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Autore: maryana    15/07/2010    0 recensioni
Fan fiction che tratta di Twilight dal punto di vista di Edward. In attesa che la Meyer pubblichi l'originale, ne ho dato una mia liberissima interpretazione. Da premettere che non ho dato il minimo sguardo ai capitoli in inglese già disponibili sul web.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo.

Il ballo.

Aiutai Bella a salire sulla mia Volvo, facendo attenzione a non rovinare gli svolazzi di seta e chiffon del vestito che Alice le aveva costretto ad indossare, i fiori che le aveva appena appuntato sui riccioli e l’ingombrante gesso alla gamba.

Sul suo viso dipinta una maschera di disappunto, facile intuire il perché: il suo abbigliamento la metteva a disagio.

Accomodata Bella sul sedile, presi posto alla guida e feci retromarcia sul vialetto.

« Posso sapere quando ti prenderai la briga di rivelarmi cosa sta succedendo? », chiese, scontrosa.

Non le piacevano le sorprese, eppure non le avevo ancora rivelato la nostra meta…eppure non era difficile, dato che anche io ero elegante, indossando uno smoking.

« È assurdo che tu non abbia ancora capito >> le feci notare, sorridendo.

« Ti ho informato del fatto che sei molto carino, vero? ».

« Sì » sorrisi di nuovo, nel sentire il suo apprezzamento.

« Non verrò mai più da nessuna parte con te, se mi toccherà di nuovo farmi trattare da Alice come Barbie-cavia-da-laboratorio », brontolò.

Beh come darle torto, era stata sequestrata da mia sorella, costretta nel suo enorme bagno, completamente vittima della sua mercé; dall’altra parte io personalmente avevo apprezzato il risultato finale. Amavo Bella per quel che era, anche con i suoi soliti jeans, però fasciata in quel vestito blu scuro, senza spalline, e con i tacchi alti la trovai magnifica.

Stavo per ribadire la sua affermazione, facendole i dovuti complimenti, quando squillò il telefono.

Estrassi dalla tasca interna della giacca il telefono, e guardando il display aggrottai le sopracciglia.

« Pronto, Charlie » risposi, sospettoso. Perché aveva chiamato?

« Charlie? ».

Negli ultimi tempi, da quando avevamo fatto ritorno a Forks potando Bella nelle sue condizioni- viva per miracolo- suo padre era diventato molto apprensivo e nonostante la profonda gratitudine che aveva riversato su mio padre, non poteva dirsi lo stesso nei miei confronti. Mi riteneva responsabile per quanto successo a sua figlia…e in tutta sincerità, non mi ero trovato in disaccordo con lui.

<< Qui a casa è venuto Tyler Crowel dicendo che aveva già appuntamento con Bella >> nel sentire quelle parole, strabuzzai gli occhi. Che storia era mai questa?

« Sta scherzando! »

« Che c'è? », chiese Bella.

Non le badai, e presi le rendini della situazione.

 « Posso parlargli io? » suggerii, avevo proprio voglia di dirgliele quattro.

Attesi solo qualche secondo:

« Ciao Tyler, sono Edward Cullen » sfoggiai una calma apparente.

Sentivo gli occhi di Bella puntati addosso.

« Mi dispiace che ci sia stato un fraintendimento, ma Bella è occupata, stasera » poi divenni volutamente minaccioso. «Anzi, per la verità è occupata tutte le sere, per chiunque, escluso il sottoscritto. Senza offesa. Spiacente se la tua serata non andrà come speravi ». Chiusi la conversazione, ridendo soddisfatto.

Guardai Bella, che era avvampata di rabbia, le mostrai una sguardo sorpreso.

« Credi che abbia esagerato un po'? Non volevo essere offensivo riguardo a te ».

Mi ignorò, accusandomi di altro.

« Mi stai portando al ballo di fine anno! », strillò.

Avevo messo in conto che non avrebbe gradito, ma mai mi sarei aspettato una reazione tanto esagerata.

La guardai tornando serio, e dissi tra i denti:

« Non fare la difficile, Bella ».

Spostò lo sguardo fuori dal finestrino.

« Perché mi stai facendo questo? », chiese, nel panico..

 « Sinceramente, Bella, dove cre­devi che ti volessi portare? » le chiesi indicando il mio smoking.

Non rispose, chinò il capo guardandosi il vestito, poi notai le lacrime rigarle le guancie.

« È ridicolo. Perché piangi? », chiesi irritato.

« Perché mi hai fatta arrabbiare! >> esclamò, tornando a guardarmi.

« Bella » la rimproverai, inchiodandola con uno sguardo.

« Cosa? », mormorò, turbata.

« Assecondami. Per piacere» .

« Bene », mormorò « Te la do vinta. Ma vedrai. È un bel po' che non m'imbatto in una vera disgrazia. Come minimo mi romperò l'altra gamba. Guarda la scarpa! È una trappola mortale! » mi mostrò la gamba buona.

« Mmm » la fissai più del necessario, non capendo perché nascondesse sempre delle gambe così belle « Stasera voglio ringraziare Alice, ricordamelo ».

« Ci sarà anche lei? ».

« Assieme a Jasper, Emmett... e Rosalie ».

Indagai sul suo viso: nonostante tutti si fossero abituati a lei, Rosalie continuava a fare la difficile. Bella non mostrò segni di inquietudine, chiese invece:

« Charlie è al corrente di questo? »

« Certo » poi soffocai una risata: « A quanto pare, solo Tyler non sapeva nulla ».

Ma se era uno stolto non era colpa mia: l’unica cosa che mi teneva lontano da Bella erano le rare giornate di sole, per il resto del tempo a scuola eravamo inseparabili.

Arrivati a scuola,parcheggiai affianco la cabriolet rosso fuoco di Rosalie.

Scesi dall'auto e andai ad aprirle la portiera. Le offrii la mano.

Rimase incaponita seduta al mio posto, a braccia conserte. Il parcheggio era affollato di persone in abito da sera: tutti testimoni. Non avrei potuto estrarla dall'auto con la forza, come non avrei esitato a fare se fossimo stati soli.

Sospirai:

« Di fronte a un assassino sei coraggiosa come un leone, ma basta che qualcuno parli di ballare... » scossi il capo, interdetto.

Rabbrividì sentendo quella parola.

« Bella, ti terrò lontana da tutti i pericoli, compresa te stessa. Non ti mollerò un attimo, lo prometto ».

Davanti la mia promessa, che trapelava di sincerità, il suo viso si rilassò.

« Forza, adesso », dissi gentile. « Non sarà così male » mi chinai e con un braccio le cinsi la vita. Afferrò l'altra mano, e si lasciò sollevare per uscire dall'auto.

L’aiutai a zoppicare fino all'ingresso della scuola, tenendo­la ben stretta a me.

Quando entrammo nella palestra, le scappò un risolino. C'era­no veri arcobaleni di palloncini e ghirlande attorcigliate di car­ta crespa sulle pareti.

« Sembra l'inizio di un film dell'orrore », disse, ridendo sotto i baffi.

« Be '», mormorai mentre ci avvicinavamo a fatica al tavolo che fungeva da biglietteria - reggevo quasi tutto il mio peso, ma era comunque costretta a dondolare il piede per trascinarsi in avanti -, «in effetti i vampiri non mancano».

Guardò la pista da ballo, al centro si era formato uno spazio vuoto in cui Rosalie ed Emmett roteavano divinamente. Gli altri bal­lerini restavano ai margini della sala, per fare spazio: tutti te­mevano il confronto.

Tutti i presenti erano in soggezione da Emmett e Jasper, mentre Rosalie con il vestito mozzafiato che aveva scelto era riuscita a far sentire mortificata ogni ragazza.

« Vuoi che blocchi le uscite, così potete massacrare gli ignari cittadini? », sussurrò Bella, con fare cospiratorio.

« E tu da che parte stai? ».

« Con i vampiri, ovvio ».

« Qualsiasi cosa, pur di non ballare » notai, incapace di trattenere un sorriso.

« Qualsiasi cosa ».

Comprai i biglietti, poi la feci voltare in direzione della pista da ballo. Stava abbarbicata al mio braccio e trascinava i piedi, opponendo resistenza.

« Ho tutta la serata », le feci notare, di tempo non me ne mancava.

Alla fine riuscii a trascinarla nel punto in cui i miei fratelli piroettavano. Bella si arrestò a guardarli spaventata.

« Edward » la sua voce si era fatta rauca.«Sinceramente, non so ballare! »

« Sciocca, non preoccuparti », risposi. « Io sì » guidai le sue mani a cingermi il collo, la sollevai appena e feci scivolare i piedi sotto i suoi.

E anche noi ci ritrovammo a roteare.

« Mi sembra di avere cinque anni », disse ridendo, dopo qual­che minuto di quel valzer in cui era trasportata senza sforzo.

« Non li dimostri » , mormorai stringendola di più a me, e per un istante volò qualche centimetro dal suolo.

“Coraggio Bella, lasciati andare”

Sentendo quel pensiero, capii che Bella spostando momentaneamente lo sguardo, aveva incontrato quello di mia sorella.

« Okay, non è così male, lo ammetto ».

Non le badai, fissai lo sguardo irritato.

« Che c'è? », chiese ad alta voce.

Dato il mio silenzio, seguì il mio sguardo e vide anche lei Jacob farsi largo tra la folla per venire verso di noi.

Ringhiai sottovoce, leggendo nella sua mente.

« Controllati! », sibilò.

« Vuole fare due chiac­chiere con te » l’avvertii furioso.

A quel punto Jacob ci raggiunse: il ragazzo era in imbarazzo glielo si poteva leggere in faccia, ma non m’impietosì.

« Ehi, Bella, speravo proprio di trovarti ».

Fu quello che disse, ma non quello che pensò: aveva sperato nell’esatto opposto.

« Ciao, Jacob », rispose Bella, ricambiando il suo sorriso. « Tutto bene? ».

« Mi concedi un ballo? », azzardò, lanciandomi un'occhiata.

Non mi fece piacere la sua proposta, ma conoscevo abbastanza bene Bella ormai e sapevo che lei non glielo avrebbe negato,così senza dire una parola la feci scendere dai miei piedi e  mossi un passo indietro.

« Grazie », disse Jacob, cortese.

Annuii e le rivolse uno sguardo deciso, prima di al­lontanarmi, andandomi ad appoggiare al muro: non avevo intenzione di perderli di vista.

Jacob le si avvicinò e presero posizione nella danza.

« Accidenti, Jake, quanto sei alto adesso? ».

« Più di un metro e ottanta », rispose fiero.

In realtà non ballavano,  si limitavano a dondolare goffi sul posto. Jacob, al mio contrario, non era un ballerino provetto.

« Come sei finito qui, stasera? », gli chiese Bella.

« Ci credi se ti dico che mio padre mi ha dato venti verdoni per venire al tuo ballo di fine anno? », confessò lui.

 « Sì, ci credo »rispose Bella. « Be', se non altro spero che tu ti stia divertendo. Hai visto qualcuna che ti piace? ». Indicò un gruppo di ragazze, allineate lungo.

« Sì », sospirò, « una, ma è occupata ».

Ovvio che anche lui fosse uno spasimante di Bella, non potevo far altro che sopportarlo da bravo fidanzato.

Jacob abbassò gli occhi e incontrò i suoi per un istante. Poi en­trambi distolsero lo sguardo, imbarazzati.

« A proposito, sei molto carina stasera », aggiunse timido.

Carina era un’offesa, per quanto era stupenda quella sera.

« Ehm, grazie. Ma perché Billy ti avrebbe pagato per venire qui? »

 « Secondo lui era un posto "sicuro" per parlare con te. Mi sa tanto che il vecchio ha perso qualche rotella » disse Jacob, guardando altrove dal viso di Bella.

Entrambi risero, senza convincimento.

« E comunque, mi ha detto che se ti riferisco un certo mes­saggio, mi procurerà il cilindro freni che cerco » proseguì Jacob.

« Allora parla. Ci tengo a vedere la tua macchina finita »,

Stava per rivelarle il motivo per cui era venuto, scrutai l’espressione di Bella.

« Non arrabbiarti, okay? ».

«  Non sono capace di arrabbiarmi con te, Jacob. E non mi arrabbierò con Billy. Dimmi pure ».

« Be'... scusa, Bella, mi sembra talmente stupido... vuole che lasci il tuo ragazzo. Mi ha pregato di chiedertelo "per favo­re" ».

Se non altro il disgusto che Jacob ostentò, era sincero.

« È ancora superstizioso, eh? ».

« Sì. Ha... perso la bussola, quando ti sei fatta male a Phoe­nix. Non ha creduto che... ».

 « Sono caduta » specificò Bella, severa.

« Lo so ».

« Pensa che Edward abbia a che fare con ciò che mi è suc­cesso ».

Jacob non osava guardarla negli occhi. Non si preoccupa­vano nemmeno più di dondolare a ritmo, benché le sue mani fossero rimaste sui fianchi di Bella  che aveva le sue allacciate al collo di Jacob.

« Senti, Jacob, so che Billy stenterà a crederci, ma te lo dico lo stesso ». A quel punto tornò a fissarla, rincuorato dal tono sincero delle parole di Bella. « Edward mi ha davvero salvato la vita. Se non fosse stato per lui e suo padre, a quest'ora sarei morta ».

« Lo so », rispose.

« Senti, mi dispiace che tu sia venuto fin qui solo per questo, Jacob. Se non altro, vedi di rimediare il tuo pezzo mancante, eh? ».

« Sì », bisbigliò, ma era ancora teso visto che doveva riferirle un altro messaggio.

« C'è dell'altro? », gli chiese

« Lascia perdere. Mi troverò un lavoro e metterò da parte qualche soldo ».

« Sputa il rospo, Jacob ».

« Non ce la faccio ».

« Non m'importa. Parla ».

« Va bene... però, uffa, non è una bella cosa ». Scosse il capo. « Ha detto di dirti, no, di avvertirti - guarda che il plurale è suo, non mio - che... », staccò le mani da lei e mimò le virgo­lette,  « "ti terremo d'occhio" ». Attese la sua reazione, ansioso.

Sembrava la battuta di un film sulla mafia. Non riuscii a trattenere una risata ad alta voce.

« Mi dispiace che ti sia toccato farlo, Jake ».

« A me non dispiace granché » sorrise ammirandola, almeno aveva avuto occasione di vederla. « Quindi devo dirgli di farsi gli affaracci suoi? », chiese speranzoso.

« No », sospirò Bella. «Ringrazialo. So che lo fa per il mio bene».

La canzone finì, e lei sciolse l'abbraccio.

Lui esitò e guardò la sua gamba malconcia:

« Vuoi ballare ancora? O vuoi che ti aiuti a spostarti? ».

Ma a quel punto il mio livello di sopportazione era giunto al termine e reclamai Bella:

« Tutto a posto. La riprendo io ».

“Non l’ho sentito neanche avvicinarsi, ma come ha fatto?”

« Ehi, non ti avevo visto », mormorò Jacob. « Allora ci vediamo, Bella ». Fece un passo indietro e un cenno di saluto.

« Sì, ci rivediamo presto » lo saluto, sorridendo.

« E scusami », ripeté ancora e si diresse verso la porta.

Appena attaccò la canzone successiva, la strinsi. Era un ritmo un po' troppo sostenuto per balla­re un lento, ma non vi badai volevo stringerla me. Poggiò la testa sul mio petto.

« Ora va meglio? », mi chiese.

« Non proprio ».

« Non prendertela con Billy », sospirò. « È preoccupato per me perché Charlie è suo amico. Niente di personale ».

«Non ce l'ho con Billy », precisai brusco. « È suo figlio a irritarmi ».

Indietreggiò per guardarmi meglio, e si accorse della serietà sul mio viso.

« Perché? ».

« Prima di tutto, mi ha costretto a violare la mia promessa ».

Mi fissò sconcertata.

« Avevo promesso che stasera non ti avrei mollata neanche per un secondo» dissi accennando un sorriso.

« Ah. Be', sei perdonato ».

« Grazie. Ma c'è dell'altro » dissi aggrottando le sopracciglia.

Aspettò che specificai.

« Ha detto che sei carina », aggiunsi, infine, scuro in volto. « Il che è praticamente un insulto, stasera. Sei molto più che bellissima ».

« Forse il tuo è un giudizio di parte », disse ridendo.

« Non credo. Inoltre, la mia vista è perfetta ».

Avevamo ricominciato a roteare vicini, i miei piedi sotto i suoi.

« Mi spieghi il perché di tutto questo? », domandò.

La guardai, confuso, e lei accennò ai festoni di carta crespa.

Restai a pensare per un momento, e poi cambiai direzione, volteggiando assieme a lei attraverso la folla, verso l'uscita po­steriore della palestra. Incontrammo tutto il gruppo di amicizie di Bella, senza fermarci. Rimasti soli all’aperto la sollevai tra le braccia e la portai fino alla panchina ai piedi dei corbezzoli. Mi sedetti e presi a cullarla stringendola contro il petto.

« Allora? », chiese  sottovoce.

Non l’ascoltavo, guardavo la luna già sorto:inquieto.

« Di nuovo il crepuscolo », mormorai. « Un'altra fine. Ogni giorno deve finire, anche il più perfetto ».

« Non è detto che tutto abbia una fine », mormorò tra sé.

Mi lasciai sfuggire un sospiro, capendo a cosa alludesse.

« Ti ho porta­ta al ballo perché desidero che tu non ti perda niente. Non vo­glio che la mia presenza ti privi di nulla, finché mi è possibile. Voglio che tu sia umana. Voglio che la tua vita prosegua come se fossi morto nel 1918, come era mio destino ».

« In quale strana dimensione parallela pensi che sarei venuta al ballo di mia spontanea volontà? Se tu non fossi mille volte più forte di me, non ti avrei mai lasciato fare » tremò e scosse il capo.

In un primo momento sorrisi, ma tornai subito serio:

« Non è andata così male, l'hai ammesso anche tu ».

« Perché ero con te ».

Per un po' restammo in silenzio: io guardavo la luna, mentre sentivo i suoi occhi su di me.

« Mi dici una cosa?  », chiesi, sbirciandola sorridendo a mezza bocca.

« Non ti dico sempre tutto? ».

« Promettilo », insistetti.

« D'accordo ».

« Mi sei sembrata sinceramente sorpresa quando hai capito che ti stavo portando qui... ».

« Sì, lo ero »,mi interruppe.

« Appunto... ma certo sospettavi qualcos'altro... Sono curio­so: per quale occasione pensavi che ti avessi fatto vestire così? ».     << Non te lo dico».

« Hai promesso ».

« Lo so ».

« Che problema c'è? ».

Non capivo il suo imbarazzo.

« Non vorrei farti arrabbiare... o intristire ».

Aggrottai le sopracciglia pensieroso:

 « Non m'importa. Per favore, dimmelo ».

Fece un sospiro.

« Be'... davo per scontato che fosse un'occasione... speciale. Ma non immaginavo che fosse una mediocre faccenda uma­na... Il ballo di fine anno! », disse sprezzante.

« Umana? », chiesi, senza fare una piega. Avevo intuito che la parola chiave fosse “umana”

Si guardò il vestito, giocherellando con un lembo dello chiffon. Restando in silenzio, attesi.

« Va bene ».assentì. « Ecco, speravo che aves­si cambiato idea... e che ti fossi deciso a cambiare me, dopo­tutto ».

A quelle parole reagii prima con rabbia, poi tormento…infine riuscii ad emettere una risata.

« E secondo te quella sarebbe stata un'occasione da vestito da sera, eh? », dissi, provocandola, e aggiustai il risvolto della giacca da smoking.

Abbassò gli occhi per nascondere l'imbarazzo.

« Non so come funzionano queste cose. A me, però, sembra più logico che per un ballo di fine anno ». Non riuscivo a smettere di sogghignare. «Non c'è niente da ridere», tagliò corto.

« No, hai ragione, certo che no », e il mio sorriso sparì. « Però preferisco prenderla a ridere, piuttosto che credere che tu pos­sa dire sul serio ».

« Ma io dico sul serio ».

« Lo so. E ci terresti davvero? » le chiesi, sospirando tormentato.

Incontrò i miei occhi, e mordendosi il labbro inferiore annuì.

« E allora preparati alla fine », mormorai, quasi tra me. « Pre­parati al crepuscolo della tua vita appena iniziata. Preparati a rinunciare a tutto ».

« Non è la fine, è l'inizio. È la luce dell'alba », mi corresse, sot­tovoce.

« Non ne sono degno », risposi, triste.

« Ricordi quando mi hai detto che non avevo una percezione chiara di me stessa? », chiese, alzando le sopracciglia. «Eviden­temente tu sei cieco allo stesso modo ».

« Io so ciò che sono ».

Sospirò.

Mi concentrai su di lei. Strinsi le labbra e la scrutai da vicino. Esaminai il suo viso, nella sua bellezza umana.

« Perciò, ti senti pronta? ».

« Ehm » , deglutì. « Sì ».

Sorrisi e inclinai la testa fino a sfiorarle con le labbra fredde l'incavo sotto il mento.

« Adesso? », dissi in un soffio. Rabbrividì al mio respiro sul collo.

« Sì », sussurrò.

Risi cupo e mi allontanai: che delusione, aveva poca stima di me.

« Secondo te cederei così facilmente? », chiesi sarcastico, con una nota di amarezza.

« Sognare non costa niente ».

 « Questo sarebbe il tuo sogno? Diventare un mostro? » sgranai gli occhi allibito.

« Non proprio », rispose. « Più che altro, sogno di restare con te per sempre ».

Nel sentire la sua sofferenza, addolcii l’espressione dei miei occhi.

« Bella » le sfiorai il contorno delle labbra con un dito. « Sta­rò sempre con te. Non ti basta? ».

« Mi basta, per ora » sentii le sue labbra stirarsi in un sorriso, sotto le dita.

La sua testardaggine mi fece perdere la pazienza. Era decisa quanto a me a non volersi arrendere. Ruggii lievemente.

« Stammi a sentire. Ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, senza eccezioni. Non ti basta? » mi chiese, sfiorandomi il viso.

 « Sì, mi basta », risposi, sorridendo. « Mi basta, per sempre ».

E le sfiorai di nuovo il collo con le labbra.

 

  
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