Otto.
Era un
grande giorno; il giorno della mostra. E anche un altro giorno in cui
Murcièlago non faceva ritorno a casa. Decisero a quel punto,
Ulquiorra e Nike,
di cercarlo, dopo la mostra.
Il
ragazzo camuffava abilmente l’ansia da pre mostra, ma la
ragazza non riusciva a
stare ferma un attimo. Non faceva che farfugliare strane filastrocche,
o diceva
che sarebbe stato un disastro, che non sarebbe venuto nessuno, o che al
contrario ci sarebbe stata un sacco di gente ma nessuno avrebbe visto
di
striscio il suo disegno.
« Se
nessuno lo guarderà dai pure la colpa al soggetto ritratto.
» disse Ulquiorra
per tranquillizzarla.
Ed ecco. Erano arrivati. La
ragazza stringeva convulsamente la mano di lui, che non poteva fare
altro se non
continuare a dirle di stare tranquilla. Ma fu tutto inutile; vedere
tutta
quella gente le creò ancora più tensione.
C’erano persone di ogni genere.
Adulti, anziani, donne, qualche adolescente. Passeggiavano, scambiavano
opinioni e voce bassa, si fermavano ad osservare qualche lavoro, lo
indicavano.
Nike non sembrava essersi preparata abbastanza a tutti quei commenti
che
avrebbe dovuto ricevere.
«
Calmati, dai… Da che parte è il tuo? »
chiese Ulquiorra stringendo la sua mano
con forza.
« Al
piano di sopra… Hanno riservato un piano solo per noi. Forse
c’è già qualcuna
del mio corso. »
Come
aveva previsto, incontrò qualche sua compagna. Anche loro
erano nervose, ma
sorridenti, e averle vicine fu molto significativo per Nike. Le avevano
già
spiegato che molti si erano complimentati con tutti. E soprattutto col
suo
quadro. Le dissero che forse di questo passo sarebbe arrivata prima al
concorso, cosa che alla ragazza era completamente sfuggita di mente.
«
L’importante è che alla gente piaccia il mio
lavoro… A proposito, dove l’hanno
sistemato? »
La
accompagnarono, Ulquiorra che continuava a tenerla per mano. Sentiva le
ragazze
parlottare, ma non capiva cosa stessero dicendo. Ridacchiavano, quasi.
Doveva
resistere e far finta di niente.
E
comunque, l’imbarazzo di sentire ridacchiare alle spalle
sparì subito alla
vista di quel quadro. Finalmente. Aveva sé stesso davanti
agli occhi. Tutto in
bianco e nero, solo gli occhi erano stati colorati. Che strano; quando
si guardava
allo specchio non aveva mai notato che fossero così chiari.
Così verdi. E quel
corpo era davvero il suo? La coperta che Nike gli aveva sistemato
copriva la
gamba e la sua intimità. Era disteso. Rilassato. Anche
troppo. Non credeva che
esistesse quel lato di lui. Che finalmente se la prendeva comoda,
libero da
tutto.
Era curato
nei minimi dettagli. Le ombre, le pieghe delle coperte, la muscolatura,
le
ciocche di capelli. Tutto. ulquiorra poté giurare che quella
era la cosa più
bella che avesse visto fare da lei. E non perché
c’era lui ritratto, cosa che
lo imbarazzava un po’. Era perfetto. E non scherzava.
Le amiche
di Nike le avevano già fatto i complimenti. Dicevano anche
che il modello
scelto non era niente male. E la ragazza, contenta,
abbracciò Ulquiorra,
dicendo. « Hai sentito? Non sei contento? »
Solo
allora le sue compagne capirono. Certo, la somiglianza tra Ulquiorra e
il
soggetto nel ritratto c’era, ma pensarono che fosse una
coincidenza. Pensavano che
Nike si vergognasse troppo a mostrare il proprio ragazzo nudo. Anzi,
sembrava
più in difficoltà lui a sentire le scuse delle
ragazze per non aver capito
subito. Ma lui lasciò correre.
Invece
vedere sguardi di perfetti sconosciuti ammirare il ritratto e poi
guardare più
volte lui per vedere le somiglianze fu sconvolgente. Voleva sparire,
Ulquiorra,
scavarsi una fossa e nascondercisi dentro finché la mostra
non finiva. Per svagare
accompagnò Nike a vedere i lavori dei compagni. Belli,
sì, ma dopo aver visto
quello della ragazza il resto sembrava spazzatura. Avrebbe vinto di
sicuro lei.
Anche perché quelle stesse persone non facevano che
fissarlo, e li sentì
distintamente mormorare.
« E’
straordinario… E’ così
tranquillo… »
« Il
corpo è fatto divinamente. Davvero è una
studentessa del primo anno? »
« Eh,
ormai al giorno d’oggi è impossibile avere
quest’aria serena… »
Poi
fuggiva, Ulquiorra, per evitare altri sguardi. O i commenti delle
amiche di
Nike. Aveva fatto finta di niente, ma anche loro non avevano
risparmiato certi
commenti.
«
Cavolo, Nike, come ti è venuto in mente di ritrarre il tuo
ragazzo nudo?! »
« Non
è che ha sbagliato. Hai visto che corpo? »
« Non
è che è ritoccato, vero?
Cioè… Sul serio è così?!
»
« Non
lo dico certo a voi! » rispondeva lei imbarazzata.
«
Cavolo, ma ha mai pensato di fare il modello? »
« Eh,
se io fossi uomo e avessi dei pettorali così, non starei
certo a fare la
cameriera per comprarmi un po’ di pane! »
No,
non ne voleva più sapere. doveva andare via e tornare il
più tardi possibile. Qualunque
cosa, basta che non si sentiva più così al centro
dell’attenzione.
L’idea
gli venne guardando l’orologio. Ora di pranzo. Perfetto.
Disse a Nike che
andava a comprare qualcosa da mangiare, che sarebbe tornato subito.
Invece,
vagò per un’ora nei dintorni, a ripensare ai
commenti sentiti finora. Ora capiva
il nervosismo della ragazza. Poi non immaginava un impatto del genere.
Si aspettava
giudizi positivi, ma non così. Quell’opera aveva
brillato tra tutte. Per forza
di cose vinceva lei. Lo meritava.
Tornò
mentre la gente se ne stava andando, lentamente. Tirò un
sospiro di sollievo,
tornando di corsa da Nike, la quale non si arrabbiò del
ritardo del ragazzo.
non ci aveva minimamente pensato, presa com’era dalla mostra,
avevano appena
stilato la classifica. Presto avrebbero saputo chi avrebbe esposto in
quello
splendore di museo. Chi avrebbe avuto la grande occasione.
Lui era
tranquillo. Sorrideva, addirittura. Era un sorriso sereno, frutto
dell’immaginazione
di uno splendido futuro per Nike.
Un sorriso
che sparì subito, lasciando spazio alla sorpresa e
all’amarezza. Mentre la
ragazza era tranquilla, applaudiva, mostrava un sorriso sincero,
andando a
congratularsi con la ragazza che aveva vinto. Va bene, non è
al primo posto il
suo nome. Sarà seconda.
No,
non era nemmeno seconda. Ulquiorra iniziò a sudare freddo.
Temeva di trovarla
all’ultimo.
Invece
era quarta. Quarta. Quarta.
Pensò
che fosse un’ingiustizia, ma lei non criticava nulla. Del
resto, lo aveva detto
che non le importava vincere. Anzi, ne fu contenta. Era contenta del
suo quarto
posto.
E sentendola
chiacchierare con la compagna vincitrice, non credette alle sue
orecchie.
« E’
un peccato, Nike… Il tuo disegno era così bello!
Ma poi, perché hai rifiutato
la proposta di esporre per conto tuo? Anche se non hai vinto, hanno
visto che
hai talento… »
In
tutta risposta Nike aveva detto. « Se non sono arrivata prima non
merito nemmeno di
avere una mostra per me. Quindi tranquilla e goditela. »
No,
Ulquiorra non ci stava. La trascinò, via, afferrandola per
il gomito. Lei lo
guardò con ingenuità, aspettandosi quel gesto.
Era avvenuto
tutto mentre lui era andato a “pranzare”. Qualcuno
le aveva proposto una cosa
piccola, ma era pur sempre qualcosa. Un’occasione che,
secondo lui, non andava
affatto sprecata.
«
Perché; Nike? Dannazione, tu sei così brava!
Altro che quarta! Con una mostra
tutta tua avresti potuto… »
« Va
bene così. Non mi interessa fare mostre. »
« Che
stai dicendo?! Come farai a comunicare qualcosa coi tuoi disegni se
nessuno li
guarda?! Non era la tua aspirazione, avere una mostra tutta per te?!
»
«
Inizialmente era quello che mi ero prefissata. » rispose con
calma lei. « Ci ho
pensato durante la mostra. Tutti quei complimenti… Certo,
fanno sempre piacere.
Ti ringrazio ancora per aver posato per me. Grazie a te sono riuscita a
esprimere quello che volevo. Però, quando mi si è
presentata l’occasione,
quando ho realizzato che potevo concretamente farmi valere…
Ho avuto paura. Ho pensato
a mio padre. Alle sue mostre, a quante aspettative aveva, a quanti
sacrifici
aveva fatto. Lui era un uomo pieno di risorse, pieno di energie. Forse
pieno di
sé. Mi ha dato tanto. Mi ha insegnato tante cose belle, ma a
lui sembrava non
bastare mai. Ha sempre voluto di più, i suoi disegni
dovevano essere la
perfezione. La sua ossessione a voler essere in alto l’ha
portato alla morte. Io
adesso ho paura. Non voglio ridurmi come lui… Ho capito che
non c’è bisogno di
puntare così in alto. Sto bene così, non ho
bisogno di un primo posto, posso
disegnare anche senza fare mostre, senza dovermi aspettare nulla da
nessuno… »
Ulquiorra
la abbracciò, interrompendo il discorso. Non era giusto,
accidenti. Non era
giusto che si bruciasse per la paura di ripetere uno sbaglio. Per paura
di un
ricordo.
« Le
colpe dei padri non devono ricadere sui figli. » disse
semplicemente lui. Nike ricambiò
l’abbraccio, lasciando scendere qualche lacrima. Era riuscita
a sfogarsi senza
essere giudicata. Perché lui era in grado di farlo. Lui
sapeva di suo padre. Sarebbe
stato più facile parlarne a lui.
« Ti
ho… Deluso, vero? »
Lui
la guardò stralunato per un momento, asciugandole le lacrime
passandoci i
pollici sopra. Le accarezzò la testa, scompigliandole un
po’ i capelli, ed
infine sorrise, baciandola.
«
Sciocca. » disse. « Non agire per gli altri.
»
Ma
sì, se a lei andava bene così, in fondo, che male
c’era? Non stava scritto da
nessuna parte che dovesse per forza accettare quella proposta. Andava
bene
così. Lei era serena. Lui non aveva motivo di avercela con
lei. Nike, poi, fu
così gentile da regalargli il quadro, che avrebbe appeso
vicino a quello che
già aveva, nella sua camera.
Ora avevano
altro da pensare. Soprattutto una cosa occupava la loro mente;
Murciélago. Dove
si era cacciato, quel buffo pipistrello?
Dedicarono
il resto della giornata, dopo la mostra, a cercarlo. In periferia,
tornando al
parco dove l’avevano trovato, chiedendo addirittura in giro.
Ma chi poteva aver
visto un pipistrello che ormai non aveva un’ala rotta?
Niente,
non si trovava. Neanche in quegli studi veterinari dove raccoglievano
animali
feriti o smarriti. Non c’era neanche un annuncio appeso a un
lampione per
strada che diceva che un pipistrello era stato trovato e che magari lo
davano
in affido. Diamine, avrebbe dovuto mettergli un collare. Doveva
pensarci prima.
«
Ulquiorra, che facciamo? » chiese la ragazza dopo tre ore
passate a cercare un
animale che non trovavano. « Denunciamo la
scomparsa…? »
«
Nessuno ci darebbe retta. Non per un pipistrello. » rispose
lui con amarezza. Mani
in tasca, si guardava intorno, come a cercare una manna dal cielo.
Magari sarebbe
spuntato all’improvviso come se non fosse successo nulla.
Sperò in una cosa del
genere.
Quel giorno
dovettero interrompere lì. Cercò di
tranquillizzare Nike dicendo che avrebbero
continuato il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Che avrebbero fatto
il
possibile per trovarlo.
A quell’ora,
di solito, una volta a casa dava una carezza all’animale e
gli serviva da
mangiare, oppure lo sorprendeva con un nuovo topolino in bocca o
qualche
insetto da acchiappare. Solo in quel momento capì quanto
fosse diventata
importante la presenza di Murciélago in casa. Lui custodiva
tanti segreti. Custodiva
la gioia di Ulquiorra di aver incontrato Nike grazie a lui. Era il suo
Cupido. Dove
lo avevano portato e sue ali?
Fu una
desolazione, mangiare da solo, televisione spenta, finestre chiuse,
silenzio
assoluto. Lo sfiorò più volte l’idea di
chiamare qualche amico, farsi una birra
con lui. Bere per dimenticare. Dimenticare cosa? La scomparsa di un
pipistrello, che non è poi un animale da ritenersi
domestico. Se avesse detto
una cosa simile ad un amico, questo lo avrebbe deriso finché
morte non li
separava.
Nike.
Lei era l’unica preoccupata quanto lui, anche di
più, lei non cercava di
nasconderlo. Ma pensando che lei avrebbe solo messo più
ansia, preferì
prendersi del tempo per lui. Appendere quel ritratto per conto suo,
ammirarlo
da solo. Vedere la sua persona così, nuda, disegnata da lei.
Ripensare al
discorso di Nike e a quanta malinconia si portava dentro. A quanto le
doveva
mancare suo padre. A quanta paura avesse nel futuro. Il fatto che
Murciélago
fosse scomparso, forse l’aveva scossa più di
quanto pensasse. Forse, quell’animale
aveva lo stesso valore che gli dava Ulquiorra. Il suo Cupido, ma anche
un
qualcosa a cui aveva affidato cose piacevoli. L’aveva trovato
ferito,
seviziato. Logico che ci fosse affezionata più del dovuto.
Pensò
che fosse del tutto naturale, ricevere una chiamata da lei. Rispose in
maniera
quasi svogliata, Ulquiorra. Capendo poco di quel che diceva la ragazza.
«
Ulquiorra, corri! Corri subito! »
«
Calmati, calmati! Dove sei? Che succede? »
«
Sbrigati! Sono alla strada che dà al parco…
Quella stretta. Vediamo… » ci fu un
piccolo momento di silenzio. In seguito disse il nome di una via che
Ulquiorra
non capì.
« Al
parco? Che via? Pronto? Mi senti? »
« C’è
poco campo! Al parco, al parco! Prendi la via… »
«
Cosa? Non ti capisco, Nike! »
« Oh,
insomma! Vai al parco e prendi la strada vicino al videonoleggio, non
la
principale, quella più stretta, sulla sinistra! »
« Si
può sapere che succede?! »
« Ho
trovato Murciélago! Fa presto, c’è
bisogno… »
Caduta
la linea. Forse c’era bisogno di lui. Di lui che studiava
medicina. Magari si
era di nuovo rotto un’ala. O peggio.
Afferrò
di corsa il giacchetto e una sciarpa, precipitandosi fuori casa.
Sperò di non
sbagliare strada.