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Autore: Lady Memory    27/07/2010    4 recensioni
Un prologo e nove frammenti della vita di Severus Snape legati da un filo molto particolare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le parole che non mi hai detto

Le parole che non mi hai detto

by Lady Memory


Disclaimer: è tutto suo, nel caso ci fossero dubbi.


Ancora grazie infinite alla mia previewer Tearsofphoenix. E a tutti coloro che vorranno lasciarmi un messaggio.


... 8 ...

 


Era la sera del giorno dopo Natale, e Severus vagava senza meta per il castello.


Il momento si avvicinava sempre di più, e la situazione sembrava precipitare. Dumbledore era morto, ucciso da Severus su ordine di Dumbledore stesso, e l'Oscuro Signore aveva steso il suo manto tenebroso sulle attività della comunità magica, instaurando un regime di terrore senza neanche dover combattere una battaglia. La paura aveva compiuto il suo lavoro subdolo, e sempre più maghi preferivano cedere ed accettare il nuovo corso, piuttosto che mettere in pericolo le loro vite e quelle dei loro cari.


Perso nei suoi pensieri, Severus continuava a camminare nel castello, dimentico di ciò che lo circondava e del percorso che stava seguendo. La sua irrequietezza lo portava comunque a ripercorrere un cammino che gli era familiare, perchè alla fine si trovò, quasi senza sapere come, nel corridoio che portava all'ufficio del Preside.


Quel luogo era diventato il suo rifugio nelle ore più buie, perchè da quell'anno il Preside era lui. Così aveva stabilito il Signore Oscuro, e così era stato fatto, nonostante sulla testa di Severus pendesse ancora un'accusa di omicidio. Ma nella stanza che sapeva di occupare abusivamente, tutto ancora parlava di Dumbledore e gli rammentava come il suo destino era stato foggiato lì dentro. Quella sera non si sentì di entrarvi: non aveva altre notizie da riportare, nè azioni da intraprendere, nè ordini da ascoltare. Aveva seguito quasi ciecamente il cammino che gli aveva tracciato Albus, cercando riscatto fino all'ultimo, ma ormai sentiva di aver perso la speranza. Stancamente, si avvicinò ad una finestra e guardò fuori.


La neve cadeva candida in larghe volute, cancellando le tracce che aveva lasciato quando era sgattaiolato furtivamente fuori dai portoni di Hogwarts, per cercare un luogo adatto dove smaterializzarsi non visto. Faceva tanto freddo nella campagna circostante e nel suo cuore, ma ne era valsa la pena. Il ragazzo lassù nel Nord ora aveva la spada. Chissà se avrebbe saputo usarla. Chissà a cosa pensava adesso. Chissà se avrebbe mai saputo con quale ansia gli occhi di Severus Snape, il suo più odiato professore, guardavano lontano nel buio, cercando di indovinare e di prevenire ogni possibile pericolo. Chissà se sapeva che, a rischio della vita, Severus mentiva ogni giorno a coloro che lo circondavano, per proteggerlo e per proteggerli dal rischio che il suo legame con Voldemort rappresentava.


Rinnegato, assassino, traditore...


I suoi colleghi lo guardavano con malcelato disprezzo. Solo Slughorn cercava inutilmente di giustificarlo in nome dell'appartenenza alla stessa Casa, ma Severus vedeva il timore e la delusione apparire sempre più spesso in quei vecchi occhi tristi e desolati.


Il cuore gli batteva dolorosamente. Perso nella sua meditazione, Severus ricordò ancora una volta il ragno della sua infanzia, fermo sul banco in attesa della libertà, un attimo prima di essere schiacciato dalla mano di Mulciber. Allora, mortalmente stanco, appoggiò la fronte contro il freddo della vetrata del corridoio e rimase immobile, incapace di muoversi e di pensare, sprofondando in un nulla benedetto.


Poi sentì i passi lievi alle sue spalle.


Li riconobbe subito. Minerva. Ultimamente utilizzava spesso la sua forma di Animagus per andare in giro senza farsi notare, e poi compariva inaspettatamente a sorprenderlo. Era come la sua coscienza. Non lo lasciava mai solo. Si girò di scatto e cercò di assumere un'aria sprezzante.


Lei lo guardava, inclinando la testa con quell'espressione strana che era diventata una sua caratteristica negli ultimi tempi. Lui le sorrise freddamente.


"Stavi andando dal Preside, Minerva?" chiese, incrociando le braccia.


La domanda era stata uno sbaglio, se ne rese conto subito, ma Severus, dopo tutti quesi mesi, pensava ancora a Dumbledore come al legittimo direttore della scuola. L'anziana donna strinse le labbra come faceva sempre quando si preparava ad attaccare. Ma questa volta, le parole le uscirono lente e sdegnose.


"Non cercavo il Preside, Severus. Speravo di parlare con te."


Lui aveva inghiottito l'amarezza di quel distinguo, ma non era riuscito ad impedirsi di abbassare la testa per nascondere gli occhi. Come avrebbe voluto dividere il suo carico con qualcuno più vecchio e più saggio di lui! Aveva sempre invidiato la fermezza e la rettitudine di Minerva, ma sapeva fin troppo bene che non avrebbe mai potuto chiederle conforto. L'anziana strega aveva sposato Hogwarts e le sue istituzioni, e sarebbe stata felice di donare la sua vita per la salvezza dei suoi studenti. Ma non per Severus Snape, vincolato al segreto e impossibilitato a difendersi di fronte a lei.


Le lesse in volto delusione e tristezza: stanco di combattere, rimase in silenzio, aspettando di sentire le sue accuse. Voldemort o no, Minerva sapeva che non l'avrebbe toccata con un dito. Mai.


La donna continuava a fissarlo, altera.


"Non avrei mai creduto di passare un Natale così orribile, Severus," disse infine sdegnosamente. Stava cercando le parole per ferirlo e, per un momento, lui sentì un moto di ribellione a quelle accuse ingiuste. I Carrow erano aguzzini spietati, non lui! Non lui, che deviava ogni punizione e cercava di ridurne gli effetti fingendo di inasprirli! Ma a cosa serviva parlare? Severus scosse la testa, come per scacciare un insetto molesto.


"Mi spiace, Minerva," commentò piano. "Gli elfi hanno fatto tutto il possibile per preparare un banchetto degno di questo nome."


"Come se avesse importanza!" scattò lei, visibilmente infuriata e delusa per quella risposta elusiva. "A cosa serve riempire lo stomaco quando il cuore è vuoto?"


Lui si irrigidì. Il dolore lo stava riprendendo, sordo, implacabile, continuo.


"A cosa serve addobbare di luci la Sala Grande quando le nostre anime annaspano nel buio?" continuò lei amaramente. "Abbiamo tradito la nostra missione e coloro che credevano in noi. Nessuno studente ha voluto rimanere a Hogwarts durante le feste. Ed è giusto così. Ormai qui si respirano solo odio e tradimento."


Severus strinse i pugni, protetto dall'oscurità del corridoio.


"Basta!" pensò. "Basta, ti prego! Non torturarmi oltre!"


Ma Minerva continuava a guardarlo. Lentamente gli si avvicinò, come a sfidarlo, poi il viso le si alterò di pena.


"Non avrei mai pensato di vedere un Natale come questo," sussurrò, e improvvisamente una lacrima le rigò la guancia. "Il giorno in cui dovrebbero regnare pace e felicità trasformato in un incubo grottesco."


La voce le si incrinò. "Come hai potuto, Severus? Dopo tutto quel che Albus ha fatto per te, come hai potuto tradirlo... come hai potuto tradirci tutti?"


La domanda si spense in un singhiozzo desolato. Ma l'anima di lui si protese dolorosamente verso di lei, verso quegli occhi che cercavano i suoi con tanto ostinato desiderio di credergli.


"Minerva," Severus mormorò piano, e la sofferenza che vibrava in quella voce colpì l'anziana donna, tanto più fortemente in quanto inaspettata. Il sospetto, il dubbio, la speranza di essersi sbagliata, la costrinsero a rialzare il capo e a guardarlo fissamente.


"Non sono sicura di volerti ascoltare." Minerva si strofinò il viso quasi con rabbia, asciugandosi le lacrime che continuavano a venir fuori quietamente. ""Eppure devo provare: se hai qualcosa da dirmi, dimmela adesso che siamo qui da soli."


Lui chiuse gli occhi.


"Severus, ti prego..." Minerva supplicò a bassa voce. Aveva usato le stesse parole di Dumbledore, e lui sentì una fitta trapassargli il cuore. Ecco, l'occasione gli veniva offerta, ma non poteva accettarla, anche se il suo spirito implorava una tregua. Non poteva tradire la sua missione. E, per non tradire la sua missione, doveva tradire la fiducia della donna di fronte a lui.


"Non capisco, Minerva," rispose quindi col suo odioso tono sarcastico. "Mi rendo conto che il pranzo forse non era all'altezza delle tue aspettative. O è la mancanza di studenti che frustra i tuoi istinti materni delusi? Ti prego comunque di considerare con chi stai parlando. Il Signore Oscuro non sarebbe felice di sapere quello che stai pensando. Lo troverebbe oltremodo... ingrato."


Lei sgranò gli occhi a quelle parole. Le labbra le tremarono e le iridi si accesero di un bagliore pericoloso dietro gli occhiali; ma poi - ferita, delusa, adirata - strinse i pugni, controllando la sua ira.


"Avrei dovuto immaginarlo, Severus. Eppure, per un attimo mi sono illusa. Che sciocca sono stata! Credevo di parlare con un uomo e con un amico. Invece..."


La voce le vibrò di nuovo, minacciando di spezzarsi, ma subito si riprese e concluse con fredda cortesia, "Buona notte allora, signor preside. Domani tu e i fratelli Carrow, i tuoi degni compari, vi troverete intorno al tavolo per festeggiare questa finzione di festa. E gli elfi, poveri schiavi creduloni, ancora una volta si daranno da fare."


La sua amarezza bruciava come una fiamma, mentre concludeva con sarcasmo. "Divertitevi pure, vi prego: ma non mi aspettate per il brindisi, perchè io non ci sarò."


Si girò di scatto e si avviò a passi decisi verso le scale, poi si fermò e si rivolse di nuovo a lui, con rabbia feroce. "Sei libero di riferire le mie parole a chi credi meglio, Severus. Una volta avevo stima di te, ma adesso... adesso mi disgusti."


Chinando la testa per nascondere le lacrime che, ancora un volta, fluivano senza controllo, l'anziana donna uscì barcollando dalla galleria, si appoggiò per un attimo contro il muro soffocando un singhiozzo, poi rialzò il capo orgogliosamente e proseguì senza più voltarsi indietro.


Il buio e il freddo invasero l'animo di Severus. Solo nell'immensità di quel tunnel oscuro, guardò la sottile figura di Minerva scomparire in lontananza, camminando dritta e severa.


La speranza aveva abbandonato anche lui. Come poteva esserci perdono per le sofferenze che era costretto a infliggere? Come poteva esserci sollievo per il tormento che lo scavava dentro e che non poteva in alcun modo manifestare?


Sentì la voce di Albus sussurrare nella sua mente. In qualche modo, i ricordi parlavano dentro di lui, offrendogli ragioni e speranze. Ma Severus era troppo amareggiato. Per la prima volta nella sua vita, chiuse ostinatamente il suo cuore e rifiutò di ascoltare la voce che cercava di consolarlo. No. Non sono queste le parole.


(continua)


  
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