Guardando
Hogwarts
Mi avvicino. Sono proprio
davanti al castello. Lontana da esso, sì, ma davanti.
Ricordi strugge voli mi
invadono la mente. Ma continuo a guardare il castello dove ho trascorso
gran
parte degli ultimi sette anni. Il castello dove ho vissuto tutte le mie
avventure,
dal cane a tre teste, Fuffi, alla mia pietrificazione,
dall’esperienza di
tornare indietro nel tempo ( grazie al gira tempo), all’aiuto
che ho dato a
Harry per vincere il torneo tremaghi, dalle riunioni dell’es,
alle prime
esperienze dell’amore. Il castello pare vuoto, sembra che
abbia perso tutta la
vitalità che aveva. Pare senza vita. Ricordo che quando
tornavamo da Hogsmeade,
dal palazzo provenivano delle grida. E anche di notte, quando era
proibito
girare per il castello, si udivano dei piccoli rumori, e da fuori si
intravedeva qualche luce. Ora invece tutto tace, come se il mio amato
castello
fosse ricoperto dalle tenebre.
Guardo il platano
picchiatore. E rivivo il ricordo di quando, al terzo anno, rincorrevamo
Crosta,
il topo di Ron, e trovammo Sirius dentro al platano picchiatore, e
quasi mi
viene da ridere pensando a quanto eravamo ingenui. Una volta il platano
picchiatore si muoveva sempre, e, anche se non aveva più
nemmeno una foglia, a
noi pareva che avesse sempre il vigore di quando era primavera. Ora,
invece,
sta immobile, come qualsiasi altro platano, come se avesse capito che
il male
aveva preso il dominio. Le gocce di pioggia sono adagiate sui suoi
rami. Pare che
pianga.
La foresta proibita, fonte di
grande terrore per noi studenti, ora è più cupa
che di prima. Ricordo gli
alberi alti e fitti, potenti. Ora mi sembrano solo piccoli cespugli.
Ricordo che
io e Harry e Ron passavamo anche ore davanti alla foresta, a guardarla,
e inventarci
storie paurose ambientate al suo interno. Poi ci sorprendeva un rumore,
non importa
se era solo una foglia che si muoveva al vento, o se era il battito
d’ali di
una farfalla, o se era solo un uccellino che cinguettava, ma noi
scappavamo
terrorizzati, e raccontavamo agli altri grifondoro di aver udito,
all’interno
della foresta, i passi di un troll, o lo svolazzare di un folletto
dispettoso,
e loro andavano tutti giù a guardare. E pure loro, al
ritorno, dicevano che era
tutto vero. Di lì era passato un troll. Ma non immaginavamo
di vedere cose
assai peggiori di un troll, come la morte.
Le luci della sala grande
sono accese. Chissà se il soffitto sarà nuvoloso,
piovoso, o soleggiato. È un
incantesimo. C’è scritto in “storia di
Hogwarts”. Io l’ho letto. Ricordo che
tutti noi, prima di entrare in sala grande, facevamo delle scommesse
sul tempo
del soffitto. –A pranzo tuonerà.- . –io
dico che ci sarà il sole- dicevamo. E fred
e George avevano pure creato un club di scommesse. Ma, in genere, solo
pochi
azzeccavano.
Poi, quando entravamo in sala
grande, i fantasmi ci venivano a trovare, e si divertivano a
trapassarci il
corpo. Ricordo che io ridevo sempre, mentre a Ron non piaceva per
nulla. Il
nostro fantasma, quello di Grifondoro, è
Nick-quasi-senza-testa, che vuol farsi
chiamare “Ser Nicholas”. Il fantasma di serpeverde
è il barone sanguinario, e
fa mettere i brividi. Poi c’è il frate grasso, e
altri fantasmi, come Mirtilla
Malcontenta, la ragazza fantasma piagnucolona che passa tutto il suo
tempo nel
bagno guasto delle ragazze. Passando di lì si odono urli e
gemiti. Tutti sanno
che è Mirtilla, il fantasma isterico. Nella sala grande, poi
c’è il tavolo dei
professori, dove tutti gli insegnanti si siedono e parlano. Nelle ore
dei pasti
c’era sempre una gran confusione in sala grande: colpa delle
voci dei
professori e degli alunni.
Un po’ più in là intravedo il
campo di quidditch, lo sport più amato dai maghi. Ha regole
molto complicate, e
non le so tutte. So solo che Harry è uno dei migliori
giocatori.
Ricordo la fila all’inizio di
ogni partita. Ci mettevamo uno davanti all’altro, tutti
strinti, per
accaparrarci i primi posti. C’erano anche lunghe mezzore di
fila, e poi,
finalmente, ognuno sedeva al proprio posto, impaziente. Prima della
partita si
udivano le voci dei ragazzi che scommettevano sul vincitore, e lo
stadio si
colorava di sciarpe munite dello stemma delle due case sfidanti. Poi
entravano
i giocatori con delle abili giravolte, e tutti urlavamo entusiasti fino
a farci
esaurire la voce. Durante la partita fissavamo i giocatori, ammutoliti,
ascoltando la cronaca. Poi, quando qualcuno segnava, si udiva un urlo
sguaiato,
un urlo vittorioso, e poi un mugolio rattristato. Alla fine della
partita si
tornava al castello. C’è chi era felice e chi era
triste, ma tutti ci eravamo
divertiti.
Di lato al castello vedo la
biblioteca. Ho passato molto tempo lì. Ricordo
che ho letto almeno la metà dei libri contenuti nella
biblioteca, eppure,
ognuno di loro mi insegnava sempre cose nuove. Era il momento dove mi
rilassavo
di più: ogni sera, prima di andare a dormire, mi recavo in
biblioteca e
iniziavo un libro, seduta su una poltrona, davanti a un tavolo con
sopra una
candela. Mi immedesimavo nella lettura, e scoprivo solo poco dopo che
erano già
le nove, e che dovevo andare a dormire.
I dormitori, li vedo.
Ricordo che noi ragazzi
stavamo a chiacchierare attorno al fuoco fino anche a mezzanotte,
specie io,
Ron e Harry. Poi c’erano Fred e George, con i loro giochi e
scherzi, che animavano
la serata. Ogni sera era divertente, e si passava a ridere.
Penso ai vari posti del
castello, specialmente ai sotterranei, dove avevo passato la mia prima
avventura: quella del troll inviato da Raptor. E pensare che noi
credevamo
fosse tutta colpa di Piton!
È passato solo un anno dall’ultima
volta che sono stata ad Hogwarts, eppure, mi pare sia passato un
secolo. Colpa
di tutto ciò che è successo. Perché il
male ha cambiato tutto. Ed è per questo
che devo combattere, anche: perché Hogwarts ritorni ad
essere il luogo della
mia giovinezza, il luogo felice, dove tutti possano sentirsi a casa.