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Autore: Rowena    11/08/2010    2 recensioni
La gita scolastica di quest’anno dell’Osaka High sarà in California.
Oh no. No no no, non può essere!
Ci deve essere un errore: questa giornata sembrava così promettente, il tempo splendido e una giornata a caccia di saldi con la mia migliore amica in programma, quindi perché si deve abbattere su di me questa disgrazia?
Non è giusto, non me lo merito.
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Lo so, chi leggeva questa storia, chi l'ha letta da poco, chi magari l'ha messa nelle seguite speranzoso... Non ci crederà. Eppure sì, sono riuscita a finire il capitolo su cui mi ero incartata: in realtà, ho capito cosa cominciava a infastidirmi e per cui non riuscivo a proseguire. Grazie ad Alektos che mi ha aiutata a riprendere (o minacciata, ma per lei sono sinonimi...), questo cap è per te!

Rowi




“Mizuki, pensi che potremo andare in spiaggia?”, domanda qualcuno da un paio di sedili più avanti. “Ci piacerebbe conoscere le bagnine di Baywatch!”A sentire la parola bagnine, anche Nanba torna tra noi, soprattutto visto che Nakao ha smesso da un po’ di parlare di giarrettiere e vestiti da sposa, e si dimostra subito interessato; non so come spiegare che quelle sono attrici e che non stanno in spiaggia a controllare davvero i bagnanti, ma prima che possa rispondere qualcosa di particolarmente grosso e pesante si abbatte sulla testa del senpai. “E come la metti con il programma della gita, nipote degenere che non sei altro?”, commenta freddamente Umeda alle spalle di Minami.
Eppure il senpai dovrebbe sapere che suo zio ha un orecchio particolarmente sensibile quando si tratta di vanificare i piani degli studenti…
“Ma perché sempre a me, maledizione? Non sono neanche stato io a proporre la cosa!” si lamenta Nanba massaggiandosi la testa.
“Perché tu sei l’unico con cui posso prendermela senza rischiare una denuncia; non che gli altri siano esentati dal mantenere un comportamento ineccepibile, ovviamente”, risponde serafico il dottore.
La risata collettiva che accompagna gli strepiti di Nanba si spegne in pochi secondi, quando i ragazzi cominciano a rendersi conto della velata minaccia nelle parole di Umeda. Sarà davvero una vacanza divertente, oh sì.
“Ma cos’è quel mattone, ti sei dato alla letteratura russa per caso?” domando io notando con più attenzione che razza di tomo sia finito sulla testa del povero senpai. “È veramente gigantesco! E sei riuscito a leggere in aereo?”
“No, sciocchina, è il programma della gita”.
Cosa? Ma se è più spesso di un volume dell’enciclopedia di mio padre! Ed è rilegato, come un libro vero… Non dovrebbe essere un semplice pieghevole informativo? Mi spiego perché i bagagli dei miei amici fossero così pesanti e voluminosi, ora.
Prendo il libro che ancora pesa su Nanba, e Nakatsu si rende conto che da sola non ce la faccio a tenerlo, così mi aiuta; quando inizio a sfogliarlo, rimango basita: c’è tutto, qualunque attrazione turistica e culturale nel raggio di duecento chilometri! Musei, monumenti, teatri, gallerie d’arte… Ce n’è per tutti i gusti, ma soprattutto basta un’occhiata per rendersi conto che non basterebbero tre mesi per vedere tutto. “Questi devono essere semplici consigli per la gita, non può essere l’intero programma!”
Umeda sorride con quella sua aria diabolica, inizia a sfogliare le pagine della guida fino a tornare all’introduzione: una fotografia della preside sovrasta una nota. Questa non è una lista di suggerimenti, è il programma intero. Così ha deciso la direttrice.
“Beh, se l’ha deciso lei… Vorrà dire che faremo visite brevi e molto molto veloci”, commento io, ancora sconvolta; probabilmente questa gita mi servirà più dei normali allenamenti per la corsa, se questa è l’organizzazione. “Niente spiaggia allora, mi dispiace”.
Tutto il pullman sospira deluso e il viaggio prosegue in silenzio, il che è abbastanza anormale; sorpassiamo tutti gli alberghi della zona dell’aeroporto, diretti verso Downtown, sugli svincoli affollati dell’autostrada.
Il tempo passa e i ragazzi sono stanchi, è evidente; evidentemente dieci ore d’aereo sono troppe anche per loro e chissà quante ne hanno combinate in volo per passare il tempo… È un miracolo che non siano caduti in mezzo al Pacifico, a pensarci bene!
“Nei prossimi giorni sarà meglio muoversi con i mezzi”, dico io dieci minuti più tardi, notando il traffico, “specie se dobbiamo vedere tutte quelle cose, altrimenti ogni spostamento sarà un dramma”.
Nessuno mi risponde, non che mi aspettassi il contrario: molti si sono addormentati o ascoltano la musica con le loro cuffie. Alla mia sinistra, Nakatsu russa sonoramente, a bocca aperta.
 “E quanti vuoi perderne al giorno? Qui non è come a Tokyo, lo sai meglio di me”. Sano.
Teneva già da un po’ gli occhi chiusi, il mio ragazzo, e credevo dormisse. Non mi ha detto molto sugli allenamenti che ha seguito negli ultimi giorni, ma immagino che siano stati davvero spossanti, visto che suo padre non è uno che ci va leggero; in ogni caso sono contenta che sia tornato a lavorare con lui, solo fino a poco tempo fa era semplicemente impensabile una cosa del genere.
Chissà se Shin e Kagurazaka ci raggiungeranno, nei prossimi giorni…
Riguardo alla stanchezza di Sano, devo ammettere che non mi dispiace più di tanto, almeno per questa sera rispettare le regole che ci sono state date non sarà poi così difficile.
Qualcosa, nella mia testolina, continua a ripetere che mi sto preoccupando troppo, che Sano è un gentiluomo, che non mi metterebbe mai le mani addosso senza il mio esplicito consenso e molte altre cose, ad esempio che ha vissuto con me per mesi conoscendo la mia vera identità senza però uscire mai dal rapporto tra compagni di stanza, eppure non riesco a stare tranquilla.
Ho visto tanti dei ragazzi di Julia cambiare faccia all’improvviso, rivelandosi molto diversi dalle persone di cui si era innamorata la mia amica… Sano è speciale, lo so, ma preferirei non trovarmi in una situazione tanto complicata. Di nuovo.
Meno male che gli alberghi americani hanno letti gemelli in tutte le camere doppie!
Come se mi leggesse nel pensiero, Sano socchiude gli occhi e mi fissa, serio: “Ho sentito Umeda parlare di regole speciali per te, che intendeva?”
Accidenti. Perché sono così imbarazzata? Mi sento le guance arrossire, mentre cerco di formulare una risposta che vada oltre il grugnito; accidenti alla Preside: se lei non avesse posto quella regola probabilmente a me non sarebbe neanche venuto in mente che io e il mio ragazzo ci saremmo trovati in una situazione tanto ambigua e facile a risvolti così… No, non riesco neanche a pensarlo!
Perché prima non eravate una coppia, Mizuki, è così ovvio. Sento la voce della mia amica che ride al mio disagio.
Sarò anche assurdamente ingenua come dice Julia, eppure vivo così bene e rilassata nel mio mondo fatto di margherite e cieli azzurri…
“La Preside ci lascia dividere la stanza, come prima, ma dobbiamo mantenere un comportamento ineccepibile, il che vuol dire comportarsi solo come compagni di stanza”, dico lentamente con un sospiro, per spiegare e dare la notizia al mio ragazzo.
Strano che la Preside o Umeda non abbiano parlato con lui, ma in effetti è partito prima degli altri, ha tenuto il telefono spento da quando è negli States e non ha più controllato le mail; probabilmente hanno pensato che fosse più semplice parlare con me, anche perché sanno quanto io tenga ad aiutare Sano nella sua carriera di atleta. Non farei mai niente che potrebbe costargli l’espulsione dalla squadra, mai.
Spero solo di non essere arrossita troppo, perché il mio rilevatore d’imbarazzo è davvero alle stelle.
“Ah”, commenta semplicemente Sano, distogliendo lo sguardo. Tutto qua, penso io? Mi aspettavo una reazione vagamente più marcata, ecco. “Ecco perché ha mandato Umeda, per tenerci d’occhio”.
“Tenervi d’occhio in cosa?”, domanda un assonnato Nakatsu, con la voce impastata.
“Torniamo a dividere la camera, Sano ed io”, rispondo molto più in fretta, prima di diventare tanto rossa da poter cuocere due uova sulle mie guance. La notizia basta per risvegliarlo del tutto.
“ Come?” esclama, sconvolto. “Ma tu, e lui, e voi… Ma potete davvero?”
“Abbiamo il permesso della Preside, perciò direi proprio di sì”, ribatto io, ora meno imbarazzata, senza capire perché Nakatsu sia così stranito. No, va bene, lo so, ma… È strano, tutto qua.
Nakatsu sgrana gli occhi e si prepara a dire qualcos’altro, quando un crepitio metallico lo anticipa: “Ragazzi, siamo quasi arrivati: quando il pullman si ferma, fate in modo di scendere alla svelta, recuperare i vostri bagagli ed entrare nella hall; ripeto, velocemente”.
Umeda. Umeda che per l’ennesima volta mi salva da conversazioni assurde e scene senza vie di fuga.
Finalmente, l’albergo compare all’orizzonte, e io tiro un sospiro di sollievo. Tregua.





Lo so, è breve, ma ho preferito rimanere coerente con i capitoli scritti... Due anni fa e più? Mannaggia! E non cambiare stile della storia. Al prossimo aggiornamento che avverrà a breve (certo meno che due anni, giuro! XD)!
   
 
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