"Guardarti è fonte d'ispirazione, cara Mira senza virgolette. Potrei dirti cosa
mi sta passando adesso per la testa, ma non penso reggeresti una tale
confessione. Sei nuda, e quello che sto immaginando non rientra nelle normali
fantasie di un uomo."
Mira raggelò per il terrore e non riuscì a staccare la lingua dal palato. Le sue
mani si chiusero sul tessuto spugnoso che le pesava addosso, ma che non bastava
a garantire una protezione adeguata. Il cuore batteva violento, ondeggiando
sotto lo sterno. Una nausea fortissima l'aggredì alla bocca dello stomaco e le
gambe divennero improvvisamente di piombo.
"La tua fidanzata non sarebbe molto contenta" farfugliò a mezza bocca.
Quando Jack rise, saltò internamente. "Mi sa di no. Colpa di questo lavoro, sono
sempre in giro e la vedo poco" spiegò usando un tono tranquillo e pacato che
stonava violentemente con l'affermazione di poco prima. "Dovrò prenderle un bel
regalo. Consigliami qualcosa tu, guardona. "
Mira staccò le labbra sigillate contro i denti e bisbigliò che 'dei fiori
facevano sempre effetto'. Non le venne in mente nient'altro. Il tremore che la
scuoteva non voleva proprio smettere di farle venire la pelle d'oca. Il cervello
era sotto stress: aveva un attacco di panico in piena regola!
L'acqua della vasca ondeggiava pericolosamente come se fosse in mezzo ad una
tempesta; Mira allungò una mano per afferrare il bordo e lo strinse forte, non
capendo più nulla di quello che diceva il suo perfido aguzzino che la
terrorizzava mentalmente, più di quanto aveva fatto Marv prima di lui.
"Non sono una guardona..."
Cincischiò con le parole come fossero monetine che scivolavano dalle dita,
sebbene di sforzasse di tenerle strette nel palmo della mano.
" Fai la fotografa, devi esserlo per
forza!"
"Io... non sono... io fotografo morti!" sbotta agguantando meglio l'asciugamano.
Basta con questo discorso!
"Anche io osservo i morti. Solo che i miei camminano ancora. Per poco, ma
camminano!" sghignazza senza riuscire a trattenersi.
"Jack mi stai facendo paura." Balbetta sinceramente spaventata "finiscila... mi
sto sentendo male, smettila! Mi manca il respiro" singhiozzò con gli occhi che
le bruciavano di lacrime e l'ossigeno che non voleva entrarle nei polmoni.
L'uomo la guardò di traverso e poi si spostò di fronte a lei: che le prendeva?
Teneva gli occhi stretti, le dita sbiancate per la forza di aggrapparsi al bordo
solido e stava sudando copiosamente... e non certo per l'acqua calda!
Restò in silenzio non sapendo cosa dire. Accennò un breve spostamento che la
fece schizzare fuori dalla doccia e lo prese di sorpresa, mentre Mira lo colpiva
sul petto e lo spingeva lontano da lei.
I piedi bagnati scivolarono sulla maioliche e Mira urlò mentre cadeva a terra,
sconvolta dal terrore e dalla paura che stavolta l'avrebbe uccisa o torturata o
le avrebbe fatto qualcosa di peggio. Era così atterrita che lo colpì
violentemente mentre cercava di agguantarla per le braccia e imprigionarla
contro di lui.
"Ma che stai facendo, stupida?!" gridò fra i denti, arrabbiato "smettila, ti
stai facendo male da sola!"
"Lasciami, lasciami" urlò fra le lacrime "non mi toccare, vattene via!"
Il signor M la stringeva impedendole di muoversi e di combinare ulteriori danni
mentre lei piangeva a dirotto per il terrore partorito solo dalla sua mente.
Sentiva un lento bisbiglio incomprensibile che a poco a poco diradò le nebbie
della confusione e la riportò a terra.
Era una terra un pò fredda e un pò calda, perchè l'uomo l'aveva accoccolata
contro di se e la stringeva dondolando lentamente. Mira respirò un odore misto
di sapone, lana e detersivo per i vestiti mentre si calmava.
Respirò l'odore di mille chilometri passati viaggiando su e giù per il paese, di
motel, di letti sconosciuti e respirò la propria pelle che sapeva di
bagnoschiuma a poco prezzo.
I capelli le tiravano sulla fronte mentre qualcuno li scostava e li accarezzava
e taceva, trasmettendole pace.
Che pace... pensò stringendo il maglione bagnato sotto le dita e muovendo
la testa di qualche millimetro.
"Stai bene?"
"Si. Penso...." bisbigliò improvvisamente timida. Aveva fatto tutto da sola, si
era creata mostri immaginari e li aveva ingigantiti all'inverosimile.
Mira lo sentì muoversi sotto di lei, sentì il suo corpo che si allungava e un
tessuto caldo avvolgerle le spalle. "Adesso asciugati o ti riscoppierà
l'influenza. Ti ho preso dei vestiti mentre eri ammalata, spero di aver beccato
la giusta taglia." Le disse morbidamente, allentando la presa "posso lasciarti
da sola o cercherai di ammazzarti un'altra volta?"
Mira annuì restando immobile. Il suo aguzzino è
una brava persona, è lei che cerca di demonizzarlo a tutti i costi. Si alzò
avvolgendosi immediatamente nell'asciugamano e abbassò la testa vergognandosi di
quello che aveva fatto. Quando la porta gli si chiuse dietro, Mira evitò per
molto tempo di guardarsi allo specchio.
***
Il signor M la lasciò sola per tutto il giorno, il tempo di farla riprendere. Cosa le
fosse preso era un mistero a cui solo la donna poteva rispondere. Probabilmente
l'aveva terrorizzata in qualche strano modo che non riusciva a comprendere,
sebbene si sforzasse di immaginarlo.
Il carico di Nero 'pesava' nel bagagliaio della Chrysler che controllava
regolarmente. Secondo gli accordi, avrebbe dovuto portarlo lui stesso a New
Orleans e adesso non vedeva l'ora di disfarsene, di tornare a casa, piazzarsi di
fronte al computer a chattare con la sua amica di Washington, bevendo Prosecco
ghiacciato in un bicchiere da champagne.
Ognuno ha le sue piccole manie.
Invece tornò all'hotel dopo una passeggiata da se stesso, chiedendosi se non
aveva fatto male a prendere quella donna con se.
I suoi occhi...
Per occhi come quelli avrebbe demolito il mondo. Se solo lei gliel'avesse
chiesto...
Stronzate da insonnia, concluse rientrando nella sua 'vecchia' pelle e
camminando verso la porta che immaginava sbarrata. La fissò perplesso,
domandandosi se non faceva bene a lasciarla andare via e poi bussò delicatamente
sentendo un 'avanti' gridato da una bocca impastata.
Quando entrò Mira si girò verso la finestra da cui proveniva la pallida
fotocopia di un sole sbiadito. "Non ho la benda con me" mormorò tenendo gli
occhi risolutamente puntati sulla collinetta che si intravedeva dietro gli
scheletri d'alberi invernali.
Il signor M non diede segno d'averla sentita. Restò i piedi all'entrata e le chiese
come stava. E se aveva mangiato.
"Si e no" rispose a bassa voce "i vestiti mi vanno bene, grazie."
"Non hai fame?"
"Si... un pò. Mi andrebbe un pasto vero."
"Allora esci e vai al ristorante dell'albergo, non è niente male" le disse
con voce incolore, tenue, trasparente.
Mira dovette fare uno sforzo notevole per non girarsi. "Davvero? Posso?"
"Non sei mia prigioniera" ridacchiò con una stonatura incrinata "sei mia
ospite."
Detto questo, riprese il suo libro e canticchiò a bassa voce un motivetto che
Mira aveva sentito più volte per radio. Lo sentì gettarsi di peso sul letto e
poi più nulla, segno che la loro conversazione era finita.
Si alzò lentamente, prese la borsetta adagiata sul tavolo e afferrò il
portafogli infilandolo nella tasca posteriore dei jeans.
"Ok... allora vado"
" 'ao" borbottò a mezza bocca, usando quel tono che hanno solo le persone
fortemente concentrate.
Mira uscì rigida dalla camera e solo nel corridoio ricominciò a respirare
nuovamente.
Il signor M alzò gli occhi dal libro, guardò la porta e
strinse le palpebre impercettibilmente, chiedendosi se aveva fatto bene a farla
uscire. Avrebbe potuto chiamare la polizia...
No, non l'avrebbe mai fatto. Era troppo terrorizzata da lui per azzardarsi ad
alzare il telefono. E' terrorizzata da me, pensò più volte con i muscoli
del volto contratti e un certo sfrigolio di ali di falene nel torace.
In alto.
A sinistra.
***
Mira bussò lievemente e poi con fare deciso. Nell'altra mano stringeva un
pacchetto da pasticceria: un offerta di amicizia che serviva più a lei che a
lui. Doveva convincersi che non era un mostro e che stava imparanoiandosi da
sola.
Entrò nella stanza buia con un certo tremolio alle ginocchia. Perchè non era
scappata, perchè non aveva chiamato la polizia? Perchè tornata là dentro?
Perchè lui l'avrebbe uccisa se l'avesse fatto. Conosceva davvero i suoi dati: la
carta d'identità e la patente erano al posto sbagliato, le carte di credito
infilate tutte insieme in una taschina interna del portafogli. Le mani nel
tremarono e fu costretta a stringere il pacchettom facendo scricchiolare la carta
mentre la porta si chiudeva dietro di lei e Mira rabbrividiva.
"Bentornata" mormorò dietro la sua schiena facendola saltare.
"Ti ho portato una cosa" sussurrò allungando un braccio e mostrandogli il
pacchetto "è un dolce. Non so però..."
"Non mi piacciono ma ti ringrazio"
Mira restò immobile nell'attesa di sentire quel fruscio di seta che conosceva
bene.
Ma non successe nulla.
Il signor M le girò intorno, costringendola a tenere gli occhi fissi a terra e le si
pose davanti con un'aria incupita che non potè vedere. "Perchè sei così
spaventata da me? Non ti ho fatto nulla" mormorò osservando i capelli che
spiovevano sulle spalle e il pacchetto che le tolse di mano e posò sul tavolo.
"E' per la mia professione? Hai paura che potrei ucciderti o violentarti?"
Mira avvampò intensamente e immaginò che la penombra fitta della stanza fosse
rischiarata dalle sue guance. Annuì appena, tormentandosi le labbra e
demonizzando il suo carceriere per la seconda volta.
"Ma per favore!" lo sentì sbuffare con aria annoiata. "Fatti un sonno e non
starci a pensare"
Quelle parole allegre, quasi spensierate, la
lasciarono esterrefatta "se tu evitassi certi discorsi, io non sarei così
agitata!" sbottò d'un tratto facendolo sorridere.
"E quante storie che fai, per un apprezzamento innocente! Lasciami scherzare un
pò."
"Non mi piace scherzare in questo modo." Replicò con voce tagliente "e quale
apprezzamento innocente?"
Era frustrante non poterlo guardare negli occhi
mentre ci litigava. Lui ridacchiava e scuoteva la testa "vatti a fare una
dormita, dai"
"Non ho sonno e smettila di ridere di me" ringhiò osservandolo al buio. La sua
minaccia di morte non la scalfiva minimamente: in quel momento di rabbia si
sentiva piena di energia anche se la paura ricominciava a salire. Jack aveva
smesso di ridere e la fissava "hai deciso di rompere il nostro patto? Cerca di
vedermi in volto e la tua prossima alba la vedrai dalla tomba" ringhiò facendola
arretrare di un passo e continuando a muoversi verso di lei "stabiliamo un
punto, donna. Tu non rompermi le palle con le tue fantasie frustrate e io
eviterò di mandarti a dormire con i fossili"
Mira continuò ad arretrare fino a trovarsi con le spalle alla porta.
"Smettila..."
"Stavolta no, occhioni blu. Sono stato comprensivo ed educato. Ma farmi dare
dallo stupratore non rientra nelle miei complimenti preferiti"
"Scusa..."
"Scusa un cazzo. Capisco tutto. Capisco i nervi, capisco la paura, capisco
quello che stai provando..." Jack s' interruppe abbassando la voce "capisco che
forse dovrei violentarti davvero, così la smetteresti di pensarci."
Mira sussultò e si schiacciò ancora di più contro la porta, il cuore che pulsava
frenetico sotto la pelle e che si accentuò quando le toccò la guancia "a che
temperatura di fusione sei arrivata, tesoro? Stai quasi per evaporare. Fatti una
doccia fredda" la frese in giro battendole la gota scherzosamente "ma mettiti in
fila."
Detto questo fece qualche passo all'indietro e la lasciò a boccheggiare per lo
spavento e qualcos'altro che non capiva e le attanagliava tutti i muscoli del
corpo.
Scivolò a terra, con scatti secchi, forzando le ginocchia a piegarsi contro la
propria volontà. Lo sentiva fischiettare sottovoce mentre si toglieva i vestiti.
Spostò lo sguardo su di lui nel momento in cui la luce del bagno le trafisse a
metà una gamba.
Spostò lo sguardo nel momento in cui entrava nel locale.
Giusto in tempo per vederlo nudo.