Avrebbero celebrato il rito
dell'unione
di lì a pochi momenti.
Layra stava seguendo Alistair seguita
dalle altre reclute attraverso l'accampamento.
La strada che che
portava dalla cancellata sulle Selve al tempio era relativamente
corta, ma in quel momento ogni singolo passo sembrava rallentato.
La
strada pareva più lunga e quel poco tempo interminabile.
Le
avevano detto che l'Unione era segreta e pericolosa. Quanto
realmente pericolosa?
Duncan
l'aveva condotta ad Ostagar per trovare una cura alla sua malattia,
non per portarla sull'orlo di un baratro.
Vedere il
proprio corpo diventare qualcos'altro di sconosciuto sotto il peso
della corruzione dopo una sofferenza di lunghi anni o l'Unione? Cosa
sarà peggio? In ogni caso si erge di fronte a me la porta
verso
l'aldilà.
I piedi
di Layra si
fecero sempre più pesanti e il respiro era affannoso.
Il viaggio
all'interno delle selve era stato lungo, ma lei era abituata a ben
altre fatiche: le Selve Korkari a differenza delle sue foreste erano
ben poca cosa.
E allora perchè quella sensazione di disturbo
così
pesante? Doveva essere l'inquietudine. Non c'era altra
spiegazione.
In fin dei conti non si era mai trovata così tanto
vicino ad una presunta morte e pensare che bastavano pochi passi,
pochissimi passi e la faccia della moneta che avrebbe scelto il suo
destino si sarebbe manifestata.
Sembrava che Fen'Harel la stesse
facendo cadere in una serie di continui tranelli da quando aveva di
quella caverna maledetta. Sì? No? Chi aveva la risposta
dopotutto?
Forse gli dei si divertivano a giocare una partita con
le loro creature come pedine.
Ad un tratto si sentì sprofondare,
la mancanza d'aria stava diventando insopportabile. L'elfa cadde non
riuscendo più a sentire le sue gambe sorreggerla. Di fronte
allo
stupore generale Ossian fu il primo a soccorrerla e le evitò
un bel
tonfo prendendola tra le braccia.
Il volto di Layra era pallido e
i suoi occhi si muovevano in maniera convulsa.
“Che cos'a? Cosa
le è preso? Cosa le è successo? Come
mai...”
Tutti i presenti
le furono addosso tempestandola di domande che apparentemente lei
sembrava non udire.
“Aria...” furono le parole che le uscirono
strozzate dalla gola.
Ossian intimò gli altri di allontanarsi e
cominciò ad alleggerire l'elfa del suo carico.
Le slacciò
l'armatura e la ricoprì col suo caldo mantello per non farle
prendere freddo.
Il giovane continuò ad osservare quel volto dai
lineamenti così delicati per intravedere un qualche segno di
miglioramento: il panico che le si leggeva negli occhi si
sostituì
ad una calma maggiore, il volto riprese parte del suo colorito e il
respiro più regolare.
“Portatemi un po' d'acqua per favore”
disse sorreggendo il corpo leggero dell'elfa mentre Alistair
saettò
via e ritornò immediatamente con un calice d'acqua.
Ossian prese
il contenitore e sollevando delicatamente il volto dell'elfa le
avvicinò l'acqua.
Le sue mani fredde sfiorarono il braccio di
Ossian e poi afferrarono il calice. Bevve qualche sorso e poi riprese
fiato mentre l'ultima traccia di pallore svaniva.
Ossian attese
qualche altro minuto ascoltando il suo respiro divenire sempre
più
regolare poi chiese “State meglio?”
L'elfa annuì guardandolo
negli occhi e l'espressione fredda che aveva mantenuto fino a pochi
attimini nei suoi confronti aveva qualcosa di diverso anche se Ossian
non seppe dire bene cosa.
Alistair le porse la mano da perfetto
gentiluomo per aiutarla ad alzarsi, ma l'elfa scosse il capo,
ringraziando ma ce la faceva da sola.
È tornata quella di
prima, pensò Ossian osservandola di sbieco.
“Scusate per
l'inconveniente” disse l'elfa non ponendo attenzione a tutti
gli
sguardi puntati su di lei,sue le sue cose e poi alzò i
tacchi e
proseguì a testa bassa verso il Tempio.
Alistair guardò Ossian
con fare interrogativo, ma in tutta risposta l'altro si
limitò a un
“secondo me quella non sta tanto bene”.
Quella forte
sensazione di malessere se ne era andata ma la cosa che più
detestava era quella di aver mostrato la sua debolezza a quegli
shamlen.
Era andato tutto bene fino ad ora. Maledizione. Più
rimaneva con quegli umani e più si convinceva che Fen'Harel
si
stesse divertendo con lei.
Eppure
gli occhi
azzurri di quello shamlen manifestavano preoccupazione, di questo ne
era certa. Ma la vicinanza con quel corpo le aveva provocato una
sensazione strana: solo Tamlen le era stato così vicino e
sapeva
trasmetterle calore e dolcezza, ma Tamlen era uno della sua
gente.
L'elfa decise di allontanare momentaneamente quella
confusione dalla sua mente e mentre procedeva, osservò le
stelle.
Il
cielo era limpido, non vi era nessuna nuvola che avrebbe potuto
macchiare quell'immagine di perfezione, mentre la luna piena e le
stelle risplendevano nel cielo come se si stessero prendendo beffa
dell'inquietudine delle reclute.
I raggi lunari erano talmente
intensi da rischiarare completamente l'accampamento provocando un
gioco di luci ed ombre nei luoghi più angusti di Ostagar.
Le
rovine del Tevinter sembravano brillare di un pallore quasi fatato o
di un altro mondo.
Ad un tratto una brezza si levò dalla foresta
scuotendo le fronde degli alberi.
Le foglie secche si staccarono
dai rami e come in un vortice sembravano ballare all'unisono. Quei
colori si propagarono nell'aria e raggiunsero Ostagar scivolando
sulle reclute. Rotearono intorno all'elfa giocando con i suoi capelli
come dei piccoli spiriti dispettosi per poi disperdersi.
Finalmente
arrivarono al vecchio tempo dove li stava attendendo Duncan, al suo
fianco vi era un piccolo tavolo con sopra un calice d'argento.
“Alla
fine siete giunti. I custodi grigi nacquerò al tempo del
primo
Flagello, quando l'umanità intera si trovava sull'orlo di un
baratro. E fu così che per la prima volta i Custodi Grigi
bevvero il
sangue della Prole Oscura, assumendo nel loro corpo quella stessa
corruzione”
“E così dovremmo bere il sangue di quelle
creature?” cominciò Ser Jory con voce tremante.
“...Sì, come
i primi Custodi fecero secoli or sono e come i futuri continueranno a
fare. Questa la sorgente della nostra forza e la nostra
vittoria”
riprese solennemente Duncan facendosi avanti “Coloro che
sopravvivono diventano immuni alla corruzione e riescono a percepire
la Prole, ma subiranno un cambiamento indelebile. Questo è
il prezzo
che paghiamo e per questo l'Unione è segreta. Prima
dell'unione
recitiamo poche parole, che sono state tramandate dalla nascita
dell'Ordine. Alistair, prego” terminò lasciando la
parola al
giovane Custode.
“Unitemi a noi, fratelli e sorelle. Unitevi a
noi nelle ombre in cui ci ergiamo vigili. Unitevi a noi, che portiamo
a termine il dovere che non può essere rinnegato. Se
perirete
sappiate che il vostro sacrificio non sarà dimenticato e che
un
giorno vi raggiungeremo”
“Daveth, vieni avanti” annunciò
Duncan con aria grave.
Il
viandante si
fece avanti raccogliendo il calice e bevendo da esso un piccolo sorso
lo riconsegnò a Duncan.
Daveth attese in silenzio in vista di
qualche effetto e poi si portò se le mani alle tempie
gridando
esasperatamente mentre gli sue orbite diventavano bianche e il suo
corpo cadeva a terra privo di vita.
“Mi dispiace Daveth”
riprese Duncan “Jory, vieni avanti..”
“No... non posso. Mia
moglie è incinta, mi sta aspettando”
cominciò il cavaliere
estraendo il suo spadone “non può andare
così...”
Il Custode
gli si avvicinò fulminandolo con gli occhi ed impugnando il
suo
pugnale “Non si torna indietro, Jory” disse Duncan
con voce
atona
Jory, stravolto dalla disperzione, attaccò Duncan ma quello
riuscì a parare il suo fendente per poi far penetrare la sua
lama
nel ventre dell'altro.
“Mi dispiace...”sussurrò Duncan. Jory
si accasciò a terra premendo sulla ferita mentre le sue
ultime forze
lo abbandonando.
Gli altri avevano osservato la scena muti per l'orrore. Layra vide che Ossian aveva contrattto la mascella, ma non si fece cogliere dalla consueta furia. Alistair, sebbene pallido come un morto, non mosse un dito. Era anzi probabile che avrebbe lui stesso ucciso Layra od Ossian se avessero tentato di fuggire o attaccarli.
Il Rito doveva andare avanti. I Custodi Grigi non accettavano defezioni dell'ultimo minuto.
“Ossian, vieni avanti”riprese Duncan, porgendo di nuovo il calice.
L'ultimo dei Cousland non si tirò indietro e senza troppe cerimonie ingerì un sorso di sangue. La scena si ripetè, identica a prima, nella sua agghiacciante pantomima: Ossian cercò di mantenere l' equilibrio mentre la corruzione lo pervadeva da dentro. Il suo corpo si irrigidì inarcando la schiena in una posizione innaturale gridando dal dolore per poi cadere a terra, immobile.
Duncan
gli si
avvicinò cercando di sentire il battito del suo cuore
“È vivo,
sia ringraziato il Creatore” disse con un sospiro di
sollievo.
Layra ed Alistar erano sollevati almeno quanto lui
“Layra, è i
tuo turno” riprese Duncan, avvicinandole la coppa.
L'elfa la
prese tra le sue mani osservando il liquido rosso che conteneva. La
mia cura o la mia morte, pensò. Ormai
sono arrivata fino a
qui. Non mi tirerò indietro.
Quel sangue non sapeva solo di
ferro, era estremamente denso e innaturalmente caldo.
Scivolò dentro
di lei, bruciando ogni parte del suo corpo con cui veniva a contatto.
Il calore divenne insopportabile e la invase fino alla punta dei
capelli. I suoi muscoli si contorsero e Layra cadde a terra.
Urlò
come per cercare di espellere quel dolore, ma fu inutile.
La luce
si affievolì e al posto di quella cominciò a
farsi spazio una
nebbia che risplendeva di un'inquietante riflesso verdastro. Non si
riusciva a distinguere nulla, poi all'improvviso un'ombra: piccola
inizialmente e poi sempre più grande. Da quella esalazione
emersero
due occhi rossi che la stavano osservando, facendosi sempre
più
vicini. Layra non riusciva ad allontanarsi ed era vittima di quello
sguardo carico di odio. Ruggendo in maniera assordante, un drago
dalle scaglie nere e violacee si erse in tutta la sua potenza e
finalmente Layra capì perchè un tempo gli shamlen
adorassero quelle
creature: erano terrificanti e bellissime allo stesso tempo.
Ma quel
drago,
sebbene imponente, aveva un aspetto orrendo, abominevole. Lunghi
corni e aculei spinosi spuntavano dalla carne senza soluzione di
continuità. La pella, malsana e chiazzata, aveva un aspetto
malato...no, corrotto. Non era un drago, ma una
parodia
distorta dipinta dalla mente di un folle. Un mostro aberrante, un
abominio inimmaginabile.
E mentre quegli occhi continuavano a
fissarla con una sinistra intelligenza, l'immagine svanì.
Layra
aprì gli
occhi, si guardò intorno. Era sdraiata in un sacco a pelo
all'interno di una tenda. Non vi era nessun altro con lei? O forse...
sì, non era sola. Ossian giaceva poco lontano da lei in un
sonno
profondo.
Lo osservò. Il suo corpo era vigoroso e pieno di
energie, dall'abilità con cui combatteva doveva aver passato
gran
parte della sua vita allenandosi. I suoi lineamenti erano forti e
virili. Le palpebre ogni tanto scattavano in movimenti nervosi. Forse
i suoi sogni non erano sereni, proprio come i suoi, ed erano
incorniciate da delle sopracciglia castane che gli attribuivano un
aria di severità. Eppure lo aveva visto molte volte
sorridere in
compagnia di Alistair. Ad un tratto Ossian si girò di lato
continuando a sognare. Parte di quei lunghi capelli lisci gli
ricaddero sul volto e Layra, con tocco delicato riuscì a
scostargliele senza interromperne il sonno.
La sorprendeva il
fatto che quello shamlen cambiasse di umore così
rapidamente: la
maggior parte del tempo il suo volto incorniciava un sorrido,
successivamente le sue sopracciglia si corrucciavano e la sua
espressione era di rabbia o addirittura furiosa ed ora invece ogni
singolo muscolo era disteso, rilassato. Poi la preoccupazione...
avrebbe dovuto ringraziarlo. È stato il primo a soccorrerla.
Era
stato gentile, nei suoi riguardi.
Era sorpresa da un simile
comportamento da parte di uno shamlen. Duncan le era stato vicino in
quei giorni, aveva compreso il suo riserbo nei confronti degli umani
e l'aveva rispettata, di lui si fidava e non era costantemente sulla
difensiva in sua compagnia. Le poche cose a cui il Custode l'aveva
preparata non erano sufficienti: il viaggio era stato molto
breve.
Forse avrebbe trovato altri shamlen simili a Duncan, ma una
cosa simile la considerava quasi impossibile.
Alla
fine decise di
uscire all'esterno. Era piuttosto fresco e si avvolse nel suo
mantello verde, Layra guardò verso il cielo e vide che era
ancora
notte fonda. Come un'ombra attraversò il campo nascondendosi
nelle
ombre e stando attenta a dove metteva i piedi evitando piccoli
arbusti che avrebbero potuto rivelare la sua presenza. L'accampamento
di Ostagar era caduto quasi completamente in un mondo onirico se non
fosse stato per qualche guardia qua e là che si dava il
cambio.
Oltrepassò il ponte mentre la luna splendeva ancora nel
cielo e i raggi filtravano attraverso gli abeti. Si avvicinò
alla
terrazza da cui poteva osservare le montagne, la natura, la sua
Madre.
Si accucciò in terra e si immerse in quei profumi e in
quella melodia che le portava il vento.
Rimase per qualche
istante in silenzio e poi estrasse un flauto intarsiato con
aggraziati motivi curvilinei. Quello era un regalo di
Tamlen.
Avvicinò le labbra al bocchino e cominciò a
suonare.
Anche quella volta era stata un'esperienza orribile.
Assistere all'Unione, vedere i fili della vita che si spezzano in un
istante era un'immagine che ogni volta lo lasciava turbato.
Fortunatamente in due erano sopravvissuti: Ossian e Layra.
Duncan
gli aveva raccontato che Ossian era l'ultimo erede dei Cousland di
Altura Perenne e che Arle Howe aveva sterminato tutta la sua
famiglia, non molto di più. Conoscendolo, in quei pochi
giorni aveva
visto che era una persona semplice, che esprimeva le sue emozioni
apertamente e su cui poter fare affidamento. Un ottimo
compagno.
L'elfa lo lasciava perplesso invece. Layra era un'abile
guerriera, con il suo arco sapeva calcolare bene le distanze e dove
colpire: una mira a dir poco micidiale. Aveva avuto modo nel corso
della sua vita di incontrare degli elfi: quelli provenivano tutti
dalle città, credevano nel Creatore ed erano molto simili
agli
umani. Ma quella era una Dalish, in comune agli elfi di
città aveva
solo le orecchie a punta.
I suoi occhi, lo turbavano erano freddi,
come i suoi modi scostanti, rifiutava ogni tipo di contatto, era
sempre sulla difesa...
Ad un
tratto una
melodia triste, malinconica, fatata per certi versi arrivò
alle
orecchie di Alistair che si trovava nei pressi della pineta.
Incuriosito decise di seguirla e vedere chi o cosa la producesse.
Si
avvicinò alle mura e lì, seduta, al chiarore
della luna Layra stava
suonando un flauto.
La sua pelle sembrava di porcellana e le sue
dita affusolate si muovevano con leggerezza.
Ogni singolo
dettaglio di Layra manifestava l'appartenenza alla razza elfica. Era
orgogliosa di essere una Dalish e portava con sé il ricordo
del suo
clan.
Alistair sapeva che i Dalish erano elfi nomadi, che si erano
ribellati di sottostare al giogo umano e ora avevano ritrovato la
loro libertà e parte della loro antica cultura.
Forse l'elfa
vedeva in ogni singolo umano una minaccia e per questo era
così
sospettosa di tutto e di tutti.
Il
giovane si avvicinò alla ragazza senza disturbarla,
attendendo che
finisse di suonare.
“È una bellissima melodia anche se
triste”
Layra sussultò alla voce del compagno. Era talmente
sovrappensiero che non si era accorta del suo arrivo.
Anche se non
ricevette una risposta Alistair cercò di non demordere,
ormai erano
Custodi e quindi avrebbero dovuto imparare a convivere.
“Non
volevo disturbarvi, ho sentito la vostra musica e mi sono
incuriosito” riprese avvicinandosi
“Perchè non mi parlate del
vostro Clan?” chiese, tanto per sondare il terreno.
“Per quale
motivo uno shamlen dovrebbe interessarsi alla vita degli
elfi?” la
sua voce era tagliente e con quei suoi occhi, Layra lo stava
studiando, come al solito sulla difensiva.
Alistair non si trovava
a suo agio con quello sguardo fisso su di lui, ma cercò di
non
demordere “Il punto è che ormai anche voi siete un
Custode Grigio,
siete sopravvissuta al rito dell'Unione e vorrei conoscervi meglio.
Dovremo condividere insieme molti momenti...”
“Condividere è
una parola un po' forte...” rispose ancora con quel suo tono
scostante.
“Non intendevo offendervi. Perdonatemi” rispose.
Che ragazza difficile! “Parlatemi dei vostri dei, avete una
cultura
completamente differente dalla nostra...”riprese in tono
conciliante.
“Non vorrete convincermi ad abbracciare il vostro
Creatore?” il tono distaccato mutò in qualcosa che
si avvicinava
alla rabbia. Alistair si rese conto d'aver cominciato decisamente col
piede sbagliato: la religione era un argomento delicato per i Dalish,
dopo le crociate che avevano subito.
“Non fraintendetemi, io
credo nel Creatore ma non amo il modo in cui la Chiesa opera. Vedete,
un tempo ero un templare. Forse voi non lo sapete ma il compito dei
templari è quello di sorvegliare i maghi, se non sono
abbastanza
forti potrebbero fare uso della magia del sangue o essere posseduti
dai demoni dell'Oblio. Gli stessi templari vengono controllati dalla
Chiesa con l'uso di Droghe convertendoli completamente alla loro
causa. La Chiesa ha paura di poter perdere il controllo sulle persone
e sarebbe disposta a tutto pur di non perdere il suo potere. Io sono
un fedele, ma se potessi cercherei di abolire queste ingiustizie,
così come anche le Crociate che sono state fatte contro il
vostro
popolo...”
Layra ascoltò Alistair in silenzio, era strano che
uno shamlen condividesse con lei quei pensieri e le aveva fatto
piacere. Forse si stava veramente sbagliando: prima Duncan, poi
Ossian e ora Alistair.
L'elfa annuì “È andata proprio
così,
in secoli di sottomissione abbiamo perso tutto. Noi Dalish custodiamo
gelosamente quelle poche cose che abbiamo recuperato e attendiamo
nella speranza di poter trovare una nuova casa dove poter riunire il
Popolo”
La rivelazione dell'elfa, lasciò Alistair di sasso.
“I
Dalish sono orgogliosi di potersi definire tali proprio
perchè sono
gli ultimi degli Elvhenan”
“Posso
sedermi qui con voi?” chiese il giovane vedendo che l'elfa si
stava
confidando con lui.
Layra lo osservò per qualche istante, poi
annuì.
In fin dei conti quella fanciulla non era male, bastava
saperla prendere, pensò Alistair “Quella musica di
priva ha un
qualche significato?”
Lo sguardo di Layra si scostò da quello
dello Shamlen, voltandosi verso il cielo. “Sì,
è una melodia che
mi fu insegnata quando ero bambina e da allora continuo a suonarla
nei momenti difficili: mi aiuta a pensare e a risollevarmi”
“Potrei
sentirla di nuovo? Mi piace moltissimo...”
Quello era proprio un
sorriso? Sì, non c'era ombra di dubbio. Il volto della
fanciulla che
solitamente era duro e inflessibile, si addolcì e
quell'espressione
le donava.
Layra avvicinò il bocchino del flauto e la stessa
melodia danzò nuovamente nel vento.
Ossian
si svegliò
che era mattino inoltrato. Non aveva dormito così
profondamente da
quando era fuggito da casa. Aveva ancora addosso gli abiti della sera
prima e decise di cambiarli.
Si avviò all'esterno, guardò in
alto e il sole era già alto nel cielo mentre l'accampamento
era
piuttosto in fermento.
Il giovane Cousland si diresse verso la
mensa: lo stomaco brontolava e richiedeva del cibo.
Molte
tavolate erano occupate ma in disparte da tutti gli altri soldati
riconobbe Layra.
Ossian prese del cibo e poi si accorse che
qualcuno lo stava chiamando ed era proprio l'elfa che gli faceva
segno di sedersi accanto a lei.
Questa è bella, stamattina deve
essersi proprio svegliata bene, pensò Ossian.
“Buongiorno” lo
salutò la ragazza “perchè non vi
accomodate qui che c'è
posto?”
Ossian rispose al saluto e si sedette senza troppe
cerimonie cominciando a mangiare di buona lena.
"Ecco... volevo ringraziarvi, per ieri sera" disse l'elfa di punto in bianco.
A quell'uscita, poco ci mancò che Ossian si strozzasse col pezzo di montone. Bevve un sorso d'acqua per darsi un contegno "Di niente" articolò alla fine "Voi mi avete aiutato nelle Selve...insomma, siamo compagni d'arme no? Ci si deve aiutare a vicenda" Proprio un bel discorso, si rimproverò lui.
Beowulf,
il testone
posato sul grembo del padrone, ignorava bellamente lo scambio fra i
due, attendendo invece che Ossian gli allungasse qualcosa, magari
quel grosso osso sugoso.
Layra aveva finito il suo piatto e quando
si avvide della presenza del segugio gli avanzò un pezzo di
carne.
Beowulf arraffò il boccone, poi con aria dignitosa scomparve sotto il tavolo. Dopo qualche secondo riemerse, la lunga lingua penzoloni ed un espressione felice stampata sul muso intelligente. Abbaiò allegro all'indirizzo dell'elfa e poi si rimise a sedere, scodinzolando.
"Avete
proprio
un bel cane" Layra cominciò ad accarezzare il mabari
"è
proprio intelligente”
Ossian sorrise, felice di andare su un
terreno a lui congeniale. Congeniale a tutti gli abitanti del
Ferelden, a dire il vero. "E' un mabari purosangue" spiegò
lui "Sono una razza molto intelligente, selezionati tanto tempo
fa da un mago appassionato di cani. Un tempo, i nostri antenati
Alamarri usavano addestrare lupi e portarli con sè in
guerra,
proprio come facciamo noi adesso con i nostri segugi. Si dice
addirittura che il più grande capo Alamarri, Hefter, fosse
un lupo
mannaro" Ossian si strinse nelle spalle sorridendo "Metà
delle famiglie nobili del Ferelden dicono di discendere da lui. Per
questo noi trattiamo tanto bene i nostri cani" Beowulf
abbaiò
all'indirizzo del padrone "Esatto" rispose Ossian
arruffandogli il pelo sulla testa "In fondo, essere cortesi nei
confronti dei propri parenti è questione di educazione, no?"
il
grosso mabari si alzò impettito "Ora non ti montare la
testa!"
rise il ragazzo. Poi disse a Layra "Sapete cosa diceva sempre un
mio caro amico? 'I mabari sono abbastanza furbi da non parlare'.
Questo bestione qui, poi, è anche troppo sveglio!" il cane
latrò all'indirizzo del padrone, come se volesse
bonariamente
rimproverarlo.
L'elfa continuò ad osservare il segugio con
attenzione "Nei nostri clan abbiamo gli halla. Sono dei cervi
bianchi con cui intratteniamo un rapporto di profonda amicizia. Un
tempo questi animali venivano utilizzati anche in guerra, le loro
corna sono delle armi micidiali in quanto sono molto più
grandi di
quelle dei loro simili e i nostri allevatori le fanno crescere in
complessi intrecci. Ora come ora trainano i nostri carri, gli aravel,
e ci concedono l'opportunità di essere cavalcati alle
volte”
Ossian
ascoltò con
interesse quel racconto "Noi abbiamo i cavalli ma da come lo
descrivete il vostro rapporto con questi animali assomiglia
più a
quello che ci lega ai nostri mabari. Avete una cultura affascinante,
sapete, gli unici elfi che ho conosciuto erano i servitori del mio
castello..."
“Servitori?” disse l'elfa inarcando un
sopracciglio. Molto bene, quella conversazione poteva anche
terminare, si sdegnò Layra “Ecco cosa siamo per
voi shemlen: degli
schiavi!”
"No!" esclamò Ossian adirandosi a sua volta "Perchè prendete tutto dal verso sbagliato? Sapete benissimo che non intendevo dire questo!"
"No... eppure ci trattate come dei servi. Mi chiedo perchè le orecchie piatte non si siano ancora rivoltati..."
"E chi sono le orecchie piatte?" domandò Ossian in collera "E comunque tutti gli elfi che hanno lavorato per mio padre sono sempre stati trattati bene,al pari degli altri servitori e lavoratori umani. Non ho mai sentito nessuno di loro lamentarsi del trattamento della mia famiglia!"
"E gli elfi che vivono nella miseria in quei ghetti nelle vostre città? Questo come me lo spiegate?"
Ossian sbuffò stizzito, mettendosi in piedi "Sentite, io non so qui per parlare di politica con voi. Le cose stanno così e per parte mia non ho mai fatto del male ad un elfo, non li ho presi a calci e nemmeno ho mangiato i vostri bambini. La mia famiglia si è sempre comportata equamente con tutti, fossero umani o meno. Se nel resto del Ferelden le cose non vanno così, non potete certo dare la colpa a me"
"Se la vostra famiglia era così importante e da potersi permettere un castello perchè non ha fatto qualcosa per cambiare questi soprusi? Specialmente se è così esemplare dato che i vostri servi non si sono mai lamentati.” disse alzandosi a sua volta. La sua voce era tagliente come una lama “Forse a vostro padre fa comodo il lavoro degli elfi e in questo momento sarà seduto sulla sua bella poltrona davanti al focolare accudito dai vostri servi..."
Ossian strinse forte le mascelle. Layra pensò d'aver colpito nel segno. Quell'umano presuntuoso.
Poi l'elfa sobbalzò quando il guerriero fece calare un pugno pesante come un maglio sulla tavola, rompendo le stoviglie e spezzando il legno. La guardò con un ira a stento repressa. La sua voce era gelida "Mio padre in questo momento sta marcendo buttato in qualche fosso, mentre la sua testa e quella di mia madre adornano le mura del castello che un tempo era la mia casa."
Si
voltò e concluse con voce piatta "Mio padre era un
brav'uomo,
che ci crediate o no. E se riparlerete ancora di lui in quel tono,
donna o meno, dalish o meno, Custode o meno, vi trapasserò
con la
mia spada. E ora, scusatemi" Ossian si allontanò a lunghe
falcate. Beowulf, dopo aver lanciato una profonda occhiata di
rimprovero all'elfa, seguì il padrone.
Layra si portò le mani
alle tempie sentendosi profondamente in colpa per aver scatenato a
quel modo l'ira di Ossian.
Non si sarebbe sorpresa se quello
shemlen non le avesse più rivolto la parola.
Note
degli Autori: Ciao a tutti! ^_^
Questo
capitolo è stato scritto completamente dalla sottoscritta,
cioè
Layra, tranne che per l'ultima parte in cui mi sono alternata le
battute con Ossian. D'altra parte non l'ho creato io quel
personaggio... U_U
Insomma
Layra ha proprio una testa bella dura! xD
Se
prima la figuraccia è stata da parte del nostro Cousland ora
era il
turno della "gentil donzella". Su cerchiamo di capirla è
una fiera Dalish e gli shamlen non gli sono molto simpatici, ma ora
ne sta pagando a caro prezzo questa cosa (Ossian disapprova -15).
Dispiaciuta
tra l'altro, quindi si vedrà cosa combinerà la
ragazza per
riappacificarsi col compagno... d'altra parte c'è Alistair
(Layra
approva +7) che... boh!!!
Insomma,
cosa succederà... lo saprete nella prossima puntata! XD
Note
di Ossian: eh si che il povero guerrierone Cousland voleva solo
essere gentile! Ma immaginandolo con la mia stessa grazie con le
donne, non poteva andare diversamente T_T
Capiamo
un po' anche lui! Poveraccio...più scriviamo e
più mi rendo conto
che l'unico veramente sano di mente è il cane (povero
Beowulf, dove
sei capitato!). E quel marpione di Alistair ci prova pure con l'elfa
(Ossian disapprova dell'altro! Ma giuro che un giorno o l'altro gli
picchio lo scudo su quella testa dura da templare che si ritrova!).
Sinceramente spero davvero che questo raccontone vi stia piacendo e
volevo avvertirvi da subito che presto inizieremo a prenderci molte
libertà verso la trama, anche per discostarci un po' da
quello che è
stato scritto fin'ora (soprattutto l'ottimo lavoro dell'autrice di
“Nimue” che segue magistralmente il gioco). Via
giù, 'gnamo a
iniziare il prossimo capitolo sennò qui e un si combina
nulla!