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Autore: Lales    11/07/2010    10 recensioni
“Voi mi siete stati affidati quando avete compiuto sei anni, vi ho dato un'identità, una personalità distinta, vi ho seguito, vi ho cresciuto, vi ho dato le fortune che avete adesso, vi ho tutelato e tutte le altre cose che fanno gli angeli di solito, che ora non sto qui a spiegarti” “Eh?” domando Tom sconcertato non riuscendo a seguire il discorso. “Io vi ho reso quello che siete oggi” continuò Madonna imperterrita “E voi non siete felici di essere quello che siete” “Io sì, lo sono” mormorò Bill girando la testa prima a destra e poi a sinistra, mettendo le mani in faccia al fratello, che cercava di seguire il discorso. “Ma signora Madonna, noi siamo felici, anzi già che ci siamo, grazie mille per il tuo aiuto” annuì bloccando i polsi di Bill. “Tom, io conosco i tuoi più reconditi desideri, le tue paure più sfrenate e le tue voglie nascoste, quindi, evita di dirmi bugie” rispose sempre più suadente avvicinandosi a lui ad ogni parola che diceva, mentre il ragazzo fissava le sue labbra rosse ed invitanti. “E questo cosa vorrebbe dire?” chiese spaventato. “Facile” rispose lei mettendosi in piedi ed aggiustandosi il tailleur nero sui fianchi “Vuol dire che andrete nell'altro mondo”
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1. Louboutin, terremoto e luci.

Non voglio più fare interviste.
Photoshoot.
Promozioni di CD.
Non voglio più girare video.
Non voglio più recitare.
Non voglio più truccarmi in modo così dannatamente preciso.
Non voglio più che la gente mi guardi come se fossi Dio, o come se fossi la peggiore feccia sulla Terra.
Non voglio più mentire.
Non voglio più nascondermi.
Non voglio più che mi regalino vestiti.
Non voglio più sorridere.
Non voglio più il fiato di tutti sul collo.
Non voglio più cantare.

Bill aveva  sottolineato l'ultima frase quattro volte, con l'indelebile nero. Non voleva più cantare. Non poteva crederci neanche lui, ma era esattamente così. Era stanco, ma non la stanchezza di qualcuno che sa che con una dormita si riprende, era la stanchezza di una vita, la stanchezza di chi vorrebbe addormentarsi e risvegliarsi dopo tre anni. Chiuse il diario e con i piedi scalzi andò fino al salotto, dove  Tom stava guardando la televisione.
In realtà non la stava proprio guardando, in realtà rimuginava su alcune questioni importanti che lo tartassavano.

Quando mi alzo la mattina, e penso a tutto quello che devo fare, vorrei richiudere gli occhi e tornare nel mondo dei sogni. Io la volevo una vita così; la volevo da quando ero un bambino, e mi sono guadagnato ogni singolo momento della mia esistenza. Ma ora? Chi me lo fa fare ancora? Chi? Odio tutti, voglio andare via con mio fratello e non tornare più. Voglio che tutto questo peso sulle mie spalle scompaia. Cantiamo la libertà, ma siamo i primi ad essere in trappola. Non voglio più suonare.

Quei pensieri gli passavano spesso per la testa in quel periodo, e Tom non si chiedeva neanche più il perché. Odiava andare in studio, odiava dire a tutti cosa dovevano fare. Ma la cosa peggiore era odiare il momento in cui imbracciava la sua chitarra. Era arrivato al punto in cui nessuno dovrebbe arrivare.

”Tom” lo chiamò Bill trascinandosi il nome del fratello in bocca  “Io vado a dormire, domani mattina dobbiamo essere in studio alle otto”
Incrociò le braccia fissandolo, notando che non gli stava dando la minima importanza così storse la bocca e si girò di spalle ritornando a salire le scale per andarsene a dormire. Quando era quasi arrivato alla fine, sentì il volume del televisore scomparire e la voce del gemello che lo chiamava.
Contrariato per l'attività fisica in più non richiesta, si girò e scese due scalini, guardandolo dalla cima.
“Hai detto qualcosa?” urlò.
“Sì, ho detto che io domani in studio non ci vengo” rispose secco, rialzando il volume del televisore.
Bill sgranò gli occhi e scese tutte le scale più velocemente che riuscì andandogli vicino isterico “Che vuol dire che domani in studio non vieni?”
Il fratello non rispose, e non lo degnò di uno sguardo, continuò a fissare il televisore di fronte a lui, senza muovere un muscolo.
“TOM!”
A quel punto girò piano il viso fissandolo con astio “Fatti un controllo all'udito se non ci senti”
“TOM!” urlò il cantante mettendosi di fronte alla televisione, per impedirgli di distrarsi.
“BILL!”
“Che cosa vuol dire che non vieni?”
“Vuol dire che non vengo!”
“Perché?”
“Perché mi sono rotto il cazzo” berciò infastidito alzandosi dal divano e andando verso la cucina “Basta con CD, basta con i tour, basta con tutto, mi sono rotto il cazzo”
“Tom cosa stai dicendo? Tra tre mesi esce il CD, non puoi romperti il cazzo proprio ora!” urlò Bill imbestialito seguendolo puntandogli un irritante dito addosso.
“Perché tu cosa vorresti dirmi?” domandò con lo stesso tono “Che sei felice? Non lo credo proprio!”
“Ma è un nostro dovere farlo, dobbiamo farlo!”
“Appunto, è diventato un dovere, non un piacere...”
“Che c'entra? È comunque quello che facciamo per vivere!”
“Beh, io mi sono rotto il cazzo, va bene?” gridò il gemello andando verso il frigo e aprendolo alla ricerca di una birra.
“No, non va bene proprio per niente, tu ora rifletti... e...e...e domani vieni in studio” balbettò incerto anche lui su quello che doveva  fare.
“Ho già riflettuto” ribatté asciutto aprendo la bottiglia di vetro e fissandolo con aria di sufficienza “Non vengo”
“TOM!” gridò il gemello avvicinandosi “Mi sta venendo un esaurimento porca troia, non mi abbandonare anche tu in questo momento!”
“E fattelo venire l'esaurimento, dai” lo incitò “Sono curioso! Tanto poi ti devo venire a riprendere io per i capelli, quindi...accomodati”
Bill emise un gridolino isterico serrando i pugni e sbattendo i piedi per terra mentre Tom si girava di spalle e tornava verso il suo film in TV.
Il cantante non riuscì a raffreddare il cervello in quei brevi secondi, perché poi si ritrovò a correre in direzione del fratello urlando come un indiano e a lanciarcisi addosso a peso morto, buttandolo per terra. La birra cadde rovinosamente sul divano, mentre Bill lo scuoteva con quanta forza aveva in corpo.
“Sei uno stronzo!” gli gridò impedendogli di girarsi “Non possiamo prendere e andarcene, abbiamo delle responsabilità”
“Mi stai strozzando, coglione!” Tom tentò di divincolarsi con scarsi risultati, mentre il gemello continuava il suo tentativo di fratricidio.
“Tu domani vieni in studio!”
“Ho detto di NO!”
“Invece SÌ!”
“NO!”
“SÌ”
“BILL!”
“TOM!”


In quel preciso istante i gemelli si immobilizzarono. Cominciarono a sentire il pavimento che tremava, da impercettibili movimenti, sempre più forti.
“Oddio” sussurrò Tom con le mani del fratello intorno al collo.
“Cazzo” piagnucolò Bill alzandosi “Il terremoto!”
“Stai zitto, fammi pensare!” rispose il fratello con lo stesso tono di voce “Andiamo sotto al bancone della cucina”
Bill non era troppo sicuro che quello fosse un nascondiglio perfetto, però la scossa si stava intensificando, ed i lampadari stavano oscillando in modo davvero pericoloso; in realtà tutto il soggiorno si stava pian piano muovendo letteralmente a destra e sinistra, come se lui fosse ubriaco e non vedesse bene i confini delle pareti.
“Corri!” gli urlò Tom prendendolo per un braccio e trascinandolo in cucina, fino a raggiungere il bancone dell'isola, dove al di sotto erano sistemate le padelle. Le prese e le scaraventò tutte fuori, trascinandosi dietro il fratello, che osservava la scena di devastazione di casa con la bocca spalancata.
“Vieni qui, deficiente!”
“Tomi ho paura!” gli rispose abbracciandosi le gambe.
“Anche io” gli confidò in risposta, fissando la credenza di fronte a lui e sentendo il rumore dei piatti che cadevano, e dei bicchieri. Mille rumori di vetri che si infrangevano e poi le posate d'acciaio che cadevano, la pentola con la pasta di quella sera che per poco non gli prese il piede ed altri rumori non identificabili.
“Ma quando finisce?” piagnucolò Bill poggiando la testa contro le ginocchia impaurito.
“Non lo so” rispose Tom in un soffio reggendosi la testa con le mani mentre percepiva il pavimento tremare sotto di lui.
“Moriremo, me lo sento!”
“Stai zitto non morirà nessuno”
“Moriremo!”
“BILL CUCITI QUELLA BOCCA” gli urlò il chitarrista nervosamente.
Il moro alzò il viso per poter confidare al fratello che gli voleva bene, quando inaspettatamente gli occhi furono catturati dal riflesso del vetro del forno. Una luce proveniva dal soggiorno, e si intensificava ogni secondo di più che la fissava.
“Tomi!” bisbigliò prendendo il braccio del fratello e scuotendolo “C'è una luce...”
“Che luce?” berciò lui tirandosi via il braccio dalle grinfie di Bill.
“Guarda, sta diventando sempre più forte!” rispose spaventato ancorandosi al braccio che Tom gli aveva sottratto.
“Oh, cazzo”
“Che cos'è?”
“Non lo so!”
“Oddio oddio, moriremo tutti”
Bill chiuse gli occhi e si poggiò alla spalla di Tom, mentre lui con la stessa espressione si posò contro le piastrelle e giurò che il giorno dopo sarebbe andando in studio dalle sette di mattina se fosse sopravvissuto a quell'evento.
La terra cessò di tremare, come la luce si affievolì, ma i due non se ne accorsero, troppo impegnati a sperare di non morire.
Il cantante stava ancora pregando qualcuno di non identificato, giurando che avrebbe fatto il buono con tutti, che sentì distintamente un rumore cadenzato e secco, di quelli anche un po' inquietanti, che rimbombava nel salotto.
“Che cazzo è questo rumore?” chiese Tom guardingo con la voce bassa.
“Delle Louboutin tacco tredici” sentenziò Bill sicuro “Ce le ha anche Natalie”
“Delle che?” chiese Tom disperato “Cosa cazzo stai dicendo?”
Bill non fece in tempo a rispondere che il rumore dei tacchi si avvicinò sempre di più, sempre più forte, sempre più deciso, fino a quando non vide un paio di gambe femminili sbucare proprio dal suo lato e fermarsi di fronte al loro nascondiglio.
“Porca puttana” mormorò Tom “Che cazzo sta succedendo?!”
“Visto, te l'avevo detto che erano delle Louboutin”
Tom non rispose, si limitò a deglutire, mentre una mano ben curata con le unghie laccate di rosso si appoggiava al bordo dell'isola ed un viso familiare compariva sotto al bancone, fissando i gemelli con un sorriso sensuale.
“Venite fuori” disse con voce suadente, spostandosi subito dopo, mentre Bill poggiava le mani sul pavimento pieno di polvere  e sgusciava fuori, seguito da Tom che appena riconobbe la persona che aveva davanti si paralizzò e sgranò gli occhi, mentre Bill emise un gridolino entusiastico.
“Oh mio dio” disse portandosi una mano sul petto “OH MIO DIO”
“Bill, non fare quella faccia” rispose la donna scocciata “Non sono lei”
Il ragazzo tornò serio di colpo fissandola per un istante; era impossibile, le somigliava in modo impressionante, anzi erano due gocce d'acqua, era impossibile che non fosse lei. Ma soprattutto, come faceva a sapere come si chiamava lui.
“Guarda casa Bill...” mormorò Tom mettendosi le mani in testa “Che casino!” si trascinò fino in soggiorno notando il plasma accasciato sul pavimento e tutta la sua collezione di DVD sparpagliata in varie zone del salotto.
“Il mio plasma... il mio plasma” piagnucolò disperato riverso sul cadavere della TV.
“Scusatemi per il disordine che vi ho creato” disse la donna andando in soggiorno e sedendosi sul divano, che al di là della birra che ci era caduta prima del terremoto, era rimasto stranamente pulito e candido.
“Mi scusi signora Madonna” disse Bill avvicinandosi scioccato “Ma perché è seduta sul mio divano?  E perché sta dicendo che è stata lei a creare tutto questo?”
La donna sbuffò portandosi un ciuffo di capelli biondi dietro l'orecchio, mentre Tom in ginocchio sul tappeto si era girato a fissarla; era vero, era identica a Madonna, la cantante.
“Potete chiamarmi Madonna se volete, ma non sono lei” rispose infastidita “Basta che vi sia chiara questa cosa”
“E chi diavolo sei allora?” chiese quindi Tom con la bocca spalancata.
“Sono un angelo”
“Un a a a angelo?” balbettò Bill andandole vicino e sedendosi sul divano a fianco a lei “E gli angeli irrompono nella casa della gente creando terremoti di magnitudo otto? Per quale oscura ragione?” continuò nervoso.
“A volte sì!” sentenziò sicura “Dipende dagli angeli, io sono molto potente, se è questo che vi state chiedendo”
“No veramente io mi sto chiedendo perché il mio plasma quarantadue pollici full HD è deceduto sul parquet e perché c'è Madonna che dice di essere un angelo seduta sul mio divano!” berciò Tom.
La donna sbuffò insofferente alzando le spalle “E va bene... fammi una qualsiasi domanda Bill, una qualsiasi domanda che vi riguardi” rispose mettendosi in attesa e fissando Tom con aria di sfida, mentre lui assisteva basito alla scena.
“Non saprei” mormorò il cantante indeciso “Una domanda che ci riguarda?"
"Sì... sulla vostra vita"
"Allora... il primo bacio?" tentò.
“Tredici anni, con Lauren, prima tu Tom e poi tuo fratello” rispose sicura.
“OH MIO DIO!” gridò Bill scioccato.
“Non vale, l'avremmo detto in qualche intervista e lei l'ha letta, fanne un'altra!” si giustificò il chitarrista sempre più basito.
“Beh... dopo il primo bacio...” bisbigliò il cantante nervoso “La prima volta?”
“Bill tredici anni con Christiane, terzo banco fila di destra, ti guardava tutto il giorno e tu ti chiedevi se si era accorta della tua esistenza. È successo a casa di lei. Durata della prestazione: un minuto e tredici secondi, tuttavia lei è rimasta soddisfatta ”
Il moro la fissò con la bocca sempre più spalancata, era tutto vero, certo non si era cronometrato per quanto riguardava i tempi della prestazione, però era tutto assolutamente vero.
“Tom quattordici anni con Melanie, incontrata al parco per caso e...”
“Ok, ok” la interruppe Tom “Ok, ho capito, è vero, sei un angelo...”
“Voglio saperli anche io i suoi minuti di prestazione!”
“Non mi sembra il ca...” cercò di dire il ragazzo, ma Madonna lo sovrastò.
“Undici secondi... ma si è ripreso tutte le volte dopo, aveva bisogno di un po' di pratica” annuì spostandosi di nuovo i capelli biondi da un lato all'altro.
“OH MIO DIO” urlò di nuovo il cantante scioccato “ABBIAMO UN ANGELO TOMI... UN ANGELO!”
“Bill” rispose Madonna toccandosi elegantemente un orecchio e accavallando le gambe “Tu devi imparare a rilassarti”, gli prese una mano e girò il polso verso di lei, non dandogli neanche il tempo di reagire e toccandolo in tre precisi punti.
Il cantante non ci stava capendo granché, ma appena la donna ebbe finito di toccarlo, sentì una meravigliosa sensazione di piacere espandersi dal polso e arrivare  fino al cervello. Come se gli avesse appena iniettato della marjuana in vena si afflosciò sul divano con lo sguardo perso nel vuoto.
“Parlerò con te Tom, reagisci meglio agli shock” sorrise suadente guardando Tom che aveva assistito a tutti quegli eventi con una nuova espressione in volto, tra lo stupito, l'affascinato, lo spaventato e l'indeciso. Insomma, sensazioni contrastanti si facevano spazio nel suo essere.
“Cosa diavolo sei tu?” chiese spaventato gattonando fino al gemello e prendendogli un braccio, che lasciò cadere pesantemente appena vide che Bill non rispondeva;  fissava infatti il soffitto con lo sguardo beato e gli occhi semichiusi “E cosa hai fatto a mio fratello?”
“Sta benissimo” disse sicura la donna “Si riprenderà tra poco, comunque sono qui per spiegarvi cosa succederà ora, e non abbiamo molto tempo”
“Che succederà?”
“Voi mi siete stati affidati quando avete compiuto sei anni, vi ho dato un'identità, una personalità distinta, vi ho seguito, vi ho cresciuto, vi ho dato le fortune che avete adesso, vi ho tutelato e tutte le altre cose che fanno gli angeli di solito, che ora non sto qui a spiegarti”
“Eh?” domando Tom sconcertato non riuscendo a seguire il discorso.
“Io vi ho reso quello che siete oggi” continuò Madonna imperterrita “E voi non siete felici di essere quello che siete”
“Io sì, lo sono” mormorò Bill girando la testa prima a destra e poi a sinistra, mettendo le mani in faccia al fratello, che cercava di seguire il discorso.
“Ma signora Madonna, noi siamo felici, anzi già che ci siamo, grazie mille per il tuo aiuto” annuì bloccando i polsi di Bill.
“Tom, io conosco i tuoi più reconditi desideri, le tue paure più sfrenate e le tue voglie nascoste, quindi, evita di dirmi bugie” rispose sempre più suadente avvicinandosi a lui ad ogni parola che diceva, mentre il ragazzo fissava le sue labbra rosse ed invitanti.
“E questo cosa vorrebbe dire?” chiese spaventato.
“Facile” rispose lei mettendosi in piedi ed aggiustandosi il tailleur nero sui fianchi “Vuol dire che andrete nell'altro mondo”
“Tomi, vedo le giraffe!”
“Bill stai zitto! Che vuol dire l'altro mondo?” domando il chitarrista confuso, abbandonando il gemello sul divano e facendosi largo nelle macerie per raggiungere Madonna.
“Vuol dire che vi manderò nell'altro mondo, quello dove voi due non siete nessuno. Vivrete la vita che l'altro Tom e l'altro Bill hanno vissuto per voi per tutto questo tempo, quelli veri li manderò in vacanza da qualche parte...”
“NO!” gridò d'istinto, ma uno sguardo glaciale dell'angelo lo bloccò “Cioè no, non c'è n'è bisogno, abbiamo capito la lezione”
“Tom, sono sicura che qualche tempo nell'altro mondo vi aiuterà a capire molte cose, a rivalutare certi comportamenti ed a ricordarvi chi siete, e da dove venite” continuò sicura andando verso la finestra della cucina.
“Ho fatto un buon lavoro con voi, ma alcune volte credo di aver esagerato su alcuni punti” incrociò le braccia e si girò a guardarlo scuotendo impercettibilmente la testa “Le fans potevo farle un po' meno isteriche, lo ammetto, tuttavia... vi manderò nell'altro mondo, e ci resterete fino a quando non deciderò che sarà ora di tornare”
“No Madonna non mi faccia questo, la prego” rispose Tom giungendo le mani e mettendosi in ginocchio “Noi qui abbiamo una vita, abbiamo la musica, abbiamo le macchine, abbiamo tutto”
“Appunto!” si animò lei facendo ticchettare le sue costose scarpe verso l'altro lato del salotto ridotto in macerie “E non vi preoccupate per questo lato della casa, lo sistemerò”
“Non me ne frega niente della casa, io voglio rimanere qui! Tu non puoi spuntare dal nulla dire che esiste un altro mondo, e costringerci ad andare là!” rispose nervosamente cercando di ragionare e trovare un senso a quello che stava succedendo.
“In effetti Tom, posso, anzi, lo sto facendo” tirò fuori un rossetto rosso dal nulla, se lo mise sulle labbra che poi strofinò tra loro e lo guardò dall'alto in basso “Non puoi fare niente per fermarmi”
“Ti prego!” piagnucolò ancora.
“Mi dispiace Tomi, buona nuova vita, e salutami Bill...ciao!” disse tranquilla salutandolo con la mano “E ricordati che i Tokio Hotel nell'altro mondo non esistono, o perlomeno, voi due non siete membri dei Tokio Hotel”
Tom si sentì la gola bruciare, perché come tento di gridare non emise alcun suono, e poi tornò nuovamente la luce che avevano visto durante il terremoto e poi niente. Scese il nero, il nulla e perse coscienza.

____

Aveva fatto davvero un sogno stranissimo, non si ricordava esattamente tutti i vari passaggi ma c'entravano un terremoto, una luce e Madonna; eppure era sicuro di non aver bevuto la sera prima. Si rigirò nel letto andando a sbattere contro il muro freddo e rimase per un attimo interdetto. In camera sua non c'era il muro vicino a letto.
Tom si dette la spinta con le mani per raggiungere il comodino, dall'altra parte del letto a due piazze su cui di solito usava dormire, e per colpa dello slancio troppo entusiasta, si ritrovò catapultato sul pavimento a fissare una Nike rossa e blu che stanziava di fronte ai suoi occhi spalancati di colpo. Era strano, non si ricordava di avere una scarpa di quel colore. Con un lamento sofferente mise le mani sul parquet di legno e si alzò piano, cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.
“Merda” bisbigliò mettendosi le mani in testa e girandosi a guardarsi intorno “MERDA” gridò preso dal panico, nel momento in cui si accorse che quella non era la sua camera e quella non era neanche casa sua!
“Oh mio dio, era tutto vero, Madonna è davvero venuta a casa nostra e ci ha mandato nell'altro mondo” disse tutto d'un fiato con una mano sul petto, dati i battiti accelerati del suo cuore “Calmati Tom, calmati, c'è una spiegazione logica a tutto quanto” disse tra sé e sé, andando verso quella che doveva essere la finestra e spalancando le tende.
“Cazzo!” disse di nuovo, sempre di più nel panico, aprendola e respirando l'aria del mattino “Ok, è ancora estate, ovunque siamo, è estate, ora calmati”
La finestra dava all'interno di un cortile di un palazzo che non aveva mai visto in vita sua, c'era solo un giardino, delle sedie di plastica, ed una stradina di mattonelle bianche da giardino nel prato, per raggiungere un'altra entrata. Non riusciva a capire come tutto quello potesse essere reale.
Si affacciò sporgendosi per quanto poteva, rischiando di cadere di sotto tra l'altro, quando all'improvviso sentì una voce  di una donna che lo chiamava.
“Tom per l'amor del cielo che stai facendo?” si girò di colpo pensando che venisse da dietro di lui, ma la stanza era vuota, ed era anche un casino per quanto disordinata. Si sporse di nuovo dalla finestra, e vide una signora che lo guardava dal basso, con delle buste della spesa in mano.
“Sta parlando con me?” chiese insicuro.
“Tom non ti sarai drogato ieri sera vero?”
“Come scusi?” chiese spalancando la bocca mentre la signora posava le buste della spesa per terra e poggiava le mani sui fianchi.
“Che cosa stai facendo?” chiese accigliata in attesa di una risposta.
“Io... io... ma... dove siamo?” disse d'istinto, mentre la donna era sempre più confusa dal comportamento del suo giovane vicino.
“Sei sempre il solito” rispose scuotendo la testa “Ti diverti a prenderti gioco di una povera signora anziana”
“No aspetti” implorò dalla finestra sporgendosi di nuovo e rischiando di cadere ancora “Mi dica dove siamo, la prego!”
“A Berlino, dove vuoi che siamo? Mamma mia questi giovani d'oggi, le droghe bruceranno il cervello di tutti!” sospirò scuotendo la testa, riprendendo le buste della spesa e scomparendo dalla visuale di Tom, che aveva preso a fissare il pezzettino di cielo che riusciva a vedere dalla finestra.
“Berlino? Cosa ci facciamo a Berlino?” piagnucolò tornando definitivamente dentro la stanza e guardandosi intorno circospetto, non sapendo se stava sognando o se era tutto vero.
Prese un enorme sospiro e si girò a guardare alla sua sinistra dove un muro pieno di foto ricopriva l'intera parete.
“Oh cazzo” bisbigliò incredulo, quando si rese conto di essere lui il soggetto di quasi tutte le foto “Oh cazzo cazzissimo” disse di nuovo avvicinandosi.
Nella parete ci dovevano essere un centinaio di foto, tra cui una serie disposta a forma di cuore che lo ritraevano con una ragazza; non ci fece caso più di tanto, era molto più incuriosito da tutte le altre.
Un ragazzo compariva in quasi tutte le immagini; in una si abbracciava vicino ad un cartello che annunciava il confine Danimarca – Germania, in un'altra il confine Spagna – Francia e poi Spagna – Portogallo.
Doveva aver viaggiato parecchio con quel ragazzo, chiunque lui fosse. Poi una serie di foto in spiaggia, in acqua, dove c'era anche Bill, che non era così magro come se lo ricordava, e soprattutto aveva l'aria da maschio, cosa che per un attimo lo sorprese. Non era truccato e non aveva lo smalto, anche in tutte le altre foto che comparivano su quel muro, in cui c'era il fratello. E poi lui, lui aveva ancora i dreads, più corti e meno biondi, ma in tutte le foto ce li aveva annodati sulla testa. Con il viso sempre più perplesso spostò lo sguardo verso le foto che formavano il cuore e si stupì di nuovo; quella forse doveva essere la sua ragazza, perché si stavano baciando in quasi tutte le immagini.
“Porca puttana” biascicò ancora non trovando ulteriori frasi da dire, se non parolacce. Si mise le mani in testa di nuovo girando intorno nella stanza, ritrovandosi a fissarsi nello specchio di cui non si era accorto la presenza. Probabilmente quella mattina gli sarebbe venuto un infarto completo perché quello non poteva essere lui.
Si fissò in mutande per tutta l'altezza dello specchio e rimase interdetto; com'era possibile che ci fossero stati per tutti quegli anni, un altro Tom ed un altro Bill che avevano vissuto una vita completamente diversa dalla loro. Senza musica, senza concerti, CD, promozioni e interviste e quant'altro, ed erano riusciti anche a campare piuttosto bene.
I suoi pensieri furono interrotti da un suono che lo fece sussultare, nello stesso medesimo istante in cui si domandò dove fosse suo fratello. Si guardò intorno alla ricerca della provenienza del suono, per poi identificare il suono in una suoneria e quindi in un cellulare che vibrava sul comodino. Lo prese titubante e vide scritto Chris sullo schermo, chi era adesso Chris? Prese coraggio e rispose, l'avrebbe scoperto comunque.
“Pro...nto?”
“Tom cazzo, non ti sei svegliato” lo investì una voce maschile, anche abbastanza allegra “sbrigati ci aspetta il professore per la tesi”
“Co...come?” balbettò incerto.
“Oggi dobbiamo far vedere a che punto siamo con la tesi” scandì bene le parole l'amico “dai sbrigati!”
Tom andò nel panico più totale, non poteva farcela, non poteva, era impossibile; quella situazione era assurda.
“TOM!” gridò l'amico “Capisco che ti sei appena lasciato e che stai male, capisco che ieri sera hai bevuto come una merda però ora alza il culo dal letto, prendi il tuo portatile, la bicicletta, vieni qui all'università, che spero ti ricordi dove sia, e andiamo a far vedere la tesi al professore, chiaro? Ti aspetto in biblioteca, muoviti!”
Il ragazzo boccheggiò deglutendo a fatica “Ok...” riuscì solo a dire chiudendo la chiamata e alzandosi dal letto in preda all'ansia. Lui andava all'università, si stava laureando, ma la cosa più assurda di tutte era che lui, Tom Kaulitz, aveva una bicicletta.
“Bill!” disse ad alta voce uscendo da quella che era la sua stanza e trovandosi quattro porte di fronte. Una era della cucina, era aperta, l'altra del bagno, una più grande forse l'ingresso, e poi c'era n'era una chiusa. Non ci pensò più di tanto e la spalancò gridando il nome del gemello, che era già in piedi, e si guardava intorno spaesato.
“Tomi” bisbigliò esterrefatto “Dimmi che sei tu...”
Il fratello scosse la testa e gli si avventò contro“Siamo noi, grazie al cielo!”
“Non ce la siamo sognata Madonna?” chiese Bill stringendolo e poi lasciandolo iniziando a mordersi le unghie nervosamente.
“NO non ce la siamo sognata, ci ha mandato nell'universo parallelo, dove io e te non siamo io e te... “
“Cazzo...” disse mettendosi una mano sulla fronte “Chi è quest'altro Bill? Perché ha tutti questi manichini in camera?!”
“Io ho appena scoperto che questo Tom si sta laureando!” berciò il fratello in preda all'ansia “Ti rendi conto?! Io mi sto laureando e non so neanche in cosa! In più ho una bicicletta!”
“Hai una bicicletta?” rispose il cantante scioccato “Siamo proprio in un universo parallelo” constatò perplesso.
“E poi... guarda qui” lo prese per un braccio e lo trascinò in quella che era la sua camera, fino al muro di fotografie “Guarda qui, tu sei un uomo!”
“Ma io sono un uomo anche nell'altro mondo!”
“Sì ma in questo sei un maschio, guarda!”
Tom spinse il viso di Bill contro il muro mostrandogli le foto che aveva visto lui pochi minuti prima “Guarda, non sei mai truccato!”
“Oddio, è vero” disse serrando le labbra e cominciando a respirare più forte “Mi manca l'aria, oddio mi manca l'aria, apri la finestra”
“Cerchiamo di calmarci” tentò di dire il fratello, ma neanche lui ne era troppo convinto “Io devo andare all'università e cercare di capire cosa faccio in questa vita” disse Tom andando verso l'armadio e aprendolo, sperando che quel Tom non avesse indumenti troppo stretti “Tu invece vai in camera dell'altro Bill e cerca di capire cosa fa nella vita”
“Tom quel pazzo ha dei manichini in camera con dei modelli disegnati attaccati alle pareti, secondo te cosa vuoi che sia?”
“Un omicida?”
“No, Tom, sarà una specie di stilista, o che so io!”
“Beh, meglio, almeno è una cosa che capisci, più o meno” rispose pensieroso prendendo una maglietta nera e mettendosela addosso. Non era particolarmente larga, ma poteva andare.
“Oddio, cosa sarà? Uno stilista famoso che sta lanciando la collezione autunno inverno, del... in che anno siamo?”
“Non ne ho idea, ho solo scoperto che siamo a Berlino e poi se fosse famoso non vivrebbe in una casa così piccola” rispose distratto prendendo un paio di bermuda verdi militari e infilandosele, anche quelle, nonostante arrivassero al ginocchio, erano abbastanza larghe. Per fortuna che il look dell'altro Tom non differiva particolarmente dal suo.
“SIAMO A BERLINO?” gridò Bill eccitato “Vuol dire che potremo camminare per strada senza problemi...” chiese felice.
“O pedalare per strada senza problemi” rispose ironico il gemello prendendo il portatile che vide sul tavolo infilandolo in una borsa buttata là accanto.
“Tomi questa potrebbe essere la nostra occasione per essere persone normali” mormorò speranzoso guardando il gemello che si sistemava la borsa a tracolla alla ricerca di un paio di scarpe appaiate, dato che ne vedeva diverse, ma ne mancava sempre una.
“Sì Bill, potrebbe essere la nostra occasione, ma io non posso credere che mi sto laureando ed ho una bicicletta, quindi cerchiamo di comportarci bene, così Madonna ci farà tornare a casa il prima possibile!”
Si infilò una Etnies nera in un piede e poi vide la seconda dietro la porta, la raggiunse e ci infilò il piede, girandosi a guardare il gemello.
“Come sto?” chiese curioso.
Bill si mise una mano sotto al mento, pensieroso, poggiandosi contro l'armadio “Sei vestito uguale a quando avevi dodici anni, solo che adesso nei hai ventitré”
“Cos'è un complimento?”
“No, Tom, non capisci?! Loro sono quello che saremmo diventati noi se non fossimo diventati Bill e Tom dei Tokio Hotel”
“No veramente non capisco...” disse scuotendo la testa “E sono anche in ritardo, tu per caso sai dov'è l'università?” Tom andò verso la porta d'ingresso e trovò delle chiavi appese contro il muro.
“Mi pare ce ne fosse una...” disse vago “Ci passavamo con il tour bus credo...”
Vicino al mazzo di chiavi trovo un foglio ripiegato con una lista, che probabilmente era della spesa, perché c'era un elenco di cose scritte con una scrittura che pareva la sua; in cima al foglio bianco con dei caratteri blu era riportato un logo con sotto una dicitura: Università di Berlino, facoltà di Archeologia.
“Oddio santo...” disse sussurrando mentre Bill si avvicinava “Faccio archeologia”
“Bello” si animò il fratello dandogli una pacca sulla spalla “Buona fortuna eh... io vado a vedere cosa ha da mettersi lo stilista”
Tom rimase a fissare il foglietto, incredulo, per fortuna che sotto c'era anche un indirizzo, ma quella storia Madonna gliela avrebbe dovuta spiegare prima o poi.

Aveva una bicicletta, era nera, e riusciva anche a pedalarla. Non seppe neanche come, ma chiedendo indicazioni ai passanti, riuscì ad arrivare in quella che doveva essere l'università, ci mise mezz'ora o forse di più e sotto al sole aveva anche sudato arrancando tra una strada e l'altra.
Non poteva credere che stava succedendo a lui; era stato in giro per strada e nessuno gli aveva detto niente, nessuno aveva urlato, nessuno aveva tentato di fermarlo buttandosi sotto alle ruote della bici, in fondo quella cosa non gli stava dispiacendo più di tanto, nonostante l'assurdità.
Piuttosto nella sua mente si domandava se Madonna fosse apparsa se l'avesse invocata... doveva assolutamente parlarci! Avrebbe potuto almeno lasciargli un foglietto con le istruzioni base sulla vita di quel Tom, dannazione!
Scese dalla bici e la incatenò davanti a quella che doveva essere l'università, sempre secondo i suoi calcoli e le indicazioni dei passanti, tra l'altro notava diversi ragazzi entrare dai cancelli neri, e le bancarelle di libri che c'erano fuori forse erano un indizio.
Reggendo la borsa a tracolla con il computer si fece forza e varcò l'ingresso, indeciso su dove doveva andare; per prima cosa doveva trovare la biblioteca, e poi riuscire a capire chi fosse Chris.
Probabilmente era il ragazzo con le foto ai confini dei paesi che aveva visto sulla parete della camera, sperava solo che non fosse troppo diverso.
"Ciao" gli disse una ragazza parandosi di fronte a lui. La scansò e fece altri due passi, sussurrando un "Ciao" di risposta molto poco udibile. Non sapeva chi fosse, ed anche se il Tom della vita parallela la conosceva, non aveva voglia di essere carino e cordiale in quel momento.
"Dobbiamo parlare e cosa diavolo hai fatto hai capelli?" continuò la ragazza scioccata, facendolo girare di scatto, con il sopracciglio inarcato.
"Perché? Ci conosciamo?"
"Ora va bene che ci siamo lasciati e ti ho detto di fare finta di non conoscermi, ma non esagerare come tuo solito... che hai fatto ai capelli?" disse lei mordendosi un labbro ed incrociando le braccia innervosita. Era carina, aveva i capelli neri e lunghi, e gli occhi color nocciola, due libri sul petto che abbracciava stretti, ed un'espressione triste sul viso, un po' contrariata, forse perché aveva dovuto rivolgergli la parola. E quindi da quello che capiva, quella era la sua ex ragazza, anzi, ora che ci rifletteva, era esattamente quella che aveva visto nelle foto.
"Ci siamo lasciati? E poi i capelli così mi piacciono...." continuò perplesso.
"Va bene! Ti ho lasciato io, sei contento?"
Tom corrugò la fronte, cercando un ricordo, o qualcos'altro, ma era impossibile trovarlo. Lei lo fissava capricciosa, scrutandolo sempre più a fondo. Forse lo sapeva che guardarlo così lo metteva a disagio.
"Ehm... ok" taglio corto lui "Quindi? Di cosa devi parlarmi?
La ragazza alzò le spalle ed abbassò lo sguardo "Di questo, sono due giorni che non mi saluti, e volevo dirtelo che mi fa incazzare, come se non lo sapessi poi..." sbuffò un po' d'aria dalla bocca, poi ripuntò gli occhi su di lui.
"Va bene... ora lo so" Tom si girò sistemandosi la borsa del computer a tracolla sorridendo debolmente. Ci voleva proprio tanta forza di volontà per non impazzire e per non sembrare un pazzo agli occhi degli altri.
"Tom!"
"Sì?" sbuffò rigirandosi.
"Perché sei ancora arrabbiato con me? Ok, ti ho lasciato, ma ti ho spiegato i motivi, non è stata una decisione facile dopo due anni ma avevamo detto che restavamo amici..."
"Siamo stati insieme due anni?" chiese incredulo.
Non poteva crederci, lui e una pazza sclerotica insieme per due anni. Era impossibile.
"Certo che diventi sempre più stronzo!"
Tom sospirò alzando gli occhi al cielo... quando avrebbe rivisto Madonna doveva dirgli che voleva tornare indietro, nel suo mondo, subito!
"Ehi Alex, ci vediamo stasera allora?"
"Sì certo" rispose la ragazza verso un passante, ricevendo in risposta un occhiolino per poi tornare a guardare il ragazzo.
"Hai finito di parlarmi?" chiese Tom indeciso, avendo però memorizzato il nome della sua ex.
“Sì Tom, ho finito” rispose lei nervosa sciogliendo le braccia e girando i tacchi.
Ed almeno una cosa l'aveva capita. Si era lasciato con la pazza sclerotica che aveva appena visto, si chiamava Alex, fino a sera non ci sarebbe mai arrivato, non sapeva perché si erano lasciati e doveva trovare assolutamente la biblioteca. E Chris.
Fermò la prima persona che vide, chiedendo ulteriori informazioni, e fu indirizzato al primo piano; per fortuna che c'erano anche delle indicazioni scritte con delle frecce giganti, per raggiungere il luogo desiderato.
Appena arrivato di fronte alla biblioteca sospirò, sperava che quel Chris fosse intelligente e gli facesse dei segni con la mano.
Aprì la porta e fu invaso dalla potenza dell'aria condizionata che lo fece rabbrividire un attimo mentre iniziava subito nervoso a guardarsi intorno.
Nessuna traccia di quel Chris, anche se quel posto sembrava particolarmente grande. Avanzò nella sala guardando tutti i presenti con aria indagatrice, sembrando un maniaco probabilmente, ma appena rialzò lo sguardo vide un ragazzo che si sbracciava verso di lui con il braccio alzato.
Tom sgranò gli occhi e fece lo slalom tra i tavoli, giungendo finalmente dall'amico, che lo guardava con gli occhi sgranati.
“Cosa cazzo hai fatto ai capelli?” sussurrò scioccato mettendogli una mano in testa.
“Eh?” chiese Tom con il fiatone “Li ho cambiati”
“E cos'è sta roba?” rispose prendendogli un treccina e rigirandosela tra le dita.
“Sono cornrows...”
“E quando li hai fatti? Non mi avevi detto niente!”
“Ieri...” minimizzò lui con noncuranza “Ma perché sto male?”
“Avevi sempre detto che non avresti mai tagliato i dreads!”
“Lo so.... ma” disse titubante, per poi mettersi teatralmente una mano sulla fronte “questa storia di Alex mi ha distrutto!”
“Dai fratello, è tutto a posto, si sistemerà la cosa, è già la terza volta che ti lascia e poi tornate insieme...”
“La terza?” chiese lui spalancando la bocca ed alzando la voce, facendo girare i presenti.
“Ok, la quarta se calcoliamo anche quella volta in Grecia, però quella era una cosa così...”
“Io mi sono fatto lasciare quattro volte da quella?”
“Lo so, sono domande retoriche, ma sei solo innamorato di lei... non pensiamoci... piuttosto, riguardiamo la tesi, il prof oggi non ci riceve, per colpa tua” sussurrò l'amico dandogli un pugno sul braccio.
“Per colpa mia?” sussurrò lui “Che ho fatto?”
“L'appuntamento era un'ora fa e tu non c'eri, ed hai tutto sul computer!”
“Ahh, già!” esclamo finto convinto.
“Prendilo e vediamo un po' come aggiustare la storia degli scavi in Francia, io mi sono perso dei pezzi che abbiamo catalogato...”
“Cosa abbiamo catalogato?”
“Ci sono i vasi ritrovati quando siamo stati in Francia, poi della roba presa a Roma... e il resto ce l'hai tu!”
“Ma esattamente su cosa la stiamo facendo la tesi?” chiese titubante aggrottando la fronte, con la voce disperata.
“Sono settimane che me lo chiedi, e sinceramente non l'ho ancora capito manco io” disse Chris aprendo il suo portatile e staccando una penna USB per attaccarla a quello di Tom.
“L'idea di base era che io mi occupavo degli scavi fatti a Roma e tu quelli fatti in Provenza, però se non ritroviamo le catalogazioni che abbiamo fatto siamo nella merda...”
“Eh...” annuì lui poco convinto “Esatto... gli scavi in Provenza”
“Tutto quel lavoro nel cesso, capito?”
Tom sgranò gli occhi perplesso; non stava capendo assolutamente niente ed in più era sicuro che se non voleva rovinare la vita di quel Tom del tutto, avrebbe dovuto studiare... studiare di che catalogazioni stava parlando Chris e di che cazzo c'entrava la Provenza in tutto quel casino, ma soprattutto studiare un metodo di sopravvivenza sicuro.

La mattina in biblioteca era stata proficua, per fortuna che Chris era un tipo che parlava tanto e non faceva altre domande se gli facevi domande strane. Aveva capito che quella catalogazione dei reperti ritrovati in Provenza doveva essere da qualche parte dentro la sua stanza, perché l'amico gli aveva detto che l'avevano persa una sera che avevano passato a bere a casa sua, per cui aveva ancora tempo per venire a capo di quella situazione.
Durante il pranzo erano andati a mangiare in un locale vicino quella che doveva essere la zona in cui abitavano sia lui che Chris, perché era la stessa strada che aveva fatto da casa per andare all'università.

Si erano seduti all'ombra ordinando qualcosa da mangiare e parlando del più e del meno. Chris era simpatico, e poi da quello che raccontava sembrava che avessero passato diverse avventure insieme, perlomeno da quando si erano trasferiti entrambi a Berlino per studiare archeologia. Riuscì a capire che si erano conosciuti il primo giorno del primo anno, e che da lì erano stati sempre insieme, ed avevano visitato tutta l'Europa con la scusa degli scavi da fare in giro.
Tom annuiva e rideva ad ogni cosa che gli diceva e cercava di imparare qualcosa di nuovo su quel Tom tramite i racconti di Chris, non era affatto facile, ma ci stava provando. Sperava che Bill ovunque fosse si stesse comportando bene.
Mentre stava mettendo in bocca un nachos ricoperto di formaggio e salsa piccante notò un giornale aperto da una persona al suo fianco che stava leggendo.
Ci mise un attimo a mettere a fuoco le facce, perché la cosa per un attimo gli parve normale ma poi si accorse di chi era lui e di chi erano loro.
Iniziò a tossire sentendo il nachos che si era incastrato di traverso nella gola e si alzò di scatto andando verso l'uomo con il giornale mentre Chris lo osservava con gli occhi sgranati.
“Mi scusi, di quand'è questo giornale?” chiese tra un colpo di tosse e l'altro.
“Di oggi, perché?”
“Le dispiace se gli do un'occhiata velocissima?” rispose strappandoglielo dalle mani senza neanche aspettare una risposta.
L'uomo perplesso lo lasciò fare, mentre Tom tornava da Chris con il suo bottino.
“Che ti prende? Stai bene?” gli chiese l'amico con la bocca aperta.
“Sì, cioè no... cazzo” berciò aprendo il giornale al numero della pagina riportato in prima.
“Che succede?”
“Ho appena visto due che conosco” continuò nervoso girando le pagine a due a due, fino a quando non la raggiunse e gli venne un'incontrollabile voglia di gridare.

TOKIO HOTEL TRA UNA SETTIMANA IN CONCERTO A BERLINO, ARENA SOLD OUT

“Porca puttana” berciò sentendo in sottofondo la voce di Chris.
“Che ti prende? Da quando ti piacciono i Tokio Hotel?”

I Tokio Hotel, la band capitanata da Georg Listing e Gustav Schäfer, insieme ai fratelli Mike e Nick Festen approda a Berlino venerdì prossimo per uno show che promette di lasciare i fans a bocca aperta.
La band dopo l'ennesimo Grammy vinto pochi mesi fa ritorna finalmente in Europa per un tour che prevede il sold out in tutte le tappe.
I biglietti del concerto di Berlino sono andati letteralmente in fumo cinque minuti dopo l'apertura delle vendite, e ciò dimostra che anche in casa i quattro giocano molto bene le loro carte.
I Tokio Hotel band formatasi nel 2004 negli anni ha scalato le classifiche prima di tutta Europa, imponendosi poi in Giappone, Australia e nel resto dell'Asia, per poi conquistare tutta l'America latina e gli Stati Uniti: successo planetario per quattro ragazzi originari di Magdeburgo!
Vincitori di numero riconoscimenti tra cui tre Grammy per il loro ultimo lavoro, la band ha anche composto la colonna sonora dell'ultimo film del regista Frank Firlkin aggiudicandosi una nomination all'Oscar...

“Voglio morire in questo istante” sussurrò Tom scuotendo la testa “Tre Grammy è una nomination all'Oscar, Bill si ammazza...”
“Tom ma che sta succedendo?” chiese l'amico alzando le spalle “Da quando ti interessi di quelli? Hai sempre detto di odiarli!”
“Infatti...” si animò annuendo chiudendo il giornale “Tre Grammy e una nomination all'Oscar... ma li hanno mai sentiti suonare?”
“Ecco... appunto, mi sembrava strano che ti interessassero...”
“Ma devo andare a quel concerto...” continuò interrompendolo.
“Sei sicuro di stare bene?”
“Sicurissimo” si alzò di scatto e portò il giornale al signore a cui l'aveva rubato; si girò e tornò indietro.
“Dobbiamo andarci!”
“Perché?”
Tom scosse la testa distrutto “Ci devo andare e basta... aiutami solo a trovare i biglietti”


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Questo è un esperimento. Mi frullava già da diverso tempo in testa questa storia e scrivere il primo capitolo mi ha divertito moltissimo, nella speranza che diverta anche voi, vi lascio il primo assaggio.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Baci
L

  
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