POV EDWARD
I
wanna know what it’d be like
to
find perfection in my pride
to
see nothing in the light.
But
turn it off in all my spite,
in
all my spite, I’ll turn it off.
[Turn
It Off- Paramore]
Era
incredibile quante cose avessimo in comune noi due.
Pensavo
ancora alla conversazione che avevamo avuto quel pomeriggio. Quello si
poteva
considerare un primo appuntamento? E se era un primo appuntamento, come
ci si
doveva vestire, comportare eccetera?
“Alice!”
chiamai lei. Di sicuro aveva un consiglio da darmi… Fece
capolino dalla porta
della mia stanza. “Cosa c’è
Ed?” aveva un accappatoio e i capelli bagnati. “Ti
ho fatto uscire dalla doccia?” “Din din din! Hai
indovinato… Mettiti un paio di
jeans e una camicia… Andrà più che
bene” la guardai corrucciato. “Che ti
aspettavi… che non avessi visto la reazione di
Bella?” annuii e presi quello
che mi diceva lei. “Oh no! Togli la camicia…
prendi la t-shirt dei Rolling
Stones!” feci come mi diceva. “E ora abbinaci le
All Star nere” “Adesso va bene,
Alice?” “Sì!” disse lei
soddisfatta, saltellando verso la sua camera.
Pensai
che quella sera potevo prendermi tutto il tempo che volevo. Del resto
il giorno
dopo non c’era scuola, e Isabella poteva dormire fino a
tardi. Quanto a me… beh
non avevo bisogno di dormire!
Mi
sedetti sulla poltroncina di pelle nella mia stanza. Pensavo a quanto
fosse
ipocrita la gente come Jessica… Fino a un mese prima, se mi
parlava, era per
sfottermi.
Volevo
pensare che Isa fosse diversa. Perché lei era diversa.
Lei
non era ipocrita, lei era differente da tutta la gente che la
circondava. Forse
l’anno prima era stata come loro, ma ormai avevo capito che
era tutta una
maschera.
Lei
non apparteneva a quel mondo. Punto.
Era
quasi ora…
POV
ISABELLA
Tornata
a casa, come sempre, non c’era nessuno ad aspettarmi. Solo la
mia gatta Nala si
strofinò alla mia gamba per poi andare a farsi gli affari
suoi chissà dove.
Era
incredibile quanto la casa fosse vuota… Da quel giorno a
riempirla c’eravamo
solo io, la mia gatta e quell’insopportabile odore che non se
ne era mai
andato. Avevo deciso che avrei smesso, ma mi aiutava a sentirmi meglio.
Scesi
le scale ed arrivai nel seminterrato. Poi presi la spada, quella con la
lama
bianca, quella che apparteneva alla notte del
ventun’aprile… E iniziai a
tirare.
Mi
muovevo silenziosamente, i miei passi non si sentivano sul parquet di
mogano.
Arrivai fino al fantoccio e lo colpii con tutta la forza possibile.
Lo
trapassai da parte a parte, poi caddi a terra e piansi.
Succedeva
sempre così, c’era poco da fare. Tiravo qualche
colpo, poi la spada cadeva
rimbombando e con lei cadevo anche io.
Mi
avvicinai alla sacca dove tenevo i due pugnali, e li presi. Brandendo
l’aria,
mi avvicinai un’altra volta al fantoccio e lo colpii
tantissime volte, con
rabbia.
Quella
ero io? Perché ero cambiata? Il silenzio di quella casa era
assordante. Colpii
con ancor più foga il povero pupazzo, che pian piano perdeva
tutta la sua
gommapiuma.
Poi
lasciai i due pugnali conficcati lì.
Giusto
in tempo perché il campanello suonasse. Era già
ora? Edward era già venuto a
prendermi?
Mi
precipitai su per le scale. Aprii la porta e gli dissi:
“Scusa Edward, non mi
sono ancora cambiata… Accomodati, ci metto poco”
non potevo credere di aver
passato tutto il pomeriggio a conficcare pugnali nella
gommapiuma…
Entrai
nella mia camera e presi un paio di jeans con una camicetta blu. Me li
infilai
di fretta e furia, mi pettinai i capelli ed uscii.
Trovai
Edward sull’uscio. Non entrava… Sembrava piuttosto
che saggiasse l’aria. E se
avesse sentito anche lui quell’odore?
“Isa,
dove sono i tuoi genitori?” io abbassai il capo.
“Loro sono morti… l’anno
scorso” lui rimase dov’era. Impassibile.
“M… mi dispiace…” era un
dispiacere
sincero, riuscivo a percepirlo. “Posso sapere
com’è successo?” io sentii che le
lacrime riaffioravano.
“Non
mi va di parlarne adesso…” così
imboccai l’uscita e lui mi seguì.
Arrivammo
alla serate leggermente in ritardo.
Come
previsto c’era alcol da tutte le parti.
“Visto?” dissi io accennando un
sorriso. “Wow… non posso darti
torto…” io risi. Era una risata forzata e
evidentemente lui se ne accorse. “Mi dispiace di aver tirato
in ballo quella
storia…” “Non fa niente…
Cerchiamo di goderci la serata!” Alice ci venne
incontro. “Ehi! Vi presento Jasper, lui è il mio
ragazzo. Jasper lui è mio
fratello e lei è Isa, una mia amica…”
“Piacere Isa… Ally, io e Edward ci
conosciamo già. Congratulazioni Edward… ti sei
rimesso eh?” gli strizzò un
occhio. Non capii cosa volesse dire. Poi fu il turno di Jessica che si
fiondò
su Edward come un’odiosa gatta in calore. “Ciao
Edward…” disse maliziosa. Io
feci finta di non averla vista e andai a prendere un bicchiere con
della vodka.
Solo
uno… non vorrai mica ubriacarti,
vero?
La vodka mi bruciava la gola…
Non bevevo da un’infinità di tempo. Inoltre
l’Absolut Vodka era uno
dei peggiori.
Edward
mi fu vicino poco dopo. “Ah, eccoti… Mi stavo
chiedendo chi ti avesse rapito”
dissi sorridente. “Jessica è
un’ipocrita. E poi stasera avevo voglia di parlare
con te” sapevo che non glielo dovevo dire, ma con lui mi
sentii d’un tratto al
sicuro. “Facciamo due passi…”
così ci inoltrammo nel parco.
Stavamo
passando sopra al laghetto, quando mi fermai. Non glielo dovevo dire,
ma
sentivo di non poter tenere più tutto per me…
“Era il ventuno aprile dell’anno
scorso… Un giorno qualsiasi, poi andai a dormire. Feci
strani sogni, bui,
freddi… Insomma, come immagino che sia la morte. Poi una
voce che rideva
sadicamente. Mi sono svegliata la mattina dopo, nel bosco. Ero immersa
in una
pozza di sangue. Una parte di quel sangue era il mio e proveniva da uno
squarcio sul petto. Il resto no… Non era mio. Accanto a me
c’era la spada
bianca di mio padre. Non era nient’altro che un ornamento, ma
era sporca di
rosso. Sono svenuta un’altra volta in quel bosco. Mi
ritrovò la polizia, che mi
annunciò anche della morte dei miei genitori. Quando dissi
che non ero stata io
nessuno mi credette… mi portarono in cura da uno psicologo,
mi fecero anche un
elettroshock. Nessuno a scuola sa niente… a parte Jessica e
poche altre
cheerleader… Questa è la mia storia.”
lui, a sorpresa, mi abbracciò. Non era
rimasto impassibile, impaurito, come gli altri. “Non
importa…” sussurrò. “Io
non credo che sia stata tu…” lo guardai. Le
lacrime avevano già iniziato a
scorrere sul mio viso pallido.
Un’intuizione
improvvisa.
“Tu
hai un segreto, Edward?” lui chiuse gli occhi per un attimo.
“Vieni…” la
condusse nel folto della foresta. Prese un respiro ed iniziò
a parlare: “Se te
lo dico, c’è solo una ragione Isabella…
Non posso tenere segreto qualcosa su di
me ad una persona che mi ha raccontato tutta sé stessa. E
poi io ti amo, Isa.
Ti amo dalla prima volta che ti ho vista… Ma non
è neanche questo il mio
segreto. E’ un segreto che ci rende ancor più
simili…” io lo guardai
interrogativa. “C’è un motivo per cui io
sono cambiato così tanto… Sono un
vampiro, Isa. Sono un mostro senz’anima, che si ciba di
sangue…” “C… come?”
domandai.
A
quel punto non sapevo quale fosse la verità peggiore. Ma una
cosa era certa: io
e Edward condividevamo lo stesso destino…