Dopo quella notte, si raccontano strane cose al Drunken Bulldog.
Si dice che la serata non era stata male, un po’ più fredda del solito, ma
dopotutto stava entrando l’inverno, che ci si poteva aspettare.
Si dice che Molly, la starlet principale del locale, avesse sbancato le
tasche dei clienti con un’esibizione più hard del solito e che le
cameriere non avessero fatto altro che distribuire birra e superalcolici in
quantità industriali.
E fin qui tutto regolare.
Ma si racconta anche che c’erano degli strani tipi che si aggiravano la dentro,
una donna dall’aria stanca e gli occhi azzurri grandi come laghi invernali,
accompagnato da un uomo in evidente stato d’alterazione.
C’è chi dice che la donna fosse terrorizzata dallo stargli accanto, come riferì
Jenny la cameriera che li servì tutta la sera.
Si, sembrava impaurita, come se da un momento all’altro avesse dato di
matto. Secondo me l’aveva costretto a seguirlo.
Si raccontano cose strane al Drunken Bulldog. Come l'irruzione della
polizia, un'azione del tutto inutile e fuori luogo.
Il locale era a posto con la licenza, il personale adeguatamente pagato e in
regola.
Più o meno.
Si dice che la polizia mostrò a tutti gli avventori - a quelli meno ubriachi,
ad essere precisi - la foto della donna e che tutti annuirono e indicarono un
tavolo improvvisamente vuoto.
Si racconta che gli agenti batterono la zona la intorno tutta la notte,
sguinzagliando i cani antidroga che dovettero subito essere rimessi a cuccia
poichè impazzirono per la presenza eccessiva di marijuana e altre delizie
simili nelle tasche dei clienti e si racconta anche che il Perfido
Bluebarry, come lo chiamava la dolce Angeline - questo perché il bastardo le
aveva spezzato il cuore - dopo ore di inutili ricerche, si eresse in tutto il
suo metro e 78 e grugnì che la donna era ricercata e che chi l'avesse vista
doveva riferirlo immediatamente alla polizia. Disse che era stata rapita dal
tipo magro e che quelli di New Orleans se la stavano prendendo a cuore per la
sparizione della loro collega e 'gli avevano smazzato le palle e che non voleva
avere niente a che fare con quella iena di Bronx, se la sua donna tirava le
cuoia e che avrebbero fatto bene ad andarsene tutti quanti a casa dalle mogli a
riprendersi dalla sbornia, se non avessero voluto alloggiare a spese dello stato nelle
prigioni della contea.'
Dopodiché, soddisfatto per essere riuscito a rovinare la festa a tutti, si mise
comodo, ordinò un cognac che, ovviamente, non pagò e tormentò nuovamente la
povera Angeline che aveva ancora un debole per lui. Due moine e la ragazza finì
la serata nel retrobottega in una sessione rovente che non staremo qui a
descrive perchè non fa parte della nostra narrazione.
Quello che ci interessa veramente è sapere come andarono i fatti, cosa successe
alla povera Mira, se riuscì a scappare e Marv la inseguì, se il signor M attuò
il suo lavoro fino in fondo.
Si dice che la vendetta vada attuata a freddo, per gustarla meglio. Si dice che un uomo possa raggiungere livelli tali di crudeltà da far
rabbrividire al solo pensiero.
Chi non lo vide e non lo sentì, non potè capire quale
tragedia si consumò sulla via del motel, quando Marv trascinò via la sua preda
recalcitrante e in lacrime e il signor M li seguì, silenzioso e letale.
Chi non lo vide, ringrazia ancora di essere stato assente.
Chi lo vide, ha ancora gli incubi.
REW
Mira si sforzò d’ingoiare il cibo, anche se il più delle volte rischiò di
strozzarsi. Marv la fissava come un pazzo e continuava ad occhieggiare la
scollatura che s’intravedeva dal cappotto.
Il signor M stava cenando poco lontano da loro. Se si poteva chiamare cena uno
squallido hamburger freddo in quel postaccio da camionisti dove l’aveva
portata!
Uno strip bar.
Il più lurido e misero strip bar nel raggio di chilometri!
Il signor M lo studiava da lontano, occhieggiando la donna che stava sempre più
l’idea di stare per crollare. Era al punto di rottura.
“Perché siamo venuti qui?” domandò con voce tremula buttando giù un altro
boccone.
“Un cliente. Gestisce sto posto, lo rifornisco da anni” spiegò facendo cenno
alla cameriera di portargli un’altra birra.“Eccolo. Resta buona qui, mi sbrigo
in un attimo” ridacchiò dandole un bacio sulla guancia che la fece sbiancare.
Questo è pazzo, pazzo! Diosanto, non ce la faccio più! Pensò sforzandosi di
sorridere sebbene provasse solo un’enorme tristezza.
“Su con la vita, tesoro. Dopo ci penso io a farti tornare il sorriso” le disse
con voce che voleva essere dolce e rassicurante, prima d’andare incontro ad un
uomo piuttosto mingherlino e dall’aria nervosa.
E come no?! Pensò cercando di non ridere istericamente. Si prese il viso
fra le mani e massaggiò la fronte, notando con la cosa dell’occhio un tipo che
l’osservava.
Il signor M restò non sorpreso quando si girò dalla sua parte e lo fissò per
qualche istante, tornando a posare gli occhi sul piatto che fu celermente
agguantato dalla cameriera in cambio di un boccale di birra.
Una donna carina in un posto del genere non si stupisce se un uomo la guarda,
pensò bevendo un sorso della bottiglia di Ceres davanti a se.
La osservò di tanto in tanto, vedendola sollevare la testa di scatto e
afferrare un tovagliolo di carta che strinse fra le dita. La vide frugare nella
borsetta e cercare qualcosa che non riusciva a trovare. La vide agitarsi,
guardarsi attorno e chiedere timidamente ad una cameriera una penna e
l’indicazione per il bagno.
Nascose il fazzoletto nella mano e si avviò verso di lui, anche se la toilette
si trovava dall’altra parte del locale. Mira finse di perdere l’orientamento,
perché Marv non le toglieva gli occhi di dosso e spiava tutte le sue mosse.
Il signor M la vide sorpassarlo, guardarsi attorno indecisa e lasciar cadere il
fazzoletto ai suoi piedi, tornando immediatamente indietro e infilandosi dietro
una porta dopo averle lanciato un’occhiata che avrebbe spezzato anche una
roccia.
Con indolenza ci mise il piede sopra e lo prese, infilandolo in una tasca dei
jeans. Pagò la birra e uscì dal locale, leggendolo con un certo divertimento.
Mi aiuti, un uomo mi ha rapito. Guida un taxi
verde e trasporta un carico di droga. La prego, trasmetta la targa alla polizia
di New Orleans. Chieda dell’ispettore Bronx!
Mira
Lo rinfilò in tasca e si avvicinò al telefono componendo il numero. Ma si...
un favore poteva anche farglielo.
Povera occhioni blu!
***
Ecco, mi servirebbe proprio una mano a sgomberare l’appartamento.
Niente oppure, non c’è oppure, decise smettendo di fissarla e sbuffando
risentito verso i troppi doveri che non gli permettevano di occuparsi del caso
in prima persona.
Sembrava che fosse stata inghiottita nel nulla nessuno l’aveva vista e nessuno
ne reclamava la scomparsa perché la donna non aveva più parenti in vita.
Grande zio, sospirò facendo una smorfia e odiando quell’incarico che non
gli permetteva di allontanarsi dall’ufficio, un caso di persona scomparsa non
meritava la mobilitazione dell’ispettore capo e c’erano già tre persone che si
occupavano della sparizione di Mira.
Mezze seghe, matricole che non sanno domandare, non sanno chi contattare e chi…
“Ispettore!! Telefonata anonima!”
L’agente che entrò quasi urlando nel suo ufficio, spezzando bruscamente il filo
dei suoi pensieri e facendogli quasi fare un balzo dalla sedia gli sbattè in
faccia un foglio con un numero sopra “ha telefonato un tipo voce contraffatta,
senza accento particolare. Ha detto che la fotografa è stata rapita da un
tipo..”
La voce si affievolì mentre leggeva il foglio “ ‘da un pazzo che guida un taxi
verde’. Ecco la targa. Ha detto che trasporta un carico di droga e che proviene
da questa città!” finì aspettando ordini.
“Un taxi verde….” Sussurrò cercando di mettere ordine nel marasma di pensieri
che lo stavano sommergendo.
“Potrebbe essere un mitomane, ma altre gente ha visto quel taxi girare per le
strade della città. Ha chiesto espressamente di lei e il suo nome non è stato
divulgato alla stampa”continuò preciso e attento. Sembrava un soldatino di
fronte al plotone d’esecuzione.
Bronx annuì imbambolato. “Scopri se esiste una compagnia che usa un colore del
genere, ricercate la targa alla Motorizzazione” aggiunse in tutta fretta “e
fate parlare qualche informatore”
L’agente lo guardò con aria finta tonta
“Chiamami Skye” ringhiò cacciandolo fuori e tirandosi su le maniche. Così
tante informazioni e nessun luogo in cui cercare…
“Ispettore, dimenticavo la cosa più importante!”
L’agente tornò sui propri passi visibilmente imbarazzato “la città in cui sono
fermi in questo momento: Houma”
Bronx chiuse la bocca e lo guardò in cagnesco “mettetemi in contatto con il
commissariato di Houma. Subito!” sibilò prima di prenderlo per la collottola e
sbatterlo a dirigere il traffico in pieno mezzogiorno al centro della città.
***
La finestra del bagno era sufficientemente piccola da impedirle di passare e
Mira la guardò come se la stesse tradendo. La sua unica via di salvezza aveva
una superficie pari all’unghia del suo alluce!
Devo trovare una via di fuga! Adesso! Non posso aspettare, non posso farmi
riportare la dentro! Uscì dal bagno con aria tranquilla, anche se dentro
ribolliva e scattò verso l’esterno del locale, investendo il signor M che stava
rientrando a controllare la situazione. La prese al volo, fermando la sua corsa
e sussurrò solo due parole, stringendola contro di se, come se stesse
rimettendola in piedi.
“Stai calma”
Lo fissò negli occhi e per un secondo fu tentata di aprire bocca, di chiedergli
se aveva telefonato alla polizia, se aveva parlato con Bronx, se… ma lui le
sorrise, lasciandola passare.
Mira si voltò a guardarlo, ma l’uomo non diede segni d’interessamento e si
chiuse la porticina del locale alle spalle, lasciando che un ubriacone la
spalancasse nuovamente per travolgerla.
“Scusa bella” borbottò con voce inesistente prima di scansarla violentemente da
una parte e vomitare l’alcool in eccesso.
“Dove cazzo sei?!”
Quella voce l’avrebbe riconosciuta ovunque! Mira si tirò su e riprese la sua
corsa prima di fermarsi e rendersi conto che non c’era nessun posto in cui
potesse andare. Un’ondata di sconforto la travolse così violentemente che
barcollò, abbassando le spalle e voltandosi nella sua direzione il momento in
cui Marvin le afferrava un braccio, strattonandola contro di se. “Dove stavi
andando, tesoro?”
La donna abbassò la testa e tutte le lacrime che cercava di trattenere da
giorni presero a scorrere, sconquassata dai singhiozzi.
“Che cosa c’è, adesso?!” sospirò con aria annoiata e stanca: la trattava come
se fosse una ragazzina capricciosa e la cosa la mandava in bestia.
Mira lo spinse via, colpendolo più volte sul petto.
“Lasciami! Non mi toccare, lasciami tornare a casa mia!” Urlò più volte facendo
girare i pochi avventori che si avventuravano fuori nel freddo pungente.
Marv l’afferrò saldamente fra le braccia, sentendola scalciare sempre meno.
Mira si fermò, stanca, esausta, con la vista offuscata dalle lacrime e
dalla disperazione.
“Adesso torniamo al motel, così ti coccolo un po’ e domattina starai meglio”
mormorò nel suo orecchio in quella che voleva essere un intento dolce e che
suonò come una condanna a morte con tortura preventiva.
Mira si arrese e annuì. Non m' importa. Dopo mi lascerà stare, pensò
sempre più disperata e svuotata. Magari dopo…
Alzò la testa verso l’entrata del locale.
Il suo ‘aiuto insperato’ li stava guardando con espressione impenetrabile e
distaccata. Mira lo fissò finchè potè, finchè Marv non la spinse via, verso il
taxi verde.
‘Aiutami’ sillabò ancora una volta nella sua direzione. Il signor M continuò a
guardarla in quel modo truce e non diede segno di averla sentita.
***
Appunti Privati
02,15 a.m.
Credete forse che mi divertissi a vederla soffrire in quel modo? Quel tipo mi
disturbava, mi disturbava enormemente, per quello decisi di ucciderlo la notte
stessa. Me ne fregavo degli ordini ricevuti. Dovevo prendere la droga e
uccidere lui, nient’altro.
Ma.
C’è sempre il fottuto ma in mezzo.
La donna.
Mira.
Quella donna stava passando le pene dell’inferno con quel pazzo. Non che la
picchiasse, le aveva dato solo uno schiaffo, ma la cosa bastava a disturbarmi.
E io non sono mai disturbato.
La polizia l’ho chiamata, le ho fatto quel piacere, ma quando arriveranno non
la troveranno più con lui.
Non troveranno lui, il carico, il taxi.
Puff, svaniti nel nulla.
Evaporati.
Sapete che c’è di bello nel fare il killer, a parte avere un sacco di soldi per
un rischio minimo? La bellezza vera è poter disporre di certe meraviglie
introvabili sul mercato; basta avere i contatti giusti, gli amici e i debitori
giusti.
I debitori sono quelli che mi piacciono di più.
Tutta quella bella attrezzatura che avete visto sparsa in camera mia, è frutto
di un piccolo scambio.
Un’ esistenza contro una rifornitura a vita d’armi militari.
Li sto seguendo in macchina, quel coglione non si è accorto che lo pedino da
giorni, che abito dall’altro lato della sua parete e che sto per toglierli la
vita.
Lo fotterei a sangue se solo lei me lo chiedesse.
Non centra niente la cavalleria, mi stanno sul cazzo gli psicotici. Cani
drogati fino agli occhi, carcasse putride da scansare con l’angolo della scarpa
per timore di sporcarsi la suola con le loro budella.
Sapete qual è il bello di fare il killer?
Non lo sapete, non lo immaginate…
Il bello è poter fare del male a quelli come lui.
Senza rimorsi.