Pensava in
fretta, doveva farlo, non aveva tempo per rifletterci troppo su. Non si era mai
fidata di Kraight, nonostante le avesse salvato la
vita, il suo istinto le aveva sempre detto che c’era qualcosa che non andava in
lui. Quell’errore lo aveva tradito: lei non gli aveva mai nemmeno accennato di
sapere qualcosa a proposito di Galian, tantomeno
gliene aveva fatto il nome. Più ripensava a tutta la faccenda più era sicura
che Kraight nascondesse qualcosa, e che quel qualcosa
fosse la chiave per risolvere tutta quell’intricata matassa.
Guardò verso
l’alto: l’insegna dell’Inn dondolava pigra nella
brezza della sera. Kraight avrebbe fatto la ronda per
tutta la notte. Infilò l’entrata senza il minimo rumore, la hall era deserta. “Un po’ di fortuna finalmente.” Girò
attorno al bancone e aprì il registro facendo scorrere il dito lungo i
nominativi fino a trovare quello che gli interessava. “Kraight Gible,
stanza 16.” Lo richiuse e, tornata
oltre il bancone, salì le scale stando attenta a non far scricchiolare i
gradini. Percorse il corridoio in fretta e senza far rumore fino alla porta
della stanza di Kraight e lì si fermò. Posò la mano
destra sulla maniglia e la girò. Non che si aspettasse di trovarla aperta, ma
in ogni caso sapeva scassinare serrature più complicate di quella da quando
aveva cinque anni. La porta si aprì cigolando sui cardini. Rimase a fissarla
interdetta: la fiducia in se stesso di quel tipo era a dir poco irritante.
Entrò nella
stanza richiudendosi la porta alle spalle. Dopo aver acceso la luce individuò
subito l’enorme valigia nera abbandonata sul letto. Si chinò sopra la
serratura, frugò nella tasca della giacca e ne estrasse un piccolo grimaldello
che infilò e cominciò a ruotare piano. Dopo pochi minuti la sua pazienza fu
ricompensata da uno schiocco secco. Ripose il grimaldello e aprì completamente
la valigia sul letto. Cominciò a frugare
all’interno gettando per la stanza vestiti vecchi, varie bozze di manoscritti
incompiuti e altre cianfrusaglie. fino a che non si ritrovò in mano il cellulare
di Kraight. Possibile che quell’idiota l’avesse
lasciato incustodito in stanza? L’aprì e controllò le chiamate ricevute: in
cima alla lista c’era una strana chiamata. Il numero non compariva e il
nominativo associato risultava essere: “#-03” Perplessa controllò le altre
chiamate ma sembravano tutte normali. Ripose il cellulare e ricominciò a
cercare, trovando questa volta un taccuino. Lo aprì e notò sorpresa le pagine
completamente bianche. Rimase stupita per un po’ quando uno squillo la fece
sobbalzare: il cellulare stava suonando! Richiuse il taccuino e il cellulare si
zittì, proprio quando stava per gettarlo in valigia. Fissò il taccuino e poi il
cellulare. Presa da un pensiero improvviso lo aprì di nuovo. Dopo qualche
secondo il cellulare riprese a suonare: lo richiuse e subito il rumore cessò.
Prese di nuovo il cellulare e controllò le chiamate. Di nuovo “#-03”. La sua
mente stava lavorando frenetica: quello strano fenomeno le aveva fatto scattare
qualcosa dentro la testa, qualcosa d’importante. Ripensò a quando Kraight aveva risposto al cellulare, era stato poco prima
dell’attacco di Galian.
D’un tratto
il pezzo andò a posto. Ricordò il diario del giovane ricercatore alla Shinra Mansion, quello che
Vincent stava leggendo quando era stato colto dalla crisi. Non era stato un
caso che il telefono di Kraight avesse squillato, lo
aveva fatto quando Vincent aveva aperto quel libro, ne era sicura! Eppure a
cosa poteva servirgli sapere dell’apertura del diario? “A meno che quel diario non ce l’abbia messo lui.” Se il diario era
stato messo lì da Kraight doveva essere falso,
dopotutto lui era uno scrittore non poteva essere stato troppo difficile farlo
sembrare autentico. Oltretutto se l’aveva piazzato lì, poteva aver trovato facilmente dei
manoscritti di Lucrecia da cui copiare la
calligrafia, dopotutto la donna aveva abitato lì per anni. Restavano due
interrogativi: dove avesse trovato delle informazioni così precise su Vincent e
sulla sua biologia interna e a cosa gli potesse servire sapere il momento in cui
quel libro veniva aperto. Ripensò al taglio sulla mano di lui che aveva notato
mettendolo a letto e alla strana puntina di metallo che sbucava dalla
rilegatura. Vincent aveva aperto quel libro e poi era svenuto. Forse era
svenuto a causa del libro, per esempio se ci fosse stato del narcotico sulla spillettatura difettosa ... A quel punto le divenne chiaro
che dietro a tutto c’era Kraight anche se ancora non
riusciva a capire come avesse fatto. Si voltò di nuovo verso la valigia, forse
lì dentro avrebbe trovato le risposte che le servivano.
Riprese a
cercare e sul fondo trovò una cartelletta di cartoncino contenente un buon
numero di fogli di carta stampata.
L’aprì e cominciò a sfogliarli, a mano a mano che leggeva il suo sguardo
si faceva sempre più attento. “Ma che
diavolo …” I primi documenti erano un profilo psicologico dettagliato di
Vincent e di tutti loro, compresa lei. Reazioni tipiche, comportamenti sotto
stress: sembravano molto accurati. A quanto pare erano sotto osservazione da
mesi, se non da anni. Accantonò per un attimo i profili e passò al documento
successivo: s’intitolava “Project A.S.” Aprendolo si ritrovò a osservare una
scheda dettagliata delle varie creature in cui poteva trasformarsi Vincent.
Voltò pagina e gli occhi le si sbarrarono. << Non è possibile. >>
Mormorò sottovoce. Ora capiva tutto, adesso sapeva come aveva fatto quel
bastardo. Stava per richiudere la cartelletta quando sentì la porta cigolare.
Si voltò di scatto.
La punta
della canna della Death Penalty la fissava da pochi centimetri di distanza.
****
Era quasi un
ora che Vincent se ne stava li seduto a fissare il muro. Non ne poteva più.
Aveva abbandonato l’idea di potersi ricordare dove aveva già sentito il nome Kraight circa mezz’ora prima, e ora si limitava a fissare senza
motivo la parete, non perché gli andasse, ma perché semplicemente non aveva
niente di meglio da fare. Odiava ammetterlo ma era anche un po’ preoccupato per
Yuffie. Era sparita senza dare spiegazioni e aveva il
sospetto che si fosse andata a ficcare in qualche guaio. Era maturata con l’età
ma rimaneva sempre la solita imprudente ninja petulante che non riusciva mai a
fermarsi in tempo prima di fare qualcosa di tremendamente stupido.
Due colpi
sordi alla porta principale lo riscossero dai suoi pensieri. “Eccola che ritorna finalmente”, pensò
seccato mentre scendeva le scale e si avviava verso il portone. Lo aprì senza
nemmeno guardare dallo spioncino e si ritrovò sorpreso a fissare un tizio
biondo sorridente vestito in modo trasandato.
<< Tu
devi essere Vincent. Piacere di conoscerti, io sono Kraight.
Yuffie mi ha chiesto di venire a dirti che è sana e
salva, anche se non ne capisco bene il motivo. >> Lo sconosciuto si
strinse nelle spalle mentre gli porgeva la mano. Vincent lo fissò per un attimo
tentando di cercare nella sua memoria se avesse mai visto quella faccia: non
trovando nulla, si risolse a stringere la mano dell’altro.
<<
Piacere mio, Yuffie mi ha detto che le hai salvato la
pelle, credo di doverti ringraziare. >> Lo sguardo gli andò al calcio di
fucile che sbucava sopra la spalla di Kraight. Una
Death Penalty. Aveva usato spesso un arma del genere quando era un Turk: precisa maneggevole e con una gittata considerevole,
un’arma da professionisti. Un principiante si sarebbe slogato la spalla per via
del rinculo al primo sparo. Incuriosito, invitò l’altro ad entrare.
<<
Vieni pure, non è un gran che come abitazione ma un frigo con qualcosa da bere
c’è ancora. >>, gli disse mentre lo guidava su per le scale verso la
piccola parte che aveva reso abitabile di recente.
Kraight si
guardava attorno incuriosito. << Vivi qui? >> , gli chiese d’un
tratto mentre entravano in cucina.
<<
Qualche volta. >> Vincent aprì l’anta del frigo. << Non molto
spesso a dire il vero. >>
Diede un
occhiata dentro l’elettrodomestico. << Una birra va bene? >>
<<
Benissimo. >>
<< Ok.
>> Vincent passò una lattina al biondo e
aprì la propria con un rumore secco. Dopo averne bevuto un sorso, si
rivolse all’altro. << Hai un bel cannone appeso lì dietro. >>
Kraight si
guardò per un secondo attorno smarrito e poi diede una pacca al calcio della
Death Penalty. << Oh! Ti riferisci a questa. Si è una buona arma.
>> Posò la lattina di birra sul tavolo e si tolse dalla tracolla l’arma,
porgendogliela.
Vincent
appoggiò la lattina a fianco a quella di Kraight e l’afferrò, posando il calcio contro la
spalla e provando la mira. Era perfettamente bilanciata: il calcio era stato
sagomato per ridurre il peso e la canna era perfettamente in linea. Se la fece
ruotare tra le mani e poi la porse di nuovo a Kraight
che l’afferrò e se la rimise sulle spalle.
<<
Davvero un’ottima arma. >> , gli disse mentre riprendeva in mano la birra
e ne beveva di nuovo un sorso.
<<
Già. >> Rispose il biondo.
Rimasero in
silenzio per un po’, sorseggiando il liquido ambrato. Vincent notò che l’altro
lo fissava in modo strano. Tentò di chiedergli se qualcosa non andasse ma la
bocca non rispose al suo comando, non se la sentiva più. D’un tratto cominciò a
girargli la testa, esattamente come l’altra volta in biblioteca. “No,
cazzo, non di nuovo. Non qui! Non adesso!” Tentò di staccarsi dal sostegno
del tavolo e di uscire dalla stanza ma riuscì solo a fare un mezzo passo prima
di crollare e cadere di nuovo nel buio.
Kraight
poggiò la birra sul tavolo sorridendo sotto i baffi. Stava andando tutto
sorprendentemente bene. Si sistemò meglio il peso del fucile sulle spalle e si
avvicinò a Vincent. Controllò il battito cardiaco: era ancora vivo. Bene, con tutto il narcotico
che gli aveva versato nella birra mentre quell’idiota giocava con la sua arma
avrebbe anche potuto restarci secco, e lui non lo voleva morto, non ancora per
lo meno. Con una smorfia per lo sforzo se lo caricò sulle spalle e si avviò
fuori dalla stanza, e poi giù per le scale.
Aperto il portone d’entrata uscì all’esterno trovandosi nel cortile
recintato della villa. Sentì un tuono in
lontananza: il cielo era scuro. Probabilmente sarebbe stata una notte piovosa.
Posò il corpo di Vincent a terra.
Per metà era
fatta, ora doveva solo sperare che la piccola ninja avesse agito come da
copione, ed era quasi sicuro che l’avesse fatto. Uscì dal cancello richiudendoselo alle spalle
e assicurandosi che da fuori Vincent non fosse visibile. Dopo di che si avviò
di corsa verso il paese.
Si fermò
solamente quando si trovò di fronte all’Inn. Riprese
fiato ed entrò, si avvicinò al bancone e suonò il campanello. Se la ninja si
trovava in camera sua, dove avrebbe dovuto essere, non avrebbe sentito un
accidente, aveva controllato. Non era stato gran che difficile attirarla li,
gli era bastato lasciarsi sfuggire quell’errore sul nome di Galian
e lei ci era cascata in pieno. Per fortuna era abbastanza intelligente da
coglierlo- era sicuro che l’avesse
notato, aveva fatto una faccia troppo eloquente perché si sbagliasse. Il proprietario
dell’hotel arrivò distogliendolo dalle sue riflessioni.
<<
Buonasera signore, cosa posso fare per…URGH! >>
La frase si spense in un gorgoglio mentre l’uomo cadeva a terra con un coltello
piantato nella gola. Soddisfatto della sua mira, Kraight
si avvicinò al morto ed estrasse l’arma. Subito il sangue prese ad uscire dalla
ferita: ripulì in fretta la lama del coltello sui vestiti del cadavere e lo
rinfilò nel fodero, sotto la giacca.
Salì quindi le scale, facendo attenzione a non fare rumore.
Arrivato di
fronte alla porta della sua stanza impugnò il fucile con sicurezza e aprì la
porta. Yuffie era lì, accucciata sopra la sua
valigia, e in mano aveva i documenti che si era augurato la tenessero impegnata
abbastanza a lungo da permettergli di andare alla Shinra
Mansion e tornare. Si voltò di scatto verso di lui
bloccandosi quando vide il fucile. Kraight le
sorrise.
<< Ma
tu guarda che sorpresa. >>, le disse ironico. << Alzati e tieni le
mani bene in vista. >>
Lei si alzò in piedi lentamente, fronteggiandolo:
teneva le mani alzate ma non sembrava intenzionata a mollare i documenti.
<< So tutto Kraight. So che ci sei tu dietro
gli omicidi e so come hai fatto a compierli. >>
Lui piegò
leggermente la testa in una sottospecie di inchino simulato. << Ti faccio
i miei complimenti >>. Puntò meglio il fucile poggiando il calcio contro
la spalla: era sicuro di non mancarla da lì ma la prudenza non era mai troppa.
<<
Quello che mi sfugge è il perché. Cosa vuoi da Vincent? >>, continuò lei
senza badargli.
Kraight
inarcò un sopracciglio, quasi non ci credeva. Gliel’aveva veramente chiesto?
Sorrise: era veramente una situazione
ridicola.
<<
Stai veramente chiedendomi di raccontarti il mio “piano malvagio”? >> Il
suo sopracciglio andò ancora più su, se possibile; Yuffie lo fissava
spiazzata. Continuò: << Dimmi un po’. Per chi mi hai preso? Ti sembro
forse un cattivo da fumetto? Pensi veramente che starò qui a raccontarti per
filo e per segno cosa ho in mente mentre tu pensi a un modo per battermi?
>> Rilassò la stretta sul fucile e si avvicinò fino a portare la canna a
pochi centimetri dal viso di lei.
Il suo
ghigno si accentuò.<< Oh andiamo, ma per favore.>>
BANG!
Yuffie fece
un volo di mezzo metro andando a schiantarsi contro la finestra senza però
volare all’esterno. Crollò sul pavimento come un burattino, spazzata via come
una foglia al vento.
Il colpo a
bruciapelo gli aveva macchiato di sangue le maniche della giacca e Kraight se le guardò disgustato. Non avrebbe dovuto
avvicinarsi tanto ma l’ilarità gli aveva fatto perdere il sangue freddo. Si
avvicinò al corpo della donna: una macchia di sangue si andava allargando sotto
il viso sfigurato da un foro preciso in mezzo alla fronte. Prese un lenzuolo e vi avvolse il cadavere
caricandoselo poi sulle spalle, dall’altro lato rispetto al fucile. Ora veniva
la parte difficile.
Scese le
scale e uscì arrancando verso la villa. Cominciò a piovere.
Arrivato di
fronte al cancello della Shinra Mansion,
l’aprì con un calcio e trascinò il cadavere della ninja all’interno del cortile
per poi abbandonarla a pochi metri dal corpo ancora inerte di Vincent. Si
asciugò la pioggia dalla fronte. Quella dannata piccoletta pesava una
tonnellata. Rimosse il lenzuolo dal corpo e lo gettò sul retro della casa,
fuori vista. Dopodichè si apprestò a mettere in scena
l’atto finale della sua personalissima tragedia. “La morte di Vincent Valentine.” pensò
mentre sentiva il calore della materia bruciargli nella schiena, sotto il
cappotto. Quella idiota non si era nemmeno accorta che lui ne aveva una, e dire
che aveva preso ogni precauzione vista la sua fama di ladra. Sorrise e
sprigionò il potere della materia. Nell’aria si disegnò un cerchio magico di
colore viola con un pentacolo al suo interno: sembrò diventare solido, come un
buco verso un'altra dimensione, poi dall’altra parte si notò una figura che si
avvicinava. Galian balzò fuori dal cerchio e gli si avvicinò, lui gli diede una pacca
sulle spalle. Galian, suo fedele compagno fin da
quando era bambino. Poi gli diede un ordine mentale e la bestia si voltò verso
il cadavere di Yuffie. Kraight
rimase a guardare mentre il corpo veniva dilaniato cancellando completamente le
tracce del colpo d’arma da fuoco che l’aveva uccisa. Fermò però la sua Summon prima che potesse rendere il corpo del tutto
irriconoscibile e lo richiamò all’interno della materia. Sparito Galian, non
gli rimaneva che aspettare.
Si
diresse verso Vincent e si chinò al suo
fianco, aspettando paziente. Non controllò quanto ci volle, ma gli parve che
fosse passata circa una mezz’ora quando l’altro aprì lentamente gli occhi
biascicando qualche parola.
<<
Vincent? Vincent mi senti? >> Gli diede dei piccoli schiaffi sulla
guancia fino a che non parve riaversi, dopodiché lo aiutò a sedersi.
<< Che
… Che diavolo è successo? >> gli chiese lui mentre si massaggiava la
testa.
<<
Davvero non te lo ricordi? >>, gli rispose con tono preoccupato.
Vincent alzò
lo sguardo incontrando il viso di Kraight, che pareva
teso e pallido.
<<
Cos’è successo? >> Chiese di nuovo, questa volta con una nota di timore.
<<
Ecco … Ah, Cristo, non lo so. >> Kraight si
alzò in piedi e cominciò a passeggiare avanti e indietro: sembrava terrorizzato
ed evitava di guardarlo. << Cinque minuti prima eri lì che ti bevevi la
tua birra, poi sei caduto a terra e hai cominciato a tremare. >> Lo
guardò spalancando gli occhi. << Ho pensato che stessi per morire ma
quando ho fatto per avvicinarmi di colpo sei diventato…
>> Deglutì. << Quella cosa. >>
Vincent si
portò le mani al viso. Di nuovo, aveva ucciso di nuovo qualcuno. Trattenne a
stento le lacrime di disperazione e riuscì a chiedere. << Chi? >>
<< Ho
provato a fermarti credimi, ci ho provato ma non ce l’ho fatta. Eri
inarrestabile, sono a malapena riuscito a inseguirti senza perdere le tue
tracce fino in paese e ritorno. >> Gli posò le mani sulle spalle.
<< Mi dispiace Vincent. Non ho potuto fare niente. >>
Vincent alzò
gli occhi e incrociò quelli di Kraight. Ebbe paura:
cosa aveva fatto per provocare quello sguardo di commiserazione? Poi spostò lo
sguardo e la vide.
Qualcosa gli
si ruppe dentro. Poté quasi sentirlo. Si alzò in piedi, scrollandosi Kraight di dosso, e si gettò vicino al corpo di Yuffie, prendendolo dolcemente tra le braccia.
<< No
>>, riuscì solamente a dire. << No, ti prego no. Perché lei? Perché
proprio lei? >>
Le lacrime
gli uscirono dagli occhi mescolandosi alla pioggia. Non seppe per quanto rimase
cosi, accucciato accanto a lei, in preda alla disperazione più profonda. Poi
piano piano un pensiero si fece strada nella sua
testa. Aveva compiuto un atto terribile, era oltre ogni redenzione. Accarezzò
piano la nuca di Yuffie, poi le posò un bacio sulla
testa prima di alarsi in piedi. I suoi occhi trasudavano fuoco. Si avviò deciso
verso Kraight. Lui indietreggiò spaventato ma rimase
stupito quando l’altro si gettò in ginocchio di fronte a lui. Vincent lo guardò
negli occhi, con le labbra sporche del sangue di lei che gli colava via portato
dalla pioggia.
<< Ciò
che ho fatto è oltre ogni perdono, oltre ogni redenzione. Non merito clemenza e
non la sto chiedendo, non per me. >> Chinò la testa. << La sto
chiedendo per gli altri, gli altri a cui potrei fare del male. Non posso
permettere che succeda di nuovo qualcosa di simile. Ti prego. >> Alzò di nuovo lo sguardo a incrociare quello
del biondo. << Poni fine a tutto questo ora, finché sono ancora padrone
di me stesso. >>
Kraight
rimase in silenzio per un lungo momento. Poi impugnò lentamente la Death
Penalty e appoggiò la canna alla fronte di Vincent, che non sussultò nè si mosse in alcun modo.
“Death Penalty” si ritrovò a pensare. “Un nome quanto mai appropriato.”
****
I colpi alla
porta si facevano sempre più forti. Lui non poteva vedere nulla da dentro
l’armadio ma poteva sentire tutto. Papà gli aveva detto di stare buono e zitto
lì dentro fino a che tutto non fosse finito. La materia incastrata nella sua
spina dorsale gli dava una strana sensazione quando si appoggiava. Era
totalmente invisibile dall’esterno, gliel’aveva innestata papà. Papà gli aveva
detto che quella materia l’avrebbe protetto e lui gli credeva anche se non
capiva. Il suo papà era l’uomo più intelligente del mondo.
La porta
crollò con un tonfo e dei passi di stivali risuonarono sul pavimento. Lui si
sporse e aprì di un poco la porta dell’armadio, solo uno spiraglio. Suo papà
era di fronte alla porta mentre la sua mamma era lì vicino e gli teneva la
mano: non gliel’aveva mai visto fare. La stanza era piena di soldati in divisa
blu e grigia. Sulla soglia della porta si stagliò la figura di un uomo in camice.Teneva i capelli pettinati all’indietro e raccolti
in una coda, e degli occhiali a
mezzaluna incorniciavano due piccoli occhietti malvagi. L’uomo era accompagnato
da un altro più giovane, quasi un ragazzo. Vestito in giacca e cravatta portava
i capelli a caschetto che gli ricadevano attorno al viso. Aveva gli occhi di un
inquietante colore rosso. Impugnava una grossa pistola nera.
<<
Dottor Gible, finalmente l’abbiamo trovata. >>,
esordì l’uomo in camice. << Non è stato molto cortese da parte sua
sparire in questo modo, e per tutti questi anni oltretutto. >>
<<
Piantala con questa farsa, Hojo, fai quello che devi
fare e fai in fretta >> gli
rispose suo padre.
<< Oh
ma come siamo scorbutici! >> Hojò fece un paio
di passi verso suo padre. << Dopotutto io sono un grande ammiratore del
suo lavoro! >> Si allontanò avvicinandosi alla scrivania di suo padre,
ingombra di documenti. << Il progetto A.S. >> cominciò
giocherellando con i fogli. << Lo studio per sintetizzare in laboratorio
una serie di Summon materia. >> Si voltò di
nuovo verso Gible. << Assolutamente
affascinante. >>
Il dott. Gible guardò l’altro con astio. << Il mio lavoro non
è fatto per essere dato in pasto alla Shinra, Hojo. Ma tutto questo non ha importanza. Muoviti. Fai
quello che sei venuto a fare, o ordina di farlo al tuo cane da guardia se non
ci riesci da solo. >>
Hojo
sorrise divertito. << Come preferisci. >> Fece un cenno al ragazzo
in completo elegante.
<<
Vincent. >>
Il ragazzo
avanzò puntando la pistola.
BANG!
Vincent Valentine crollò a terra senza un lamento.
Kraight
sorrise mentre un lampo gli illuminava il viso. Si voltò appoggiandosi sulla
spalla il fucile fumante e si avviò tranquillo verso i cancelli della magione.
La sua
vendetta era compiuta.
Giustizia
era stata fatta.
FINE.