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Autore: Mex    16/08/2010    3 recensioni
Una storia ambientata nella campagna inglese qualche anno dopo la sconfitta definitiva di Napoleone.
Una ragazza che si mimetizza in una società soffocante ed un uomo che trasgredisce ogni regola del viver civile, si scontreranno in un ambiente assolutamente parziale.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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Capitolo 12

Il silenzio era caduto sul prato all'urlo dei bambini. Per un momento tutti si guardarono l'un l'altro, increduli di ciò che avevano sentito, poi la moglie del vicario svenne facendo rovesciare il tavolino con le tazze da the che aveva davanti, e fu come se una molla fosse scattata. Alcune donne iniziarono ad urlare e gli uomini si alzarono cercando di tranquillizzare le mogli, madri e figlie.
"Signore, povera ragazza!"
"Se è viva rimarrà storpiata per tutta la vita!"
"Chiamiamo il Dottor Kean"
"No, il Dottor McKenzie è il migliore!"
"I sali! Qualcuno ha dei sali?"
Domestici si precipitarono fuori dalla casa, i bambini più piccoli messi in allarme dagli adulti agitati si misero a piangere, quelli più grandi cercavano di dare una mano impacciando di più.
 
L'acqua non era profonda, gli lambiva a malapena la vita, ma era sufficiente perché lo ostacolasse più di quanto avesse voluto.
Cosa le è saltato in testa?! Maledetta stupida! Che ci faceva come una dannata scimmia su un albero?! Il caldo deve esserle andato alla testa! Se è per quel gattaccio, lo giuro lo ficco in un sacco e lo butto nel lago.
"Papà, sbrigati!"
"Arrivo!- l'ansia e il peso dei vestiti bagnati gli avevano fatto venire il fiatone- Dov'è? Com' è successo?"
"Vicino all'albero grande, quello dove ci hai costruito la casina. Charley è salito, ma aveva paura a scendere lei ha cercato di aiutarlo, ma la scaletta si è rotta ed è caduta giù. Quel bamboccio è ancora bloccato là sopra e piange, papà!"
Raggiunta la riva, la prima cosa che fece fu dare un'occhiata veloce ai bambini. Sembravano scossi, ma stavano bene. Nessun livido, nessuna sbucciatura ed i vestiti si potevano dire abbastanza in ordine. I ragazzi Stevenson stavano aspettando i loro genitori, che molto più lontano si avvicinavano il più velocemente possibile.
Mrs Stevenson gli urlò: "Non toccatela finché non sarò arrivata io! Andiamo, Paul più veloce!"
Vedendo lo scompiglio inutile che attraversava il prato, la rabbia e il nervoso a lungo repressi scoppiarono dentro di lui. Si portò due dita alla bocca e lacerò l'aria con un fischio acutissimo. L'attenzione si portò sul gocciolante e furioso Duca.
"Silenzio!- Il rigido e duro capitano di mare era uscito soppiantando il frivolo ospite- James, voglio che la stanza degli ospiti, quella blu, sia preparata con acqua calda in abbondanza e asciugamani. Voglio che ve ne andiate. Quando avremo notizie ve le faremo sapere. Tutto questo grufolare è inutile! Vi voglio fuori dalla mia proprietà in cinque minuti, ora! ”
Gli ospiti lo guardarono per qualche secondo.  Poi silenziosamente, chi indignato chi spaventato, si diressero, comunque, verso la casa per raccogliere le loro cose e andare alle loro case per commentare l’accaduto in santa pace.
Andatevene tutti al diavolo, manichini con la scopa nel cu …
“Papà, cosa aspetti?!”
Si girò di scatto e si mise a correre verso il bosco saltando di slancio una sedia rovesciata.
Il cuore gli martellava nelle orecchie. Era furioso, maledettamente in ansia. Se la ragazza era rimasta incolume da quella caduta, ci avrebbe pensato lui a farle del male.
Non impiegò più di due minuti per raggiungere quel maledetto albero con quella ancora più maledetta casina di legno. Rallentò il passo e prima di sbucare nella piccola radura sentì un piagnisteo ripetuto.
“Charley, stai tranquillo. Adesso arrivano mamma e papà e ti tirano giù” La voce era rassicurante, ma tesa al limite. Amelia era viva e sveglia ma sicuramente stava soffrendo.
Il bambino continuò a piangere e tra un singhiozzo e l’altro rispose alla ragazza “Ti sei fatta male per colpa mia, io … io …” La voce infantile si spezzò e un nuovo fiotto di lacrime gli impedì di proseguire
“Charley, ti prego! Non ricominciare!”
I polmoni di Logan si allargavano con un sospiro di sollievo sentendo quello scambio di parole tra i due cugini.
Finalmente li raggiunse.
Lei era lì, semisdraiata tra le radici dell’enorme albero da cui spuntava la testa ricciuta del bambino. I capelli le ricadevano intorno facendola sembrare ancora più pallida e più bambina. Stringeva con forza l’erba sotto di lei fino al punto di far impallidire le nocche e si mordeva a sangue le labbra.
“Amelia Flanigan!”
Amelia si voltò la testa e vide il suo ospite con le mani sui fianchi e un’espressione cupa sul volto.
Sei arrivato finalmente, testone!
“Il Duca, Amy è arrivato il Duca. Non l’ho fatto apposta signore, non volevo, ma non sono più riuscito a scendere …”
“Tranquillo, Charley va tutto bene”
Nonostante il suo viso scuro, la ragazza notò il petto che si alzava e si abbassava freneticamente e, ovviamente, come erano ridotti i suoi vestiti. Nonostante fosse immersa in una cappa di dolore che attutiva qualsiasi altro senso, la sua decenza la portò a cercare di raddrizzarsi. Una smorfia di dolore fu l’unica cosa che ottenne. Il Duca si avvicinò e si accosciò accanto a lei.
“Dove vi siete fatta male? Fatemi vedere”
“La gamba, non riesco a muoverla”
Lui allungò la mano verso l’orlo della gonna ma prima che potesse sollevarlo, lei protestò vivamente.
“Amelia, non fate la stupida. Non sto cercando di sedurvi, non voglio scoprirvi le gambe per avere una visione eccitante di voi. Voglio solo aiutarvi. Lasciatemi fare”
Lei lo prese violentemente per il davanti del panciotto, avvicinandolo al suo viso e gli sussurrò piano: “Fate scendere Charley e mandatelo via, non voglio che veda”
Lui rimase un attimo interdetto, così vicino a lei da potere vedere ogni sfumatura dei suoi occhi castani: “Flanigan, non credo che il bambino possa rimanere scioccato da due centimetri di carne bianca”
Perché non l’hai mai fatto quando stavi bene? Chiassà cosa ti avrei fatto!
Lei strinse più forte il pugno ma dovette chiudere per un attimo gli occhi per la fitta di dolore che anche quel minimo movimento le aveva procurato. Questo la aiutò ad infuriarsi ancora di più: “Redbourne, tiratelo giù!”
Logan vide che la ragazza non sarebbe stata tranquilla finché il cugino fosse rimasto là sopra a piangere.
In fretta lo fece scendere e poi con una pacca sul sedere lo incoraggiò ad andare in contro ai suoi genitori per fare loro strada.
Tornò dalla ragazza e vide che si era fatta ancora più pallida e strappava più convulsamente l’erba affondando le unghie curate nella terra per impedirsi di piangere dal dolore o anche solo farsi uscire un lamento.
Sei veramente una ragazza coraggiosa Amelia Flanigan.
Le prese la mano e le distese le dita contratte. Era fredda ed umidiccia. Iniziò ad accarezzarla per calmarla, mentre le scostava dal viso i capelli: “Calmati, Amelia. Fammi vedere la gamba. Fidati”
Lei annuì: “Piano. Fa’ piano, ti prego” Comunque non gli lasciò la mano, anzi la strinse più forte quando lui si accinse ad alzare l’orlo del vestito completamente rovinato, la stretta fu ricambiata. “Tranquilla, sono qui. I tuoi stanno arrivando”
Nessuno dei due si era accorto della momentanea confidenza che si erano dati. L’una era troppo dolorante e, anche se non lo voleva dare a vedere, spaventata, e l’altro era troppo preoccupato.
Quando la scoprì, Logan capì perché aveva voluto far allontanare il bambino.
Il polpaccio sanguinava copiosamente ed era posizionato in maniera scomposta. Redbourne aveva visto abbastanza ossa rotte per non riconoscerne una.
Dei passi concitati lo fece voltare. La signora Stevenson correva verso di loro con la gonna rialzata fino alle ginocchia, suo marito cercava di starle dietro. I bambini erano rimasti con Maya.
Quando Amy vide sua zia con viso arrossato dall’ansia e con la capigliatura completamente disfatta cercò di rassicurarla: “Zia, mi dispiace, sono caduta ma non penso che sia nulla di grave, io …- cercò ancora di raddrizzarsi per dimostrare che non era niente. Il dolore l’ammutolì e la fece gemere- Dio!”
Charlotte si inginocchiò accanto alla nipote. Si mise ad esaminare la gamba. “L’avete toccata, Duca?-  non aspettò neanche la risposta- certo che no o l’avremmo sentita urlare fino a casa” Non disse niente altro per qualche secondo. Poi si alzò ed ordinò perentoriamente: “Bisogna trasportarla a casa. La gamba va rimessa a suo posto e si deve anche disinfettare e suturare la ferita.”
Logan era preoccupato, non che non avesse fiducia in quella donna ma in quel caso ci voleva un medico non i rimedi casalinghi. Una gamba aggiustata male avrebbe portato, nei migliori dei casi, alla zoppia per non parlare di una ferita poco curata. Non lo allettava l’idea di Amelia con una gamba in meno
“Mrs Stevenson non credete che si debba aspettare il dottore?”
Lei non lo stava ascoltando stava parlando sottovoce con la nipote e questa le rispondeva annuendo, se avesse aperto bocca non sarebbe più riuscita a trattenere le urla.
“Mrs Stevenson …” fu bloccato da una mano sulla spalla. Era il Colonnello. “Non vi preoccupate. Mia moglie è un ottimo medico. Saprà quello che si deve fare”
Venti minuti dopo con la gamba stretta tra due stecche improvvisate tenute insieme da pezzi di stoffa della sottana della signora Stevenson, Amelia fu sollevata da troppo serio e scuro in volto Duca di Richmond. Stevenson li precedeva e sua moglie cercava di sorreggere la gamba perché non subisse troppi scossoni.
Logan guardava la donna che aveva tra le braccia. Aveva le dita aggrappate al suo panciotto e lo stringeva con forza come per darsi coraggio; il volto, umidiccio e caldo dalla febbre che stava salendo, era premuto contro la sua gola che aveva liberato dall’ingombrante cravatta poco prima. Il corpo era scosso da sporadici brividi. L’uomo capì che lei gli si era avvinghiata a quel modo perché, intontita dal dolore, cercava un appoggio, un modo per resistere. Lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per darle una mano e alleviarle anche di poco la sofferenza che provava ma, soprattutto, che avrebbe provato.
Stringi i denti, Amelia. Farò in modo che vada tutto bene. Deve andare bene!
Abbassò quel tanto che bastava la testa perché lei sentisse il suo mento che si appoggiava sulla sua testa.
“Milord sono pesante, posso camminare se mi date una mano”
Lui si avvicinò all’orecchio: “Volete veramente che vi metta giù? Ditemelo. Non mentitemi, abbiamo un patto- Lei strinse più forte il colletto e tornò ad appoggiare la testa- Brava ragazza”
“Amy, lasciati andare, bambina. Ti risparmieresti molto dolore”
Lei scosse la testa e la nascose di più nel collo del suo portatore, non le importava in quel momento che fosse indecente: “Non posso svenire. Non saprò quello che mi accadrà”  

Un dolore sordo che partiva dal polpaccio e le risaliva per la gamba fino a raggiungere il cervello la portò ad aprire gli occhi. Non riconosceva la stanza, né il letto in cui era distesa. Una fitta le riportò alla mente quello che era accaduto il pomeriggio. La camera doveva essere una della residenza del Duca. Tutto era così freddo, informale, vecchio e poco usato. Sul comodino accanto a lei c’era una brocca con un bicchiere. Una candela era accesa per contrastare il buio che permeava tutto il resto della camera. Le tende del letto erano aperte e lei poteva vedere che la porta-finestre che davano sul balconcino era aperta.
Le giunse il suono di voce forte e rauca, accompagnata dal suono cristallino di una chitarra. Non era certo una canzone con cui volersi svegliare. Ma la voce, quella era sufficiente perché un piccolo sorriso le nascesse sul viso sofferente.
So many soldiers on the other side, I take their lives so they can't take mine.
Nobody tells me all the reasons we're here. I have my weapons so there's nothing to fear.
Fight for honor, fight for your life.
Pray to God that our side is right. *
Ad Amelia si strinse il cuore nel sentire quelle parole e si immaginò un ragazzino di diciotto anni buttato nel bel mezzo della guerra. Non biasimava quell’uomo che aveva voluto ricostruirsi un’altra vita a modo suo. Ancora non era riuscita a capire se avesse fallito o no.
Si allungò per prendere il bicchiere ma appena si mosse non poté reprimere un gemito. La musica si interruppe all’istante e la figura massiccia del suo ospite si delineò appoggiata allo stipite della porta-finestre.
“Mi dispiace, vi ho svegliato?” lei scosse la testa. Appoggiò la chitarra e l’aiutò a bere sollevandola un poco “Mandate giù- le disse vedendo la smorfia che faceva- c’è un po’ di laudano dentro. Vi aiuterà a dormire. Vi serve per la febbre”
Lei lo lasciò fare, era bello sentirlo vicino, come se si conoscessero da una vita e fosse normale dividere quella intimità. “Cosa mi è successo. Dov’è la zia?”
Lui trascinò una poltrona che era all’altro capo della stanza vicino al letto “Vostra zia è andata a riposare, vi ha vegliata fino ad un’ora fa. Era distrutta. Siete svenuta appena ha cercato di rimettere apposto la gamba. Frattura netta del perone e della tibia. Il sangue che avete visto era dovuta ad un profondo taglio dovuta alla caduta. In un mese o più dovreste rimettervi completamente, anche se vi rimarrà una bella cicatrice. Siete stata molto coraggiosa, Amelia” le disse prendendole la mano.
La ragazza fece un sorriso ebete, aveva iniziato a perdere lucidità già da un paio di minuti a causa del laudano, cullata dal tono tranquillo della voce di lui.
Iniziò a chiudere gli occhi ma prima che si addormentasse gli fece una richiesta, senza lasciare quella mano grande e calda: “Potreste cantare ancora un po’? Ma questa volta qualcosa di meno triste”
Vedendola chiudere gli occhi Logan le si avvicinò al viso le diede un piccolo bacio sulla tempia. La trovava così irragionevolmente bella, addormentata. Era stato così agitato da dover mettersi a suonare per calmarsi un po‘, quando era venuto il suo turno di veglia. Adesso, che le aveva parlato e le stava tenendo la mano, era molto più tranquillo. Amelia Flanigan aveva la scorza dura, molto di più di quanto si aspettasse.
“Agli ordini, mia Gorgone” si staccò da lei, allungò i piedi sulla parte libera del letto e prese a suonare una dolce melodia, la stessa che usava per fare addormentare le sue bambine.



* La canzone assolutamente anacronistica è M.I.A.  degli Avenged Sevenfold (se non l'avete mai ascoltata allora provate;))

Ringraziamenti:
-Melikes: questa volta non è colpa mia. Il computer mi si è fuso e ho dovuto rimpiazzarlo! Ti ringrazio tantissimo e aspetto le recensioni per tutti i capitoli (me lo hai promesso:) ) oltre che per questo. L'ultima volta mi ero dimenticata di scriverti che il nome di Logan in effetti può essere il protagonista di qualche sdolcinato telefilm americano per adolescenti, ma il mio voleva essere un piccolo tributo a Wolverine che io adoro. Sinceramente non so come si fa a far aggiungere una storia tra le scelte, temo che ci vogliano un bel po' di segnalazioni.
-Elfa sognatrice: Eccomi! Purtroppo io non sono puntuale come te! Amy si è fatta veramente male e il nostro Duca era in pensiero. Devo fare una fatica del diavolo per cercare di non fare le cose troppo caramellose! Non sarebbe da Logan! Dimmi cosa predici per il prossimo capitolo, solitamente ci azzecchi.

AIUTO: Volevo cambiare la presentazione della storia, ma sinceramente non saprei cosa scrivere (sembra un'idiozia, ma in realtà è così). Credo che la descrizione non funzioni, non riesce a descrivere per niente il racconto. Se mi voleste lasciare qualche suggerimento ne sarei mooooolto lieta.

Saluti a tutti e grazie! Alla prossima
  
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