Amici
«E
con questa nuova identità, ho ritrovato
Monica che, nonostante tutto, mi ha riconosciuto. A Natale, non
l’avete più vista
perché è venuta a cercarmi e da allora siamo
tornati a vivere insieme, intanto,
‘quelli lassù’ hanno deciso che potevo
rimanere accanto a lei… Ho
chiesto io a Monica di non parlare, ma, ora, non volevamo e non
potevamo più
continuare a nasconderci e ...eccoci qui…»
concluse il suo racconto Michele che
aveva sfidato per tutto il tempo gli sguardi attoniti degli altri.
«Non
può essere...»
si sfiorava la fronte Rosa, molto frastornata.
«Ti
capisco, neanche
io mi crederei, probabilmente...» la rassicurò
Michele con un sorriso.
Le
altre non
parlavano.
«Michele,
ti va di
incontrare Paolo?» propose Laura che sembrava essere quella
più pronta ad
accettare la verità.
Michele
annuì.
«Lo
chiamo allora.»
«Ma…
Laura,
aspetta! Per Paolo sarà difficile accettarlo: diglielo tu
per prima.» la
interruppe Monica, consapevole di quanto sarebbe stato difficile
rivelare a
Paolo il ritorno dell’amico.
~
(la
sera stessa)
«Paolo,
ti prego!
E’ da questa mattina che non dici una parola...»
disse dolcemente Laura a Paolo
che restava seduto sul letto, fisso a osservare il vuoto- «Ti
capisco, ma è una
cosa bella, per quanto possa sembrare assurda, è vera e
dobbiamo accettarla, affidandoci
a quello che vediamo, anche se richiede lo sforzo di non capirla a
fondo. Anche
Monica ha faticato a elaborare questo ritorno, ma è stata
forte e ha capito che
non poteva ignorare la verità, solo perché
sembrava surreale il fatto che fosse
vivo…»
Paolo
continuava a
non rivolgerle né sguardi né parole, imperterrito.
«Paolo…»
sussurrò
lei, sfiorandogli un braccio.
«Laura,
io non
capisco.» disse piano, non distogliendo gli occhi dal vuoto.
«Forse,
se si vuole
bene a qualcuno, capire non conta poi così tanto.»
seguì Laura con delicatezza.
«Michele
è morto,
Laura.» ribadì Paolo stanco.
«Michele
adesso è
vivo: questa è la verità che tu lo voglia o no.
Il tuo è un capriccio: non vuoi
affrontare la possibilità di illuderti e procurarti una
delusione... Ma, Paolo,
tu ne devi essere felice.» controbatté Laura
secca, sperando di dissuaderlo.
«Laura,
tu ci
credi?» domandò Paolo, voltandosi verso di lei.
La
donna annuì.
«E
come fai a
esserne così sicura?» insistette l’uomo.
«Sento
di essere
felice di quello che è accaduto, mi fido del mio istinto e
credo in Monica che,
tra l’altro, è di nuovo incinta...»
rispose con naturalezza lei.
«Monica
aspetta un
bambino?» domandò lui, guardandola stupito.
«Sì
e spera tanto
che sia una femminuccia.»
«Ma,
allora…»
«Allora
no, non è
un sogno, Paolo...»
«Ho
sempre lottato
contro l’idea che Michele non ci fosse più, che mi
avesse lasciato solo...
Anche
perché era
lui che aiutava me, che mi faceva capire cosa era giusto e cosa non lo
era.
Mi
ha aiutato a
crescere Cristina ed era l’unico a starmi vicino quando
è morta Eleonora...»
rifletteva Paolo, abbassando lo sguardo per nascondere gli occhi,
ormai,
lucidi.
«Non
hai mai
accettato la sua morte...» -le fece notare Laura, cercando i
suoi occhi- «Però,
ora, dovrebbe essere più facile pensare che lui
c’è e non è cambiato niente tra
di voi.
Per
quanto
spaventato sia, Michele è forte ed è capace di
dare tutto quello che portava
con sé un tempo, anzi, forse ci può insegnare
qualcosa in più...»
«Sono
stato un
idiota a scappare davanti alla realtà!» ammise
lui, rimproverandosi.
«Beh…Hai
dimostrato
il tuo attaccamento a ciò che si dimostra certo: hai bisogno
di sicurezze come
tutti, ma, il fatto che tu abbia sbagliato, non ti preclude la
possibilità di
recuperare.»
~
Paolo
stava seduto
su un muretto, attendeva muto che il tempo giocasse il suo corso.
Michele
camminava
verso di lui, lentamente senza forzare l’attesa che lo
separava dall’amico che,
questa volta, sentiva non sarebbe fuggito.
Senza
parlare, lo
raggiunse e si sedette a fianco a lui.
Trascorse,
passando
di lì, una catena d’attimi vuoti, muti, confusi;
Michele scrutava il cielo sereno
di quel pomeriggio, portandone l’essenza a ragione del suo
respiro.
«E’
bello, vero?» avanzò
Michele sognante, sempre rivolto verso l’alto.
Paolo
distolse lo
sguardo proiettato, fino ad allora, a terra e puntò gli
occhi in alto a
imitazione dell’amico.
«Sai,
non ci avevo
mai pensato prima, ma il cielo a marzo è davvero
meraviglioso!
Nessuno
se ne accorge
finché non gli viene negato.
Quando
comprendi
che tutto quello che è qui, sotto questo cielo, non
potrà più far parte di te,
delle tue ore e rimane solo il ricordo a consolarti…Solo
allora, capisci che
hai perso le cose più
importante, che
non sono il corpo, i soldi, gli oggetti... ma si riassumono in un
segreto
confessato a un amico come te, in un litigio con la tua donna, nel
vedere un
figlio addormentarsi e restare a guardarlo, nel calore di casa quando
rientri
l’inverno, nel fermarsi ad ascoltare il mare in una
conchiglia e nel contare i
minuti quando pensi che tutto va storto... insomma, nel sentirti vivo.
La cosa
più piccola, più buia diventa quella mancanza
opprimente che non lascia respiri
dietro di sé…
Rivederti adesso: questo
sì, che è davvero una ragione per respirare
ancora.» disse Michele, continuando
a perdersi nei disegni delle nuvole su quella tela d’azzurro.
«Sono
uno stronzo!»
-esclamò l’altro, guardandolo
negli occhi – «Sei la persona a cui ho affidato,
praticamente, tutta la mia
vita e non ti ho creduto…»
«Lascia
stare! Non
è colpa tua; non
ti preoccupare!»
ironizzò l’altro, facendogli
l’occhiolino nel cogliere l’amarezza delle parole
di Paolo.
«Tu
non cambi mai!»
esclamò Paolo, facendosi sfuggire un sorriso.
«Ma
vieni qua,
imbecille!» replicò l’altro ridendo,
mentre lo abbracciava.
«E’
bello che sei
qui…» confessò Paolo con le lacrime
agli occhi.
In
risposta,
Michele gli sorrise soltanto.
«Comunque,
ora che
ti posso parlare da vicino senza limiti, te la posso dire una
cosa?» chiese
Michele.
«Certo!»
rispose
l’altro, illuminatosi in volto.
«Sei
un ingrato!
Possibile che fai tutto di testa tua! Neanche avere i santi in
paradiso, ti
convinceva ad ascoltare, eh?» disse l’altro con uno
scappellotto.
«Ma
te che ne sai?»
«Come
che ne so?! E
Valeria, er Mollicone, quello stralunato di mi’ fratello,
tu’ moglie ubriaca
perché la tradisci, e
‘Metti una sera a
cena’…!» elencò
l’altro, preso dal discorso.
«Ma,
allora, eri
davvero tu?» chiese l’altro euforico, sfoderando un
sorriso a trentadue denti-
«Non eri un sogno!»
«E
non ero un sogno,
no! Le pene dell’inferno in pieno girone celeste riuscivi a
farmi passare! Mai
una volta che mi avessi ascoltato!»
«E
tu con le angiolette,
ne vogliamo parlare?»
«Ma...Lascia
Stare!» esclamò Michele con sguardo complice.
Paolo
scoppiò a
ridere, mentre faceva all’altro cenno d’alzarsi.
«’n
birra adesso si
può fare, no?» propose Paolo.
«Mmm…
Seee! Ma non
facciamoci sentire troppo, sennò quella
rompi...»-si corresse -«quell’adorabile
centralinista chissà che
me’ fa quando torno!» ribattè, ridendo,
Michele, alzandosi e incamminandosi con
l’amico a fianco.
«Comunque,
tornando
a noi, tu non devi da’ consigli sulle donne che sei
pericoloso, a mio fratello,
poi… State uno più impedito
dell’altro!»
«Ma
era lui !»
«See!
Mo’ era lui e
io so’ fesso!»
Quelle
voci
risuonavano distorte a ogni passo, seguendo il loro allontanarsi; uno
accanto
all’altro, riscoprivano la complicità di sempre,
al di là del tempo che era
passato.
Aveva
ragione
Laura: forse, quando si tiene a qualcuno, i
‘perché’ diventano veramente parte
dell’inutile; dinnanzi a tutti quei dubbi…
..rimanevano solo quelle due ombre
allontanarsi vicine.