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Autore: Shinmen    03/08/2010    2 recensioni
Una visita ad un vecchio amico nei guai rischia di finire male. Chi c'è dietro gli omcidi che hanno trasformato Nibelheim in un luogo da incubo? Si tratta veramente di un mostro soprannaturale come sembra? O forse è una montatura?
Genere: Azione, Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Pensava in fretta, doveva farlo, non aveva tempo per rifletterci troppo su. Non si era mai fidata di Kraight, nonostante le avesse salvato la vita, il suo istinto le aveva sempre detto che c’era qualcosa che non andava in lui. Quell’errore lo aveva tradito: lei non gli aveva mai nemmeno accennato di sapere qualcosa a proposito di Galian, tantomeno gliene aveva fatto il nome. Più ripensava a tutta la faccenda più era sicura che Kraight nascondesse qualcosa, e che quel qualcosa fosse la chiave per risolvere tutta quell’intricata matassa.

Guardò verso l’alto: l’insegna dell’Inn dondolava pigra nella brezza della sera. Kraight avrebbe fatto la ronda per tutta la notte. Infilò l’entrata senza il minimo rumore, la hall era deserta. “Un po’ di fortuna finalmente.” Girò attorno al bancone e aprì il registro facendo scorrere il dito lungo i nominativi fino a trovare quello che gli interessava. Kraight Gible, stanza 16.” Lo richiuse e, tornata  oltre il bancone, salì le scale stando attenta a non far scricchiolare i gradini. Percorse il corridoio in fretta e senza far rumore fino alla porta della stanza di Kraight e lì si fermò. Posò la mano destra sulla maniglia e la girò. Non che si aspettasse di trovarla aperta, ma in ogni caso sapeva scassinare serrature più complicate di quella da quando aveva cinque anni. La porta si aprì cigolando sui cardini. Rimase a fissarla interdetta: la fiducia in se stesso di quel tipo era a dir poco irritante.

Entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle. Dopo aver acceso la luce individuò subito l’enorme valigia nera abbandonata sul letto. Si chinò sopra la serratura, frugò nella tasca della giacca e ne estrasse un piccolo grimaldello che infilò e cominciò a ruotare piano. Dopo pochi minuti la sua pazienza fu ricompensata da uno schiocco secco. Ripose il grimaldello e aprì completamente la valigia  sul letto. Cominciò a frugare all’interno gettando per la stanza vestiti vecchi, varie bozze di manoscritti incompiuti e altre cianfrusaglie. fino a che non si ritrovò in mano il cellulare di Kraight. Possibile che quell’idiota l’avesse lasciato incustodito in stanza? L’aprì e controllò le chiamate ricevute: in cima alla lista c’era una strana chiamata. Il numero non compariva e il nominativo associato risultava essere: “#-03” Perplessa controllò le altre chiamate ma sembravano tutte normali. Ripose il cellulare e ricominciò a cercare, trovando questa volta un taccuino. Lo aprì e notò sorpresa le pagine completamente bianche. Rimase stupita per un po’ quando uno squillo la fece sobbalzare: il cellulare stava suonando! Richiuse il taccuino e il cellulare si zittì, proprio quando stava per gettarlo in valigia. Fissò il taccuino e poi il cellulare. Presa da un pensiero improvviso lo aprì di nuovo. Dopo qualche secondo il cellulare riprese a suonare: lo richiuse e subito il rumore cessò. Prese di nuovo il cellulare e controllò le chiamate. Di nuovo “#-03”. La sua mente stava lavorando frenetica: quello strano fenomeno le aveva fatto scattare qualcosa dentro la testa, qualcosa d’importante. Ripensò a quando Kraight aveva risposto al cellulare, era stato poco prima dell’attacco di Galian.

D’un tratto il pezzo andò a posto. Ricordò il diario del giovane ricercatore alla Shinra Mansion, quello che Vincent stava leggendo quando era stato colto dalla crisi. Non era stato un caso che il telefono di Kraight avesse squillato, lo aveva fatto quando Vincent aveva aperto quel libro, ne era sicura! Eppure a cosa poteva servirgli sapere dell’apertura del diario? “A meno che quel diario non ce l’abbia messo lui.” Se il diario era stato messo lì da Kraight doveva essere falso, dopotutto lui era uno scrittore non poteva essere stato troppo difficile farlo sembrare autentico. Oltretutto se l’aveva piazzato lì,  poteva aver trovato facilmente dei manoscritti di Lucrecia da cui copiare la calligrafia, dopotutto la donna aveva abitato lì per anni. Restavano due interrogativi: dove avesse trovato delle informazioni così precise su Vincent e sulla sua biologia interna e a cosa gli potesse servire sapere il momento in cui quel libro veniva aperto. Ripensò al taglio sulla mano di lui che aveva notato mettendolo a letto e alla strana puntina di metallo che sbucava dalla rilegatura. Vincent aveva aperto quel libro e poi era svenuto. Forse era svenuto a causa del libro, per esempio se ci fosse stato del narcotico sulla spillettatura difettosa ... A quel punto le divenne chiaro che dietro a tutto c’era Kraight anche se ancora non riusciva a capire come avesse fatto. Si voltò di nuovo verso la valigia, forse lì dentro avrebbe trovato le risposte che le servivano.

Riprese a cercare e sul fondo trovò una cartelletta di cartoncino contenente un buon numero di fogli di carta stampata.  L’aprì e cominciò a sfogliarli, a mano a mano che leggeva il suo sguardo si faceva sempre più attento. “Ma che diavolo …” I primi documenti erano un profilo psicologico dettagliato di Vincent e di tutti loro, compresa lei. Reazioni tipiche, comportamenti sotto stress: sembravano molto accurati. A quanto pare erano sotto osservazione da mesi, se non da anni. Accantonò per un attimo i profili e passò al documento successivo: s’intitolava “Project A.S.” Aprendolo si ritrovò a osservare una scheda dettagliata delle varie creature in cui poteva trasformarsi Vincent. Voltò pagina e gli occhi le si sbarrarono. << Non è possibile. >> Mormorò sottovoce. Ora capiva tutto, adesso sapeva come aveva fatto quel bastardo. Stava per richiudere la cartelletta quando sentì la porta cigolare. Si voltò di scatto.

La punta della canna della Death Penalty la fissava da pochi centimetri di distanza.

 

****

 

Era quasi un ora che Vincent se ne stava li seduto a fissare il muro. Non ne poteva più. Aveva abbandonato l’idea di potersi ricordare dove aveva già sentito il nome Kraight circa mezz’ora prima, e ora si limitava a fissare senza motivo la parete, non perché gli andasse, ma perché semplicemente non aveva niente di meglio da fare. Odiava ammetterlo ma era anche un po’ preoccupato per Yuffie. Era sparita senza dare spiegazioni e aveva il sospetto che si fosse andata a ficcare in qualche guaio. Era maturata con l’età ma rimaneva sempre la solita imprudente ninja petulante che non riusciva mai a fermarsi in tempo prima di fare qualcosa di tremendamente stupido.

Due colpi sordi alla porta principale lo riscossero dai suoi pensieri. “Eccola che ritorna finalmente”, pensò seccato mentre scendeva le scale e si avviava verso il portone. Lo aprì senza nemmeno guardare dallo spioncino e si ritrovò sorpreso a fissare un tizio biondo sorridente vestito in modo trasandato.

<< Tu devi essere Vincent. Piacere di conoscerti, io sono Kraight. Yuffie mi ha chiesto di venire a dirti che è sana e salva, anche se non ne capisco bene il motivo. >> Lo sconosciuto si strinse nelle spalle mentre gli porgeva la mano. Vincent lo fissò per un attimo tentando di cercare nella sua memoria se avesse mai visto quella faccia: non trovando nulla, si risolse a stringere la mano dell’altro.

<< Piacere mio, Yuffie mi ha detto che le hai salvato la pelle, credo di doverti ringraziare. >> Lo sguardo gli andò al calcio di fucile che sbucava sopra la spalla di Kraight. Una Death Penalty. Aveva usato spesso un arma del genere quando era un Turk: precisa maneggevole e con una gittata considerevole, un’arma da professionisti. Un principiante si sarebbe slogato la spalla per via del rinculo al primo sparo. Incuriosito, invitò l’altro ad entrare.

<< Vieni pure, non è un gran che come abitazione ma un frigo con qualcosa da bere c’è ancora. >>, gli disse mentre lo guidava su per le scale verso la piccola parte che aveva reso abitabile di recente.

Kraight si guardava attorno incuriosito. << Vivi qui? >> , gli chiese d’un tratto mentre entravano in cucina.

<< Qualche volta. >> Vincent aprì l’anta del frigo. << Non molto spesso a dire il vero. >>

Diede un occhiata dentro l’elettrodomestico. << Una birra va bene? >>

<< Benissimo. >>

<< Ok. >> Vincent passò una lattina al biondo e  aprì la propria con un rumore secco. Dopo averne bevuto un sorso, si rivolse all’altro. << Hai un bel cannone appeso lì dietro. >>

Kraight si guardò per un secondo attorno smarrito e poi diede una pacca al calcio della Death Penalty. << Oh! Ti riferisci a questa. Si è una buona arma. >> Posò la lattina di birra sul tavolo e si tolse dalla tracolla l’arma, porgendogliela.

Vincent appoggiò la lattina a fianco a quella di Kraight  e l’afferrò, posando il calcio contro la spalla e provando la mira. Era perfettamente bilanciata: il calcio era stato sagomato per ridurre il peso e la canna era perfettamente in linea. Se la fece ruotare tra le mani e poi la porse di nuovo a Kraight che l’afferrò e se la rimise sulle spalle.

<< Davvero un’ottima arma. >> , gli disse mentre riprendeva in mano la birra e ne beveva di nuovo un sorso.

<< Già. >> Rispose il biondo.

Rimasero in silenzio per un po’, sorseggiando il liquido ambrato. Vincent notò che l’altro lo fissava in modo strano. Tentò di chiedergli se qualcosa non andasse ma la bocca non rispose al suo comando, non se la sentiva più. D’un tratto cominciò a girargli la testa, esattamente come l’altra volta in biblioteca.  “No, cazzo, non di nuovo. Non qui! Non adesso!” Tentò di staccarsi dal sostegno del tavolo e di uscire dalla stanza ma riuscì solo a fare un mezzo passo prima di crollare e cadere di nuovo nel buio.

Kraight poggiò la birra sul tavolo sorridendo sotto i baffi. Stava andando tutto sorprendentemente bene. Si sistemò meglio il peso del fucile sulle spalle e si avvicinò a Vincent. Controllò il battito cardiaco:  era ancora vivo. Bene, con tutto il narcotico che gli aveva versato nella birra mentre quell’idiota giocava con la sua arma avrebbe anche potuto restarci secco, e lui non lo voleva morto, non ancora per lo meno. Con una smorfia per lo sforzo se lo caricò sulle spalle e si avviò fuori dalla stanza, e poi giù per le scale.  Aperto il portone d’entrata uscì all’esterno trovandosi nel cortile recintato della villa.  Sentì un tuono in lontananza: il cielo era scuro. Probabilmente sarebbe stata una notte piovosa. Posò il corpo di Vincent a terra.

Per metà era fatta, ora doveva solo sperare che la piccola ninja avesse agito come da copione, ed era quasi sicuro che l’avesse fatto.  Uscì dal cancello richiudendoselo alle spalle e assicurandosi che da fuori Vincent non fosse visibile. Dopo di che si avviò di corsa verso il paese.

Si fermò solamente quando si trovò di fronte all’Inn. Riprese fiato ed entrò, si avvicinò al bancone e suonò il campanello. Se la ninja si trovava in camera sua, dove avrebbe dovuto essere, non avrebbe sentito un accidente, aveva controllato. Non era stato gran che difficile attirarla li, gli era bastato lasciarsi sfuggire quell’errore sul nome di Galian e lei ci era cascata in pieno. Per fortuna era abbastanza intelligente da coglierlo-  era sicuro che l’avesse notato, aveva fatto una faccia troppo eloquente perché si sbagliasse. Il proprietario dell’hotel arrivò distogliendolo dalle sue riflessioni.

<< Buonasera signore, cosa posso fare per…URGH! >> La frase si spense in un gorgoglio mentre l’uomo cadeva a terra con un coltello piantato nella gola. Soddisfatto della sua mira, Kraight si avvicinò al morto ed estrasse l’arma. Subito il sangue prese ad uscire dalla ferita: ripulì in fretta la lama del coltello sui vestiti del cadavere e lo rinfilò nel fodero, sotto la giacca.  Salì quindi le scale, facendo attenzione a non fare rumore.

Arrivato di fronte alla porta della sua stanza impugnò il fucile con sicurezza e aprì la porta. Yuffie era lì, accucciata sopra la sua valigia, e in mano aveva i documenti che si era augurato la tenessero impegnata abbastanza a lungo da permettergli di andare alla Shinra Mansion e tornare. Si voltò di scatto verso di lui bloccandosi quando vide il fucile. Kraight le sorrise.

<< Ma tu guarda che sorpresa. >>, le disse ironico. << Alzati e tieni le mani bene in vista. >>

 Lei si alzò in piedi lentamente, fronteggiandolo: teneva le mani alzate ma non sembrava intenzionata a mollare i documenti. << So tutto Kraight. So che ci sei tu dietro gli omicidi e so come hai fatto a compierli. >>

Lui piegò leggermente la testa in una sottospecie di inchino simulato. << Ti faccio i miei complimenti >>. Puntò meglio il fucile poggiando il calcio contro la spalla: era sicuro di non mancarla da lì ma la prudenza non era mai troppa.

<< Quello che mi sfugge è il perché. Cosa vuoi da Vincent? >>, continuò lei senza badargli.

Kraight inarcò un sopracciglio, quasi non ci credeva. Gliel’aveva veramente chiesto? Sorrise:  era veramente una situazione ridicola.

<< Stai veramente chiedendomi di raccontarti il mio “piano malvagio”? >> Il suo sopracciglio andò ancora più su, se possibile;  Yuffie lo fissava spiazzata. Continuò: << Dimmi un po’. Per chi mi hai preso? Ti sembro forse un cattivo da fumetto? Pensi veramente che starò qui a raccontarti per filo e per segno cosa ho in mente mentre tu pensi a un modo per battermi? >> Rilassò la stretta sul fucile e si avvicinò fino a portare la canna a pochi centimetri dal viso di lei.

Il suo ghigno si accentuò.<< Oh andiamo, ma per favore.>>

BANG!

 

Yuffie fece un volo di mezzo metro andando a schiantarsi contro la finestra senza però volare all’esterno. Crollò sul pavimento come un burattino, spazzata via come una foglia al vento.

Il colpo a bruciapelo gli aveva macchiato di sangue le maniche della giacca e Kraight se le guardò disgustato. Non avrebbe dovuto avvicinarsi tanto ma l’ilarità gli aveva fatto perdere il sangue freddo. Si avvicinò al corpo della donna: una macchia di sangue si andava allargando sotto il viso sfigurato da un foro preciso in mezzo alla fronte.  Prese un lenzuolo e vi avvolse il cadavere caricandoselo poi sulle spalle, dall’altro lato rispetto al fucile. Ora veniva la parte difficile.

Scese le scale e uscì arrancando verso la villa. Cominciò a piovere.

 

Arrivato di fronte al cancello della Shinra Mansion, l’aprì con un calcio e trascinò il cadavere della ninja all’interno del cortile per poi abbandonarla a pochi metri dal corpo ancora inerte di Vincent. Si asciugò la pioggia dalla fronte. Quella dannata piccoletta pesava una tonnellata. Rimosse il lenzuolo dal corpo e lo gettò sul retro della casa, fuori vista. Dopodichè si apprestò a mettere in scena l’atto finale della sua personalissima tragedia. “La morte di Vincent Valentine.” pensò mentre sentiva il calore della materia bruciargli nella schiena, sotto il cappotto. Quella idiota non si era nemmeno accorta che lui ne aveva una, e dire che aveva preso ogni precauzione vista la sua fama di ladra. Sorrise e sprigionò il potere della materia. Nell’aria si disegnò un cerchio magico di colore viola con un pentacolo al suo interno: sembrò diventare solido, come un buco verso un'altra dimensione, poi dall’altra parte si notò una figura che si avvicinava. Galian balzò fuori dal cerchio  e gli si avvicinò, lui gli diede una pacca sulle spalle. Galian, suo fedele compagno fin da quando era bambino. Poi gli diede un ordine mentale e la bestia si voltò verso il cadavere di Yuffie. Kraight rimase a guardare mentre il corpo veniva dilaniato cancellando completamente le tracce del colpo d’arma da fuoco che l’aveva uccisa. Fermò però la sua Summon prima che potesse rendere il corpo del tutto irriconoscibile e lo richiamò all’interno della materia.  Sparito Galian, non gli rimaneva che aspettare.

Si diresse  verso Vincent e si chinò al suo fianco, aspettando paziente. Non controllò quanto ci volle, ma gli parve che fosse passata circa una mezz’ora quando l’altro aprì lentamente gli occhi biascicando qualche parola.

<< Vincent? Vincent mi senti? >> Gli diede dei piccoli schiaffi sulla guancia fino a che non parve riaversi, dopodiché lo aiutò a sedersi.

<< Che … Che diavolo è successo? >> gli chiese lui mentre si massaggiava la testa.

<< Davvero non te lo ricordi? >>, gli rispose con tono preoccupato.

Vincent alzò lo sguardo incontrando il viso di Kraight, che pareva teso e pallido.

<< Cos’è successo? >> Chiese di nuovo, questa volta con una nota di timore.

<< Ecco … Ah, Cristo, non lo so. >> Kraight si alzò in piedi e cominciò a passeggiare avanti e indietro: sembrava terrorizzato ed evitava di guardarlo. << Cinque minuti prima eri lì che ti bevevi la tua birra, poi sei caduto a terra e hai cominciato a tremare. >> Lo guardò spalancando gli occhi. << Ho pensato che stessi per morire ma quando ho fatto per avvicinarmi di colpo sei diventato… >> Deglutì. << Quella cosa. >>

Vincent si portò le mani al viso. Di nuovo, aveva ucciso di nuovo qualcuno. Trattenne a stento le lacrime di disperazione e riuscì a chiedere. << Chi? >>

<< Ho provato a fermarti credimi, ci ho provato ma non ce l’ho fatta. Eri inarrestabile, sono a malapena riuscito a inseguirti senza perdere le tue tracce fino in paese e ritorno. >> Gli posò le mani sulle spalle. << Mi dispiace Vincent. Non ho potuto fare niente. >>

Vincent alzò gli occhi e incrociò quelli di Kraight. Ebbe paura: cosa aveva fatto per provocare quello sguardo di commiserazione? Poi spostò lo sguardo e la vide.

Qualcosa gli si ruppe dentro. Poté quasi sentirlo. Si alzò in piedi, scrollandosi Kraight di dosso, e si gettò vicino al corpo di Yuffie, prendendolo dolcemente tra le braccia.

<< No >>, riuscì solamente a dire. << No, ti prego no. Perché lei? Perché proprio lei? >>

Le lacrime gli uscirono dagli occhi mescolandosi alla pioggia. Non seppe per quanto rimase cosi, accucciato accanto a lei, in preda alla disperazione più profonda. Poi piano piano un pensiero si fece strada nella sua testa. Aveva compiuto un atto terribile, era oltre ogni redenzione. Accarezzò piano la nuca di Yuffie, poi le posò un bacio sulla testa prima di alarsi in piedi. I suoi occhi trasudavano fuoco. Si avviò deciso verso Kraight. Lui indietreggiò spaventato ma rimase stupito quando l’altro si gettò in ginocchio di fronte a lui. Vincent lo guardò negli occhi, con le labbra sporche del sangue di lei che gli colava via portato dalla pioggia.

<< Ciò che ho fatto è oltre ogni perdono, oltre ogni redenzione. Non merito clemenza e non la sto chiedendo, non per me. >> Chinò la testa. << La sto chiedendo per gli altri, gli altri a cui potrei fare del male. Non posso permettere che succeda di nuovo qualcosa di simile. Ti prego. >>  Alzò di nuovo lo sguardo a incrociare quello del biondo. << Poni fine a tutto questo ora, finché sono ancora padrone di me stesso. >>

Kraight rimase in silenzio per un lungo momento. Poi impugnò lentamente la Death Penalty e appoggiò la canna alla fronte di Vincent, che non sussultò si mosse in alcun modo.

“Death Penalty” si ritrovò a pensare. “Un nome quanto mai appropriato.”

 

****

 

I colpi alla porta si facevano sempre più forti. Lui non poteva vedere nulla da dentro l’armadio ma poteva sentire tutto. Papà gli aveva detto di stare buono e zitto lì dentro fino a che tutto non fosse finito. La materia incastrata nella sua spina dorsale gli dava una strana sensazione quando si appoggiava. Era totalmente invisibile dall’esterno, gliel’aveva innestata papà. Papà gli aveva detto che quella materia l’avrebbe protetto e lui gli credeva anche se non capiva. Il suo papà era l’uomo più intelligente del mondo.

La porta crollò con un tonfo e dei passi di stivali risuonarono sul pavimento. Lui si sporse e aprì di un poco la porta dell’armadio, solo uno spiraglio. Suo papà era di fronte alla porta mentre la sua mamma era lì vicino e gli teneva la mano: non gliel’aveva mai visto fare. La stanza era piena di soldati in divisa blu e grigia. Sulla soglia della porta si stagliò la figura di un uomo in camice.Teneva i capelli pettinati all’indietro e raccolti in una coda, e degli occhiali  a mezzaluna incorniciavano due piccoli occhietti malvagi. L’uomo era accompagnato da un altro più giovane, quasi un ragazzo. Vestito in giacca e cravatta portava i capelli a caschetto che gli ricadevano attorno al viso. Aveva gli occhi di un inquietante colore rosso. Impugnava una grossa pistola nera.

<< Dottor Gible, finalmente l’abbiamo trovata. >>, esordì l’uomo in camice. << Non è stato molto cortese da parte sua sparire in questo modo, e per tutti questi anni oltretutto. >>

<< Piantala con questa farsa, Hojo, fai quello che devi fare e fai in fretta >>  gli rispose suo padre.

<< Oh ma come siamo scorbutici! >> Hojò fece un paio di passi verso suo padre. << Dopotutto io sono un grande ammiratore del suo lavoro! >> Si allontanò avvicinandosi alla scrivania di suo padre, ingombra di documenti. << Il progetto A.S. >> cominciò giocherellando con i fogli. << Lo studio per sintetizzare in laboratorio una serie di Summon materia. >> Si voltò di nuovo verso Gible. << Assolutamente affascinante. >>

Il dott. Gible guardò l’altro con astio. << Il mio lavoro non è fatto per essere dato in pasto alla Shinra, Hojo. Ma tutto questo non ha importanza. Muoviti. Fai quello che sei venuto a fare, o ordina di farlo al tuo cane da guardia se non ci riesci da solo. >>

Hojo sorrise divertito. << Come preferisci. >> Fece un cenno al ragazzo in completo elegante.

<< Vincent. >>

Il ragazzo avanzò puntando la pistola.

 

BANG!

 

Vincent Valentine crollò a terra senza un lamento.

Kraight sorrise mentre un lampo gli illuminava il viso. Si voltò appoggiandosi sulla spalla il fucile fumante e si avviò tranquillo verso i cancelli della magione.

La sua vendetta era compiuta.

 

Giustizia era stata fatta.

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE.

 

 

  
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