documenti e iniziò a leggere per conto. Quasi non ci credeva. Non voleva crederci. « Mio padre è… Morto? » chiese, ancora incredulo.
Il signore capì che lui non ne era al corrente, ma volle comunque chiederglielo, con una bella faccia tosta, secondo Ulquiorra. « Lei non sapeva nulla? È morto una settimana fa. »

No che non lo sapevo, vecchia montagna di spazzatura, altrimenti non stavo qui a dirti che non ho nessun terreno in quel posto di merda, pensò Ulquiorra. Ma poi, una settimana fa? E nessuno si era degnato di avvertirlo?
« Allora immagino non sappia nemmeno dell’eredità di suo padre. Ha lasciato tutto quanto a lei, signor Schiffer, condividendo solo alcuni beni di poca importanza ai suoi cugini. Ma quel terreno, in particolare; il vostro defunto padre ha chiesto espressamente di lasciarlo a lei soltanto. »
La voce del signore era diventata solo un’eco lontana. Ulquiorra pensava solo a un padre morto, a una madre che non l’aveva nemmeno chiamato per dargli la notizia, a dei genitori che ora lo stavano mettendo un mare di guai. Un oceano di guai.
« Sono desolato, signor Schiffer. » disse il signore.

Evita almeno di dirmi stronzate, spazzatura, questo volò nella sua mente.
Camminava a passo svelto, aveva leggermente il fiatone, stringeva i pugni. Non riusciva affatto a calmarsi. Era andato lì per cercare di capire come risolvere la faccenda, non per sapere che suo padre era morto e che si era rivelato uno stronzo fino alla fine.
Doveva sfogarsi. Assolutamente. Prese il cellulare e digitò velocemente un numero, aspettando ansiosamente una risposta, che arrivò diversi squilli dopo.
« Pronto? »
« Ciao, mamma. Ti ricordi di me? »
« … Ulquiorra? »
« Oh, ricordi ancora come mi chiamo. »
Sua madre, dal tono di voce che aveva, sembrava non essere cambiata affatto. Sembrava più stanca, ma aveva sempre quel timbro pacato e tremolante. Tremolante quando sapeva di essersi messa nei casini. Non l’aveva mai sentito quel tono con lui. Sempre al padre, ma mai al figlio. Con lui invece non ci metteva niente ad avere un tono severo per dire “fila in camera tua a studiare” oppure “quando torna tuo padre sentirai!” o ancora “hai idea di quanti sacrifici facciamo per te? E tu che pensi alle ragazze e agli amici!”. Ora, finalmente, la sentiva come avrebbe voluto sempre sentirla.
« Ulqui, tesoro, volevo chiamarti in questi giorni… »
« Per dirmi che papà è morto? E quando pensavi di dirmelo? A Carnevale? »
« Cerca di capire… E’ morto all’improvviso, una settimana fa. Sembrava stare bene, ma l’età gli ha provocato un infarto. Mi sono ritrovata improvvisamente da sola, in lutto… »
« Se avessi saputo qualcosa una settimana fa, mamma, forse sarei venuto anche al funerale. »
« Ma ti avrei avvertito… Capiscimi, dovevo anche trovare le parole adatte per prepararti alla cosa e… »
« Oh, hai trovato delle magnifiche parole. Tramite una bella raccomandata che mi dice che devo pagare un terreno abusivo su cui non so che diavolo ci stavate facendo e non lo voglio sapere. »
« Era desiderio di tuo padre darti una casa… Ora che ha lasciato tutto a te, potrai farci quello che vuoi, finire il lavoro. Risolveremo questo malinteso, vedrai. »
« Mamma. » disse Ulquiorra, mantenendo un tono calmo anche se era al limite della sopportazione. Se solo suo padre fosse stato ancora vivo e lo avesse avuto davanti ai propri occhi per prenderlo a calci.
« Non me ne importa nulla di ciò che volevate farci. Se era per me, avete solo sprecato tempo e soldi chiesti in prestito chissà chi. Io non ci torno, a Folkensee. Non la voglio una casa laggiù. Ho la mia vita qui, a Berlino, lontano da voi, che non vi siete mai degnati di cercarmi e non lo avete fatto nemmeno in questa occasione. »
« Ulquiorra, ti prego… Non parlarmi così. Ci siamo sempre preoccupati per il tuo bene… »
« Ho visto quant’è ammirevole la vostra preoccupazione. Quindi ora suppongo che mi aiuterai a pagare il disastro che avete combinato, tu e papà. »
« Ma non ho soldi… Ora che sono sola, non so come fare. »
« Ovviamente. »
« Ulquiorra, non fare così. Perché non cerchi di capire? »
« No, mamma, sono stanco di cercare di capirvi. Ti avverto che questa è l’unica telefonata che ricevi da tuo figlio. E non mettere nessun fiore da parte mia sulla tomba di papà. Ciao. »
Bene, ce l’aveva fatta. Aveva detto tutto quello che gli passava per la testa.
Ma adesso? Di certo sfogarsi non moltiplicava i soldi.
Quando lesse un messaggio di Nike appena arrivato, dove chiedeva cos’era successo, pensò solo di volerla vedere. Andò a casa sua, senza fermate intermedie e senza scocciature. Sua madre non tentò di richiamarlo, come aveva immaginato.
L’unica voce che voleva sentire era quella di Nike. Che sollievo sentire rispondere lei al citofono.
« Nike, sono io. »
« Oh, Ulquiorra! Presto, sali! Quinto piano, porta a destra, comunque c’è scritto il nome. »
Era la prima volta che saliva a casa sua. Avrebbe preferito farlo in circostante più liete, ma lei ne approfittò per farlo accomodare senza la presenza di madre e zia impiccione. Gli offrì qualcosa da mangiare e da bere, facendosi raccontare tutto nei minimi dettagli. Quando seppe della morte del signor Schiffer, non disse nulla e non fece nessuna espressione. Capiva meglio di chiunque altro cosa voleva dire perdere un padre, ma a scoprire tutti quegli scheletri nell’armadio non c’era da stupirsi se un figlio aveva dentro solo rabbia.
« E tua madre…? Che vi siete detti al telefono? »
« Niente, ho solo capito che non può, o non vuole, aiutarmi. E comunque, per me quella donna non esiste più. Non parliamone più, Nike. »
« Okay. Ma ora come intendi fare per pagare? »
« Non lo so… Lavorerò, lascerò l’università per un po’. Mi cercherò qualcos’altro da fare per raggranellare più soldi possibile… » nascose la faccia tra le mani, chinandosi, assumendo un modo di fare disperato.
La ragazza gli diede una pacca sulla spalla e chiese. « Quanto? »
E Ulquiorra, quasi impaurito, disse. « Cinquemila e settecento. »
Per Nike fu spontaneo esclamare. « Cazzo! » assumendo una faccia incredula.
Il ragazzo buttò la testa su un cuscino rotondo che era sul divano etnico del salotto, e sembrò sprofondare nell’abisso. Cosa che in effetti voleva. Almeno lì non doveva pagare nulla.
Tornò a casa sconsolato, distrutto, stanco, anche se Nike ce l’aveva messa tutta per farlo ravvivare anche solo un po’. Sicuramente ora si sentiva inutile, povera ragazza.
E che tristezza ritrovarsi solo a casa. Murciélago non era tornato. Ulquiorra non era più abituato a stare solo. Aveva l’impulso di prendere il telefono, chiamare Nike, invitarla a cena e stare tutto il tempo con lei, magari rifacendo l’amore, quello che voleva lei. Ma chi era lui per disturbarla ancora coi suoi problemi? Il fatto che fosse il suo ragazzo non lo faceva sentire libero di richiedere costantemente la sua presenza.
L’unica soluzione che trovò fu quella di buttarsi sul letto e dormire, senza neanche mangiare.
Il giorno dopo non perse tempo, si precipitò fuori a cercare altri lavoretti. L’importante era riscuotere, pochi ma subito. Avrebbe voluto andare a cercare il pipistrello, che ancora non faceva ritorno. Ma la priorità ora era cercare di salvarsi la pelle senza che gli pignorassero la casa o cose del genere.
Fece di tutto in quelle poche ore del mattino; consegna dei giornali, lavaggio dei vetri, delle macchine, pulizia delle scale, attaccare i manifesti. Ovviamente, andò anche allo studio medico e fece gli straordinari al Ritter. Saltò il pranzo ma non aveva importanza. Non c’era tempo per mangiare. A dire il vero, non sapeva neanche quanto tempo aveva prima di pagare.
Si ritrovò a camminare esausto, con la voglia di sdraiarsi sul prato e dormire lì, fregandosene di tutti. Si trovava nel quartiere Tiergarten, al Kulturforum. C’era stato poche volte lì. Era un complesso di edifici culturali. Erano un insieme di musei, una sala concerti detta Philarmonie e una biblioteca chiamata
Staatsbibliothek zu Berlin.
Era un posto rilassante. C’erano così tanti ragazzi seduti per terra a fare pic nic, a leggere, a chiacchierare. Anche a disegnare. Solo all’accademia di Nike aveva visto così tanta gente disegnare insieme. certo, era prevedibile, visto che lì c’erano dei musei. C’erano anche delle bancarelle, di quelle che vendevano i frammenti del muro di Berlino, o almeno li spacciavano per tali, e gli stranieri ci cascavano sempre. Oppure c’erano quei ritrattisti che facevano disegni su commissione, spesso caricature.
Pensò di sbagliarsi, Ulquiorra, ma uno di questi ritrattisti era proprio Nike, che contenta era nel bel mezzo di un ritratto di una ragazza che Ulquiorra sentì parlare inglese. Si avvicinò, con tranquillità, aspettando che la ragazza finisse il ritratto. Ma lei non si accorse della sua presenza, finché non le diedero i soldi per il magnifico lavoro. Erano tutti appostati lì vicino ad ammirare i suoi lavori, e tutti, turisti e non, chiedevano qualcosa firmato da lei.
« Oh, ciao! Non ti ho visto arrivare. » disse lei sorridendo e riponendo le banconote in un barattolo già mezzo pieno di banconote e monetine.
« Che stai facendo? » chiese lui come se non avesse capito cosa stava facendo.
« Diciamo che sto lavorando. » rispose lei in modo tranquillo. Fece accomodare davanti un altro ragazzo, pronta a disegnare un nuovo volto.
« Hai… Guadagnato un sacco. » notò Ulquiorra.
« Qualcosina. » rispose lei, senza staccare gli occhi dal foglio. « Saranno più o meno cinquecento. Prendili. »
« … Come? »
« Prendili. » ripeté la ragazza con un sorriso.
Poteva anche metterlo al corrente di quella pazzia. O forse non gliel’aveva detto apposta. Sapeva che, se gliel’avesse accennato, lui non avrebbe mai permesso una cosa del genere. E non voleva prendere quei soldi. Si sentiva umiliato. Più che umiliato, si sentiva mediocre. Ricorrere ai soldi guadagnati dalla propria donna per rimediare a un errore di quell’idiota di un padre.
Restò lì interdetto per un po’, a osservare quel barattolo pieno di soldi, allettante, una salvezza, certo. Ma allora perché restava lì combattuto a decidere se prenderli o no?
« Ti puoi liberare per un po’? Devo tornare a lavorare dopo e… »
« Finisco questo ritratto e pranziamo insieme. »
« Alle tre del pomeriggio? »
Lei in tutta risposta rise. Non importava l’ora, in fondo.
Dopo molta insistenza, Ulquiorra accettò l’aiuto di Nike. in effetti, non era il caso di farsi scrupoli. Servivano soldi. E se lei voleva aiutarlo, non faceva certo schifo la cosa.
La cosa negativa fu che non ebbero molto tempo di dedicarsi agli amici o a loro stessi. Si vedevano solo per contare i soldi. O al Ritter, dato che Nike era riuscita ad ottenere un posto lì come cameriera. Ma sul posto di lavoro non c’era molto da fare.
« Ulquiorra. » fece lei un giorno, mentre lui puliva il bancone. « Stasera c’è un addio al celibato e il capo mi ha chiesto di fare la spogliarellista. »
Il ragazzo la squadrò da capo a piedi, con fare sospettoso. Poi, con voce secca, disse. « Assolutamente no. »
« Tanto ho accettato. »
Ulquiorra si pietrificò, spalancando gli occhi, e la ragazza rise di fronte a quell’espressione.
« Sto scherzando! Però mi diverte troppo vederti così geloso! » gli diede un pizzicotto e tornò a lavorare.
Il fatto che ci fosse un addio al celibato impediva ai due di avere un contatto; Ulquiorra impegnatissimo al bar, lei occupatissima a servire. Si incrociavano solo quando lei passava a prendere da bere, e sfiniva gli sorrideva o diceva. « E’ assurdo. Non immaginavo fosse così stancante quando ci sono queste feste! »
Lui sorrideva comprensivo e tornava a lavorare. Notava che qualcuno la osservava un po’ troppo. Sorrideva un po’ troppo. Beveva un po’ troppo. Fortunatamente, nessuno si azzardava a metterci le mani sopra, le spogliarelliste ispiravano molto di più. ma quanto avrebbe voluto mollare il lavoro e portarla via dalle grinfie di quei maiali.
Chiusura del locale, cinque e mezza del mattino. Si appartarono agli spogliatoi per contare nuovamente i soldi. Tutti quegli straordinari, gli altri lavoretti, compreso l’aiuto della ragazza, stava dando i suoi frutti. Ulquiorra non poté che lanciare un sospiro di sollievo, potendo tornare a casa con l’animo un po’ più in pace.
« Bene. » disse Nike dirigendosi verso l’armadio. « Allora torniamo a casa. » iniziò a spogliarsi, ma notò che Ulquiorra restava seduto sulla panca, impalato, a osservarla.
« Ehm ehm… Io mi starei cambiando. E questo è lo spogliatoio femminile. »
« Sì, lo so. » rispose lui con tranquillità. « Ma tanto le donne sono andate tutte via. Ci siamo solo tu ed io. e dimentichi che stiamo insieme? »
« E se entra qualcuno? Ti licenziano, sai? »
Ulquiorra, in tutta risposta, si alzò e chiuse a chiave la porta. Si avvicinò a Nike con un sorriso sghembo. « Basta non dar modo alla gente di entrare. » sentiva il bisogno di dedicarsi nuovamente a lei. Toccarla come preferiva. « Vogliamo… Rilassarci un attimo? »
« Nello spogliatoio…? »
« E dov’è il problema? » in effetti, non c’era nessun problema. La panca diventò il loro letto, o meglio, una sedia; lui si era seduto, facendo accomodare sopra la ragazza, abbracciandola. Certo, fu una cosa veloce, erano comunque nello spogliatoio femminile e il locale stava chiudendo. Ma era meglio di niente, dopo un po’ di tempo che non stavano insieme a quel modo. Ad Ulquiorra le mancava. Tanto. E che bello poter fare l’amore con lei senza più preoccuparsi di farle male. Per tutto il tempo non fece che ammirare i movimenti di lei, il suo seno, baciandolo con passione per tutto il tempo, facendosi soffocare dai suoi abbracci.
Nel giro di una settimana di lavoro senza pause e senza svaghi, Ulquiorra riuscì a raggranellare la somma necessaria. Anche un po’ di più. era talmente soddisfatto che, dopo aver pagato tutto contento –e alla faccia dei genitori, oltretutto- decise di andare a far spese per conto suo. Buttare via dei soldi solo per il gusto di farlo. E finalmente poté tornare all’università, alle bitte con gli amici che avevano saputo alla lontana della disavventura economica. Lui aveva detto che era un tentativo di truffa. Perché in fondo era così. E Nike. appena in tempo per la mostra, che si sarebbe tenuta il giorno dopo.
« Ah, mi sembra di respirare finalmente dell’aria buona! » fece lei respirando a fondo. Erano al parco, dove si erano conosciuti, quasi per fare un tuffo nel passato. « Ulquiorra, ti dispiace se mi licenzio dal Ritter? Non mi piace la gente che ci gira. »
« Stavo per chiedertelo io. Te l’avevo detto che era un pessimo posto. Più che latro per le cameriere e gli spogliarellisti. »
« Domani c’è la mostra. »
« Già. »
« Meno male, abbiamo risolto tutto prima della mostra. Sai che però è un peccato che tuo padre sia morto? »
« E perché? »
Si aspettava una risposta del tipo che è comunque triste la morte di una persona. E invece, come al solito, Nike lo sorprese ancora.
« Tuo padre è nato il venti dicembre, no? Tu hai sempre odiato i tuoi genitori per le pressioni che ti davano. Non credi che sarebbe stata una splendida forma di ribellione? Pensaci; lui festeggia il compleanno con torta e candeline, e tu invece sei a Berlino a fare allegramente sesso. Ammettilo, è o non è geniale? »
Ulquiorra sorrise, un po’ in imbarazzo. Le afferrò la mano e la baciò dolcemente. « Sei un genio del male, te ne do atto. »
Tornò a casa col pensiero fisso della mostra, Ulquiorra. Doveva pensare a come coprire l’imbarazzo nel vedersi nudo. Davanti ad altre persone. Peccato che al museo non si potevano portare animali, altrimenti Murciélago gli avrebbe fatto compagnia.
Ma tanto l’animale non era ancora tornato a casa.

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@ Lou: Tranquilla, ti capisco! Io ho l’orale lunedì, che ansia! Sono proprio l’ultima, cacchio. -_-‘’ Ti ringrazio per la recensione. ^^ Non vorrei nemmeno far morire Ulquiorra, ma avrete capito tutti che è una cosa necessaria per la storia. *piange a dirotto.*

@ Namine: Ti ringrazio molto! ^^

Commento; che fine avrà fatto Murciélago? Scusate, volevo fare un po’ l’investigatrice, LOL. Comunque, questo lo definisco un capitolo di stallo per il prossimo. E poi volevo vedere Ulquiorra nei guai, LOL.

  
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