Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Melanto    07/07/2010    6 recensioni
Il suo Duca – perché tale sarebbe stato per sempre – era come comparso dal nulla, d’improvviso, e gli aveva totalmente cambiato la vita. Niente più colpi di testa, niente più agire senza pensare. Nicola era diventato quella riflessività che gli era sempre mancata e anche la serenità di un rapporto che sembrava destinato a rimanere stabile per molto, molto tempo. E lui avrebbe fatto in modo che quel tempo non si esaurisse mai.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Stella di Sabbia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Documento senza titolo

PreNota: e, finalmente, ecco il piccolo Extra che chiuderà la serie “Stella di Sabbia”.
Tornano Giulio e il suo Duca per una avventura… XD più assurda che mai.
Spero possiate divertirvi a leggerla, come io mi sono divertita a scriverla. **/

Questa storia è dedicata a tutte le persone che hanno letto-recensito-favvato la serie (sia su EFP che su Fanworld), partendo da “La Caipiroska del Duca”, passando per “Il Centro della Clessidra” e finendo con “Stella di Sabbia” (ma in particolare ad Emerald, per avermi convinta a scrivere ancora una volta su loro due X3).
Grazie mille **/

Ed ora… XD buona lettura!

Il Ribelle

 

«Grazie per avermi accompagnato.»
Nicola guidava la Mito rossa lungo la A14 in direzione Gradara. I finestrini alzati e l’aria che veniva fessa dal muso dell’auto, mentre fuori Ottobre non aveva ancora vestito i suoi abiti pesanti, ma le foglie cadute disegnavano tappeti gialli e bruni, e macchie arancio tra spruzzi di verde.
Giulio gli aveva rivolto un sorriso di puro piacere, assumendo una postura scompostissima per guardare il suo profilo. «Ma scherzi? Al massimo sono io che ringrazio te, non ne potevo più di stare col naso su quei libri.»
«Dovresti impegnarti un po’, a fine mese hai l’esame di Management Strategico. O non vuoi proprio laurearti?» il tono di Nicola non era affatto di rimprovero, ma aveva cominciato a capire che Giulio era un tipo che aveva bisogno di essere spronato e, dopotutto, a lui divertiva vedergli arricciare le labbra tutte le volte che lo punzecchiava. Come in quel momento, quando sapeva perfettamente di essere nel torto.
«Mhhh, ssssì. Lo so. Quello e Politica Economica sono i miei incubi ricorrenti.» ma subito sviò il discorso, trovando una giustificazione alla sua poca voglia di pensare allo studio. «Però, dai, si tratta solo del week-end, almeno questi due giorni godiamoceli un po’, ci vediamo davvero poco da quando le vacanze estive sono finite e tu sei tornato a Milano.» con affetto gli carezzò i capelli, sistemandone una ciocca bionda dietro l’orecchio e facendo continuare quel tocco leggero lungo il collo. Il sorriso di Nicola si accentuò e gli catturò le dita prima che potesse ritrarle. Sempre tenendo d’occhio la strada gliele baciò adagio e Giulio si lasciò coccolare da quelle attenzioni di cui ancora non riusciva a farsi capace. Erano alcuni mesi che gli sembrava di camminare su una sorta di nuvola. Il suo Duca – perché tale sarebbe stato per sempre – era come comparso dal nulla, d’improvviso, e gli aveva totalmente cambiato la vita. Niente più colpi di testa, niente più agire senza pensare. Nicola era diventato quella riflessività che gli era sempre mancata e anche la serenità di un rapporto che sembrava destinato a rimanere stabile per molto, molto tempo. E lui avrebbe fatto in modo che quel tempo non si fosse mai esaurito.
Accompagnato da quei pensieri, gli strinse le dita e si sporse, per lasciargli un bacio proprio nel punto del collo dove l’aveva carezzato. La musica di Mango accompagnava piacevolmente il loro piccolo viaggio.
«Hai ragione.» convenne Nicola con un sospiro «In fondo, ce lo meritiamo.»
Giulio ritrasse le mani, sfregandole con una certa furbizia. «Ben detto e poi… non t’avrei mai lasciato solo in un giorno così importante!» con aria gaudente si girò per osservare il cavàne accomodato sul sedile posteriore rivestito dalla copertina da viaggio del levriero. «Eh, Janosh?! Sei pronto?!» ma vedere il Borzoi aprire appena un occhio e seguitare a restarsene mogio spense anche il suo entusiasmo. «Embeh?! Cos’è quella faccia, campione?! Su, che stasera si cucca, non sei contento? Vai a donnine!»
Per tutta risposta, Janosh si coprì il muso con una zampa, emettendo una sorta di sbuffo.
Giulio inarcò un sopracciglio, volgendosi verso Nicola. «Ma che ha?»
Il Duca sospirò stancamente, dopo aver fissato il suo levriero dallo specchietto retrovisore. «Dio, se vorrei capirlo. Ogni volta che lo porto a far accoppiare fa sempre così, non capisco perché. La prima volta che gli ho combinato un appuntamento era impossibile da tenere ed ero convinto che, beh, avrebbe generato una stupenda prole, ma… niente! Un intero pomeriggio e non ha fatto niente.» agitò una mano, sconfitto «Le altre volte, poi. Nemmeno più l’entusiasmo.»
Giulio tornò a fissare Janosh, mordicchiando l’interno della guancia. «Beh, forse non era in vena.»
«Tre volte su tre?»
«Suvvia, è ancora giovane, ha solo quattro anni.»
Nicola tornò a sospirare. «Se lo dici tu. Staremo a vedere.»
«Massì e poi ci saremo noi, no? Gli daremo i giusti stimoli!»
E sentirlo così entusiasta, nemmeno si fosse dovuto accoppiare lui, strappò una sonora risata al Duca.

*

Parcheggiarono l’auto nello spiazzo all’interno del cancello della tenuta. Tutt’intorno vi erano solo distese infinite e filari d’alberi. Alle spalle, si poteva vedere, ergersi misteriosa e bellissima, la Rocca di Gradara.
Giulio fischiò poco elegantemente mentre si guardava attorno. Quasi non si scorgeva la villa dei padroni di casa, circondata come’era da quei bassi cipressi.
«Accidenti, che roba.» si volse in direzione di Janosh «Te ne sei trovato una altolocata, eh?» scherzò, ma il levriero era proprio a terra. Così, stavolta sospirò anche lui, mentre Nicola alzava gli occhi al cielo con rassegnazione. Di lontano, videro arrivare il padrone di casa che sembrava uscito da un film d’altri tempi: bastone da passeggio, giacca da camera damascata con ascot annodato al collo e borsalino chiaro sulla testa. Baffo e barba perfettamente curati ed un meraviglioso esemplare di Borzoi dal manto argenteo – senza nemmeno una macchiolina – che lo seguiva, camminando al passo.
«Signor Montanari?» esordì l’uomo, tendendo la mano e senza nascondere una certa sorpresa che balenò nelle iridi d’un azzurro slavato, ma l’aria simpatica ed aristocratica. Nicola, ovviamente, s’era scelto uno elegante quanto lui.
- E ti pareva! - pensò Giulio, trattenendo una risatina.
«Non mi aspettavo che fosse così giovane, quale sorpresa.»
«Cavaliere Del Bianco.» salutò il Duca con la sua solita cortesia, stringendogli la mano. «E’ un piacere conoscerla. Lui è il mio amico Giulio.»
«Salve.» annuì il barista.
«Il piacere è mio, ma chiamatemi pure Michele. Non siate così formali.» la sua cordialità sembrava davvero uscita da un vecchio romanzo e parve subito attratto da Janosh. Si appoggiò con entrambe le mani sulla testa del bastone, piegandosi in avanti. «E così, lui è il fortunato per la mia Lalaya. Posso?»
Nicola sganciò subito il guinzaglio dal collare. «Prego, faccia pure.» acconsentì e lasciò che il signor Del Bianco potesse osservare il cane più da vicino.
«Ah! Magnifico, magnifico esemplare!» iniziò, inginocchiandosi accanto a Janosh per cominciarne a valutare tutte le caratteristiche. «Sarà circa un 75cm, ottimo. Che groppa muscolosa e che zampe! Lo porti spesso a correre?»
«Sì, a Janosh piace il mare e fare lunghe corse sulla sabbia. Se sono a Milano, invece, dove lavoro, andiamo nei parchi attrezzati.»
Giulio osservò il loro scambio di battute, spostando lo sguardo dall’uno all’altro con perplessità, poi, il Signor Michele si rivolse proprio a lui.
«Un tartufo davvero ben sviluppato e questa dentatura! Una perfetta chiusura a cesoia! Magnifico, vero?»
Lui agitò una mano, calandosi l’aria del perfetto intenditore. «Sì, sì. assolutamente.» e appena l’uomo si volse, guardò Nicola con espressione disperata. ‘Che cazzo ha detto?!’ mimò, muovendo le labbra, ed il Duca gli fece cenno di lasciar perdere e dire sempre ‘sì’.
«Complimenti, davvero. Allevo moltissimi Borzoi, ma il tuo Janosh è un esemplare magnifico, strano che non l’abbia visto a qualche mostra…»
Nicola scosse il capo, il sorriso gentile a distendergli le labbra per non sembrare scortese. «No, veramente, a me non interessano molto le competizioni.»
L’uomo sospirò, rimettendosi in piedi ed aiutandosi col bastone. «Oh, che peccato, farebbe faville di sicuro.» poi schioccò le dita ed il cane dal manto d’argento, che fino a quel momento era rimasto compostamente seduto, si fece avanti al suo richiamo, avvicinandosi a Janosh ed annusandogli il muso. La coda che veniva agitata con curiosità.
«Lei è Lalaya?» domandò Nicola e dalle sue iridi era evidente che la trovasse bellissima. Giulio sorrise, pensando che quella sarebbe stata l’unica ‘femmina’ che avrebbe mai potuto attirare la sua attenzione e non se ne sentì geloso.
«Sì.» il signor Michele ne illustrò tutte le caratteristiche possibili ed immaginabili con il Duca che annuiva ammirato e lui che annuiva di riflesso, visto che parlavano in turco. Lanciò un’occhiata a Janosh e mentre vedeva la bellissima Lalaya studiarselo per bene, ma proprio per bene!, il cavàne sembrava totalmente… indifferente.
- Ahia. - pensò Giulio e non era tanto preoccupato per Janosh, quanto per il suo padrone. Era circa un mese che non faceva che parlargli dell’accoppiamento e di quanto desiderasse avere un cucciolo di Janosh da crescere, se il cavàne avesse fatto nuovamente cilecca, Nicola ci sarebbe rimasto malissimo.
«Ma perdonate la mia maleducazione!» il padrone della tenuta fece cenno di avanzare per raggiungere il vialetto che avrebbe portato alla villa. «Non vi ho nemmeno fatto accomodare, a volte mi rendo conto di essere troppo preso quando si tratta di questi meravigliosi cani. Prego, venite, vi offro qualcosa da bere.»

*

Il portico si trovava alle spalle della villa – mastodontica, a detta di Giulio, che non aveva fatto altro che guardarsi attorno girando la testa come una bambola a corda –; il tempo permetteva ancora di poter restare all’aperto a scambiare due chiacchiere, e quelle poltroncine di vimini comodissime erano l’ideale.
Mentre la domestica serviva loro del Cognac, Giulio osservava la distesa che si perdeva tra gli altissimi abeti. Janosh ciondolava per lo spiazzo, annusando ora qui, ora lì, mogiamente, mentre Lalaya gli trotterellava attorno e cercava di coinvolgerlo in qualche gioco, con scarsissimi risultati.
Più distanti, c’erano le amplissime gabbie dove il Cavaliere aveva gli altri Borzoi. Giulio, dopo aver sorseggiato un goccio di liquore, tornò ad ascoltare la loro conversazione.
«Desolato che non ci sia mia moglie, ma è fuori a fare spese. Sapeva che oggi sarebbe stata una giornata completamente dedicata ai cani e, visto che lei non coltiva la mia stessa passione, ha ben pensato di lasciarmi totalmente immerso nel mio passatempo preferito.»
Nicola sorrise, appoggiando il bicchiere sulla liscia superficie del tavolino. Era seduto proprio di fronte a Giulio, mentre il Cavaliere Del Bianco li separava. Il barista lanciò una lunga occhiata al Duca, restando, come al solito, ammaliato dai suoi movimenti e le sfumature delle varie espressioni che gli illuminavano il viso. Seguì le sue mani passare tra i capelli biondi, desiderando all’istante di sostituirle con le proprie. Anzi, desiderò di saltare quel maledetto tavolino per baciarlo con tutto il trasporto possibile, ma si contenne e decise di intervenire nel discorso, giusto per non sembrare la bella statuina muta.
«Quanti cani ha?» domandò con un sorriso e mimando un profondo interesse. Il Cavaliere s’illuminò a quella domanda mentre Nicola gli rivolgeva un’occhiata affettuosa.
«Ne ho ben sei.» disse con orgoglio. «Tre maschi da esposizione e gare, uno prevalentemente da monta e due femmine. Una è Lalaya, mentre Shara è già in attesa della sua seconda cucciolata.»
«Oh, complimenti.» replicò Giulio con incredibile diplomazia: era una buona pratica per quando avrebbe fatto la specialistica a Forlì, dopotutto, quando il Cavaliere fece una smorfia, aggiungendo.
«Ah, sì. Veramente sarebbero sette, ma Igor è… è…» affondò il viso in una mano con teatrale stanchezza «…la mia spina nel fianco.»
«Igor?»
«Sì, un ribelle! Il cane più ingestibile che abbia mai avuto! Non è adatto per le manifestazioni, non è un cane da monta, non è obbediente. Oh, Dio, non so davvero da dove sia uscito fuori.»
- Magari gli stai sulle palle, c’hai mai pensato? - ma questo Giulio lo tenne per sé, cercando di trattenere una risata al solo pensiero. Insomma, per Del Bianco quei cani erano come dei figli e per un riccastro di quelle proporzioni, questo Igor rappresentava… boh, un punkabestia, un darkettone e un metallaro tutt’insieme! Insomma, tutto ciò che poteva uscire fuori da i suoi canoni di eleganza, obbedienza e perfezione.
«Cavaliere.» la voce della domestica interruppe la loro conversazione, attirandosi l’attenzione del padrone di casa. «C’è l’avvocato De Berardis al telefono.»
«Rispondo subito dal mio studio, Elvira, grazie.» poi si rivolse nuovamente a loro con tono dolente. «Perdonatemi, ma il lavoro mi chiama. Voi perché non fate un giro nella distesa assieme ai nostri due ragazzi, magari stando più lontano dalla tenuta possono trovare l’atmosfera giusta.» sorrise, con una certa malizia, passandosi un dito sul folto baffo, candido come neve.
«Ma certo, trovo che sia una buona idea.» rispose prontamente Nicola, alzandosi, e Giulio lo imitò. A dire la verità, aveva proprio voglia di sgranchirsi un po’ le gambe e di non sentire il Cavaliere che sviolinava il suo amore per i Borzoi. E la razza qui, e la razza lì, e i tartufi, il garrese e nonsapevapiùchealtro.
«Grazie al cielo.» sospirò, una volta che si furono allontanati dal portico. Janosh li aveva subito seguiti, scortato da Lalalya che, a detta di Giulio, era un vero esemplare di femmina-zecca: ti si attaccava addosso e non te ne liberavi più.
«Ti stai annoiando?» domandò Nicola, pungolandolo leggermente col gomito, poi si guardò fugacemente alle spalle e, visto ce non c’era nessuno, ne approfittò per prendergli la mano.
Giulio sorrise, stringendo le sue dita e godendo del loro calore. Dio quanto gli era mancato avere un contatto con lui, anche se banalissimo come quello, ma ne aveva davvero bisogno. «Ma no, solo che ‘sto Del Bianco è un po’ un fissato, eh.»
Il Duca convenne. «Eh, beh.»
«E comunque, mi spiace dirtelo, tesoro, ma Janosh…» Giulio indicò il cavàne con un cenno del capo e l’espressione scoraggiata.
Nicola si fermò in quella zona della distesa più appartata, dove non era possibile essere scorti dalla villa, e si sedette sull’erba perfettamente curata. Con le gambe piegate a mo’ di indiano, appoggiò il viso in una mano, sospirando. «Credi che non me ne sia accorto? Anche questa volta niente cuccioli.»
Il barista si intenerì a vedergli mettere il broncio. Non lo faceva mai, ma quando accadeva lo trovava terribilmente adorabile. Rapidamente si sedette accanto a lui, con entusiasmo.
«Senti, perché non lo incentiviamo noi? Gli facciamo vedere come deve fare.»
Nicola arrossì di colpo. «Ma sei impazzito?! Potrebbe arrivare qualcuno-» disse, guardandosi attorno con una certa preoccupazione.
«Mica ho detto che dobbiamo fare sesso sfrenato!»
L’altro inarcò un sopracciglio, cercando di trattenere una risata. «Tu ne saresti capace.»
Giulio valutò le sue parole e poi borbottò, agitando animatamente una mano. «E questo che c’entra adesso?! Su, lasciami fare!»
Nel frattempo, Janosh s’era seduto poco distante da loro, con Lalaya sdraiata pancia all’aria che praticamente sembrava urlargli: “Sì! Sì prendimi! Sono tua, bel cagnolone focoso!”.
Giulio gli lanciò uno sguardo di intesa. «Guarda e impara, campione.»
Senza permettere a Nicola di replicare o sfuggire – anche perché non l’avrebbe mai fatto –, il barista si sedette a cavalcioni su di lui. Le mani affondarono nei capelli biondi, lasciati sciolti e più lunghi di quando l’aveva conosciuto. Li carezzò con estrema lentezza, godendo della loro consistenza morbida, mentre il Duca reclinava il capo all’indietro, chiudendo gli occhi e beandosi di quel tocco appassionato; le sue mani risalirono lungo le cosce ed il sedere, per avvolgere la vita e stringerlo un po’ di più a sé.
Un sorriso di contemplazione distese le labbra di Giulio, perché era meraviglioso vederlo così preso dalle sue attenzioni, entrambi completamente nelle mani dell’altro in un legame perfetto.
«Stavo impazzendo senza toccarti.» gli confessò, chinandosi sul suo viso e baciandogli la fronte lentamente.
«Mh… davvero?»
«Davvero.» le labbra si spostarono sulla tempia e poi giù, lungo la guancia, seguendo un percorso improvvisato. «Avrei voluto scavalcare il Cavaliere per raggiungerti.»
Nicola ridacchiò. «Addirittura?»
«Oh, sì.» sul naso, per passare all’altra guancia. «Sarei saltato sul tavolo. Altro che agilità dei Borzoi, avrebbe visto l’agilità di Giulio Ferraris in tutta la sua grazia.»
«Di cosa c’hai privato.» lo prese in giro il Duca, stavolta ridendo di cuore, ma il riso gli si spense nel momento in cui le labbra di Giulio arrivarono alla fine di quel piacevole viaggio, fermandosi sulle sue, di labbra. La stretta attorno alla vita venne rafforzata e se lo premette di più addosso per godere pienamente di quella bocca che lo stava mordendo adagio. La passione che veniva alimentata poco a poco, come un fuoco lento che rimaneva addormentato sotto le braci.
«Janosh sta prendendo esempio?» mormorò Giulio, separandosi da lui per una fugace frazione di secondo. «Dimmi di sì o finisce che davvero approfitterò di te in questo scenario bucolico.»
Un frammento d’azzurro fece capolino da dietro le palpebre di Nicola, per inquadrare la parte di prato in cui si trovavano i due cani. Il frammento divenne un’ondata improvvisa.
«Ma che diamine-!» sbottò il Duca, separandosi bruscamente da Giulio il quale sospirò, inarcando un sopracciglio.
«Evviva il tatto.»
«Janosh è sparito!»
«Che cosa?!» di scatto, anche il barista si volse per verificare con i suoi stessi occhi le parole di Nicola e… aveva ragione! Lalaya restava accucciata, con il muso appoggiato sulle zampe – in un atteggiamento quasi sconfitto e abbandonato –, ma di Janosh nessuna traccia. «E dove diavolo se n’è andato?! Devo forse dedurre che non siamo uno spettacolo edificante?!»
«Cerchiamolo.» disse Nicola e Giulio convenne, alzandosi in piedi ed aiutando il giovane architetto a fare altrettanto.
«Io provo da questa parte.» propose proprio il barista, indicando la parte più ricca di vegetazione della tenuta. «Tu torna indietro, verso la villa, magari è tornato in direzione dell’entrata.»
«Va bene.» il Duca si passò una mano nei folti capelli dorati «Basta che non si cacci nei guai, ne è capacissimo, purtroppo.»
Giulio parve meno preoccupato e gli carezzò il braccio per trasmettergli il suo ottimismo. «Ma sì, vedrai che sta qui intorno. E poi, che vuoi che gli capiti? Dai forza, al lavoro.»

«E allora? Va tutto bene?»
Nicola alzò il capo di scatto. Era tornato sui suoi passi, passeggiando accanto alle gabbie dove gli altri Borzoi stavano distesi e sonnacchiosi. Non aveva incrociato Janosh nel percorso inverso e cominciava a preoccuparsi.
Il Cavaliere Del Bianco si fece avanti; una mano dietro la schiena ed il bastone da passeggio per accompagnarsi.
Il Duca avrebbe voluto dire che, sì, era tutto perfetto, ma invece sospirò pesantemente, passandosi una mano sulla fronte e fermandosi davanti all’uomo. «Non proprio… Janosh è scomparso. Io e Giulio ci siamo distratti un attimo e si è dileguato.»
Il Cavaliere sollevò le sopracciglia con una certa perplessità, prima di ridere divertito. «Oh, suvvia, non deve preoccuparsi, la proprietà è recintata, quindi non possono uscire. Lui e Lalaya si saranno cercati un angolino dover poter starsene in pace.»
La mano, dalla fronte, scivolò sul viso con rassegnazione. «Temo proprio di no. Lalaya era con noi.»
«Oh…»
«Anzi, a dirla tutta, credo che Janosh non sia intenzionato ad accoppiarsi…» Nicola pensò che fosse il momento giusto e ne approfittò per raccontargli tutta la storia, chissà, magari aveva qualche buon consiglio da dargli, vista la sua esperienza. «…non so davvero come mai faccia così. Questa è la quarta volta che cerco di farlo accoppiare, ma nulla da fare. Janosh non ne vuole sapere.»
Il Cavaliere sgranò gli occhi, portandosi teatralmente una mano al petto. «Come Igor!» esclamò e il Duca fece eco.
«Igor?»
«Sì, esattamente.» l’uomo scosse il capo, cominciando a camminare lungo le gabbie assieme a Nicola. «Vedi, Igor è un meraviglioso esemplare di Borzoi, ma ha un carattere terribile. Non posso portarlo alle mostre perché infastidisce gli altri cani, non posso usarlo come cane da monta perché non si interessa alle sue compagne. Per questo dico che è un ribelle, perché fa sempre di testa sua.»
Da parte sua, Nicola si sentì stranamente sollevato da quelle parole, ma esibì comunque un’espressione dispiaciuta. «Capisco, così anche lei…»
«Eh, già.» il Cavaliere gli diede una lieve pacca sulla spalla di incoraggiamento. «Il suo Janosh ha davvero un bel carattere, sono sicuro che è solo questione di tempo. Nel mio caso, invece, ormai sono rassegnato del tutto. Ma vieni, te lo faccio vedere, così ti mostro di cosa-» e si volse verso il box dove teneva il levriero, ammutolendo all’istante. «Ma… dov’è?»
Solitamente, il Borzoi se ne stava sempre all’aperto, gironzolando per lo spazio a disposizione o accucciato contro la ciotola, ma Del Bianco s’accorse che non c’era.
«Igor? Igor!» lo chiamò un paio di volte; del cane nemmeno l’ombra. Solo allora, spostandosi verso la parte posteriore, notò il buco scavato sotto la rete. «Perdincibacco! È scappato di nuovo!» esclamò, guardandosi attorno e poi rivolgendo uno sguardo preoccupato a Nicola. «Dobbiamo assolutamente trovarlo prima che si accorga di Janosh. Igor ha un pessimo carattere e poco sopporta che cani estranei passeggino in quello che considera il suo territorio!»
Sul viso del Duca si dipinse un’espressione apprensiva: Janosh era un cucciolone votato al pacifismo e se si fosse azzuffato con un altro cane, con un temperamento forte come quello che il Cavaliere Del Bianco stava descrivendo, ci avrebbe sicuramente rimesso. In cuor suo, sperò che Giulio l’avesse già trovato, ma la cosa non lo tranquillizzò del tutto: l’idea di Giulio, da solo contro un cane ostile non gli piaceva per nulla.
«Presto, vieni con me.» disse ancora l’uomo ed insieme tornarono ad immergersi nella folta vegetazione della tenuta.

«Janosh! Forza bello, vieni fuori. Tanto lo so che ti sei andato a nascondere.»
Giulio ruotò gli occhi al cielo, fermandosi nel mezzo della boscaglia e portandosi le mani ai fianchi. L’aveva cercato in lungo e in largo, e non aveva ancora finito la zona. Ma quanto cazzo era grande la tenuta di ‘sto Cavaliere?! Avrebbe dovuto dar loro una cartina con la bussola, altro che Cognac!
«Sta’ tranquillo, che tanto l’hai scampata anche per questa volta: niente accoppiamento!» decretò con una certa verve, ma il cavàne non emerse dalle fronde e a lui non restò che grattarsi dietro la nuca.
Poi, un sommesso uggiolare lo fece girare di scatto e tenere tese le orecchie. Il guaito successivo gli distese finalmente un sorriso soddisfatto, mentre inarcava un sopracciglio.
«A-ah! Ti ho scoperto, eh, stallone dei miei stivali!» sghignazzò, avvicinandosi a passo deciso verso un cespuglio. «Allora? Ti sei diverti-ihhhhhhh!» la frase gli si troncò a metà, mentre faceva schizzare quella ‘i’ su toni acutissimi; occhi e bocca spalancati, rimase con le mani sulle fronde per alcuni momenti con il cervello totalmente spento. «Oh…» boccheggiò. «Oh.» ripeté, per ribadire il concetto. «OH!» esclamò infine. Stavolta a Nicola sarebbe venuto un colpo, perché questo non l’avevano minimamente ipotizzato.
«Giulio!»
Appunto. Parli del Duca
Giulio si guardò alle spalle con la furtività d’un ladro che stava rischiando d’esser scoperto, i passi che si facevano sempre più vicini. Guardò nuovamente davanti a sé. Poi di nuovo alle spalle.
«Cazzo!» rapidamente chiuse le fronde cespugliose e vi si mise davanti in posa plastica e splendida: una mano appoggiata contro il tronco d’un albero e l’altra al fianco, un sorriso da tabellone stampato sulla faccia.
L’attimo dopo, Nicola lo raggiunse assieme al Cavaliere.
- Di male in peggio! - pensò Giulio, che continuava a sorridere come un deficiente.
Appena lo vide sano e salvo, il Duca si lasciò sfuggire un sospiro sollevato. «Meno male, stai bene.»
Lui fece lo gnorri. «Sì, perché? È successo qualcosa?»
«Forse no, ma potrebbe succedere se non troviamo Janosh, sei riuscito a vederlo da qualche parte?»
Giulio deglutì con uno sforzo. «No.»
Il Cavaliere cercò di rassicurare soprattutto Nicola, visibilmente preoccupato. «Probabilmente non si sono ancora incrociati, altrimenti li avremmo sentiti abbaiare. Igor ha un timbro molto forte.»
«Igor? La ‘spina nel fianco’?» fece eco Giulio. Il sorriso durbans si stava trasformando in una paresi.
«Sì, proprio lui. E’ scappato dalla sua gabbia e abbiamo paura che possa attaccare Janosh.»
- Perché non mi stupisco che sia proprio quello?! - anche se ‘attaccare’ non sarebbe stato il termine che il barista avrebbe usato. ‘Scopare’ andava decisamente meglio. ‘Stuprare’ no, dato che, da quel poco che aveva visto, Janosh non è che si fosse tanto dispiaciuto. Anzi.
Un improvviso guaito fece cadere il silenzio per dei lunghissimi istanti, durante i quali Giulio vagliò gli sguardi dei due interlocutori ed esclamò: «Veniva da lì!» indicando una direzione a caso e rimanendo ben saldo nella sua posizione.
Nicola lo trapassò con quegli occhi di mare che cominciavano ad essere stretti in fessure. La testa venne mossa appena. «Giulio…»
Un guaito, ancora.
«Oh, quanti uccellini che ci sono qui. È davvero un bel posto, Cavaliere. Tanta natura…»
«Giulio. Mi stai nascondendo qualcosa?»
Il barista esibì la peggiore delle sue espressioni sorprese. «Chi? Io?! E cosa dovrei nasconderti?» cinguettò stralunato.
«Vengono da dietro quel cespuglio.» sentenziò il Duca con un tono raggelante e fece per avanzare. Giulio tentò di bloccarlo.
«Non c’è niente qui, ho già guardato.» ma il nuovo e sommesso uggiolare lo smentì. – Ma che cazzo! Volete fare poco casino voi due?! Sto cercando di salvare i vostri padroni da un infarto! – pensò furente, continuando ad esibire il suo sorriso a trentadue denti.
«Giulio, spostati.» ed era un tono che non ammetteva repliche. Con un ultimo guizzo, il barista l’afferrò saldamente per le spalle.
«Nicola, ti fidi di me?» esordì, fissandolo con sguardo serio. L’altro parve interdetto.
«Certo che sì, ma-»
«Allora, non guardare.»
Quell’avvertimento, purtroppo, non fu sufficiente e Nicola, assieme al Cavaliere, spostarono le fronde.
L’aspirazione infinita di un “AH!” fece sospirare Giulio, mentre gli altri due restarono immobili come statue davanti al ‘misfatto’.
«Soli eravamo e senza alcun sospetto…» declamò il barista, che tanto si trovavano sotto Gradara, e, vista la situazione, la citazione ci stava tutta.
«Giulio.» ringhiò Nicola.
«Preferisci: galeotto fu il cespuglio e chi non lo potò
«Giulio!»
Giulio sorrise, il suo Duca era bellissimo anche con i nervi a fior di pelle.
Ma colui che rimase più shockato di tutti fu il Cavaliere.
«Igor!» sbottò, preda d’una totale incredulità. «Tu… tu… ci vuole un cognac.» concluse, muovendosi meccanicamente verso la villa. «Sì, proprio un cognac.»
«Facciamo due.» s’accodò Nicola, tenendogli dietro.
Più arretrato, Giulio li vide andar via sconsolati, continuando a sorridere. Poi si volse, i due ‘piccioncini’ non più in atteggiamenti vietati ai minori, ma che restavano accoccolati l’uno vicino all’altro. Con aria sostenuta e le braccia incrociate li guardò dall’alto in basso, facendo schioccare la lingua tra i denti. «Ragazzi, l’avete fatta grossa.»
Janosh abbozzò un abbaiare, ma subito lui agitò una mano. «No, no, niente scuse, giovanotto. Ti dovrai prendere delle responsabilità. In quanto a te…» si volse ad osservare il famoso ribelle. «…quello è il cane del mio uomo.» gli strizzò l’occhio. «Abbine cura.»

*

La Mito rossa filava tranquilla sulla via del ritorno.
Il tramonto infuocava il cielo ed il silenzio lasciava agli occupanti della vettura il piacere di sentire la musica proveniente dall’autoradio.
Giulio lanciò un’occhiata fugace a Nicola, seduto accanto a lui. Avevano deciso di fare a turno, e toccava al barista guidare. Fosse stato per il Duca, non avrebbe mai fatto mettere Giulio al volante, ma il ragazzo era stato categorico: ‘Sono un uomo! Non puoi farmi restare al lato passeggero più di qualche oretta!’. Dopo una simile affermazione, a Nicola era toccato capitolare, tra una risata e l’altra.
Adesso, però, il Duca se ne restava silenzioso e con un leggero broncio.
Giulio sorrise. «Cosa c’è che non va?» gli domandò, ma tanto già lo sapeva.
Nicola sospirò. «Niente cuccioli.»
«Ma se ne hai appena preso uno?» osservò i due passeggeri accucciati sul sedile posteriore. «Vero, Igor?»
Il Borzoi, dal manto nero e lucido e due luminosi occhi nocciola, quasi gialli, tirò su il muso al richiamo e poi tornò ad appoggiarlo sul collo di Janosh, che gli restava accanto, sonnecchiando tranquillo. Sul muso, l’espressione della beatitudine.
«Guardali. Non sono carini?»
Il Duca si girò e fu costretto a convenire con Giulio. Il sorriso rilassato che aveva incantato il barista, nei pomeriggi d’estate, gli distese le labbra. «Un cane gay. Così era questo il motivo per cui non ne voleva sapere…»
«Beh, dopotutto: tale cane, tale padrone.»
Nicola gli mollò un buffetto sul braccio, ridacchiando assieme a lui. «Scemo.»
«E comunque, non poteva essere altrimenti, in fondo, Janosh è biondo, no?»
«Veramente sarebbe ‘oro’.» ci tenne a precisare il Duca, Giulio minimizzò.
«E’ lo stesso. Uno ‘oro’ come lui… non poteva che trovarsi un aitante moretto!»
«Stai forse facendo qualche paragone con la realtà?»
Giulio sorrise; distogliendo per un momento lo sguardo dalla strada, gli prese la mano, intrecciandone le dita. «A te non sembra? Dopotutto, le coincidenze non capitano mai per caso…»
Nicola attirò le loro mani unite alle labbra, baciandogli le dita e stringendole di più, come se non avesse mai voluto lasciarle.«Hai ragione, ed è una gran bella realtà.»

 

Fine

PostNota: la frase di Giulio (“Le coincidenze non capitano mai per caso”) ovviamente è ripresa da “Il centro della Clessidra”.
Ed è finita. XD
Amo Janosh ed Igor, ma proprio tantissimo. *muore d’amore* E comunque un’immagine di Igor l’ho vista su DA. Ed era bellissimo. *o*
Grazie ancora a tutti voi e a rileggerci, in un prossimo futuro, in questa sezione. Chissà. ^^/ (XD se riesco a sopravvivere alla mole di roba che ho da scrivere altrove!)

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Melanto