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Autore: Stupid Lamb    23/08/2010    28 recensioni
Ogni giorno diventa sempre più difficile: entrare in classe, sedermi accanto a lei, sopportare che non mi degni di uno sguardo. Sono uno stupido. Uno stupido ciccione con i capelli rossi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi rendano gongolante

Non ho parole per dirvi quanto i vostri commenti mi rendano gongolante. Li leggo tutti, e vi ringrazio per aver trovato il tempo di leggere e di lasciare un messaggio.

Grazie anche a coloro che preferiscono commentare privatamente, e a coloro che hanno approfittato di questa occasione per raccontarmi le proprie vicende private.

 

Buona lettura.

---

 

Capitolo 3

 

Edward

 

E’ passata una settimana da quando ho detto a Bella che non possiamo essere amici.

Da allora non abbiamo più parlato, neanche durante l’ora di biologia.

Lei non è andata oltre quel “Perché!?” e io non le ho più rivolto la parola.

Dio solo sa quanto mi manca la sua voce.

Non ho più messo piede nella mensa, neanche quando Jasper ha cercato di trascinarmi per farmi conoscere la sua nuova ragazza, Alice.

Non voglio rivedere Felix e Dimitri. Non voglio vedere Riley seduto al tavolo con Bella.

A scuola passo il tempo da solo, in biblioteca, o nei corridoi fra una lezione e l’altra.

Emmett è impegnato con gli allenamenti, e Ben ha finalmente fatto colpo su Angela Weber.

Sono tutti felici. Hanno tutti qualcosa da fare, qualcuno con cui parlare o con cui divertirsi.

Io invece sono il ciccione con i capelli rossi e le lentiggini.

Il pianoforte è il mio unico amico. Riesce a consolarmi e a farmi compagnia sempre, anche quando io stesso non vorrei.

“Edward, tesoro. La colazione è pronta!” La voce di mia madre arriva dal piano di sotto.

Non ho voglia di alzarmi per andare a scuola. Non ho voglia di fare nulla.

 

Sei muto?” mi chiede Jasper mentre torniamo a casa. “Perché non vieni a mensa? Alice pensa che tu sia un fantasma.”

“Dille che peso 140 kg, è impossibile che sia un fantasma.”

Sbuffa e scuote il capo, esasperato. “E’ per Bella? E’ successo qualcosa con lei? Vuoi che le parli?”

“No! Non farlo, Jasper. No.”

“Va bene, va bene.”

Completiamo il tragitto in silenzio. Lui è concentrato sulla guida, io sui miei pensieri.

Oggi, durante l’ora di biologia, Bella si è voltata verso di me ed è rimasta a guardarmi per qualche secondo. Ho lottato contro il desiderio di incrociare il suo sguardo, e ho mantenuto la testa sul foglio degli appunti.

Voleva parlarmi? Voleva guardare il mio viso come io vorrei guardare il suo?

Se potessi, passerei giornate intere a memorizzare ogni dettaglio delle sue labbra e dei suoi occhi marroni. Non farei altro.

“Edward, siamo arrivati.”

Jasper spegne il motore ma non apre la portiera.

“Oggi Bella non ha fatto che guardare verso il nostro tavolo. Cercava te.”

“Non è vero,” sbotto.

“E’ vero. Lo fa da una settimana, da quando tu non vieni più.

“Non è vero,” ripeto.

In camera mia, mi chiudo in bagno e piango.

 

Nella mia famiglia sono l’unico ad essere obeso. I miei genitori sono magri, e lo stesso vale per Jasper. Praticano numerosi sport, e mio padre – essendo medico – conduce uno stile di vita salutare ed equilibrato.

Sono stato magro anch’io, a dire il vero. Fino ad undici anni.

Poi, a seguito della prima delusione d’amore (la prima di tante) ho iniziato a mangiare più del solito. Ho scoperto che il cibo riusciva a curare facilmente la tristezza, e così mi sono trasformato.

La mia prima delusione d’amore è stata Tanya, la figlia di un ex collega di mio padre.

Mi proposi con una lettera ed una canzone, e lei rise di me. Davanti alle sue amiche.

Avevo undici anni, lei quattordici. Era bella e magica. Volevo conquistarla, dimostrarle il mio amore.

Da allora sono diventato obeso, e nessuna dieta ha fatto effetto. Ho provato di tutto, ho fatto sport, ma al più piccolo stress riprendo a mangiare. Quando provo a trattenermi dal toccare il cibo, vado in crisi e mangio di più.

Vorrei essere magro come Jasper. Vorrei indossare le maglie che indossa lui. Vorrei andare al mare ed essere in grado di mettermi in costume come tutti. Vorrei essere carino.

 

Sono passate altre due settimane. Continuo a rimanere lontano dalla mensa, ma ciò non mi ha impedito di conoscere la nuova ragazza di Jasper. Alice è un tornado. Parla alla velocità della luce, ed è piccola come un folletto. Viene spesso a casa nostra, e mi ha fatto i complimenti per la mia collezione di cd.

Quando mi guarda non vede il ciccione coi capelli rossi, ma vede me.

Mi ha prestato uno dei suoi libri di cucina (a me piace cucinare) e lo scorso fine settimana abbiamo preparato una torta alla frutta.

Sono a mio agio con lei. Quando cammino ed ho bisogno di più spazio, per Alice non è un problema. Quando ho fatto cadere una spatola lei si è alzata dalla sedia e l’ha raccolta ancor prima che potessi capire dov’era finita. E’ simpatica e generosa.

Vorrei che con Bella fosse così, ma con lei le cose sono più difficili.

Quando vedo Alice, vedo un’amica… vedo quasi una sorella.

Quando vedo Bella, vedo l’angelo meraviglioso per il quale vorrei preparare un dolce. Quando vedo Bella, vedo la ragazza che non sarà mai e poi mai mia, perché io non riuscirò mai ad essere abbastanza normale per lei.

 

Il professore Banner sta disegnando le eliche del DNA alla lavagna.

In molti ne approfittano per chiacchierare, tranne io e Bella. Prima (prima che mi chiedesse di essere suo amico) scambiavamo qualche parola. Adesso non più. Adesso siamo lontani.

Gli unici momenti in cui siamo nello stesso luogo sono le ore di biologia e gli attimi nel parcheggio, quando io scendo dall’auto di Jasper e Bella è appoggiata al pick up.

Cerco di osservarla senza che lei mi veda, e a volte ci riesco. Lo fa anche lei? Quando cammino nei corridoi… lei è lì? Mi cerca con gli occhi come faccio io quando arrivo a scuola? Mi pensa quando è a casa?

No, penso proprio di no.

Perché dovrebbe interessarsi a me? Ho chiuso ogni porta che poteva aprirsi fra di noi e anche se me ne pento ogni giorno mi dico che l’alternativa sarebbe stata di gran lunga peggiore. Avevo detto che mi sarei fatto bastare la sua amicizia, ma non sono stato in grado di esserle amico neppure per due giorni.

Alla fine della lezione, raccolgo i miei libri e mi alzo per andarmene, ma Bella mi ferma con una mano sul braccio. “Aspetta, Edward. Devo parlarti.”

 

---

 

Io stessa ho avuto problemi di peso dai 10 ai 13 anni. Per intenderci, sul mini autobus che mi portava a scuola ero costretta a sedere da sola, visto che lo occupavo praticamente tutto.

Non sono mai stata vittima di prese in giro pubbliche e meschine come quelle capitate a Edward, ma certe cose possono far male come e più delle parole.

Ero praticamente una bambina, ma dovevo obbligatoriamente indossare vestiti per adulti. Ero irrimediabilmente cotta del ragazzo più carino della scuola, e lui non mi filava di striscio perché ero bassa, grassa, con i capelli unti, gli occhiali e i brufoli.

Quando uscivo con le mie amiche e loro compravano da mangiare io mi limitavo perché, nonostante avessi fame, non volevo fare la figura dell’ippopotamo.

Col passare del tempo i problemi di peso sono svaniti (quei pochi kg in più che ho oggi sono dovuti al fatto che sono troppo pigra per fare sport seriamente e al fatto che ho imparato a fregarmene: I’M AWESOME), ma dentro è rimasta una piccola cicatrice. Quel senso di inadeguatezza, quell’insicurezza che ti spinge a mangiare per riempire determinati vuoti. Quelle cose sono ancora lì, e a volte tornano a galla (quando ciò accade, mi ricordo che sono AWESOME a tutto passa).

Ho imparato ad accettarmi e ad amarmi per come sono: polpacci orribili, culone e smagliature compresi. Ogni episodio della mia vita mi ha resa ciò che sono adesso, e non credo di essere da buttare, anzi.

Il mio corpo è mio, così come il vostro è vostro. Siamo noi a doverci amare per primi, a doverci accettare e valorizzare, perché non lo farà nessun altro.

 

Tutto questo papiro per rispondere a chi si chiedeva come mai riuscissi a descrivere in maniera così realistica la storia di Edward.

 

   
 
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