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Autore: Ariel Bliss Russo    05/09/2010    2 recensioni
Questa storia comincia dal periodo in cui Kilari Tsukishima, quasi sedicenne, è all'apice del suo successo. Il lavoro da idol ormai fa parte di lei, e ogni giorno diventa sempre più brava, facendo accrescere il successo del suo nome e della sua agenzia, l'agenzia Muranishi. La storia è centrata molto sui suoi sentimenti. Dopo aver scoperto di essere innamorata di Hiroto Kazama, che fa parte del duo Ships con Seiji Hiwatari, stare con l'amico senza poter rivelargli i suoi sentimenti la fa soffrire molto. Tutto si complica quando conoscerà un ragazzo, Haru Yamashita, che poco dopo diventerà un idol come lei. Pian piano, i due cominciano ad innamorarsi e Kilari non sa più per chi batta il suo cuore. Haru o Hiroto? Un avvenimento, però, la sconvolgerà profondamente. Scopre infatti che Hiroto sta con una ragazza, Noeru, e li vede baciarsi in spiaggia. A quel punto, lei non sa proprio cosa fare. Il giorno del suo compleanno si avvicina e il suo cuore è spezzato in due. Il giorno prima del 7 luglio, data che segnerà i sedici anni di Kilari, un litigio tra Haru e Hiroto farà venire a galla i sentimenti che la giovane idol prova per Hiroto. Il giorno dei suoi sedici anni sarà un momento magico...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dalla parte di Subaru...

Erano già cinque giorni pieni che Kilari dormiva. A volte la sentivo sussurrare il nome di Hiroto, e questo non faceva altro che aumentare la mia rabbia verso quel tipo, anche se lui non ne era colpevole, dato che non sapeva che Kilari era innamorata di lui. Ma non potevo fare a meno di odiarlo. Le sue condizioni non miglioravano affatto, anzi, peggioravano ulteriormente, ansimava nel sonno, era calda, sudava e di tanto in tanto nominare quel nome la faceva lacrimare. A volte, la febbre rimaneva costante, altre volte saliva, altre scendeva, ma non c’era mai nessun miglioramento. Mi si stringeva il cuore a vederla in quello stato senza sapere cosa fare. I dottori, ogni giorno, davano sempre le stesse risposte. Dicevano che era in uno stato incoscienza, come quando si sviene, solo che la forte botta alla testa aveva aggravato la situazione. Ciò che le impediva di riprendersi dipendeva da un fattore psicologico ed emotivo, per meglio dire un blocco, lo stesso blocco che l’aveva stressata fin’ora e ridotta in quello stato. Loro non sapevano di che tipo di blocco si trattase, ma io lo sapevo bene. Quei continui incubi, quel suo agitarsi nel sonno e il sussurrare quel nome. Era quello il suo blocco e doveva superarlo, se no non riuscivo a pensare a cosa sarebbe successo, ne volevo saperlo.

Ricordi di Subaru del giorno del concerto.

Quel giorno, quando vidi Kilari cadere a terra tremante, svegliai subito papà e la nonna e, mentre io mettevo Kilari sul letto, papà chiamava il dottore. Quando arrivò, gli descrivemmo l’accaduto e, dopo un controllo accurato, le aveva somministrato una medicina, dicendo che dopo una bella dormita si sarebbe dovuta svegliare. Ma non accadendo ciò, siamo corsi in ospedale e il medico aveva deciso di ricoverarla. All’inizio alla sua agenzia e ai suoi amici avevamo detto di una piccola influenza, ma poi, dato che non si svegliava, eravamo stati costretti a dire come stavano davvero le cose. Solo io sapevo tutta la verità, ovvero da cosa dipendesse il suo blocco, e non potevo dirlo a papà, se no sarebbe impazzito ed era già abbastanza agitato. Saputo dell’accaduto, tutti si erano precipitati in ospedale, ma quello più preoccupato e sicuramente più agitato era proprio Hiroto, lo vedevamo tutti benissimo. Il dottore stava visitando mia sorella e io con papà e la nonna aspettavamo fuori l’esito della visita. Lui si precipitò verso di noi correndo e chiedendo ogni dettaglio di cosa fosse successo.

Hiroto: Cosa è successo a Kilari? Cos’è questa storia che non si sveglia? Subaru, che è successo?

Dietro di lui, vidi arrivare gli altri, quasi di corsa.

Haru: Cos’è successo? Perché Kilari è in ospedale?

Tutti continuavano a fare domande e agitarsi, perciò gli raccontai ciò che il dottore aveva detto nella precedete visita.

Hiroto: E…e di che blocco si tratta? Come facciamo a farla svegliare? Ci deve essere un modo… c’è un modo, vero…?

Rimasi in silenzio, non sapevo ne ero sicuro se esistesse un modo per risolvere questo problema, ma non volevo crederci, la mia sorellina si sarebbe svegliata e sarebbe tornata a sorridere.

Subaru: Non lo so… ma di sicuro lo troveremo!

Haru: Possiamo… possiamo vederla?

Subaru: Si, venite vi accompagno, ma non tutti in una volta… per adesso venite voi tre, d’accordo?

Hiroto: Io ci andrò dopo, voglio parlare da solo con Kilari…

Stavo per replicare, ma poi pensai che, preoccupato com’era, per stavolta lo avrei lasciato fare.

Annui leggermente e mi avviai verso la stanza della mia sorellina, seguito da Haru e Seiji. Loro si avvicinarono a Kilari e la guardavano senza dire niente. Fu Seiji ad interrompere il silenzio.

Seiji: Subaru… perché Kilari non si sveglia?

Subaru: I-io non lo so…

Seiji: Io so che lo sai… Ti prego solo di dircelo, perché anche noi siamo preoccupati per lei!

Mi guardava con degli occhi supplichevoli, era ovvio che entrambi fossero preoccupati.

Subaru: D’accordo, lo faccio solo perché voi sapete tutto…

Haru: Con “tutto” cosa intendi??

Subaru: Kilari vi ha raccontato tutto no? Riguardo ai suoi sentimenti…

Seiji: Ti ha detto tutto, vero?

Subaru: Già… Ed è proprio a causa sua che la mia sorellina – strinsi forte i pugni – sta così male…

Haru: Vuoi dire che quel blocco… dipende d-da lui?

Seiji: E’ molto probabile… Quando Kilari aveva scoperto di Hiroto e della sua ragazza, la prima volta a scuola, era svenuta, ma fortunatamente Naa-san mi aveva avvisato e io l’avevo portata in infermeria. Dopo che si era svegliata e mi accertai che stesse bene, le suggerì di dormire e riposarsi. Quando però, ero tornato a prenderla dopo le lezioni era seduta sul letto, tremante, col viso pieno di sudore. Mi disse che aveva avuto un incubo su Hiroto… mi aveva promesso che si sarebbe impegnata nel lavoro e avrebbe sempre sorriso, e benchè fin’ora non abbia fatto altro che questo, dentro di lei la sofferenza era forte… e adesso… adesso questo è il risultato…

Haru: Dannazzione! Qualcuno deve pur dire la verità a Hiroto, non credete? Oppure Kilari non…

Kilari: Hiroto…

Ci girammo tutti verso di lei, che cominciò a lacrimare mentre sussurrava il suo nome.

Subaru: Vedete? Ogni giorno è sempre così… E’ come… se fosse bloccata nei suoi incubi… povera sorellina…

Haru: Oh, Kilari…

Fine ricordo

Mi girai verso la mia sorellina, mentre ripensavo a quel giorno.

Subaru: Ho paura… paura che Kilari… non si svegli più…

Mi sedetti nella sedia accanto al letto, con le mani fra i capelli. No no, Kilari era forte, sarebbe guarita presto e tutto sarebbe tornato al suo posto. Avrebbe riabbracciato me, papà e la nonna, tutti i suoi amici e i suoi fan. E poi, si stava avvicinando il suo compleanno. Adorava festeggiarlo e non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Sentì bussare e alzai la testa di scatto.

Subaru: Si?

Seiji/Haru/Hiroto: Siamo noi!

Sentì la voce di Hiroto dire qualcosa, ma non capì bene cosa.

La porta si aprì ed entrarono solo Seiji e Haru.

Subaru: E Hiroto?

Seiji: Vuole stare solo con Kilari, quindi ha fatto entrare prima noi.

Subaru: Capisco…

Restarono in silenzio, e io feci altrettanto mentre guardavo la mia sorellina.

Seiji: Ha per caso detto ancora il suo nome?

Annuì.

Subaru: Come la prima volta che l’avete vista…

Haru: Non ha detto altro? Beh insomma… qualcosa di diverso? Che possa far capire che sta bene??

Subaru: Purtroppo no…

La porta si aprì ed entrò  Hiroto che mi salutò in silenzio, con un cenno del capo,  sempre con quel viso spento che aveva ormai dal giorno del concerto.

Hiroto: Scusate, è che… vorrei stare con Kilari se per voi va…

Kilari: Hi…Hi…Hir-ro-t-to…

Tutti ci irrigidemmo subito e l’atmosfera della stanza era cambiata. Hiroto guardò Kilari pensando si fosse svegliata, ma quando la vide respirare più velocemente, a fatica e con le lacrime agli occhi, si allarmò ulteriormente guardandomi in faccia.

Hiroto: Co-cos’ha? Perché ha detto il mio nome? Non l’ho mai vista fare così… perché fate gli indifferenti? Non vedete che Kilari sta male??

Subaru: Fa… fa sempre così, non preoccuparti…

Hiroto: Non preoccuparti? Ma… non vedete… che lei… sta... sta piangendo?

Rimanemmo in silenzio, con la faccia abbassata, mentre guardavamo per terra.

Hiroto: Voglio stare solo con lei… posso per favore?

Nella sua voce sentivo la tristezza e l’angoscia di quei cinque giorni che sembravano un’eternità.

Subaru: Si. Andiamo ragazzi.

Uscimmo dalla stanza, lasciando mia sorella e Hiroto soli, sperando chissà quale notizia.

Dalla parte di Hiroto…

Non appena li vidi uscire, mi sedetti sulla sedia accanto a Kilari e la guardai in viso. Cosa avrei dato per essere al suo posto ed evitare di vederla soffrire in quel modo. Mi sentivo colpevole di tutto. Colpevole delle lacrime della serata dopo il concerto, colpevole del suo malore, colpevole delle lacrime che vedevo in quel momento. Avrei voluto starle vicino come volevo realmente, se solo ci avrei pensato prima. Ma ormai sapevo che troppo tardi. Avevo pensato troppo alla mia storia con Noeru, anzicché l’amicizia con Kilari. Presi la sua mano e la strinsi forte fra le mie. Aprì la bocca, pronto a parlarle, ma come nelle mie precedenti visite, non riuscivo a dirle ciò che pensavo. Poi però, mi feci forza. Dovevo assolutamente dirle qualcosa, almeno provare a salutarla.

Hiroto: Ciao Kilari. Sono io, Hiroto… - feci una pausa, osservando il suo viso irrigidirsi un po’ e poi tornare come prima. Non riuscì più a trattenermi – Kilari… mi manchi terribilmente. Da quando sei coricata in questo letto d’osedale, l’unica cosa che sono riuscito a fare è… guardarti mentre dormi. Svegliati, per favore! Non posso, non possiamo più sopportare la tua assenza, ci manca tutto di te, la tua golosità, i tuoi sorrisi la tua gioia contagiosa e non potrei mai vivere con questa terribile sensazione di essere colpevole di tutto questo. Kilari… per favore… se… se riesci a sentirmi, parla, dì… qualcunque cosa, stringimi la mano, ma ti prego…  cerca di resistere ancora, di lottare per questo… questo blocco che ti impedisce di tornarne da noi… di tornare… da me… - ormai, con le lacrime agli occhi, appoggiai la testa sul letto, non riuscivo più a resistere.

All’improvviso sentì un piccolo, piccolissimo movimento, giungere dalla sua mano. Mi misi subito seduto e la guardai, per poi fermarmi sulle nostre mani. Me la stava stringendo. Forse mi aveva sentito davvero.

Kilari: Hi…Hiroto?

   
 
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