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Autore: Dira_    10/07/2010    27 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Wow. Non so cosa dire. Non mi aspettavo davvero tante recensioni, quindi grazie, grazie e vi prego, continuate così! :D
(Che paracula)
No, sul serio, non so davvero come ringraziarvi. Vi abbraccerei ad ognuna/ognuno, ma accontentatevi del mio amore telematico! *_*
@ElseW: Potevo forse lasciarvi con niente sotto i denti? Presto il mistero di Tom sarà svelato (sic!) e grazie grazie grazie per i complimenti!

@NickyIron: La farò, sicuro, o almeno la descriverò. Dimmi pure come la vedresti tu, sono curiosa! ^^ Essì, c’è ancora la Thule in ballo, e quando mai una setta si arrende? Ahaha, beh, il motivo non è proprio una crisi esistenziale, è un bel po’ complicatello, ma vedrai! ^^ Grazie per seguirmi!
@LyhyEllesmere: Ciao! Sì, beh, ci sono dei motivi per cui non torna, e sì, Al è diventato un bel pulcino incazzato xD Lo vedrai meglio nel capitolo^^ Sì, il titolo vuol dire più o meno quello… è il nome di un’associazione delle mie parti, e significa ‘dall’ombra alla luce’ intesa la conoscenza. Roba esoterica insomma XD
Foolfetta: Tranquilla DP non scappa! XD Beh, Ian/Tom è lì perchè… diciamo, long story short, perchè c’è finito, senza volerlo. Il motivo per cui ci rimane invece devo ancora spiegarlo, quindi tranqui ^^
@MadWorld: Grazie per i complimenti!^^
@Andriw9214:  Ahaah, sì, mirabolante esiste come parola! XD Meike è adorabile, lo so, e pensare che solitamente i bambini li detesto! XD Beh, Tom si scoprirà poi, promesso e la strigliata l’avrà a prescindere XD Grazie… il titolo l’ho preso da un motto araldico trovato su internet, che poi ho scoperto essere di un associazione vicino a casa mia. Faceva effetto sì XD è un peccato che ci siano così pochi ragazzi. A essere tutte ragazze purtroppo si perde la componente critica maschile che a volte servirebbe decisamente, specialmente nelle storie slash (che ehi, parlano di ragazzi). Conto su di te per eventuali critiche! :P

@Leeirel: Ahaah, grazie per i complimenti e la fiducia a Sören! ^^
@Simomart: Ehi! Beh, non potevo abbandonarvi, giusto? :D woah, grazie per i complimenti… il più bel complimento che uno scrittorucolo come me possa ricevere è sapere che il proprio stile non si è fossilizzato! E poi hai centrato il punto con Tom. sta male e il suo lento recupero è uno dei tanti motivi per cui non ha contattato casa (+ seppie mentali XD) Sì, Sören compare nell’immagine nella storia e anche nel mio profilo, ho messo delle immaginette graziose (spero di non aver infranto nessu regolamento o hotlinking che dir si voglia ;P) Lily avrà più spazio, come vedrai in questo capitolo. Mi piaceva che fosse una storia basilarmente slash, ma con un punto di vista anche femminile. Diciamocelo, sono una scrittrice, non possono non mettere una ragazza a raccontare un po’ la sua storia. XD Specie come un nome come Lily. L’aggiornamento sarà, indicativamente, ogni sabato, max domenica^^
@Agathe: Ciao! No, Sören non è completamente cattivo. Diciamo… che è un soldato. Ecco tutto. XD
GiuVio: Ciao! Wow, che recensione! Grazie per I complimenti! E per l’impresa che ti sei sobbarcata per leggere tutta la mia storia in un colpo! Sono cose che fanno bene al cuore di una piccola fan-writer, sul serio! XD Sulle storie della next gen. Ti do ragione… la maggior parte sono uno sfilacciamento noioso dei genitori. ^^ Davvero, mi hai fatto dei complimenti bellissimi. Ci credi che ho letto qualcosa come dieci volte il tuo commento, per tirarmi su in questa sessione estiva? XD Grazie anche per i complimenti a Teddy, se ne prende così pochi, poverino! X) Ma sei davvero andata a ritrovare quel passaggio! Ma io ti adoro! Semino tanti piccoli indizi, ma spesso capisco che è impossibile notarli! Beh, non è l’amico di penna di Lily ma c’entra qualcosa XD Grazie ancora, sei fantastica, veramente!
@Sbirolina93: Presto così va bene? XD
@Cloto: Oh, sicuramente le recensioni e voi, soprattutto, sono ottimo carburante per questa storia… e tutte le tue domande avranno una risposta. Presto ^^
@Altovoltaggio: Cavolo, che recensione! Me-ra-vi-glio-sa! Allora, rispondiamo con ordine. Sì, in effetti la traduzione letterale e quella, e sì c’entra con un circolo culturale, anche se non so se sia o meno del ‘700. So che era attivo dalle mie parti per delle iscrizioni che ho trovato in giro. XD Sì, in effetti Sören (non preoccuparti per la dieresi, io ho dovuto pasticciare con word per averla sulla tastiera -_-) c’entrerà con Lily… vedremo poi come, ma ci sarà più het. Rimarrà sempre una storia slash questa, beninteso, ma introdurrò qualcosina di meno ‘gay uber alles’ XD Promesso. Beh, diciamo che per Tom… i suoi problemi non sono legati al fatto che non si fidi dell’amore di Al. anzi, semmai è tutto il contrario. Ma a suo tempo debito. Grazie per i complimenti… diciamo che il set l’avevo scelto da metà doppelgaenger in poi, quindi ho avuto modo di preparare il terreno. xD E per quanto riguarda la frase di QaF… spiacente, non ricordo quando l’abbia detta, io l’ho trovata su un avatar. ;P Gli aggiornamenti, salvo imprevisti, rimangono allo stesso ritmo di quelli di DP, quindi sì, una volta a settimana XD Grazie per la meravigliosa recensione, sei impagabile. E ah… ho letto anche quella a Seven Steps. Ti giuro che è fantastico sapere che finalmente hai accettato pure quella coppia, specie perché sapevo quanto eri scettica all’inzio. Anche lì, un analisi meravigliosa… posso farti un monumento?
MikyVale: Non preoccuparti, quando ho visto le vostre recensioni ho fatto lo stesso, quindi siamo un mucchio di matte. XD Yep, nella foto di centro quella è Lily (faccia presa in prestito > Molly C. Quinn) E il resto li hai tutti azzeccati, Al, Tom e Sören. ^^ Grazie per i complimenti… se continuo a migliorare non posso che essere mega-felice! :D
@Ombra: Ahaahah, beh, grazie! :D Tom è una droga? Beh, è un super-complimento, non farmi arrossire! ^^ (Tom sa di esserlo e lo ribadisce) Non preoccuparti, Tom tornerà. In qualche modo. XD
 
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Capitolo I
 

 

 
 


If I could kiss you now/ I'd kiss you now again and again

‘Till I don't know where I begin and where you end
Oh where you end is where I begin.
(Where You End, Moby)¹
 
 
30 Luglio 2023
Devonshire, Ottery St. Catchpole.
Casa Potter, pomeriggio.
 
Il Devonshire in quel particolare luglio era rovente.
Le previsioni avevano dato assenza di piogge e sol leone per tutto il mese e Ginny Potter pregava che i fiori del suo giardino non si incenerissero, mentre in quel tardo sabato pomeriggio tirava fuori pentole e vivande per la cena.
Avrebbe dovuto cucinare qualcosa di leggero, rifletté. Il giorno dopo sarebbe stato il quarantatreesimo compleanno del marito, incidentalmente Salvatore dei Mondi, ed era previsto un banchetto pantagruelico alla Tana.
“Insalata!” Le suggerì Lily, seduta al tavolo della cucina mentre scriveva alacremente, scordandosi puntualmente di intingere il pennino. “Perché non possiamo comprare delle penne babbane?”
“Le abbiamo comprate…” Le fece notare. “Ma poi tuo fratello le ha perse tutte.”
Veramente Albie le ha portate al lavoro e quelle cavallette del laboratorio gliele hanno rubate e lui è troppo buono per chiedergliele indietro.” Ipotizzò Lily corrucciandosi. “Odio dover scrivere con la piuma, quando il mondo babbano mi offre un’infinita gamma di comode penne con l’inchiostro dentro.”

“Chiederò a papà di fermarsi a comprarle nella Londra babbana stasera, va bene?” La tacitò distrattamente. Lanciò un’occhiata pensierosa al soffitto, direzione piano superiore.
Albus aveva passato metà dell’estate chiuso in soffitta a preparare pozioni che poi puntualmente finivano in un evanesco, considerando che interi litri di pozione pepata² erano del tutto inutili in quel periodo dell’anno.
Ginny l’aveva lasciato fare fino a che non aveva attentato alle rose del giardino, cercando di curar loro il vaiolo di drago. Prima che sterminasse l’intera coltura aveva chiamato un vecchio amico della scuola, Seamus Finnigan, che lavorava come guaritore³ al San Mungo. Dopo un caffè, chiacchiere e ricordi era riuscita ad ottenere per il figlio un posto al laboratorio di pozioni dell’ospedale, come apprendista. Non era retribuito e si limitava a pelare radici e pulire i calderoni, ma era sicuramente un’esperienza formativa.
E aveva permesso alle  sue rose di vivere, cosa non da sottovalutare.
Guardò la figlia che si soffiava irritata una ciocca di capelli lunghi via dal viso. Le sorrise affettuosamente: attualmente era l’unica che non dava loro grattacapi, quasi-infarti o rivelazioni shockanti.
Infatti neanche tre settimane prima James aveva palesato al mondo di apprezzare anche i ragazzi. La cosa in sé era stata traumatica, specie se addizionata al fatto che preferiva un ragazzo in particolare. Teddy.
E viceversa il loro figlioccio aveva dimostrato di avere la stessa… inclinazione.
Non poteva non ammettere di aver sempre sospettato di Ted, Vic a parte.
Ma Jamie…!
Sospirò controllando lo stato dei pomodori: cadevano in fette circolari e umide sul tagliere, affettati dal coltello che si librava nell’aria grazie alla magia.
Harry non si era ancora del tutto ripreso: Jamie era il loro primogenito, quello che più gli assomigliava caratterialmente. Lo chiamava il suo malandrino ed era sempre stato ciecamente orgoglioso di lui.
Il fatto che ami un uomo, Teddy, più grande, da sempre presente in famiglia…
Ginny era però convinta del fatto che Harry prima o poi l’avrebbe accettato. Avevano parlato a lungo con entrambi, dopo che Teddy aveva fatto una confessione chiassosa e pubblica, più nello stile di James che suo.
Ginny era rimasta colpita dalla maturità che James aveva dimostrato in quella situazione. Il figlio maggiore non aveva mai brillato per essere un tipo riflessivo, ma in quei frangenti ce l’aveva davvero messa tutta per non scaldarsi. Le era rimasta impressa una frase.
 
“Non mi illudo che sia facile mamma, ma me l’avete insegnato voi che la differenza sta tutta nel sapere di avere qualcosa per cui lottare. Ed io ce l’ho.”
 
Oltre lo shock e la preoccupazione Ginny si era sentita orgogliosa. Ed era certa che anche per Harry fosse così.
Ma è un uomo…
La rivelazione era stata trasmessa al resto del clan e nel giro di una settimana era diventato l’argomento caldo. Aveva ricevuto una quarantina di visite da sua madre e aveva quasi dovuto spingerla fuori dalla porta prima di essere sommersa da un mare di pasticcio di carne e sandwich al bacon.
La reazione che però l’aveva fatta definitivamente tranquillizzare era stata quella di Charlie, l’uomo disperso trai rudi monti della Romania. Ginny sapeva dall’età di sette anni delle sue inclinazioni verso gli uomini, visto che era stata la sola ad aver conosciuto il suo ragazzo di allora.
Suppongo di essere tutt’ora l’unica a sapere…
Charlie le aveva ricordato quello che il disagio di quella situazione, addizionata all’intera situazione di Tom, gli aveva offuscato.
Cioè che James era un ragazzo serio dietro l’istrionico bisogno di farsi notare e che non avrebbe preso una scelta simile per puro capriccio.
Nonostante tutto, rifletté Ginny mentre spediva con un tocco di bacchetta gli asparagi a bollire, quell’episodio aveva alleggerito la situazione.
Harry aveva passato giorni a sbraitare e chiedersi se era stato un cattivo padre, invece che piangersi addosso perché era un orrendo padrino.
Lily finì la propria lettera con il solito svolazzo che identificava la sua firma. “Finito!”
“Come sta il tuo amico … ehm.” Si fermò imbarazzata. Non ricordava mai la nazionalità dell’amico di penna della figlia. Era curioso, perché Lily glielo ripeteva ogni volta.

“Ren è tedesco.” Ripeté pazientemente, roteando gli occhi al cielo.
“… Ren?”  
Lily sorrise, mettendo via pergamene e penna. “Non ha un gran bel nome, poverino. Conto di fargli accettare il soprannome entro le prossime due o tre lettere.”
“Capisco… come sta allora Ren?” Le chiese.
“Bene! Adesso è in viaggio per tornare a casa. Durmstrang ha delle vacanze estive ridicole, sarà perché lassù fa davvero freddo…” La informò meditabonda, fregando una rondella di pomodoro dal tagliere.
Ginny le sorrise: c’erano dei lati di sua figlia che molta gente sottovalutava perché offuscati dalla sua apparente superficialità. Per esempio, era stata l’unica che in quei mesi fosse riuscita a trovare un punto debole nel guscio in cui si era chiuso Albus.
“Mamma?” La richiamò. “Quando dovrebbe arrivare i ragazzi?”
“Mmh? Tra poco credo…” Controllò l’orologio a muro, gemello di quello alla Tana: i tre nomi dei maschi di casa erano tenacemente ancorati al ‘fuori’. Harry doveva essere da Ron a piangere sulle rispettive miserie, ovvero una figlia probabilmente collusa con un Malfoy e un figlio interessato alla stessa metà del cielo.

Persino Hermione li lasciava crogiolarsi nei propri foschi pensieri ormai.
Una fiammata verde proveniente dal camino annunciò l’arrivo di uno dei suoi figli.
“Togliti dal mio mantello, Jam!”
“Mi stai pestando i piedi, razza di imbranato, togliti tu!”

… o forse due.
Sì. Decisamente solo i suoi figli riuscivano a prendere la metropolvere nello stesso, esatto, momento e accapigliarsi per questo.

Lily soffocò una risatina. “Siete due idioti…”
“Così pare.” Borbottò Al tirando uno spintone al fratello e uscendo dal camino, mentre si scrollava la cenere dal mantello. Sotto aveva una maglietta lillà e James vedendogliela ghignò.
“È la cosa più gay che abbia mai visto.”
“Se lo dici tu sarà vero…” Rimbeccò andando a baciarle la guancia. “Devo indossare qualcosa sotto la divisa che non mi faccia morire di caldo quando lavoro.”
“Non lavori, pulisci calderoni.” Rimbeccò James buttandosi su una sedia e intrecciando le mani dietro la nuca. Ginny lanciò l’ennesimo sguardo di disapprovazione al suo tatuaggio. Sapeva che progettava di traforarsi un lobo come aveva fatto l’erede Malfoy. Lo sapeva.

“Perché tu invece? Servi il Ministero colpendo sagome di cartone animate?” Replicò Al. “Non sei un auror, non sei ancora stato ammesso all’Accademia, frequenti i corsi estivi del Ministero!”
“Dammi tempo. Tu cosa sarai invece? Uno straordinario pulisci - calderoni?”
“Bene. Non salverò la tua stupida pellaccia quando ti farai esplodere in faccia la bacchetta alla tua prima missione, sappilo.”

“Perfetto, perché se voglio morire lo farò sul campo di battaglia, non avvelenato da te.”
Ragazzi.” Li richiamò all’ordine mentre Lily ormai rideva apertamente. “Potreste finirla di mordervi? Così, se vi va.”

I due fecero una smorfia gemella. A Ginny venne da ridere; si pizzicavano da quando avevano cominciato ad aver coscienza di sé, e sembravano perennemente in disaccordo, su tutto. Ma nessuno sapeva quanto e come James era stato vicino ad Al in quel periodo, come lo aveva protetto dai pettegolezzi e dalla curiosità morbosa.
Avevano un modo di interagire tra di loro un po’ goffo e brusco, ma come madre era totalmente certa dell’affetto che l’uno provava per l’altro.  
Solo che sono davvero troppo simili in fondo, e troppo diversi in superficie…
“Allora, cosa volete per cena, miei eroi?” Li canzonò: amava i suoi figli e li amava soprattutto adesso che si era resa conto di quanto fosse facile perderli.
Non riusciva neppure ad immaginare come dovesse sentirsi Robin Dursley.
Al si versò un bicchiere di succo di zucca. Poi parve registrare l’eventualità di cenare a casa. “Ah… ehm. Non contare me, mamma. Stasera ceno a Diagon Alley con Mike e i suoi amici.”  
Ginny sperò che non si vedesse la sua smorfia di disappunto. Quello Zabini non le piaceva: era stato un paio di volte a cena a casa loro e non era riuscito a trattenere il classismo che gli trasudava da ogni poro.  
È un serpeverde, cosa ti aspettavi? - Le disse una voce che aveva il tono accusatorio di suo fratello.
Ancora?” L’esclamazione di James sembrò tradurre i suoi pensieri. “Perché cavolo esci con quegli idioti?”
“Perché… vediamo. Ah, sì. Non sono affari tuoi.” Al fece un sorriso che Ginny aveva imparato a tradurre come irritazione allo stato puro.  
“Sono degli idioti pieni di galeoni e con un cazzo da fare tutto il giorno se non fare gli snob purosangue!” Insisté salace James.

“Sono persone con cui mi piace uscire.”
Al era sempre stato il più quieto di tutti in famiglia. Ma adesso era freddo. Ginny sapeva che dietro quella facciata si nascondeva sempre il suo bambino, timido e sensibile. Spesso lo trovava di notte, in cucina, con gli occhi rossi che le chiedeva piano se poteva avere una tazza di latte caldo.
La scomparsa di Tom, il suo rapimento, tutta quella paura e dolore avevano lasciato un solco nel cuore di Al. Ma non permetteva a nessuno di avvicinarsi abbastanza per curarlo.

Lei e Harry avevano persino parlato dell’eventualità di mandarlo da uno Psicomago², ma non era facile affrontare quel discorso con il figlio. Se messo alle corde trovava sempre il modo di svicolare e lei e Harry non se la sentivano di obbligarlo.  
James non sembrò essersi rassegnato. Al stava per uscire dalla cucina, quando gli afferrò un braccio.
“Non fare lo stupido. È il compleanno di papà!”
Al serrò le labbra. “Tra due giorni, non stasera. Ho diciassette anni e non devo certo rendere conto a mio fratello.” Si voltò verso di lei. “A te sta bene mamma?”
Era una manovra subdola, ma qualcuno in quella famiglia doveva fare dei compromessi. O lei e Harry non sarebbero usciti vivi da quella tempesta adolescente. “Solo se torni prima stavolta. Le tre del mattino non sono più contemplabili.”  

Al le rivolse un sorriso grato. “Va bene, certo.”  
James sbuffò. “Quello Zabini non mi piace…”
“Non deve piacere a te.” Ci rifletté. “O forse sì.”
Ginny vide il figlio maggiore arrossire, un’esplosione tra collo e orecchie e non volle sapere. E neanche guardare la figlia minore che ghignava in modo piuttosto rivelatore.

“Per le palle di Merlino, Al, qual è il tuo problema?” Brontolò, lasciandolo finalmente libero.
“Nessuno.” Replicò scrollando le spalle. “Lasciami stare. Tu scegli i tuoi amici, io i miei.”
“Sono dei serpeverde!” Sbottò, esasperato dal non riuscire a far valere le sue ragioni. Ginny poteva capire il figlio maggiore: la frequentazione con Zabini e questi fantomatici amici impensieriva anche lei.

Al serrò le labbra di rimando. “Io sono un serpeverde.” E fu un tutt’uno infilarsi nella porta sul retro e tirarsela dietro.
Al!” James masticò un’imprecazione. “Stupida testa dura!”
Ginny sorrise, facendogli una carezza. “Chissà chi mi ricorda. Lascia stare tuo fratello, tesoro. Zabini può non piacerci, ma credo che tenga molto a lui.”
“Come no…” Borbottò, scrollando le spalle. Parve ricordare qualcosa. “Ehi, senti Lils…”
… e Lily non c’era più, ma la porta richiusa da Al adesso era aperta.

Ginny sorrise.
In quella famiglia l’amore poteva essere maldestro e un po’ soffocante ma c’era. Sempre.  
 
 
****
 
Non era difficile seguire Albus. I campi di grano attorno a casa Potter erano assolutamente lisci e privi di barriere che non fossero qualche sparuto cespuglio o un magro albero di mele.
Lily sentiva la suola delle sue scarpe da tennis battere contro la terra scura e polverosa, in un ritmo gemello con quelle del fratello, mentre si inoltravano tra le spighe di grano.

La schiena Al, davanti a sé, non le era mai sembrata così lontana. Piegava le spighe con le dita, in una marea dorata e probabilmente era perso nei suoi pensieri.
Adorava i suoi fratelli ma aveva sempre avuto un rapporto più … comprensibile… con James.
James era semplice: tutto quello che aveva dentro lo tirava fuori, che fosse gioia o rabbia, dolore o allegria.

Al era diverso da loro due. Era esile, aveva ginocchia e gomiti un po’ sporgenti e la perenne espressione di un bambino stupefatto. Aveva un intelligenza vorace, silenziosa e a volte sembrava quasi in grado di sparire nell’equazione chiassosa della loro famiglia.
Sembrava il meno coraggioso, ma poi era capace di azioni pazzesche come quelle dell’anno prima… e di avere una fenice che ogni tanto veniva a trovarlo e incuteva soggezione a tutti i volatili domestici nel raggio di tre miglia.
Al per lei era straordinario.
Ma aveva anche uno straordinario talento per incamerare dentro di sé il dolore, senza farne uscire neppure una goccia.
Peccato che non sia capace di convincere nessuno del fatto che stia bene …
Lo vide sedersi sull’altalena, sotto l’albero di melo, il più grosso del circondario, teatro di scalate e battaglie infantili. Era il suo posto preferito per molti motivi: era all’ombra, era distante da casa eppure abbastanza vicino per sentirsi al sicuro.
Lo raggiunse, sedendosi accanto a lui. Al le rivolse un mezzo sorriso distratto.
“Rosie tornerà presto?” Gli chiese per avviare il discorso: la cugina infatti era dispersa tra le lande rumene dall’inizio delle vacanze. Lei e Al sospettavano che il motivo fosse strettamente collegato ai sospetti che zio Ron nutriva su una probabile relazione tra lei e Scorpius.
Sospetti fondatissimi peraltro, eh… Non sa neanche che Rosie è tornata a fine giugno per il compleanno di Sy, usando una passaporta con la compiacenza di zio Charlie…
Lily sapeva che ad Al mancava la compagnia Rose. Erano migliori amici e passavano una straordinaria quantità di tempo assieme, sia a scuola sia d’estate.
Al doveva sentirsi molto solo.
O non accetterebbe di uscire con Mike… Fino ad un anno fa rifiutava sistematicamente tutti i suoi inviti.
“La prossima settimana…” Le rispose, spianando la leggera ruga che gli si era formata tra le sopracciglia, al pensiero di Rose. “Non vede l’ora. Credo che non le sia piaciuto molto stare in Romania. Sai, tutti quei draghi…” Scherzò, spingendosi con i piedi per far oscillare l’altalena.
“… e niente Malfoy.” Sogghignò di rimando. “Devo ammetterlo però. Non avrei dato loro che un paio di mesi, prima che Rosie lo scannasse o Scorpius si stufasse. E invece…”
“Si vogliono bene sul serio, Lils.”
“Siamo adolescenti. Solo io sono prevedibilmente incostante?” Chiese facendolo ridacchiare. “Deprimente. Sono l’unica a godersi la vita.”
“Beh…” Sbuffò. “È solo che quando trovi la persona giusta…” Non concluse. Lily si morse un labbro e lasciò che il discorso cadesse.

“Michel è carino…” Iniziò di nuovo.
Al si rifiutava di vivere. Si lasciava scivolare tutto addosso. Aspettava. E Lily si sentiva arrabbiata e impotente a non riuscire a fargli capire che probabilmente non sarebbe venuto nessuno. O meglio, non sarebbe venuto lui.
Solo tu e papà credete che Tom sia ancora vivo, Al…
“Ti piace Mike?” Le chiese, distogliendola dai suoi pensieri. “Temo però che tu non sia il suo tipo.”
“Ovvio, sono una ragazza.” Replicò. “E comunque è lui a non essere il mio. Nella mia coppia ideale ci può essere un solo narcisista e quella sono io.”

Al rise, stavolta con più convinzione. Lily si sentì un po’ meglio. Era stupido, ma le battute erano l’unica cosa che sembrava davvero tirarlo su di morale.
Tutti non facevano che complimentarsi con lei per riuscire a parlare ad Al. La triste realtà era che riusciva solo a farlo ridere.
Ma ci stava lavorando.
Rosie è quella deputata ai discorsi seri e pieni di sentimento. Non io.
Certo che anche lei… farsi trascinare a cinque o sei stati di distanza quando Al sta così…
“Comunque dicevo per te… Cosa c’è tra voi due?” Lo guardò di sottecchi, spiandone le reazioni. Se ne era fatta una ragione, i suoi fratelli erano in lizza per trovarsi un fidanzato e non una regina del cuore.
Ironico che per quanto si stuzzichino e si massacrino a colpi di battutacce alla fine sono maledettamente simili, se si parla di cuore.
Al scrollò le spalle, evasivo. Non era tipo da sparate come James, e considerando le attuali contingenze Lily capiva perché non sbandierasse in giro i suoi interessi. Anche se fossero stati per le ragazze, Al sarebbe stato comunque riservato.
“Mike è solo amico.”
“Andiamo… perché allora sarebbe venuto a cena tre volte, rischiando un’intossicazione alimentare, considerando che si nutre di caviale e vino elfico dall’età di tre anni?”
“Finiscila…” Borbottò imbarazzato. “Cerca solo di essere un buon amico.”
“Se lo ripeti un’altra volta dovrò pensare che andate a letto assieme.”
Lily!” Sbuffò arrossendo. “Non so come essere più chiaro. Non c’è niente tra di noi.”
“Ma lui vorrebbe.”
Al si mordicchiò l’angolo del labbro. “Abbiamo messo le cose in chiaro tempo fa.”

“Sul genere?”
“Sul genere non mi interessi.” Tagliò corto, corrucciandosi. “Certo, non nego che sia un bel ragazzo…”
“È stupendo. È praticamente un Dio d’Ebano.” Proclamò seria mentre Al quasi si strozzava con la saliva infilandosi la risata su per il naso. “E dicono certe cose di lui…”
“E tu come fai saperle?” Spiò divertito. Lily adorava Albus anche perché era totalmente privo di quella fissazione, tutta dei maschi di famiglia, secondo cui sarebbe dovuta morire illibata.

È sempre stato un ragazzo intelligente…
“Io so tutto, Al. Tutto.” Si picchiettò la tempia con un dito. “Sono una ragazza e vivo otto mesi l’anno in un dormitorio di ragazze. Solo Rosie è immune ai pettegolezzi. Perché è una noiosa bacchettona.”
“Non è vero, è solo seria.” Ribatté senza riuscire a nascondere un sorriso. “Il fatto è che…” Esitò, cogliendo un soffione e giocherellandoci con le dita. “…  quello che Jamie e mamma non capiscono… è che con Mike spengo il cervello. Non devo far altro che farmi trascinare per locali.” Le confessò piano. “È… non è male.”
“Potresti portare anche me qualche volta allora.” Gli suggerì, perché era anche profondamente interessata alle porte aperte che il nome Zabini doveva garantire.

Al sospirò paziente. “Lils, hai quindici anni. Mamma e papà pretenderebbero il mio scalpo se ti portassi in certi…” Esitò, capendo di essere stato fregato.
“… posti.” Finì per lui. “Oh, delizioso. Allora vai davvero a Notturn Alley!”
“Macché Notturn Alley!” Sbottò arrossendo di puro disagio. “Non proprio… cioè…”
“Vicino?”
Si spinse di nuovo sull’altalena. “Prometti di non dirlo a Jamie? A nessuno?”
Lily si mise una mano sul cuore. Oh, come le batteva di pura aspettativa.

Lo sapevo che non era serpeverde solo per l’inevitabile talento in pozioni!
“Prometto sulla nuova collezione di Stratchy&Sons autunno-inverno. Non scontata.”
Al sospirò. “Londra babbana. Andiamo nella Londra babbana.”
“Sul serio?” Lily sentì un ghigno raggiungerle il viso: i loro genitori non volevano. Ovvi motivi, primo trai quali il fatto che lì erano meravigliosamente sconosciuti alla folla. Nessuno nella Londra babbana conosceva Harry Potter o le sue gesta, né tantomeno le sue progenie. 

E quindi niente riconoscimenti, o roba del tipo ‘Signora ho visto sua figlia comprare qualcosa che non sembrava burrobirra’.
Oh, libertà!
Al si grattò una guancia, imbarazzato. “Loki ha falsificato delle… ehm, credo si chiamino carte di identità. Con quelle possiamo entrare in posti chiamati club e… bere, ballare, cose così.” Le lanciò uno sguardo di sottecchi. “Ma non è niente di che. È solo rilassante non essere riconosciuto ogni due per tre. Ogni volta che andiamo a Diagon Alley torno sempre con la mano dolorante.”
“Tutte quelle strette di mano…” Sospirò Lily comprensiva. “È perché sei la copia di papà.”
“Lasciamo perdere…” Borbottò.

“Stasera quindi vai nella Londra babbana?”
“L’intenzione sarebbe quella.” Scrollò le spalle. “È molto meno affascinante di quel che pensi. È solo tutto molto più grande. E rumoroso.”

Lily gli lanciò un’occhiata esasperata. Non sembrava davvero entusiasmarlo niente, né club babbani né trasgressione.
L’unica scintilla di interesse gliela accendevano le pozioni. Ma perché era un maledetto secchione.
Aveva passato il resto dell’anno scolastico, dalla scomparsa di Tom ad attenderlo. Quietamente, senza dare scalpore o sembrare particolarmente ansioso.
Se non si conta il fatto che sembrava aver messo le tende in Guferia…
Ma Tom non era tornato e suo padre non era riuscito a trovarlo, neppure dispiegando l’intero arsenale delle forze di polizia magica.  
Il mondo era enorme e un ragazzo scomparso era difficile da trovare, sia per la polizia babbana, che era stata chiamata in causa dalla famiglia Dursley, sia per quella magica.
Lily ricordava suo padre venirli a trovare nei fine settimana ad Hogsmeade, durante i primi mesi di ricerca: era sempre stanco, spossato, considerando che doveva coordinare le ricerche del suo dipartimento e allo stesso tempo fare in modo che la polizia babbana non trovasse incongruenze nella falsa vita babbana di Tom.
Ora tutto si era quietato e Tom probabilmente non era che una foto appesa alla bacheca scomparsi di entrambi di dipartimenti, babbano e magico.  
Era difficile ammetterlo, ma era passato dentro una maledetta passaporta rotta. Che poteva averlo materializzato ovunque  o non averlo materializzato affatto.
Lily represse un brivido e Al le lanciò un’occhiata confusa.
“Hai freddo?”
“No…” Mormorò. Si sentiva sempre a disagio quando pensava a Tom. Era buffo, ma gli sembrava di fare un torto ad Al quando lui era certo che fosse ancora vivo da qualche parte.

“Davvero non mi porti con te? Mi mimetizzerei perfettamente.” Gli assicurò cambiando discorso.
Al ridacchiò. “Ne sono certo… lo faresti alla perfezione e sarebbe proprio questo il problema.”
Lily gli tirò una botta sulla gamba. “Non fare il grand’uomo! Ti ricordo che la mia capacità di adattamento supera di gran lunga la tua, Signor Vivo Rimestando Pozioni.”
Al sorrise. “Brucia avere quindici anni, eh?”
“Non li avrò a lungo, ci sto lavorando.” Cercò di spingerlo via dall’altalena, ottenendo solo un buffetto che le ricordò quando gli volesse bene e quanto volesse colpirlo con una pietra al tempo stesso.

James e lei si erano sempre trovati sulla stessa lunghezza d’onda, crisi da fratello protettivo a parte, ma Al era quello da cui andavi se avevi bisogno di buoni consigli e coccole disinteressate.
Gli appoggiò infatti la testa sulle gambe. Al le accarezzò i capelli, gentile e distratto come sempre.
Non glielo chiese. Non gli chiese se gli mancava Tom, se aveva finalmente capito che forse non sarebbe tornato più. Quel silenzio parlava più di lei, ma non lo ruppe.

“Grazie.” Disse Al dopo un po’.
“Per cosa?”
“Per non cercare di parlarmi. È…” Esitò. “… tutti mi trattano come se dovessi scoppiare a piangere da un momento all’altro. È stressante. E pure un po’ avvilente…”
“Benvenuto nel mondo delle ragazzine emotive… La tessera è un fazzoletto ricamato.”
Al ridacchiò. “Sono serio. Sei … sei l’unica che non cerca di capire come sto. Grazie.”
Lily sorrise. “Figurati. Lo sai che sono troppo frivola per i discorsi seri.”
“So che non è vero.” Ribatté, tirandole una ciocca di capelli. “Come mai ti nascondi sempre?”
Lily fece spallucce. “Mi pare evidente. Aspetto che valga la pena uscire fuori.”

Rimase a farsi carezzare i capelli: non era proprio come parlargli, ma Lily era convinta che a volte le parole fossero decisamente sopravvalutate.
 
 
****
 
Londra babbana, zona Charing Cross.
Notte.
 
La musica del locale ottundeva ogni capacità di ragionamento.
Era talmente alta che neppure si riusciva a capirsi urlandosi a vicenda nelle orecchie.
Non che ad Albus dispiacesse, beninteso. L’idea di attaccare bottone con qualcuno non gli arrideva particolarmente quella sera.
Così si trovava con un drink colorato in mano, la maglietta appiccicata al torace per il caldo torrido che sembrava trasudare dalle pareti a guardare Mike flirtrare con un ragazzo babbano, totalmente privo di peli superflui e con una maglietta oltraggiosa.
Intercettando il suo sguardo fece un mezzo sorriso incoraggiante e si apprestò a vuotare il contenuto del bicchiere, per dimostrargli che si divertiva. Era dolce e bruciava ma ricacciò indietro le lacrime.
Stava cominciando ad abituarsi alla dinamica alcolica dei drink babbani.
Ingannevoli drink babbani…
L’ultima volta si era ritrovato con una nausea formato gigante a rimettere nel vicolo, mentre tutti gli amici di Michel si sbellicavano e Michel cercava di non disgustarsi troppo mentre gli teneva la fronte.
Da allora aveva imparato la sacra regola, che un barista pietoso gli aveva spiegato: non mischiare mai, salire in gradazione, mai scendere.
Pescò la ciliegia candita dal bicchiere, infilandosela in bocca.
La pista era gremita di corpi maschili che ballavano a ritmo di qualche tormentone estivo.  
Lampi di luce gli esplodevano all’angolo dell’iride e le strobo della pista rendevano tutto confuso e sincopato.
Non riusciva a divertirsi. Per quanto ci provasse, e a volte ne avesse l’impressione, non tornava mai a casa a fine serata soddisfatto.
Si sentiva vuoto.
Rose era convinta, da un paio di lettere a quella parte, che potesse avere una ‘depressione’.
Doveva essere una roba babbana e non aveva intenzione di scoprire cosa fosse.
Per niente.
Serrò le labbra, staccandosi dal tavolo della zona vip  che Mike era riuscito ad ottenere con un Confundus sussurrato ad uno dei camerieri.
Michel distolse l’attenzione dal ragazzo-senza-peli per guardarlo. “Ehi, dove vai?”
“A ballare.” Gli sorrise, posando il bicchiere e giocherellando con le labbra con il picciolo della ciliegia candita. Sperava di sembrare abbastanza spensierato. Non gli diede il tempo di reagire – a volte gli stava maledettamente addosso – e si infilò tra la calca di corpi sudati.

Non che sapesse ballare. Si limitò a stare sul ciglio della pista e guardare i ragazzi.
In ogni caso era uno spettacolo che gli piaceva.
I gay club babbani erano molto meglio dell’unico locale gay magico a Diagon Alley, la Viola Stregata. C’era più fauna e per giunta poteva entrarci senza avere il terrore che qualcuno lo riconoscesse.
Papà si sta riprendendo adesso dalla rivelazione di James. Se mi ci metto anche io diventiamo tre orfani e una vedova.
Grazie Jamie. Grazie per avermi battuto sul tempo. Come al solito.  
Si sentì battere la spalla. Si trovò di fronte un ragazzo, ovvio. Ma sentì qualcosa per la prima volta dall’inizio della serata.
Magro, alto, senza quegli orrendi abiti attillati babbani. Era vestito di scuro e poteva avere i capelli neri.
“Ciao. Sono Paul, balli?” … o qualcosa del genere. Avrebbe voluto usare un incantesimo super-sensore ma probabilmente non era un’idea brillante in quell’orgia di suoni.
“Non so ballare.” Scosse la testa per dare maggiore enfasi alla frase: come diavolo facevano i babbani a conoscersi in mezzo a quel casino?
Il ragazzo fece spallucce, con un sorriso spensierato. Indicò di nuovo la pista.
Non che abbia di meglio da fare comunque… gli amici di Mike non mi considerano e Mike è qui per lasciare una scia di cuori infranti…
Lo seguì.
In effetti era divertente: il tipo ballava bene e ben presto il caldo e il ritmo martellante delle casse li avvolse.
“Non balli male!” Gli urlò all’orecchio.
Al sorrise perplesso. “È ballare questo?”
Mi sembrava più uno strusciarsi a ritmo…

Il ragazzo parve trovare la sua risposta divertente, perché rise. I denti brillavano come acciaio alle luci della pista. I suoi lineamenti sottili si confondevano e diventavano sfilacciati, nebulosi.
Al ci mise un paio di secondi a realizzare lo stava baciando. La bocca di ForsePaul esplorava la sua e sapeva di alcool e sigarette babbane. Era piuttosto bravo, per quanto ne poteva sapere lui.
Forse era il caldo, i drink o il fatto che con quelle luci non ci vedesse nulla, ma per la seconda volta nella serata sentì qualcosa. Una sorta di magone, ma non spiacevole. Per questo lo lasciò fare.
ForsePaul si staccò, con un sorriso vago e gli mostrò il palmo della mano. C’era qualcosa di piccolo, tondo e dall’aria di una caramella.

Quelle di Mielandia sono molto più grandi…
“Ti va?” Gli chiese.
“Che roba è?”
ForsePaul rise, sembrando sorpreso. “Non sei della scena, eh?”
Al lo fissò confuso, ma qualcuno lo tolse di impaccio.
Michel afferrò ForsePaul come se fosse una sorta di gruccia per abiti. “Levati dai piedi, non è interessato.” Gli sibilò senza mezzi termini. Al non sentì le parole, ma vide l’espressione.

La vide anche ForsePaul, che dopo una breve occhiataccia di rito si allontanò.
Al si sentì poi afferrare per un polso e strattonare via. Non gli parve una buona idea fare rimostranza in merito. 
Michel si fermò solo quando furono fuori dal locale.
“Sei impazzito?!” Sbottò, straordinariamente privo della sua flemma Zabini. “Lo sai cosa ti stava offrendo?”
“Una caramella davvero minuscola?” Spiò. Michel lo guardò sbalordito prima di mettersi a ridere.

Okay, non lo era.
“Salazar, Al… Non posso lasciarti solo cinque minuti che ti fai offrire droga da un babbano spostato.”
“Ah, droga…” Ne aveva sentito parlare. Erano una di quelle piaghe della società babbana di cui ciarlavano i cronisti alla tv che ogni tanto Lily accendeva per divertimento. “La usano sottoforma di caramelle?”
“Sì, Al. Non usano pozioni. Sono babbani.” Sbuffò. “Dai, andiamo a farci due passi. Credo tu ne abbia bisogno.”
“Non sono ubriaco.” Tentò, ma Michel si era già incamminato, con quelle sue dannate gambe lunghe. Non gli restò che seguirlo trotterellandogli dietro.

“Comunque…” Esordì l’altro dopo un paio di minuti in cui Al cercava di non dimostrare al mondo che gli girava la testa e sì, probabilmente era un po’ alticcio. “Finalmente è successo.”
“Cosa?” Se si appoggiava ad un palo forse poteva dissimulare.

“Hai finalmente rimorchiato.” Un sorriso prese ad aleggiare sulle labbra del suo buon amico. Era un buon amico, lo era di certo, visto che lo prese sottobraccio, evitandogli una buca sull’asfalto. “Sono fiero di te, mon petit…”
Al gli sorrise. “Mah… sì.” Non sapeva neanche perché aveva baciato quel tizio. Deprimente.

Adolescenziale, direbbe Lils…
Si appoggiarono poi ad una ringhiera. Sotto c’era il Tamigi. Buffo, non si era accorto che il locale era vicino al fiume.
La geografia londinese, fuori Diagon Alley, per me è sempre un po’ confusa…
Ovvio, fuori dal suo piccolo mondo magico ce n’era un altro, sterminato, enorme.
Dove era possibile perdersi.
“Era comunque molto affascinante.” Dovette ammettere Michel, perché era un esteta e lo sarebbe stato fino alla tomba. “Magro, alto… scuro…” Si fermò. Realizzò. “Oh, Merlino.”
“Cosa?” Spiò l’espressione dell’amico e vide che era tornato serio. E anche arrabbiato, sembrava. “Che c’è?” Gli chiese di nuovo, un po’ inquieto.
“Non te ne sei neppure accorto, vero?” Disse lentamente. Sembrava incredibilmente arrabbiato, e davvero, non capiva perché. “Merlino, Al… Devi smetterla.”
“Di fare cosa?” Insisté, cominciando a sentirsi irritato.

Non volete tutti che esca, mi diverta, conosca persone e vada avanti?
E quando lo faccio mi strattonate via e mi guardate male?
“Quello stronzo era la fotocopia di Dursley.” Michel non aveva mai imparato ad essere particolarmente diplomatico e infatti Al sentì un maglio di ferro artigliargli le viscere e per poco la nausea non gli esplose facendolo vomitare.
Grazie Mike…
Fissò con insistenza lo scorrere placido del fiume, cercando trarre da quel movimento immutabile un po’ di calma mentale. “Non è vero, non gli somigliava per niente.”
“Il prototipo Al, Morgana Benedetta…” Lo sentì ispirare bruscamente. “Era simile.”
“E con questo? Magari i ragazzi mi piacciono così.” Sbottò, sentendo il sangue del labbro martoriato raggiungergli la lingua. Pensava di essere riuscito a smettere.

“Forse.” Gli concesse. “Ma forse in tutti cerchi lui. E non è così che deve funzionare.”
Non lo dire…
Sentì quel grido salirgli dalla pancia. In quei mesi tutti erano stati così gentili e pietosi da evitare di dirglielo. A lui e a suo padre.

E poi arriva Michel…
“Senti, devi passare oltre questa storia e oltre a… lui.”
Sta’ zitto…Io mi fidavo di te. Perché, perché non chiudi il becco?

“Al, Tom è…”
Non lo dire!” Si sentì urlare e la nausea gli risalì ferocemente alla bocca dello stomaco.

Mai più drink colorati. Non so ancora distinguere la gradazione, mi sa.
Michel serrò le labbra. Aveva un tono freddo quando parlò, e gli fece ancora più male.
“Va bene, non lo dico. Ma dovresti dirlo tu. Così realizzeresti che è vero, che non tornerà. E potresti andare avanti.”
Non voglio andare avanti. Devo restare qui ad aspettarlo.

Merlino, ma quanto poteva essere stupido?
Sentì la mano di Michel coprirgli il polso: aveva i polsi esili, con le vene che sembravano fili sottili e se ne era sempre vergognato. A Tom piacevano, gli piaceva passarci le labbra sopra, per sentire il battito del suo cuore.
Perché mi fai pensare a lui? Perché mi fai questo?
Avrebbe voluto piagnucolarlo, ma aveva diciassette anni ed era un ragazzo.
“Al…” Gli sussurrò e Michel era un buon amico, era gentile, insolitamente gentile considerando che con il resto del mondo era una carogna calcolatrice. Ma era un serpeverde, dopotutto e semplicemente si aspettava un tornaconto personale, Lily aveva ragione. “Sono passati otto mesi. Sei un ragazzo fantastico. Sei bello, sei intelligente. Potresti avere chiunque tu voglia.”
Ma io voglio lui.

Poteva sembrare romantico, ma non lo era per niente. Era agghiacciante e faceva male.
Michel poi si chinò, cercando le sue labbra, forse fraintendendo il suo silenzio. Ma non erano in una discoteca bollente, non c’era nessuna luce ingannevole e non era poi così ubriaco.
Scartò di lato, spingendolo via con una mano.
“No.”
Vide negli occhi scuri dell’amico dipingersi quella sillaba e ne fu colpevolmente sollevato.

“No, davvero Mike… io non vado bene.”
Io sono già preso. Da un idiota, un completo imbecille.
Ma non è che può cambiare solo perché vorrei prenderlo a calci da qui all’eternità.
A quel punto non gli restava molto da fare. Gli diede le spalle e si incamminò lungo il fiume. Fu felice di non sentire i passi di Michel seguirlo. Con l’orgoglio che aveva probabilmente per un po’ i loro rapporti si sarebbero raffreddati.
È già due volte che lo rifiuto…
Sentiva una stretta al petto. Voleva bene a Michel e ai suoi tentativi più o meno ambigui di essergli amico. Avrebbe chiesto a Loki di fare da pacere… dietro compenso, naturalmente.
La stretta al petto, dopo un centinaio di metri, in un vicolo direzione Trafalgar Square, si trasformò in un’ondata di pura nausea alcolica che lo costrinse a sostenersi ad un muro e vomitare la sua cena.
Sentì le lacrime di sforzo scorrergli lungo le guance mentre la testa gli pulsava a ritmo di quelle canzoni orrende.
Ora, questo sì che fa schifo…
Si appoggiò al muro, godendosi il refrigerio dei mattoni umidicci londinesi.
Non voleva pensarci. Aveva quasi imparato a non farlo, in quei mesi.
Il cervello umano può imparare a selezionare… Basta abituarlo.
Solo che a volte, proprio non era possibile, neppure volendolo.
Non importa, pensaci pure un po’… - Gli suggerì una voce, carezzevole e invitante.
Tom…
Era sicuro, era certo che fosse da qualche parte, vivo. Come era certo che ogni mattina si sarebbe svegliato respirando.
O non mi sveglierei.
Era un mago, Merlino, non un babbano. Certe cose poteva sentirle.
Ma comunque…
Si sedette a terra, perché aveva bisogno di cinque minuti tutti per sé, lontani dall’empatia comune.
Sbrigati a tornare, stronzo…
Non me la cavo granché bene senza di te.
 

I slept in the sun the other day/ I thought I was fine
Everything seemed perfect/ 'Til I had you on my mind…
 
 
 
****
 
 
Note:
Lo so, lo so. Il pulcino ha messo I denti, anche se è un immagine abbastanza agghiacciante.
Prossimo capitolo Ian Tommy.
1. Qui la canzone. Troppo perfetta, credetemi. 
2. Pozione Pepata: per curare il raffreddore. Decisamente inadatta d’estate. XD
3.Guaritore: guardato su HP Lexicon. Pare che i guaritori siano la versione magica dei dottori, mentre i medimaghi dei paramedici.  
  
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