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Autore: minimelania    27/07/2010    5 recensioni
Inghilterra, 1880. Una ragazza bella e intelligente. Un disastro improvviso. Un uomo che sarà la sua salvezza.
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo Diciannovesimo -

Quando Prescott finì di parlare, Eileen rimase a lungo in silenzio.
- Mi immaginavo una cosa del genere … ma non cos
ì tragica, purtroppo.
Prescott prese un gran respiro.
- Al tempo ne furono tutti molto scossi, pare … Catherine era cos
ì giovane, e Nicholas fu quasi sull'orlo della catastrofe. Non riusciva ad accettare la cosa.
- Certo. Un brutto colpo, non c'è che dire.
Prescott sospir
ò di nuovo, e insieme guardarono il fuoco. Adesso si tenevano per mano, ma Eileen quasi non ci faceva caso. Quel che aveva sentito occupava per intero i suoi pensieri: sette anni prima, a sentire Prescott, in quella casa era successo qualcosa di tanto brutto da spingere tutti a cercare per sempre di dimenticarlo. La scomparsa di Catherine Thompson, la sorella minore di Nicholas.
Una mattina Norma si era alzata, era andata a fare le faccende e poi, come ogni giorno, si era diretta alla stanza di Catherine per svegliarla. Catherine era un po' pigra a amava pare che amasse restare a letto più che poteva: ma quel giorno aveva promesso di aiutare Norma a fare una crostata di mirtilli. Per cui Norma sal
ì, tutta giuliva, per andarla a svegliare. Ma non la trovò nel suo letto. Anzi, il letto era intatto come se nessuno ci avesse dormito, quella notte. Eppure la sera prima l'aveva accompagnata lei stessa nella sua stanza, le aveva sciolto i bei capelli biondi e l'aveva aiutata a spazzolarli. Catherine era una bella ragazza di circa sedici anni, con lunghissimi capelli color oro e belle guance fresche di rosa. Una fanciulla serena e in salute che era una benedizione per la casa, e un piacere per gli occhi.
L
ì per lì Norma aveva pensato che si fosse alzata presto per andare a passeggiare. La ragazza amava molto la campagna e la cosa non sarebbe stata affatto insolita. Così era corsa in giardino per vedere se ere là da qualche parte. Ma visto che anche lì non v'era traccia, aveva mandato il signor Nibbles a vedere se era nelle stalle. Catherine ci teneva
Lindsay, un purosangue bianco che il fratello le aveva regalato. Non era raro che la ragazza trascorresse interi pomeriggi a spazzolarlo, a dargli da mangiare a intrecciare la sua lunghissima criniera di latte. Ma Nibbles era tornato a mani vuote: Lindsay c'era, la sua padrona no.
A quel punto era stato chiaro che non c'era più molto da scherzare: Catherine era sparita, e bisognava cominciare le ricerche. Erano stati mandati in città due stallieri per battere le strade, e Norma stessa, infilandosi la cuffia, aveva detto che non sarebbe tornata fintanto che non l'avesse trovata. Ma tutto era stato infruttuoso. A mezzogiorno nessuno ancora aveva avuto notizie di lei.
In quei giorni Thompson era a Londra per certi affari, e Norma decise di mandare Nibbles a cercarlo, nel frattempo lei e Foster avrebbero continuato le ricerche insieme. Si trattennero in paese fino al tramonto e chiesero ad ogni negozio, rivendita, persona che trovavano lungo la strada. Piano piano la voce si sparse, e nella notte era già organizzata una lunga spedizione per cercarla. C'era da dire che - eventualità a cui nessuno preferiva pensare - le campagne là intorno erano piene di brutte bestie, brutta gente e compagnie da cui era bene tenersi lontani. C'era poi, ad est, un pezzo di brughiera, non molto esteso, certo, ma abbastanza per sperdercisi in mezzo senza guida: dall'erica fitta spuntavano all'improvviso pantani e laghetti, doppi fondi di infide sabbie mobili, qualche piccolo stagno paludoso in cui era fin troppo facile scivolare inavvertitamente. Norma, quando fu al margine di quell'intrico piano di erica che ondeggiava al vento, scoppi
ò in singhiozzi talmente isterici che dovettero riportarla a casa. E stette con la febbre tre giorni, ma sempre rifiutandosi di mettersi a letto finché si fosse ritrovata la sua Catherine.
Ma le ricerche, protratte per giorni, non dettero i frutti sperati. Thompson, arriv
ò il mattino dopo la scomparsa, come una furia, a cavallo. Dopo la morte prematura di suo padre e quella improvvisa della madre, si era attaccato a sua sorella più di quanto la sua consueta, piana freddezza lasciasse immaginare. Dette ordine di cercarla dovunque, lui stesso scese insieme agli altri uomini per dragare i pantani più profondi e poi al fiume, e al Gladstone, e dovunque ci fosse stata speranza di ritrovarla. Ma se era caduta nel fiume, le correnti vorticose dovevano averla già portata lontana.
Quando fu chiaro che intorno non c'era più speranza di ritrovare la ragazza, Thompson quasi impazz
ì per il dolore e per la rabbia. Si chiuse in casa, rifiutò di mangiare e per un'intera settimana Norma picchiò invano notte e giorno alla porta del suo studio. Ma lui neanche si degnò di rispondere, e certamente ne sarebbe morto, se in quei giorni non fosse intervenuto un accidente a mutare le cose.
Norma, che non riusciva a consolarsi neanche lei della scomparsa di Catherine, metteva un giorno in ordine la stanza con quel sacro e religioso rispetto che si dedica alle cose dei morti. Ad un tratto, tra una lacrima e l'altra, vide sbucare un angolino bianco da sotto la sponda del letto. Incuriosita si chin
ò a guardare.
Era un foglietto tutto stropicciato, ma ancora perfettamente leggibile. Vi erano annotati sopra con meticolosa calligrafia infantile gli orari di tutte le diligenze che passavano dal vicino paese e attraversavano quella parte di campagna dirette a Southampton.
Ma che motivo avrebbe avuto Catherine per andare a Southampton? Non risultava che ci fosse mai andata, ne che mai ne avesse avuto bisogno. Allora Norma, quasi folgorata da una strana intuizione, fece quello che prima non avrebbe mai pensato di fare: apr
ì ogni cassetto della stanza, frugò tra le cose di Catherine, e scoprì che mancavano certi piccoli oggetti sfuggiti prima alla sua attenzione: tre vestiti, tra quelli più vecchi e meno appariscenti, che certe volte lei usava per andare in campagna, una piccola sacca di tela in cui teneva gli attrezzi da giardino e il minuscolo ritratto di sua madre. Catherine lo teneva sempre chiuso nel primo cassetto del suo sécretaire, come una specie di amuleto e mai se ne sarebbe separata, per nulla al mondo, volontariamente. Ma il ritratto adesso non c'era più.
Norma corse da Thompson, e davanti a questa nuova evidenza meditarono che poteva essere successo: Catherine forse se ne era andata di sua spontanea volontà, aveva preso con sé delle cose ne aveva riempito una sacca prima di allontanarsi, il ritratto di sua madre, dei vestiti. Non era morta o stata rapita. Grazie al cielo forse non era morta, e era ancora possibile ritrovarla.
Ma se aveva portato con sé il ritratto, se aveva fatto i bagagli e tutto il resto, voleva dire solo una cosa, forse non meno amara dell'altra: la ragazza si era allontanata di sua spontanea volontà dalla casa.
Se n'era andata vestita in maniera da non attirare l'attenzione, con poca roba e non pareva che avesse portato con sé denaro o oggetti di valore. Dovunque fosse diretta - e ora quello strano appunto per Southampton illuminava questo dettaglio in tutta la sua sinistra evidenza - dovunque fosse diretta non aveva portato niente di valore con sé, segno che non voleva stare via molto o aveva qualche appoggio stabilito. E visto che da Southampton partivano le grosse navi dirette dovunque ai quattro angoli del mondo, visto che quella era la grande testa dell'impero mercantile d'Inghilterra, c'era solo da immaginare che Catherine fosse salita con qualcuno su una nave per chissà dove. Che fosse stata aiutata a fuggire. Per chissà dove e chissà perché.
Thompson allora strinse in pugni e chiese a Norma se lei ne sapeva niente. Era stata lei la balia di Catherine, la sua maggiore confidente, la sua tata. Possibile che non si fosse mai accorta che c'era qualcosa che non andava, che la ragazza nascondeva qualcosa? Norma scosse la testa affranta. E per un po' pianse tutte le sue lacrime. Poi, a un certo punto, aiutata dalle incalzanti domande di Thompson, ricord
ò certe piccole cose, particolari che tempo prima le erano sembrati privi di importanza, ma che adesso, composti tutti insieme, formavano un ben  inquietante quadro.
Era vero: ricord
ò di avere avuto certe volte il sentore che in Catherine fosse in atto qualche strano cambiamento, le lunghe passeggiate ai margini del giardino, le mille e una visite alla sarta in paese per un vestito che non era mai finito. Ma lì per lì non ci aveva dato peso. Nella sua infinita ingenuità pensava ancora che sua pupilla fosse una piccola, semplice bambina.
Ora invece si faceva tutto chiaro: Catherine era d'accordo con qualcuno, e con qualcuno una mattina d'inverno era fuggita per South Hampton diretta chissà dove.
- E non hanno chiesto mai al postiglione se per caso l'aveva vista? - chiese Eileen.
Prescott scosse la testa.
- La diligenza attraversa tre grandi città una delle quali è Londra, mi capite? Se il cocchiere dovesse ricordarsi di tutte le facce imbacuccate che salgono, probabilmente non avrebbe più cervello per guidare neanche mezzo metro.
-Ho capito, ma comunque Thompson non ha fatto altri tentativi di ritrovarla?
- No, nessun'altro, a quanto mi risulta. La faccenda era stata terribile, e scoprire che Catherine era fuggita di sua spontanea volontà fu forse peggio che se fosse annegata nel lago. Thompson decise che per lui era morta. E non c'era alcun bisogno che gli altri conoscessero una storia diversa. Fu cos
ì Catherine Thompson rimase e rimarrà sempre per tutti uno spirito  in fondo a un lago o che vaga nella brughiera, scomparsa chissà come, svanita come succede agli spiriti del bosco.
- E se non fosse scomparsa? Se fosse ancora viva, e ben vitale, e rintracciabile?
Il tenente sospir
ò.
- Sono passati quasi sette anni, Eileen. E la vita là fuori è molto dura per una piccola graziosa ragazza sedotta e abbandonata, lo capite? La cosa più probabile di tutte è che sia morta di stenti quasi subito, o che piano piano il rimorso se la sia portata via.
- E il vostro amico non ha mai provato a cercarla? Davvero pu
ò aver fatto tutto questo?
- Non giudicatelo, Eileen, mia cara. Nicholas era attaccato a sua sorella più di quanto un padre potesse esserlo alla sua creatura prediletta. Io ho visto Catherine solo qualche volta, nelle rare vacanze che passavo in questa casa, quando io e Nicholas eravamo ancora studenti. Me la ricordo come una piccola gazza, una civetta graziosa e leggera che non avrebbe fatto male a una mosca. Le piacevano i cavalli e le corse, le belle rose e i giochi da bambini. Ma soprattutto le piaceva il suo violino: era una specie di dote naturale, sapeva suonarlo benissimo. Io l'ho sentita solo un paio di volte, ma quando accostava la testa a quella piccola cassa intarsiata, sembrava che all'improvviso tutto quel che era in terra diventasse diverso. Sembrava che parlasse la lingua degli antichi alberi e dei monti. Toglieva il cuore dalle labbra. E Nicholas, già capofamiglia, l'adorava come la luce dei suoi occhi. Avrebbe fatto tutto per lei, si sarebbe anche dannato l'anima per vederla sorridere appena. Capite perché non si è più ripreso e ha detto a tutti che è morta? Si è sentito tradito nel profondo quando lei se ne è andata cos
ì.
- Siete sicuro che non l'abbia più cercata? Che non abbia fatto più un tentativo di cercare di capire dov'era? Voglio dire, potreste giurarlo?

Prescott scosse piano la testa.
- Lo conosco e me ne ha parlato spesso: per lui è morta nell'istante esatto che è salita su quella diligenza. Non c'è altro da dire, per lui.
- E se vi avesse mentito? Se per caso avesse continuato a cercarla? Potete giurare davvero che l'abbia lasciata andare cos
ì.
- Lo escludo. Nicholas fa sempre quello che dice.
Eileen cap
ì che con tutti quei discorsi non sarebbe mai riuscita a convincere il tenente della chiara evidenza che invece a lei andava formandosi in testa, perfettamente chiara, e lampante, e incredibile. Decise che per darci un taglio bisognava decidersi a dire quello che fino a quel momento aveva a malapena osato pensare tra sé.
- E se invece l'
avesse cercata, magari all'insaputa di tutti? E se l'avesse ritrovata e riportata in questa casa, senza dir niente agli altri?
Il tenente sbottò in una risata che non aveva niente di allegro.

- Cosa? Ma come fate a dirlo, fino a un'ora fa non sapevate neanche che esisteva …
- Ricordate il suo violino, Prescott? Sapete se lo aveva con sé? Se lo aveva con sé quando è partita?
- Non lo so, non ne ho idea, ma non capisco cosa c'entri questo con …
- Thompson è tornato da poco da un viaggio. Mi risulta, da pochissimo tempo.
Prescott la fiss
ò. Aveva il volto lievemente contratto.
- E' vero - mormor
ò.
- E da dove tornava, lo sapete?
Prescott scosse la testa avanti e indietro.
- Dall'India … o almeno, cos
ì ha detto. E' stato il viaggio per cui ha lasciato …
- Esattamente. Per cui ha piantato di punto in bianco la sua sposa. A pochi mesi dal matrimonio, capite? E sapete perché l'ha piantata?
- No, io non lo so, ma …
Eileen sorrise trionfante.
- Da dove partono le navi per l'India?
Il tenente allarg
ò le braccia.
- Da Southampton, non lo so, almeno penso … - poi si ferm
ò a bocca aperta, sorpreso da quel che aveva appena detto - … voi pensate … ?
- Che sia stato chiamato in India, o dovunque sia andata Catherine quando è partita, sette anni fa. All'improvviso, esattamente, richiamato da qualcosa che gl premeva troppo per poterselo lasciare sfuggire. Forse il modo di vendicarsi o forse l'occasione di riabbracciare sua sorella.  
- Ma non pu
ò … voglio dire, non può essere vero. Altrimenti lo avrebbe detto, voglio dire …
- Thompson? Ma lo avete detto voi stesso che per tutti sua sorella è morta. Non avrebbe potuto farla certo resuscitare di punto in bianco! No,  tenente, se Thompson l'ha portata indietro adesso deve per forza tenerla nascosta. Tenerla nascosta e prigioniera, magari per farle scontare tutto il male che ha fatto a lui sparendo.
- E dove potrebbe mai tenerla? In un posto sicuro, lontano …
Eileen scosse la testa, animata come da una strana felicità animale.
- Sopra le nostre teste.
- Cosa?
- Esattamente sopra le nostre teste. A meno di tre metri sopra dove adesso io e voi stiamo seduti.
Prescott spalanc
ò la bocca.
- Non è possibile … io credo che … non …
- Non è solo possibile: è vero. L'ho sentita suonare più volte, ho visto Thompson salire in soffitta, al buio di notte. E in questa stanza ho trovato la custodiama del violino nessuna traccia: se lo avesse portato con lei avrebbe preso anche quella, se invece è ritornata e lo ha chiesto, beh … Thompson pu
ò averle portato il violino senza doversi portar dietro tutto il resto.
Prescott era basito.
- Voi dite …?
- Lo dico e ne sono sicura. Thompson tiene prigioniera sua sorella nella soffitta. Non so bene perché ma adesso posso anche immaginarlo: l'ha ritrovata, ma se ne vergogna, ne ha paura, la teme o chissà cosa. Pu
ò essere impazzita dal dolore, può essere brutta, invecchiata, malata … ma è pur sempre sua sorella. Così l'ha presa e l'ha riportata indietro, ma per non far sapere a nessuno quanto è caduta in basso la tiene segregata dal mondo. La nutre, la veste e la protegge ma non la fa vedere a nessuno, perché il mondo non deve sapere che Catherine Thompson è ancora viva, e solo un piano sopra le nostre teste.
A questo Punto Prescott fece una cosa che Eileen non si sarebbe aspettata. Si alz
ò in piedi e la fissò negli occhi.
- Avete prove di quello che dite?
- Ma come, non mi credete, neanche voi? E il violino, la custodia, la musica …
Prescott scosse le mani.
- No, per carità. Io vi credo. Vi credo ciecamente perché penso che siate una ragazza intelligente e non una sciocca sognatrice. Se dite di aver sentito quel violino, vi credo, punto e basta. E del resto è ben possibile che sia come dite. - poi fece una pausa - Ma, lo capite, c'è bisogno di prove. Non si accusa qualcuno cos
ì, alla cieca. Almeno non uno come Thompson.
- Ma come, e allora? Quella povera ragazza … Catherine …
- Non ho detto che non sia fattibile. Dico solo che ci vogliono le prove. E bisogna stare anche molto attenti. Se Thompson si accorge che sapete qualcosa quanto pensate che ci metterà a trasferire nottetempo sua sorella in qualcun altro dei suoi possedimenti, e a farvi passare per una sciocca bambina che dà retta alle favole?
- E allora? Cosa pensate di fare? Posso salire lassù quando voglio, anche stanotte, e trovare le prove, tutte quante le prove che volete!
- Che fate, voi? - poi, più dolce, avanz
ò verso di lei e la prese tra le braccia - Eileen, piccola Eileen, ti prego, ascolta. Giurami, giura che non faresti mai una sciocchezza del genere. Salire di notte nella stanza di un fantasma … Non capisci che può esserci di tutto dietro quella porta? Tu stessa mi hai detto poco fa che hai sentito i Nibbles parlare … parlare di una creatura pericolosa. Non sappiamo niente di lei, sempre ammesso che sia Catherine …
- E allora?
- Allora voglio che tu mi stia a sentire. Stattene quieta, aspetta, aspetta me. Voglio rendermi conto di che cosa esattamente sta succedendo. Alla fine sono amico di Nicholas. Lascia che provi a capire qualcosa di più sulla faccenda.
- Ma tu stesso hai detto che mai e poi mai …!
- Ho detto che non lo ammetterà mai. Certo che no, è chiaro. Trattandosi di Nicholas, no, certo. Si farebbe sgozzare prima di ammettere una cosa del genere … l'onore e tutto il resto … no. Qui bisogna giocare di astuzia. Lasciar passare qualche tempo, aspettare …
- Io non aspetto un secondo di più.
Prescott la strinse più forte.
- Non voglio più sentirti dire che non aspetterai. Hai aspettato e adesso lascia fare a me. Se davvero là sopra c'è lei, avremo bisogno di molta prudenza e di una buona dose di fortuna … ma lascia fare a me e vedrai che ne verremo a capo, noi due, insieme.
Eileen gli sorrise debolmente.
- Davvero pensi che sia la cosa giusta?
Prescott le accarezz
ò una guancia. In quel freddo pomeriggio piovoso, sembrò che loro due fossero sempre stati cos', vicini, a respirare insieme.
- Ti fidi di me?
- Certamente.
- Bene. Perché io ti amo, Eileen, e non voglio che ti succeda niente di male. Quel che mi hai detto è sconvolgente, è forte … e mi auguro col cuore che non sia vero. Ma se dovesse risultare che il mio amico, che il mio Nicholas è un farabutto tale …
- Come facciamo a dimostrarlo?
- Aspetta e non preoccuparti di niente. Trover
ò il modo prima di domani. Ma nel frattempo tu devi stare quieta, e riposarti e …
- Cos
ì non mi fai molto riposare - mormorò Eileen piano piano mentre le labbra del tenente cominciavano a solleticale le orecchie.
Ma il tenente già non l'ascoltava più.

 

 

 

 

  
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