- Capitolo Diciannovesimo -
Quando
Prescott finì
di parlare, Eileen rimase a lungo in silenzio.
- Mi immaginavo una cosa
del genere … ma non così
tragica, purtroppo.
Prescott prese un gran
respiro.
- Al tempo ne furono tutti
molto scossi, pare … Catherine era così
giovane,
e Nicholas fu quasi sull'orlo della catastrofe. Non riusciva ad
accettare la
cosa.
- Certo. Un brutto colpo,
non c'è che dire.
Prescott sospirò
di nuovo, e insieme guardarono il fuoco. Adesso si
tenevano per mano, ma Eileen quasi non ci faceva caso. Quel che aveva
sentito
occupava per intero i suoi pensieri: sette anni prima, a sentire
Prescott, in
quella casa era successo qualcosa di tanto brutto da spingere tutti a
cercare
per sempre di dimenticarlo. La scomparsa di Catherine Thompson, la
sorella
minore di Nicholas.
Una mattina Norma si era
alzata, era andata a fare le faccende e poi, come ogni giorno, si era
diretta
alla stanza di Catherine per svegliarla. Catherine era un po' pigra a
amava pare
che amasse restare a letto più che poteva: ma quel giorno
aveva promesso di
aiutare Norma a fare una crostata di mirtilli. Per cui Norma salì,
tutta giuliva, per andarla a svegliare. Ma non la trovò
nel suo letto. Anzi, il letto era intatto come se nessuno
ci avesse dormito, quella notte. Eppure la sera prima l'aveva
accompagnata lei
stessa nella sua stanza, le aveva sciolto i bei capelli biondi e
l'aveva
aiutata a spazzolarli. Catherine era una bella ragazza di circa sedici
anni,
con lunghissimi capelli color oro e belle guance fresche di rosa. Una
fanciulla
serena e in salute che era una benedizione per la casa, e un piacere
per gli
occhi.
Lì
per lì
Norma
aveva pensato che si fosse alzata presto per andare a
passeggiare. La ragazza amava molto la campagna e la cosa non sarebbe
stata
affatto insolita. Così
era corsa in
giardino per
vedere se ere là da qualche parte.
Ma visto che anche lì
non v'era traccia,
aveva mandato il signor Nibbles a vedere se era nelle
stalle. Catherine ci teneva
Lindsay, un purosangue
bianco che il fratello le aveva regalato. Non era raro che la ragazza
trascorresse interi pomeriggi a spazzolarlo, a dargli da mangiare a
intrecciare
la sua lunghissima criniera di latte. Ma Nibbles era tornato a mani
vuote:
Lindsay c'era, la sua padrona no.
A quel punto era stato
chiaro che non c'era più molto da scherzare: Catherine era
sparita, e bisognava
cominciare le ricerche. Erano stati mandati in città due
stallieri per battere
le strade, e Norma stessa, infilandosi la cuffia, aveva detto che non
sarebbe
tornata fintanto che non l'avesse trovata. Ma tutto era stato
infruttuoso. A
mezzogiorno nessuno ancora aveva avuto notizie di lei.
In quei giorni Thompson
era a Londra per certi affari, e Norma decise di mandare Nibbles a
cercarlo,
nel frattempo lei e Foster avrebbero continuato le ricerche insieme. Si
trattennero in paese fino al tramonto e chiesero ad ogni negozio,
rivendita,
persona che trovavano lungo la strada. Piano piano la voce si sparse, e
nella
notte era già organizzata una lunga spedizione per cercarla.
C'era da dire che
- eventualità a cui nessuno preferiva pensare - le campagne
là intorno erano
piene di brutte bestie, brutta gente e compagnie da cui era bene
tenersi
lontani. C'era poi, ad est, un pezzo di brughiera, non molto esteso,
certo, ma
abbastanza per sperdercisi in mezzo senza guida: dall'erica fitta
spuntavano
all'improvviso pantani e laghetti, doppi fondi di infide sabbie mobili,
qualche
piccolo stagno paludoso in cui era fin troppo facile scivolare
inavvertitamente. Norma, quando fu al margine di quell'intrico piano di
erica
che ondeggiava al vento, scoppiò
in singhiozzi talmente
isterici che dovettero riportarla a casa. E stette con la febbre tre
giorni, ma
sempre rifiutandosi di mettersi a letto finché si fosse
ritrovata la sua
Catherine.
Ma le ricerche, protratte
per giorni, non dettero i frutti sperati. Thompson, arrivò
il mattino dopo la scomparsa,
come una furia, a cavallo. Dopo la morte prematura di suo
padre e quella improvvisa della madre, si era attaccato a sua sorella
più di
quanto la sua consueta, piana freddezza lasciasse immaginare. Dette
ordine di
cercarla dovunque, lui stesso scese insieme agli altri uomini per
dragare i
pantani più profondi e poi al fiume, e al Gladstone, e
dovunque ci fosse stata
speranza di ritrovarla. Ma se era caduta nel fiume, le correnti
vorticose
dovevano averla già portata lontana.
Norma, che non riusciva a
consolarsi neanche lei della scomparsa di Catherine, metteva un giorno
in
ordine la stanza con quel sacro e religioso rispetto che si dedica alle
cose
dei morti. Ad un tratto, tra una lacrima e l'altra, vide sbucare un
angolino
bianco da sotto la sponda del letto. Incuriosita si chinò
a guardare.
Era un foglietto tutto
stropicciato, ma ancora perfettamente leggibile. Vi erano annotati
sopra con
meticolosa calligrafia infantile gli orari di tutte le diligenze che
passavano
dal vicino paese e attraversavano quella parte di campagna dirette a
Southampton.
Ma che motivo avrebbe
avuto Catherine per andare a Southampton? Non risultava che ci fosse
mai
andata, ne che mai ne avesse avuto bisogno. Allora Norma, quasi
folgorata da
una strana intuizione, fece quello che prima non avrebbe mai pensato di
fare:
aprì
ogni cassetto della stanza, frugò
tra le cose di Catherine, e scoprì
che mancavano certi piccoli oggetti sfuggiti prima alla
sua attenzione: tre vestiti, tra quelli più vecchi e meno
appariscenti, che
certe volte lei usava per andare in campagna, una piccola sacca di tela
in cui
teneva gli attrezzi da giardino e il minuscolo ritratto di sua madre.
Catherine
lo teneva sempre chiuso nel primo cassetto del suo sécretaire,
come una specie di amuleto e mai se ne sarebbe
separata, per nulla al mondo, volontariamente. Ma il ritratto adesso
non c'era
più.
Norma corse da Thompson, e
davanti a questa nuova evidenza meditarono che poteva essere successo:
Catherine forse se ne era andata di sua spontanea volontà,
aveva preso con sé
delle cose ne aveva riempito una sacca prima di allontanarsi, il
ritratto di
sua madre, dei vestiti. Non era morta o stata rapita. Grazie al cielo
forse non
era morta, e era ancora possibile ritrovarla.
Ma se aveva portato con sé
il ritratto, se aveva fatto i bagagli e tutto il resto, voleva dire
solo una
cosa, forse non meno amara dell'altra: la ragazza si era allontanata di
sua
spontanea volontà dalla casa.
Se n'era andata vestita in
maniera da non attirare l'attenzione, con poca roba e non pareva che
avesse
portato con sé denaro o oggetti di valore. Dovunque fosse
diretta - e ora
quello strano appunto per Southampton illuminava questo dettaglio in
tutta la
sua sinistra evidenza - dovunque fosse diretta non aveva portato niente
di
valore con sé, segno che non voleva stare via molto o aveva
qualche appoggio
stabilito. E visto che da Southampton partivano le grosse navi dirette
dovunque
ai quattro angoli del mondo, visto che quella era la grande testa
dell'impero
mercantile d'Inghilterra, c'era solo da immaginare che Catherine fosse
salita
con qualcuno su una nave per chissà dove. Che fosse stata
aiutata a fuggire.
Per chissà dove e chissà perché.
Thompson allora strinse in
pugni e chiese a Norma se lei ne sapeva niente. Era stata lei la balia
di
Catherine, la sua maggiore confidente, la sua tata. Possibile che non
si fosse
mai accorta che c'era qualcosa che non andava, che la ragazza
nascondeva
qualcosa? Norma scosse la testa affranta. E per un po' pianse tutte le
sue
lacrime. Poi, a un certo punto, aiutata dalle incalzanti domande di
Thompson,
ricordò
certe piccole cose, particolari che tempo prima le erano
sembrati privi di importanza, ma che adesso, composti tutti insieme,
formavano
un ben inquietante
quadro.
Era vero: ricordò
di avere avuto certe volte il sentore che in Catherine
fosse in atto qualche strano cambiamento, le lunghe passeggiate ai
margini del
giardino, le mille e una visite alla sarta in paese per un vestito che
non era
mai finito. Ma lì
per lì
non ci aveva dato peso. Nella sua infinita ingenuità
pensava ancora che sua pupilla fosse una piccola, semplice bambina.
Ora invece si faceva tutto
chiaro: Catherine era d'accordo con qualcuno, e con qualcuno una
mattina
d'inverno era fuggita per South Hampton diretta chissà dove.
- E non hanno chiesto mai
al postiglione se per caso l'aveva vista? - chiese Eileen.
Prescott scosse la testa.
- La diligenza attraversa
tre grandi città una delle quali è Londra, mi
capite? Se il cocchiere dovesse
ricordarsi di tutte le facce imbacuccate che salgono, probabilmente non
avrebbe
più cervello per guidare neanche mezzo metro.
-Ho capito, ma comunque
Thompson non ha fatto altri tentativi di ritrovarla?
- No, nessun'altro, a
quanto mi risulta. La faccenda era stata terribile, e scoprire che
Catherine
era fuggita di sua spontanea volontà fu forse peggio che se
fosse annegata nel
lago. Thompson decise che per lui era morta. E non c'era alcun bisogno
che gli
altri conoscessero una storia diversa. Fu così
Catherine Thompson rimase e rimarrà sempre per tutti uno
spirito in fondo a
un lago o che vaga nella
brughiera, scomparsa chissà come, svanita come succede agli
spiriti del bosco.
- E se non fosse
scomparsa? Se fosse ancora viva, e ben vitale, e rintracciabile?
Il tenente sospirò.
- Sono passati quasi sette
anni, Eileen. E la vita là fuori è molto dura per
una piccola graziosa ragazza
sedotta e abbandonata, lo capite? La cosa più probabile di
tutte è che sia
morta di stenti quasi subito, o che piano piano il rimorso se la sia
portata
via.
- E il vostro amico non ha
mai provato a cercarla? Davvero può
aver
fatto tutto questo?
- Non giudicatelo, Eileen,
mia cara. Nicholas era attaccato a sua sorella più di quanto
un padre potesse
esserlo alla sua creatura prediletta. Io ho visto Catherine solo
qualche volta,
nelle rare vacanze che passavo in questa casa, quando io e Nicholas
eravamo
ancora studenti. Me la ricordo come una piccola gazza, una civetta
graziosa e
leggera che non avrebbe fatto male a una mosca. Le piacevano i cavalli
e le
corse, le belle rose e i giochi da bambini. Ma soprattutto le piaceva
il suo
violino: era una specie di dote naturale, sapeva suonarlo benissimo. Io
l'ho
sentita solo un paio di volte, ma quando accostava la testa a quella
piccola
cassa intarsiata, sembrava che all'improvviso tutto quel che era in
terra
diventasse diverso. Sembrava che parlasse la lingua degli antichi
alberi e dei
monti. Toglieva il cuore dalle labbra. E Nicholas, già
capofamiglia, l'adorava
come la luce dei suoi occhi. Avrebbe fatto tutto per lei, si sarebbe
anche
dannato l'anima per vederla sorridere appena. Capite perché
non si è più
ripreso e ha detto a tutti che è morta? Si è
sentito tradito nel profondo
quando lei se ne è andata così.
- Siete sicuro che non
l'abbia più cercata? Che non abbia fatto più un
tentativo di cercare di capire
dov'era? Voglio dire, potreste giurarlo?
Prescott
scosse piano la
testa.
- Lo conosco e me ne ha
parlato spesso: per lui è morta nell'istante esatto che
è salita su quella
diligenza. Non c'è altro da dire, per lui.
- E se vi avesse mentito?
Se per caso avesse continuato a cercarla? Potete giurare davvero che
l'abbia
lasciata andare così.
- Lo escludo. Nicholas fa
sempre quello che dice.
Eileen capì
che con tutti quei discorsi non sarebbe mai riuscita a
convincere il tenente della chiara evidenza che invece a lei andava
formandosi
in testa, perfettamente chiara, e lampante, e incredibile. Decise che
per darci
un taglio bisognava decidersi a dire quello che fino a quel momento
aveva a
malapena osato pensare tra sé.
- E se invece l'avesse
cercata, magari all'insaputa di tutti? E se l'avesse
ritrovata e riportata in questa casa, senza dir niente agli altri?
Il tenente sbottò in
una risata che non aveva niente di allegro.
-
Cosa? Ma come fate a
dirlo, fino a un'ora fa non sapevate neanche che esisteva …
- Ricordate il suo
violino, Prescott? Sapete se lo aveva con sé? Se lo aveva
con sé quando è
partita?
- Non lo so, non ne ho
idea, ma non capisco cosa c'entri questo con …
- Thompson è tornato da
poco da un viaggio. Mi risulta, da pochissimo tempo.
Prescott la fissò.
Aveva il volto lievemente contratto.
- E' vero - mormorò.
- E da dove tornava, lo
sapete?
Prescott scosse la testa
avanti e indietro.
- Dall'India … o almeno,
così
ha detto. E' stato il viaggio per cui ha lasciato …
- Esattamente. Per cui ha
piantato di punto in bianco la sua sposa. A pochi mesi dal matrimonio,
capite? E
sapete perché l'ha piantata?
- No, io non lo so, ma …
Eileen sorrise trionfante.
- Da dove partono le navi
per l'India?
Il tenente allargò
le braccia.
- Da Southampton, non lo
so, almeno penso … - poi si fermò
a bocca
aperta, sorpreso da quel che aveva appena detto - … voi
pensate … ?
- Che sia stato chiamato in
India, o dovunque sia andata Catherine quando è partita,
sette anni fa.
All'improvviso, esattamente, richiamato da qualcosa che gl premeva
troppo per
poterselo lasciare sfuggire. Forse il modo di vendicarsi o forse
l'occasione di
riabbracciare sua sorella.
- Ma non può
… voglio dire, non può
essere
vero. Altrimenti lo avrebbe detto, voglio dire …
- Thompson? Ma lo avete
detto voi stesso che per tutti sua sorella è morta. Non
avrebbe potuto farla
certo resuscitare di punto in bianco! No, tenente,
se Thompson l'ha portata indietro adesso
deve per forza tenerla nascosta. Tenerla nascosta e prigioniera, magari
per
farle scontare tutto il male che ha fatto a lui sparendo.
- E dove potrebbe mai
tenerla? In un posto sicuro, lontano …
Eileen scosse la testa, animata
come da una strana felicità animale.
- Sopra le nostre teste.
- Cosa?
- Esattamente sopra le
nostre teste. A meno di tre metri sopra dove adesso io e voi stiamo
seduti.
Prescott spalancò
la bocca.
- Non è possibile … io
credo che … non …
- Non è solo possibile: è
vero. L'ho sentita suonare più volte, ho visto Thompson
salire in soffitta, al
buio di notte. E in questa stanza ho trovato la custodiama del violino
nessuna
traccia: se lo avesse portato con lei avrebbe preso anche quella, se invece è
ritornata e lo ha chiesto,
beh … Thompson può
averle portato il violino
senza doversi portar dietro tutto il resto.
Prescott era basito.
- Voi dite …?
- Lo dico e ne sono
sicura. Thompson tiene prigioniera sua sorella nella soffitta. Non so
bene
perché ma adesso posso anche immaginarlo: l'ha ritrovata, ma
se ne vergogna, ne
ha paura, la teme o chissà cosa. Può
essere
impazzita dal dolore, può
essere brutta,
invecchiata, malata … ma è pur sempre sua
sorella. Così
l'ha presa e l'ha riportata indietro, ma per non far
sapere a nessuno quanto è caduta in basso la tiene segregata
dal mondo. La
nutre, la veste e la protegge ma non la fa vedere a nessuno,
perché il mondo
non deve sapere che Catherine Thompson è ancora viva, e solo
un piano sopra le
nostre teste.
A questo Punto Prescott
fece una cosa che Eileen non si sarebbe aspettata. Si alzò
in piedi e la fissò
negli
occhi.
- Avete prove di quello
che dite?
- Ma come, non mi credete,
neanche voi? E il violino, la custodia, la musica …
Prescott scosse le mani.
- No, per carità. Io vi
credo. Vi credo ciecamente perché penso che siate una
ragazza intelligente e
non una sciocca sognatrice. Se dite di aver sentito quel violino, vi
credo,
punto e basta. E del resto è ben possibile che sia come
dite. - poi fece una
pausa - Ma, lo capite, c'è bisogno di prove. Non si accusa
qualcuno così,
alla cieca. Almeno non uno come Thompson.
- Ma come, e allora? Quella
povera ragazza … Catherine …
- Non ho detto che non sia
fattibile. Dico solo che ci vogliono le prove. E bisogna stare anche
molto
attenti. Se Thompson si accorge che sapete qualcosa quanto pensate che
ci
metterà a trasferire nottetempo sua sorella in qualcun altro
dei suoi
possedimenti, e a farvi passare per una sciocca bambina che
dà retta alle
favole?
- E allora? Cosa pensate
di fare? Posso salire lassù quando voglio, anche stanotte, e
trovare le prove,
tutte quante le prove che volete!
- Che fate, voi? - poi,
più dolce, avanzò
verso di lei e la
prese tra le braccia - Eileen, piccola Eileen, ti prego, ascolta. Giurami,
giura che non faresti mai una sciocchezza del genere.
Salire di notte nella stanza di un fantasma … Non capisci
che può
esserci di tutto dietro quella porta? Tu stessa mi hai
detto poco fa che hai sentito i Nibbles parlare … parlare di
una creatura
pericolosa. Non sappiamo niente di lei, sempre ammesso che sia
Catherine …
-
E allora?
- Allora voglio che tu mi
stia a sentire. Stattene quieta, aspetta, aspetta me. Voglio rendermi
conto di
che cosa esattamente sta succedendo. Alla fine sono amico di Nicholas.
Lascia
che provi a capire qualcosa di più sulla faccenda.
- Ma tu stesso hai detto
che mai e poi mai …!
- Ho detto che non lo
ammetterà mai. Certo che no, è chiaro.
Trattandosi di Nicholas, no, certo. Si
farebbe sgozzare prima di ammettere una cosa del genere …
l'onore e tutto il
resto … no. Qui bisogna giocare di astuzia. Lasciar passare
qualche tempo,
aspettare …
- Io non aspetto un secondo
di più.
Prescott la strinse più
forte.
- Non voglio più sentirti
dire che non aspetterai. Hai aspettato e adesso lascia fare a me. Se
davvero là
sopra c'è lei, avremo bisogno di molta prudenza e di una
buona dose di fortuna
… ma lascia fare a me e vedrai che ne verremo a capo, noi
due, insieme.
Eileen gli sorrise
debolmente.
- Davvero pensi che sia la
cosa giusta?
Prescott le accarezzò
una guancia. In quel freddo pomeriggio piovoso, sembrò
che loro due fossero sempre stati cos', vicini, a
respirare insieme.
- Ti fidi di me?
- Certamente.
- Bene. Perché io ti amo,
Eileen, e non voglio che ti succeda niente di male. Quel che mi hai
detto è
sconvolgente, è forte … e mi auguro col cuore che
non sia vero. Ma se dovesse
risultare che il mio amico, che il mio Nicholas è un
farabutto tale …
- Come facciamo a
dimostrarlo?
- Aspetta e non preoccuparti
di niente. Troverò
il modo prima di domani. Ma
nel frattempo tu devi stare quieta, e riposarti e …
- Così
non mi fai molto riposare - mormorò
Eileen piano piano mentre le labbra del tenente cominciavano
a solleticale le orecchie.
Ma il tenente già non l'ascoltava
più.