Non ho parole per dirvi quanto i vostri
commenti mi rendano gongolante. Li leggo tutti, e vi ringrazio per aver trovato
il tempo di leggere e di lasciare un messaggio.
Grazie anche a coloro che preferiscono
commentare privatamente, e a coloro che hanno approfittato di questa occasione
per raccontarmi le proprie vicende private.
Buona lettura.
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Capitolo 3
Edward
E’ passata una
settimana da quando ho detto a Bella che non possiamo essere amici.
Da allora non
abbiamo più parlato, neanche durante l’ora di biologia.
Lei non è andata
oltre quel “Perché!?” e io non le ho più rivolto la
parola.
Dio solo sa quanto
mi manca la sua voce.
Non ho più messo
piede nella mensa, neanche quando Jasper ha cercato di trascinarmi per farmi
conoscere la sua nuova ragazza, Alice.
Non voglio rivedere
Felix e Dimitri. Non voglio vedere Riley seduto al tavolo con Bella.
A scuola passo il tempo da solo, in biblioteca, o nei corridoi
fra una lezione e l’altra.
Emmett è impegnato
con gli allenamenti, e Ben ha finalmente fatto colpo su Angela Weber.
Sono tutti felici.
Hanno tutti qualcosa da fare, qualcuno con cui parlare o con cui divertirsi.
Io invece sono il
ciccione con i capelli rossi e le lentiggini.
Il pianoforte è il
mio unico amico. Riesce a consolarmi e a farmi compagnia sempre, anche quando
io stesso non vorrei.
“Edward,
tesoro. La colazione è pronta!” La voce di mia madre arriva dal piano di
sotto.
Non ho voglia di
alzarmi per andare a scuola. Non ho voglia di fare nulla.
“Sei
muto?” mi chiede Jasper mentre torniamo a casa. “Perché non vieni a
mensa? Alice pensa che tu sia un fantasma.”
“Dille che peso
Sbuffa e scuote il
capo, esasperato. “E’ per Bella? E’ successo qualcosa con lei? Vuoi che le
parli?”
“No! Non farlo,
Jasper. No.”
“Va bene, va bene.”
Completiamo il
tragitto in silenzio. Lui è concentrato sulla guida, io sui miei pensieri.
Oggi, durante l’ora
di biologia, Bella si è voltata verso di me ed è rimasta a guardarmi per
qualche secondo. Ho lottato contro il desiderio di incrociare il suo sguardo, e
ho mantenuto la testa sul foglio degli appunti.
Voleva parlarmi?
Voleva guardare il mio viso come io vorrei guardare il suo?
Se potessi,
passerei giornate intere a memorizzare ogni dettaglio delle sue labbra e dei
suoi occhi marroni. Non farei altro.
“Edward, siamo
arrivati.”
Jasper spegne il
motore ma non apre la portiera.
“Oggi Bella non ha
fatto che guardare verso il nostro tavolo. Cercava te.”
“Non è vero,” sbotto.
“E’ vero. Lo fa da
una settimana, da quando tu non vieni più.”
“Non è vero,” ripeto.
In camera mia, mi
chiudo in bagno e piango.
Nella mia famiglia
sono l’unico ad essere obeso. I miei genitori sono magri, e lo stesso vale per
Jasper. Praticano numerosi sport, e mio padre – essendo medico – conduce uno
stile di vita salutare ed equilibrato.
Sono stato magro
anch’io, a dire il vero. Fino ad undici anni.
Poi, a seguito
della prima delusione d’amore (la prima di tante) ho iniziato a mangiare più del
solito. Ho scoperto che il cibo riusciva a curare facilmente la tristezza, e
così mi sono trasformato.
La mia prima
delusione d’amore è stata Tanya, la figlia di un ex collega di mio padre.
Mi proposi con una
lettera ed una canzone, e lei rise di me. Davanti alle sue amiche.
Avevo undici anni,
lei quattordici. Era bella e magica. Volevo conquistarla, dimostrarle il mio
amore.
Da allora sono diventato
obeso, e nessuna dieta ha fatto effetto. Ho provato di tutto, ho fatto sport, ma
al più piccolo stress riprendo a mangiare. Quando provo a trattenermi dal
toccare il cibo, vado in crisi e mangio di più.
Vorrei essere magro
come Jasper. Vorrei indossare le maglie che indossa lui. Vorrei andare al mare
ed essere in grado di mettermi in costume come tutti. Vorrei essere carino.
Sono passate altre
due settimane. Continuo a rimanere lontano dalla mensa, ma ciò non mi ha
impedito di conoscere la nuova ragazza di Jasper. Alice è un tornado. Parla
alla velocità della luce, ed è piccola come un folletto. Viene spesso a casa
nostra, e mi ha fatto i complimenti per la mia collezione di cd.
Quando mi guarda
non vede il ciccione coi capelli rossi, ma vede me.
Mi ha prestato uno
dei suoi libri di cucina (a me piace cucinare) e lo scorso fine settimana
abbiamo preparato una torta alla frutta.
Sono a mio agio con
lei. Quando cammino ed ho bisogno di più spazio, per Alice non è un problema.
Quando ho fatto cadere una spatola lei si è alzata dalla sedia e l’ha raccolta
ancor prima che potessi capire dov’era finita. E’ simpatica e generosa.
Vorrei che con
Bella fosse così, ma con lei le cose sono più difficili.
Quando vedo Alice,
vedo un’amica… vedo quasi una sorella.
Quando vedo Bella,
vedo l’angelo meraviglioso per il quale vorrei preparare un dolce. Quando vedo
Bella, vedo la ragazza che non sarà mai e poi mai mia, perché io non riuscirò
mai ad essere abbastanza normale per
lei.
Il professore
Banner sta disegnando le eliche del DNA alla lavagna.
In molti ne
approfittano per chiacchierare, tranne io e Bella.
Prima (prima che mi chiedesse di essere suo amico) scambiavamo qualche parola.
Adesso non più. Adesso siamo lontani.
Gli unici momenti
in cui siamo nello stesso luogo sono le ore di biologia e gli attimi nel
parcheggio, quando io scendo dall’auto di Jasper e Bella è appoggiata al pick
up.
Cerco di osservarla
senza che lei mi veda, e a volte ci riesco. Lo fa anche lei? Quando cammino nei
corridoi… lei è lì? Mi cerca con gli occhi come faccio io quando arrivo a
scuola? Mi pensa quando è a casa?
No, penso proprio
di no.
Perché dovrebbe
interessarsi a me? Ho chiuso ogni porta che poteva aprirsi fra
di noi e anche se me ne pento ogni giorno mi dico che l’alternativa
sarebbe stata di gran lunga peggiore. Avevo detto che mi sarei fatto bastare la
sua amicizia, ma non sono stato in grado di esserle amico neppure per due
giorni.
Alla fine della
lezione, raccolgo i miei libri e mi alzo per andarmene, ma Bella mi ferma con
una mano sul braccio. “Aspetta, Edward. Devo parlarti.”
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Io stessa ho avuto problemi di peso dai 10
ai 13 anni. Per intenderci, sul mini autobus che mi
portava a scuola ero costretta a sedere da sola, visto che lo occupavo praticamente
tutto.
Non sono mai stata vittima di prese in giro
pubbliche e meschine come quelle capitate a Edward, ma certe cose possono far
male come e più delle parole.
Ero praticamente una bambina, ma dovevo obbligatoriamente
indossare vestiti per adulti. Ero irrimediabilmente cotta del ragazzo più
carino della scuola, e lui non mi filava di striscio perché ero bassa, grassa,
con i capelli unti, gli occhiali e i brufoli.
Quando uscivo con le mie amiche e loro
compravano da mangiare io mi limitavo perché, nonostante avessi fame, non
volevo fare la figura dell’ippopotamo.
Col passare del tempo i problemi di peso
sono svaniti (quei pochi kg in più che ho oggi sono dovuti al fatto che sono troppo
pigra per fare sport seriamente e al fatto che ho imparato a fregarmene: I’M
AWESOME), ma dentro è rimasta una piccola cicatrice. Quel senso di inadeguatezza,
quell’insicurezza che ti spinge a mangiare per riempire determinati vuoti. Quelle
cose sono ancora lì, e a volte tornano a galla (quando ciò accade, mi ricordo
che sono AWESOME a tutto passa).
Ho imparato ad accettarmi e ad amarmi per
come sono: polpacci orribili, culone e smagliature compresi. Ogni episodio della mia vita mi ha
resa ciò che sono adesso, e non credo di essere da buttare, anzi.
Il mio corpo è mio, così come il vostro è
vostro. Siamo noi a doverci amare per primi, a doverci accettare e valorizzare,
perché non lo farà nessun altro.
Tutto questo papiro per rispondere a chi si
chiedeva come mai riuscissi a descrivere in maniera così realistica la storia
di Edward.