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Autore: Darkmilotic    21/08/2010    0 recensioni
"La vita non è mai stata molto giusta con me , non mi aveva mai dato soddisfazione senza poi prendersi qualcosa in cambio . Questa è per me la vita , un continuo scambio di favori e di delusioni . Probabilmente negli ultimi tempi qualcosa era cambiato in meglio , c’erano nuove persone nella mia vita , persone che erano disposte a comprendermi , ad accettarmi .Ma il piccolo mondo di tolleranza che mi circondava , non era nulla in confronto a ciò che c’era fuori , fuori dalle mura di casa mia ."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

Tutto un incidente


Aprii gli occhi al suono della sveglia e cercai di orientarmi nel caos della mia stanza , cercai di non pensare a nulla che non fosse la luce accecante che mi perforava gli occhi . Neanche un vampiro avrebbe avuto la mia reazione a quell’effetto luminoso . Ero ancora troppo scombussolato per capire cosa mi stesse accadendo in torno e meccanicamente uscii dalla mia stanza per recarmi in bagno . Lì presi a sciacquarmi le mani ed a lavarmi i denti . Subito poi mi lavai la faccia consumando metà dell’acqua che aveva riempito il lavandino . La reazione fu istantanea quando l’acqua tocco la mia pelle svegliandomi .

- Il pranzo - presi ad urlare .

Entrai in camera mia e diedi un’ occhiata all’orologio . erano le 11:20. Se avessi fossi riuscito a vestirmi e a prepararmi in dieci minuti sarei riuscito ad arrivare in tempo al pranzo di Austen . Mi armai di pazienza e in quel preciso lasso di tempo acquisii una velocità spaventosa , anche più di quella di mia madre il giorno prima . Lasciai da parte l’indecisione sugli abiti da mettere quel giorno e presi le prime cose che trovai nell’armadio . Mi sorpresi di quanto potessi essere elegante con quelle cose che avevo scelto al momento . In fondo , come avevo sempre detto , avevo un futuro assicurato nel campo della moda . Presi il cellulare ed il portafoglio in fretta e furia , scesi le scale e prima di andare mi diedi un’ultima occhiata allo specchio , mi aggiustai il mio ciuffo sempre curato e trattato nei minimi dettagli con il gel e dissi :

- Farai una buona impressione! Farai una buona impressione! - continuai a ripeterlo almeno per altre tre volte con la speranza che mi avrebbe aiutato , ma mi rese soltanto più nervoso , nient’altro .

Entrai nella stanza adiacente , la cucina , dove trovai Bobbie seduto che si era appena alzato. Bobbie , aveva una caratteristica, anche se si svegliava di colpo , manteneva sempre una lucidità pazzesca . Non sapevo proprio come ci riuscisse . Se non mi lavavo la faccia almeno tre o quattro volte , restavo come uno zombie dopo che si era ridestato da una tomba . era stato un caso che soltanto una piccola sciacquata di faccia mi ha fatto riprendere la lucidità questa mattina. Non appena fui entrato in cucina , presi il coraggio a due mani e chiesi a Bobbie :

- Notizie del nonno ?

- Per il momento è sempre stabile , i valori restano comunque alterati ma la situazione per il momento è sotto controllo.- rispose con un po’ di malinconia .

Era solo da due mesi che Bobbie era entrato a far parte ufficialmente a questa famiglia e già voleva un ‘ infinità di bene al nonno . Era stato trattato come nessuno mai aveva fatto e aveva sentito l’aria di casa , come se fosse nella sua di casa . Continuai a fissarlo per pochi secondi , ma la sua voce in seguito mi portò alla realtà :

- Ma tu , signorino , non avevi un pranzo ?

- Oh mamma , hai ragione , per tutte le sciarpe Gucci  sono in ritardo ! - esclamai , dopo aver guardato l’orologio .

Salutai Bobbie in fretta e furia e uscii dalla porta principale . Corsi come un matto per poter raggiungere la fermata dell’autobus , ma per fortuna riuscii ad arrivare in tempo , giusto in tempo prima che le porte dell’autobus si chiudessero . Appena entrato mostrai l’abbonamento che zia Betty mi aveva regalato , perché non l’avrebbe usato più e stetti in piedi . Era incredibile quanta gente ci fosse di Domenica nell’autobus , eppure non c’era da andare a lavorare . Non volli perderci molto tempo su questo argomento e per questo decisi di svuotare la mente da ogni pensiero . Non avevo voglia di riflettere su nulla che non sull’appuntamento che stavo per avere con lui e con la sua famiglia . Cercai di accantonare in un angolo solitario della mia mente ciò che di più negativo avrei potuto immaginare su quell’appuntamento e decisi di pensare soltanto a ciò che di più positivo sarebbe potuto accadere.

Se non mi fossi ridestato in tempo da quel mio “esame delle varie possibilità” avrei anche perso la fermata e sarei stato costretto ad aspettare ore ed ore prima che passasse un altro autobus . Scesi alla fermata giusta e mi avviai verso casa sua . Austen mi aveva spiegato dove si trovasse ed io capii immediatamente dove abitava. Avevo molta dimestichezza col luogo non soltanto perché avevo preso l’abitudine ad spostarmi in autobus , ma anche perché , qualche anno fa abitava lì un mio vecchio amico che poi si trasferì in Canada , solo perché il padre aveva avuto una promozione .

Camminai per un po’ , giusto quei cinque minuti che separavano la fermata dell’autobus a casa di Austen . Non appena giunsi di fronte casa sua mi meravigliai . Non me la ricordavo affatto così . Sapevo che era un condominio , ma non mi ricordavo che fosse così alto. Le sue pareti esternamente era azzurre e su ogni anglo del palazzo vi erano rifiniture marmoree . Il portone era abbastanza grande e lasciava intravedere al suo interno. Entrai ed una volta all’interno mi sorpresi di come le tonalità di blu che invadevano la parete fossero tanto accese  . Era bellissimo , specialmente se pensava che quel portalettere in legno di ciliegio era assolutamente abbinato all’ambiente circostante . Dalla parete centrale dove era poggiato il portalettere si diramavano due scalinate . essendo confuso e non vedendo delle indicazioni che potessero aiutarmi ad individuare l’alternativa giusta chiesi al portiere , un omone altissimo e con le spalle molto larghe vestito di un blu scurissimo :

- Scusi il dodicesimo piano appartamento108 ?

- La scalinata a sinistra - rispose freddamente

- Grazie - risposi educatamente

Non fece un ciglio , chinò soltanto il capo in segno di reverenza . A quel punto mi allontanai e soltanto in quel momento realizzai che mi sarei dovuto fare dodici piani a piedi. Non mi importava , per Austen questo ed altro , avrei scalato anche l’Himalaya per lui . Presi tutto il fiato che era in me e cominciai la scalata verso di lui . Per più di una volta pensai di fermarmi , ma non diedi particolarmente peso ai miei pensieri di resa , sarei  arrivato a quel piano a qualunque costo , anche se fossi rimasto senza fiato .

Ci impiegai almeno dieci minuti prima di raggiungere il piano giusto e appena arrivato lì mi misi alla ricerca del numero 108 . Non ci volle molto per trovarlo , era il primo di fianco alla scalinata. Mi avvicinai alla porta verde scuro con il numero 108 intarsiato in oro e presi un respiro profondo .

Ecco , era arrivato il momento, il momento di affrontare le paure che si erano stagliate nel mio cuore per tutta la giornata di ieri , o meglio da quando Austen mi aveva lascito nell’autobus . Presi un respiro profondo e suonai il campanello .

Aspettai per un po’ e quell’attesa mi sembrò la più lunga di tutta una vita , poi sentii la porta aprirsi ed Austen che mi invitò ad entrare.

- Prego - mi disse dolcemente.

Accennai ad un sorriso ed entrai immediatamente , non me lo feci ripetere due volte . Appena entrato , notai che la casa non era molto grande , occupava in media il piano terra della mia. Non ci feci caso , ma notai immediatamente il buon gusto che regnava in quelle camere . La prima che vidi fu la sala da pranzo , molto spaziosa e con predominanza di tonalità forti ed accese come il rosso e l’arancio . Ammirai i soprammobili pregiati , scelti col migliore dei giudizi possibili . Chissà chi era quell’essere che aveva così tanto gusto nella scelta degli accessori e dei soprammobili. Dovevo assolutamente conoscerlo . Austen capì il mio interesse :

- Mia madre è l’artefice dell’arredamento . Sapevo che ti sarebbe piaciuto- precisò lui .

Mi voltai verso la porta della cucina , capi che era la cucina dal profumino che emanavano i vari piatti che sua madre stava preparando . Appena entrai nella cucina , predominata da una tonalità gialla chiara mi ritrovai di fronte ad un uomo , alto e pelato , che aveva soltanto pochi capelli che gli cingevano il capo . Somigliava moltissimo ad Austen , quindi dedussi che dovesse trattarsi di suo padre . La madre di Austen invece era intenta a preparare da mangiare . era bella , alta e slanciata , con i capelli castani che tendevano al ramato . Appena si accorse che ero entrato , sospese le sue attività e mi venne incontro :

- Buongiorno , tu devi essere Justin - iniziò a parlare e continuando - io sono Marylin Tyler e questo è mio marito George - abbiamo sentito molto parlare di te .

- Vorrei dire lo stesso di voi , ma Austen non parla praticamente mai di voi con me - risposi in tutta sincerità e franchezza .

- Ehm Justin vuoi venire a vedere la mia camera ? - disse Austen in ansia

- Certamente - risposi entusiasta.

Mi portò con lui prendendomi per un braccio . Era abbastanza grande per sole tre persone , Austen era figlio unico , la madre ed il padre gli volevano un bene dell’anima e per questo il più delle volte lo avevano assecondato . Austen nel corridoio mi disse che sua madre era una casalinga , e che suo padre era un dirigente scolastico, non navigavano nell’oro ma lo stipendio del padre gli permetteva di soddisfare tutti i suoi bisogni . Giungemmo di fronte alla porta della sua camera , lui la aprì e mi invitò ad entrare . Ero contentissimo , finalmente conoscevo qualcosa di più su di lui , o meglio conoscevo proprio lui , era difficile da spiegare , ma sentivo che adesso le nostre vite erano più collegate rispetto a prima più unite , ed era la magia di questo incontro che stava provvedendo al miracolo . La sua stanza era proprio come me l’ero immaginata . Non c’era un colore predominante , mi aveva sempre detto che gli piacevano tutti . Aveva un armadio abbastanza grande formato da due ante . Di fronte all’0armadio vi era il suo letto e sopra il letto un orologio bianco sormontava la parete  . Vi erano poster di alcune grandi stiliste , e vicino al suo letto vi era la biografia della grande Coco Chanel . Non avevo mai immaginato Austen in questa veste , avevo sempre pensato che lui fosse il più “maschio” tra i due . Adesso mi rendevo conto che non eravamo tanto diversi , che il filo sottile che ci congiungeva diventava più spesso ad ogni lato che scoprivo di lui . Che bella sensazione , avrei voluto che quel momento non finisse più .

Ad un tratto mi sedetti sul suo letto , ammirando la scrivania azzurra che si stagliava più lontano dal letto e di fronte la finestra . Austen chiuse la porta e mi disse :

- Ti piace ?

- Assolutamente sì - risposi soddisfatto

- Ne sono felice - ricambiò

- Perché ti nascondi ? Perché non mostri te stesso? - domandai incuriosito dalla situazione .

- Ho provato a dirglielo ieri , ma non mi hanno voluto ascoltare , o meglio non mi hanno lasciato l’opportunità di parlare , erano troppo contenti che finalmente qualcuno venisse qui a casa per passare del tempo con me .

- Non ti preoccupare , non ti giudico per questo , in fondo non è stata colpa tua - risposi alquanto deluso. Non mi piaceva l’idea che non sapessero di noi , mi faceva andare in bestia , e l’unica cosa che riusciva a calmarmi era il solo pensiero che tra un poco sarebbe finito tutto . Non sapevo in quale momento glielo avrebbe detto, ma una strana sensazione mi suggeriva molto presto le mie paure sarebbero svanite. Non potevo mentire a me stesso , ma le paure di Austen si riversavano su di me , mi bruciavano l’anima. Desideravo enormemente che Austen dicesse la verità ai suoi ma non potevo costringerlo . il momento giusto sarebbe arrivato .

- A tavola - urlò la signora Tyler.

Austen aprì la porta e mi invitò ad uscire per recarmi in sala da pranzo . Appena entrati mi trovai di fronte ad una tavola imbandita . La tavola non  era enorme ma poteva  benissimo contenere almeno quattro persone . La signora Tyler designò la disposizione dei posti a sedere e chiamò il marito affinché andasse lì e pranzasse con tutti loro . Intravedere la figura del signor Tyler che spuntava da dietro la porta era a dir poco opprimente più di quel soprammobile che regnava su uno scaffale della libreria del soggiorno . Era un pappagallo rosso e aveva gi occhi talmente neri che emanavano una tale energia negativa da mettere di malumore chiunque lo avesse guardato . Distolsi subito i miei pensieri dal pappagallo e cercai di concentrare la mia attenzione sul pranzo . La madre di Tyler si era cimentata con alcuni piatti messicani , poiché Austen le aveva raccontato delle mie origini latine , ma non le riuscirono particolarmente bene , o meglio non come le faceva nonno Ignacio questo era sicuro , ma per non essere scortese annuii e continuai a mangiare.

La madre di Austen non era certo una persona che adorava il silenzio a dispetto del padre che durante ogni piatto non spiccicò una parola . Fu proprio la signora Tyler che ruppe lo specchio del silenzio e iniziò a parlare :

- Allora Justin che lavoro fa tua madre ?

- Mia madre Hilda gestisce un piccolo salone di bellezza che ha adibito a casa nostra . Per il momento è l’unica impiegata , ma spera di avere al più presto più personale - risposi , cercando di essere il più esaustivo possibile.

- Ah un salone di bellezza - ripetè la signora Tyler entusiasta - Ed invece tuo padre ?

Austen mi guardò negli occhi , sapeva che per me quello era un tasto dolente e che difficilmente pigiavo . Di solito quando ripensavo a mio padre iniziavano immediatamente a scorrermi le lacrime dagli occhi  non riuscivo a smettere i piangere se non passavano almeno cinque o dieci minuti . gli ero molto legato e quando ci lasciò si aprì una piaga dentro di me , una piaga insanabile , che sapevo nessuno sarebbe mai riuscito a medicare . Forse il tempo chissà , sarebbe riuscito a colmare tutto . Per non trattenere ancora il silenzio al mio guinzaglio decisi di rispondere alla domanda con più fermezza possibile , per non lasciare trasparire alcuna emozione :

- Mio padre … è morto tre anni fa , durante la sparatoria in un negozio del Queens , il mio quartiere natale .

La madre di Tyler abbassò lo sguardo per un po’ di tempo , giusto il tempo di chiudere gli occhi per pochi secondi e tirare su un sospiro . Poi alzò di nuovo lo sguardo , aprì gli occhi e scoprì uno sguardo lucido , probabilmente commossa dalla storia che , molto brevemente , le avevo raccontato.

- Scusa , mi dispiace di averti fatto una domanda così indelicata . Perdonami . - si scusò

- Non si preoccupi , sto ancora superando il lutto , ma più tempo passa , più il ricordo ella perdita si fa sfocato . Sarà per sempre indelebile , ma nessuno toglie che possa sfocarlo , tagliando minuziosamente le varie parti che desidero cancellare - risposi

- Hai perfettamente ragione ragazzo .

Austen mi guardò negli occhi , ed ancora una  volta mi persi nel blu perenne di quell’ abisso . Il suo sorriso mi infondeva sicurezza , calore e sapevo che senza di lui non ce l’avrei mai fatta , tutto sarebbe stato sfocato , tutto sarebbe stato più incerto . Io lo ricambiai con uno sguardo deciso, sperando che lui comprendesse il mio invito a non mollare .Speravo di si altrimenti quel pranzo sarebbe stato tutto inutile . Arrivammo al dessert in un battito di ciglia ma erano già le due del pomeriggio. La madre di Austen ci servì gelato con panna e cioccolato . Mi metteva appetito , ma ne avrei mangiato poco , in fondo dovevo mantenere la forma fisica , come un normale fanatico di moda dovrebbe fare.

Il silenzio regnava , e la mancanza continua di rumori cominciava a mettermi soggezione , ma non riuscivo a guardare nessuno dei presenti . Austen si guardava in torno in cerca di qualcosa , in cerca di uno sguardo , in cerca di qualcosa che potesse infondergli coraggio , avrei tanto voluto guardarlo ma in quel momento la paura cominciò ad attanagliare anche me . Decisi quindi di non parlare , e nel silenzio una voce , con tono abbastanza alto urlò :

- Io sono gay !

Spalancai gli occhi come se una freccia mi avesse colpito dritto al cuore . Cupido non avrebbe avuto una mira migliore di Austen , che con le sue parole mi aveva letteralmente sorpreso . Non volli ancora alzare lo sguardo , non volevo che alzando lo sguardo si potesse spezzare la realtà , che il sogno che stavo vivendo potesse finire . Ma non potevo perdere altro tempo , dovevo vedere assolutamente la reazione che aveva provocato nei parenti di Austen quella rivelazione che per loro sarebbe potuta essere scioccante.

Alzai lo sguardo e appena mi girai vidi immediatamente la figura del padre di Austen con gli occhi azzurri letteralmente spalancati , la madre aveva uno sguardo un po’ pacato e guardava il figlio accennando quasi un sorriso , come se in cuor suolo avesse sempre saputo , come se in qualche modo fosse sempre stata a conoscenza che il figlio fosse “diverso”.

Austen , avvilito , si mordicchiava le labbra e cercava in tutti i modi di non dare a vedere quella paura che gli lacerava il corpo. Incrociò lo sguardo del padre che severo risultava però sempre assente . Guardavo la scena esterrefatto , incuriosito da come uno sguardo lasciasse intendere tutto . Guardai Austen con fare preoccupato e lui continuando a fissare il padre trovò il coraggio per riuscire a  parlare :

- Papà …

- Papà? - ripetè il padre di Austen .

La sua voce era profonda e pesante , non come quella del figlio che aveva sicuramente ereditato il suo tono di voce dalla madre , molto più pacata  . Con quelle sue sole sillabe riuscì a farmi tremare il cuore , mi scosse perfino il ciuffo . Continuai a fissare il signor Tyler ma vedevo soltanto la rabbia prendere il sopravvento su di lui .

Hai ancora il coraggio di chiamarmi “Papà” ? - domandò lui al figlio.

Austen abbassò il capo . Forse era per questo che non aveva voluto dire niente fino a quel momento , soltanto perché aveva paura di un’esagerata reazione paterna. Suo  padre però non demorse e continuò a rimproverarlo , come facendogli una colpa se il figlio fosse così :

- Hai idea di cosa stai dicendo ? Spero che tu stia scherzando!

- Sì … - e per un momento il padre riuscii a prendere calma - … sono consapevole di ciò che sto dicendo papà!

Il signor Tyler a quel punto fu di nuovo preso da quella sua ira latente e rispose al figlio ignorando totalmente la mia presenza :

- Io non voglio che tu sia così , non puoi essere così

- Non è questione di volerlo papà , io SONO così . Non posso scegliere se esserlo o meno io sono gay e lo sarò fino alla fine dei miei giorni . Potrai non accettarlo , ma non puoi cambiare ciò che io sono , nessuno potrà mai . - ribatté saggiamente

- Per tutto questo tempo ho cercato di inculcarti i valori fondamentali per essere un uomo . ti ho portato alle partite di Football dei Mariners …

Austen lo fermò, non voleva che continuasse ad elencare ciò che il padre aveva fatto per lui , sarebbe stato inutile ai fini della discussione , per questo prese la parola , non dandogli il tempo neanche di rispondergli :

- Avrai anche fatto tutte queste cose , ma a me non interessavano , non mi hanno mai interessato , venivo a quelle stupide , e sottolineo stupide , partite soltanto perché era in quei pochi momenti che tu potevi prenderti una pausa e passare un po’ di tempo con me

- Forse se avessi fatto di più …

- Non potevi fare di più , non avresti potuto fare di più , più di quanto non avessi già fatto , io sono così  . Accettami!

- No! Io non ci riesco , e suppongo che questo qui sia il tuo fidanzatino , il tuo amichetto gay personale , con cui potrai essere te stesso - disse il signor Tyler indicandomi .

Io mi alzai dal mio posto ed anche la signora Marylin lo fece . A quel punto lei intervenne nella discussione :

- Non essere scortese , George , se Austen ha trovato un “amico speciale” , un “ragazzo” , con cui passare il tempo perché devi allontanarli .

- Allora anche tu lo sapevi - disse rivoltosi di fronte alla moglie

- No! Una madre sa tutto anche se il figlio non parla e sta in silenzio

- Dimmi Austen è il tuo “ragazzo”? - chiese il signor Tyler incurante delle parole della moglie

- No … Cioè sì … No … Non lo so - rispose Austen insicuro .

Come prima anche queste parole mi colpirono dentro il cuore , ma tutto ciò che provai era solo ira rabbia , come aveva potuto dire che non stavamo insieme dopo tutto quello che avevamo passato , dopo tutto ciò che era accaduto ? Mi aveva tradito . Se le parole di prima erano state come una freccia lanciata da Cupido , queste invece erano come una ferita lasciata dalla falce della morte , indelebile allo stesso modo . Non poteva essere vero m, non poteva dire sul serio. Appena lo guardai e vedendo che lui non ricambiava il mio sguardo ,come era solito fare , capii che forse ciò che aveva detto era tutto vero .

Non sarei stato in quella casa un minuto di più. Per questo  spostai la sedia educatamente e dissi alla signora Tyler :

- Mi scusi ma adesso vado . Pranzo eccellente . Solo una cosa vi devo rimproverare : il dessert era leggermente avvelenato - pronunciai quella parola guardando Austen e continuai - come anche questa discussione . Grazie per la vostra ospitalità

Presi il cappotto che prima avevo posato sul divano e deciso andai verso la porta . Sentii dal fondo della sala da pranzo :

- Justin No!

Era Austen , forse voleva rimediare , o forse voleva solo mettere la parola fine , non sapevo cosa pensare , era tutto troppo confuso . Mi lasciai sfuggire una lacrima e poi aprii la porta giusto in tempo per sentire Austen inveire contro il padre :

- Grazie per avermi rovinato la vita

Scesi le scale velocemente e mi sorpresi di quanto fossi veloci nel percorrere uno per uno i gradini e saltare piani su piani . Mi sentivo scorrere una forza nuova nelle vene , una forza che mi veniva regalata dalla tristezza che  fungeva da convertitore di emozioni in quel momento. Appena arrivato al piano terra sentii una mano sulla mia spalla trattenermi  e rigirandomi vidi Austen . Era stato velocissimo era riuscito ad arrivare nello stesso mio tempo anche se  era partito con qualche secondo di ritardo . Notevole . Non era il tempo di elogiarlo , non avevo assolutamente voglia di fargli complimenti o di lodare le sue fantastiche abilità fisiche , che avevo sempre invidiato e desiderato. A quel punto Austen iniziò a parlare distrutto :

- Mi dispiace

Mi voltai , non volevo sentire niente del genere , ma almeno una risposta se la meritava :

- Un “Mi dispiace” non credo che basti . Austen tu mi hai tradito , hai tradito la mia fiducia , mi hai voltato le spalle in preda alla paura , in preda a ciò che non dovrebbe mai esserci in un rapporto. Amare significa saper rischiare . E tu hai dimostrato di non essere adatto all’amore . O almeno al mio .

- Io ti chiedo perdono , ma in quel momento l’ansia mi ha fatto dire cose che non pensavo - tentò di obiettare lui , ma era tutto inutile

- O meglio ti ha fatto dire cose che pensavi ma che non avevi mai avuto il coraggio di dirmi - risposi io

- Non è così - poi lo interruppi

Avevo intenzione di concludere , non mi piaceva litigare , anche se devo ammettere lui era il primo con cui non ero arrivato alle mani . Cominciai a piangere in preda all’emozione e tentai di non dare a vedere quanto fossi avvilito ma le lacrime cominciavano a sgorgarmi dagli occhi senza un motivo , senza un perché . Lui avvicinò un dito vicino a quel piccolo frammento di anima che mi usciva dagli occhi , come pezzi di un cristallo indistruttibile , ma io allontanai il viso e dissi :

- Lasciami parlare ! Perché illudermi ? Perché farmi credere che tra noi poteva funzionare quando sapevi benissimo che non era così ? Perché mi fai soffrire ? Non capisco , e non capisco neanche come sia potuto essere talmente sciocco da non accorgermi che stavo sbagliano a fidarmi di te , che stavo sbagliando ad abbandonarmi a te , che stavo sbagliando ad amarti . Non credo che ti guarderò più allo stesso modo.

Finii ma prima di andarmene via da quel palazzo interamente dipinto di blu gli diedi un ultimo bacio , era freddo e distaccato , non volevo deluderlo ma non volevo neppure che avesse una bel ricordo di me , avrei tanto voluto che soffrisse anche lui ma non potevo augurargli questo , non dovevo . Mi staccai dalle sue labbra con gli occhi intrisi si lacrime e mi diressi verso il grande portone che dava alla strada . Lui rimase fermo per qualche istante , giusto il tempo di vedermi uscire , poi prese una rincorsa e cercò di raggiungermi . Avevo appena attraversato la strada quando sentii un urlo squarciare quell’immensa rissa di rumori :

- Justin !

Era Austen , era fermo lì al centro della strada , con gli occhi pieni di lacrime , io seguivo il suo ritmo e dai miei occhi sgorgavano le lacrime che non avevo mai voluto versare . Restai a fissarlo per un po’ e la malinconia mi prese , speravo nell’apatia del distacco , ma niente tutto inutile . Niente era come doveva essere . La vita sembrava di nuovo tutta sottosopra. Stavo per girarmi e per dargli le spalle quando  spalancai gli occhi all’improvviso e gridai :

- Austen attento ! - Lui si girò , guardò la macchina che gli venne in contro ed in quel momento non potei trattenermi , gli andai incontro , non l’aveva scansata , non aveva avuto tempo , come avrebbe potuto , era intento a fissare me . Era come se il mondo mi fosse crollato addosso . In quel momento presi in mano la situazione e , rivolgendomi alla folla di gente che si era accalcata intorno a noi , dissi :

- Chiamate un’ambulanza !


  
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