"Le tracce si fermano qui."
Bronx osservò le tracce delle gomme del maggiolino e tirò un accidenti
silenzioso alla pioggia torrenziale che stava cancellato le parti finali delle
frenate.
Riparato sotto un malconcio ombrello nero che gli era stato passato da un agente
piuttosto sollecito, stette a guardare impotente le scie che svanivano e i
ragazzi della scientifica che cercavano in tutti i modi di salvare il salvabile.
Ma cosa volete salvare, non vedete che è tutto inutile?!
Il fango gli sporcava le suole di para e poteva sentire i calzini inzuppati
dall’acqua che non accennava a smettere di cadere ma aumentava ad ogni istante.
Fra poco avrebbero dovuto lasciare la zona per non rischiare di restare
impantanati con la macchina in qualche pozzanghera alta mezzo metro o poco meno.
Bronx non scherzava poi tanto: quel tratto di zona era soggetto a vere e proprie
alluvioni, nei mesi primaverili. Roba da farti marcire anche l’anima, per
l’umidità che vi stagnava perennemente!
Il taxi verde sembrava essersi dileguato nel nulla: neanche si fosse aperto un
buco nero in mezzo alla strada e l'avesse risucchiato in un universo parallelo!
Ficcò una mano gocciolante in tasca e tirò fuori l’identikit plastificato del
tassista. Psicolabile del cazzo!
Ma non gli bastava mai? Entrava e usciva dalle galere, le aveva visitate
quasi tutte entro i 25 anni e ancora insisteva a lavorare con il “Nero.”
Quella droga era una vera e propria congiura contro di lui: gli alcaloidi ti
mandavano fuori di testa, ma la roba con cui la tagliavano a lungo andare ti
rendevano più dipendente del crack.
Nero... come i viaggi che ti facevi, neri e cupi, impregnati di violenza
e degradazione. Ci aveva avuto a che fare anche lui, una volta. Era una
matricola, avevano appena sequestrato un carico ad un mercante di morte come Farmer. L'agente più anziano aveva azzardato una proposta seguita subito da
tutti gli altri. Si erano sparati una dose quasi invisibile, ma quello era
bastato per scatenare una reazione inattesa. Harvey aveva affrontato i suoi
peggiori incubi mentre delirava e non si era reso conto di aver aggredito un
compagno e che tutta l'unità stava massacrandosi di botte. Li avevano dovuti
fermare con i bastoni telescopici e le camicie di forza. Bronx si era svegliato
all'ospedale con un braccio rotto, una costola incrinata e venti punti di sutura
dietro la schiena, ma ad altri era andata peggio: la milza di Dickinson l'aveva
lasciato per sempre e Atkins aveva subito una commozione celebrale a causa degli
'urti ripetuti contro una superficie dura'.
Harvey ricordava vagamente di aver visto Phillys aggredirlo, sbattendolo più
volte contro lo spigolo del tavolo degli interrogatori.
Sospensione e punizioni a cascata e radiamento dall'albo per Phillys che aveva
avuto la bella idea.
Arrivare al grado d’ispettore capo era stata una gran botta di culo. Quello era
uno dei tanti motivi per cui si vociferava che fosse stato raccomandato da 'papino'.
Lord Henry Lloyd Bronson non era stato per niente contento di vedere il proprio
figlio giacere ammanettato in un ospedale militare con la sorveglianza stretta
fuori la porta. 'Avrebbe preso i giusti provvedimenti'
Lui era mezzo intontito dagli analgesici e dal dolore ma ricordava benissimo
quelle parole calme, quasi suadenti, dirette alle guardie che lo tenevano
d'occhio.
Bronx si è abbreviato il cognome per cercare di sviare l'attenzione eccessiva e
per lasciarsi il potere paterno alle spalle, ma non era bastato.
C'era voluta una brutta incursione in un deposito di merce di contrabbando
per far risalire la stima del dipartimento in lui. Beccarsi una pallottola per
un collega sembra che faccia sempre molto effetto di fronte alla disciplinare.
Bronx non ci pensava neanche lontanamente a
fare da scudo umano a quel gran coglione di Jeremiah. Semplicemente, ci si era
trovato in mezzo e la nove millimetri l'aveva centrato giusto giusto sotto il
polmone, salvando la vita all'idiota bietolone che tremava come una foglia e
mandando lui in ospedale per un altro mese e mezzo.
Si distrasse dai pensieri con una scrollata di capo. Roba vecchia, passata.
Morta e sepolta. Ora doveva occuparsi di Mira e di quel pazzo. Sarebbe rimasto
abbastanza lucido da lasciarla in vita o l'avrebbero ritrovata cadavere in
qualche burrone? Cancellò la brutta immagine velocemente: sarebbe arrivato prima
di lui, che diavolo, lo pagavano apposta per braccare quei bastardi senza Dio
fino alla nausea, sarebbe stato più veloce, sarebbe stato...
Cristo santo!
Si piegò sulle ginocchia lasciando andare l'ombrello e la pioggia lo inzuppò
all'istante. Frugò nel fango e tirò fuori uno specchietto che aveva già visto.
Quello specchietto era identico a quello che le aveva visto in mano quando era
rientrato con il caffè e Mira stava sistemandogli l'ufficio: le era andato un
granello di polvere nell'occhio e lei stava osservandolo in uno
specchietto esattamente di quel colore e modello.
"Che fa, ispettore?! E' senza guanti!" gli
urlò un addetto della scientifica saltando come un grillo verso di lui con una
bustina di plastica.
"Guanti?! E pensi che servano in un posto come questo?!" gli urlò conto
visibilmente incazzato e con le voce che tremava. "Cercaci le impronte sopra!"
sbottò lanciandoglielo e girandosi verso la macchina.
Quando fu al riparo della pioggia, trasse la foto stampata di Mira dalla tasca e
la osservò con il viso contratto. Un sudore gelido e fastidioso gli aggredì la
colonna vertebrale e lo fece tremare. Mira...
Ripose il foglio, dopo averlo piegato in quattro e guardò la vallata aggredita
dalla pioggia. Non sta succedendo davvero, non a lei! Mira non può essere con
lui!
****
Mira si svegliò di colpo, sentendo allo stesso tempo il 'click'
della lucina scattare su off.
"Brutto sogno?"
Sudore, tremiti e palpiti. Un piacere che si propagava nel
ventre e nel resto del corpo che fremeva e si muoveva sotto la coperta. Non era
un incubo... pensò scuotendo la testa e stringendosi le braccia contro. Poteva
sentire i capezzoli inturgiditi sotto la maglietta che indossava. Mugolò un flebile 'no.'
No no no no!
Il suo perennemente insonne compagno, la guardava aspettando. "Non
fissarmi" sibilò scoprendo con angoscia di essere quasi andata a finire nella
metà del suo letto e che ci mancava poco per arrivare fino alle sue labbra.
Non voleva toccarlo.
Non voleva baciarlo.
Non voleva averlo così vicino.
Non vol..
Se sei una che fa sempre tutto il contrario di quel che pensa,
ti metti nei guai un sacco di volte. E' quello che rimugina mentre gli
si allaccia addosso e lo costringe a baciarla.
E' tiepido e ha le labbra asciutte che si ammorbidiscono lentamente.
Il signor M resta
immobile per qualche secondo; troppo stupore, troppa sorpresa per poter reagire.
Lascia cadere il libro da una parte, le sue mani si muovono lungo la schiena
salendo fino al collo e ricambiando il bacio.
Sta andando in automatico, non prova alcun piacere in quel che sta facendo.
Si siede a cavalcioni su di lui e continua ad esplorargli la bocca. Un morso lo
costringe a staccarsi per il dolore e Mira resta a guardarlo esterrefatta.
Si scosta velocemente, il cuore non vuole smettere di battere in quel modo. Non
sa come giustificarsi.
Lui la toglie dall'imbarazzo riprendendo il suo libro e facendo finta di niente,
schiarendosi di tanto in tanto la gola e non vedendo un accidenti della pagina
che ha davanti a se, perchè è completamente buio.
Mira striscia fino alla propria sponda e gli da le spalle in silenzio,
chiedendosi se non ha proprio esagerato stavolta.
"Mi piace quando sospiri il mio nome... è l'unica volta in cui non lo metti fra
virgolette" ridacchiò gelandole il sangue nelle vene. "Cavolo, se avessi saputo
che era così divertente passare il tempo con te, l'avrei ammazzato prima, quel
porco!"
La donna inspirò rabbia al posto dell'ossigeno: gli scaraventò
il cuscino in faccia per metterlo a tacere. "Non dire stupid.." Mira si
interruppe al colpo soffice del proprio cuscino rispedito al mittente.
"Infantile!"
"Hai cominciato tu. E mi hai anche morso"
La lotta fra i due fu breve non solo per la differenza di forza fisica: Mira
aveva quasi paura di toccarlo e lui non intendeva affatto
toccarla. Si limitò a farle mordere 'il lenzuolo' da vicino per poi ignorarla.
"Il tuo senso dell'umorismo è pari alla temperatura dell'Antartide. Non è vero,
non mi stavi 'sospirando' ma dalla tua reazione capisco cosa stavi
sognando" borbottò infastidito "se vuoi fare sesso basta chiederlo in carta
bollata e triplice copia. Questo continuo prendertela con me, fa capire molte
cose. Basta che non mi mordi"
"Non voglio fare..." mormorò divincolandosi "lasciami, per
favore."
Il signor M la lasciò all'istante e Mira caracollò via, mettendo il più
possibile spazio fra loro. Avrebbe dormito sul pavimento pur di non tornare in
quel letto che le appariva schifosamente attraente e lussurioso. Devo
andarmene via, adesso! Pensò afferrando i jeans e infilandoseli di corsa.
Gettò uno sguardo alla finestra e vide che il temporale infuriava più di prima.
Dove sarebbe andata senza un mezzo di trasporto? La polizia! Perchè non l'aveva
chiamata?!
Calmati. Basta con le scenate, si ripetè più
e più volte mentre osservava la pioggia, consapevole che lui la guardava e
aspettava. La stava studiando, analizzando. Gliel'aveva detto all'inizio. Stava
scoprendo i suoi punti deboli, la strana attrazione che provava per lui.
La stava facendo impazzire.
Letteralmente.
"Passata la botta di matto?"
"Si."
"Sei strana donna, mi dai un pò di ansia."
A quelle parole, Mira scoppiò a ridere. Una risata di cuore
che la fece sentire meglio "senti chi parla... caro 'Jack' fra virgolette"
sogghignò rallegrata.
"Cameriere, umorismo al tavolo tre... di corsa!"
"Sei matto... sei... sopra le righe"
Mira lo vide guardarsi attorno più volte "a me sembravano a fiorellini, ste
lenzuola"
Di nuovo la risata accorata della donna lo interruppe. La osservò tenersi lo
stomaco dalle risate e barcollare fino al letto dove ricadde seduta, molto
lontano da lui.
"Mi hai fatto venire sonno, il che è un avvenimento. Non fare casino e non
arrovellarti il cervello inutilmente. Tanto non te lo do, sono fidanzato e molto
fedele" le disse sentendo le risatine che crescevano di tono.
°°°
Sociopatia: nella relativa
forma completa, la sociopatia si riferisce ad un disordine antisociale di
personalità (DSM-IV). E' caratterizzato da una tendenza e capacità di ignorare
le leggi e le regole, da difficoltà a relazionarsi all'interno dei rapporti
empatici ed intimi, da bassa interiorizzazione dei campioni morali (cioè, una
coscienza o un superego più debole) e da un' insensibilità ai bisogni e diritti
di altri. La maggior parte della gente in sociopatia ha spesso problemi di
aggressività ed è un disturbo psicologico molto presente fra le popolazioni
criminali.
Riportiamo la seguenti distinzioni:
Comuni: sono il sottotipo più vasto e
hanno una coscienza debole o non elaborata. Non si vergognano delle cose di cui
le persone normali si vergognerebbero. Sono come bambini selvatici cresciuti,
provano piacere e impulsi gratificanti ad ogni opportunità o tentazione. Amano
in particolar modo distorcere o infrangere le regole e ne vanno fieri. Da
adolescenti spesso scappano di casa. Da adulti si spostano frequentemente,
vivono in rifugi o si approfittano dei servizi sociali. Sono esperti nel rubare
nei negozi. Le loro vite sessuali sono abbastanza attive. Hanno di solito
intelligenza nella media ma non vanno bene a scuola e sembrano non uscire mai da
una serie di lavori poco pagati senza prospettive. Nonostante tutto questo,
sembrano sinceramente felici della loro vita, non essendo appesantiti dal
fardello di un senso di scarsa autostima o dal fatto che non sono mai stati
membri funzionali e contribuenti della società.
Alienati: costoro non hanno mai sviluppato la capacità di amare, empatizzare o unirsi nella vita reale ad un’altra persona. Dimostreranno più emozioni nei confronti di un animale domestico o di un manufatto personale piuttosto che verso una persona. Oppure possono odiare gli animali e vivere la loro vita emozionale guardando la tv (l’identificazione con i personaggi di una soap opera è un tratto comune). Corteggiamenti e relazioni matrimoniali sono molto aridi e vuoti. Non vanno d’accordo con i vicini di casa. Vivono in un guscio. Hanno un atteggiamento freddo e insensibile nei confronti della sofferenza umana o di qualsiasi problema sociale nella società in cui vivono. Non gliene importa niente perché tutto è fuori dalla portata della loro empatia. Molti di loro ritengono che questi loro atteggiamenti siano giustificati dal fatto di essere stati traditi in qualche modo dalla società stessa, e alcuni saranno più che felici di far fuoco e fiamme su questo argomento su chiunque ascolti. Si lamentano in modo cronico e in fondo tutto quello che vorrebbero è che la società venisse distrutta.
Aggressivi: queste persone ottengono una forte anche se non malvagia gratificazione dal danneggiare gli altri. Amano fare del male, terrorizzare, tiranneggiare, angariare e manipolare. Lo fanno per un senso di potere e controllo e spesso lanciano delle sottili indicazioni riguardo alle loro intenzioni. Ingentiliscono le loro maniere aggressive e dominanti in modo da camuffare ogni senso di intimidazione che gli altri possono provare. Cercano posizioni di potere, come genitore, insegnante, burocrate, supervisore o agente di polizia. Il loro stile è quello di un’aggressione passiva, in quanto sistematicamente tendono a sabotare le idee degli altri per sostituirle con le loro. Nel tempo libero amano cacciare o occasionalmente compiono azione sadiche come fare del male a cani randagi. Di solito riescono bene nell’ottenere ciò che vogliono e sono particolarmente vendicativi se ostacolati o se trovano resistenza. Non seguono la norma sociale della reciprocità come gli altri.
Dissociali: Si
identificano e mantengono la fedeltà con una subcultura dissociale, emarginata o
predatoria. Ogni subcultura va bene per loro purché contrasti l’autorità
stabilita. Sono capaci di intensa devozione e anche di un senso di colpa e
vergogna nell’ambito di tali limitati ambienti. Comunque sembrano finire sempre
in situazioni sfortunate e con cattive compagnie. Nonostante si lamentino che
niente di tutto ciò sia colpa loro, dietro a tutto c’è un genere di meccanismo
di ricerca del fallimento nelle scelte sbagliate che compiono.
Il signor M non aveva mai capito in quale gruppo rientrasse. Era solo un
sociopatico sull'orlo di una crisi di nervi.
Gli piaceva tanto scherzare su quella cosa, anche se in fondo in fondo se ne
preoccupava.
Non fai il killer, se non hai qualcosa che non va.
Teneva la donna lì con una scusa. Non aspettava niente. Gli piaceva stare con lei e
tra poco avrebbe ceduto, come l'ultima volta, con la bella Miranda.
Ma lei aveva infranto le regole ed era morta ancora prima che il lobo frontale
registrasse l'immagine del suo volto.
Miranda aveva conosciuto solo Jack, non aveva visto L*** M*** dietro la sua
maschera.
Il signor M guizzava sotto la pelle, lo sentiva mentre scherzava e faceva
battutine sceme alla dea dagli occhi azzurri e la carnagione di miele fuso.
Il signor M lasciava che Mira si muovesse liberamente nell'hotel, la lasciava
libera di andarsene in qualsiasi momento.
Jack l'avrebbe legata subdolamente a se, e ne avrebbe
approfittato senza troppi rimorsi. L'avrebbe fatta innamorare e impazzire e
l'avrebbe ammazzata, quando sarebbe stato il momento di togliere le tende.
C'era sempre la torbida inflessione di Jack nei discorsi con la dea: non
riusciva a tenerlo a bada, quel piccolo bastardo che sogghignava e insisteva a
stuzzicarla per demolire le sue difese.
Non che gliene ponesse molte contro.
Sarebbe bastato un piccolo gesto, una frase detta al momento giusto, una parola
che racchiudeva in se tutto quello che lei voleva sentirsi dire.
Jack l'avrebbe detta senza tante paranoie.
Il signor M avrebbe aspettato un suo cenno, uno sguardo, un movimento di
labbra prima di parlare.
Il signor M la rassicurava sul pavimento del bagno quando piangeva in preda ad
una crisi di nervi, mentre Jack la stuzzicava con i suoi discorsi volutamente
erotici.
E mi sa che devo fare qualcosa per questa situazione, pensò dopo essersi
svegliato e aver constatato con piacere di aver dormito ben cinque
ore filate. Un record da festeggiare!
Sapeva di essere un pò squilibrato, ma non pensava di essersi aggravato.
Psicologo neanche a parlarne, Jack l'avrebbe ammazzato alla prima parola
negativa.
Permaloso e strafottente, pensò lanciando uno sguardo a Mira che dormiva
placidamente... attaccata a lui. Alzò un sopracciglio, con un sorriso ironico e
la circondò con un braccio vedendola accucciarsi meglio. Le
accarezzò una guancia, tastando una piacevole morbidezza che non aveva avuto più
il piacere di gustare da un pò di tempo.
Forse anche troppo, considerò eccitato da tutto quel calore e profumo
indubbiamente femminile.
L'odore delle donne... fiori, caramelle e mare. Passeggiate nei campi e serate
raffinate. Seta rossa e profumo di biscotti.
Strana associazione di idee, riflettè mentre Mira si
muoveva e sospirava. Sarebbe stato meglio lasciarla. Si sarebbe svegliata e le
sarebbe preso un altro colpo e lui odiava la gente che urlava di prima mattina.
Ma non riusciva a staccarsi da quel prato odoroso di primavera, così
comodo da farlo quasi riappisolare addosso a lei. Non riusciva a muovere un
muscolo mentre Mira respirava regolarmente e le dita infilate sotto al cuscino
si intrecciavano alle sue.
'...e poi vi è quella dolcezza che rilassa la mente e scalda il cuore, predisponendoti
al passo successivo. La voglia innocente di toccare, baciare e assaporare fino
ad arrivare all'eccitazione puramente sessuale. Un attimo prima di sprofondare
nel corpo della tua amante che nulla vuole se non tutto te stesso...'
Devo smettere di leggere quella roba, si disse rabbuiandosi e osservando
la linea della gota che declinava nella vallata morbida delle sue labbra.
'Riuscire a percepire ogni singolo sussulto e appropriarsene come fosse
un'emozione propria.'
Il signor M, a quello, non c'era mai arrivato. Non aveva mai
amato davvero. Non sentiva nulla. Qualcosa simile alla pietà, ogni tanto,
qualcosa che sembrava affetto ma che si rivelava... nulla. Aveva provato la
stessa cosa per Mira, quando era stata in pericolo.
Jack non aveva mai amato nessuna: aveva fatto del buon sesso, in certi casi
ottimo, ma non aveva mai ceduto.
E anche in quel momento, mentre il signor M emergeva prepotente, al richiamo di
quel fastidioso sfrigolio di falene nel deserto e delle loro ali che bruciavano
al sole improvviso, Jack lo ricacciò nel profondo abbandonando quel piacevole e
irritante giaciglio.
Prima che lei si svegliasse.
Prima che la uccidesse.