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Autore: I Walk With Shadows    05/09/2010    6 recensioni
Alzò lo sguardo: aveva due occhi marroni scuri, e guardarono l'uomo con paura. Era ferito, alla gola, alcuni tagli gliela attraversavano in diagonale, facendone notare uno lungo e profondo sotto la carotide.
[Deprimente, malinconica, drammatica, e tutti i sinonimi che trovate.]
Genere: Triste, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Bryan -Monte- Money , Max Green , Robert Ortiz , Ronnie Radke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Breathe me- III.



Da quando era entrato in prigione, Ronald continuava ad avere il sogno di una luce. Una luce che lo portasse fuori da quel vicolo buio e tetro che continuava a vedersi davanti. Una luce che seppur soffusa lo guidasse, in modo che lui potesse uscire da quella buca, da quel precipizio in cui era caduto.

Senza fondo, senza speranze.

E tutto questo era accaduto, perché quando era uscito aveva avuto ciò che aveva chiesto: una casa, cibo e un letto.

Tutto quello che la gente normale ha è questo, no?

O forse, non aveva ricevuto tutto quello che desiderava.

Tutto ciò che pensava mentre guardava fuori dal vetro della finestra non l'avrebbe mai riferito a nessuno.

Aveva sentito della separazione degli Escape The Fate, e aveva sempre pensato dove erano finiti loro.

Craig?

In fondo, non era stata colpa sua. Avevano bisogno di un cantante, e l'avevano trovato. Che poi fosse più o meno bravo del precedente era indifferente.

Bryan?

Scomparso. Si mormorava che si fosse trasferito il più lontano possibile dal Nevada. C'era d'aspettarselo, con un tipo come Monte, fragile come una bambola di porcellana. Bastava anche il minimo scossone per farlo cadere. Per romperlo.

Robert?

Lui era ancora a Vegas. Forse consegnava pizze. L'aveva visto qualche giorno prima, per strada, quando era uscito di prigione. Stava camminando osservando il mondo da quelle due lenti a specchio, con un sorriso amaro stampato sulle labbra.

Avrebbe voluto chiamarlo.

Avrebbe voluto urlare, per sentire se gli era ancora amico o no. Per sentire come stava. Dove erano gli altri.

Dove era Max.

Nevicava, quel giorno. Ronnie continuava a guardare la neve cadere dal cielo, così semplice e pulita. Perché sporcarla con i peccati commesso da ogni singola persona passata su quel viale?

Voleva uscire. E sorrise pensandolo, di poter toccare il mondo con la propria mano di nuovo. Da uomo ufficialmente libero.

Prese la sua giacca e corse fuori.

Faceva freddo, ma non ci fece molto caso. Dopo quattro anni di galera, con poco cibo e senza calore, lontano dalle persone a lui più care, quattro pugnalate alla gola e un'operazione dolorosa e malfatta, il freddo era il minimo danno.

I bambini giocavano e urlavano fuori da casa sua. Tiravano palle di neve a caso, cercando di beccare qualcuno o qualcosa.

Iniziò a camminare evitando le bombardate dei bambini, sorridendo al passaggio di quei ragazzi. Sentì una voce chiamare il suo nome e si girò di scatto.

-Ronnie!

Senza abbassare il cappuccio, guardò dritto negli occhi l'uomo. E quelle iridi color nocciola lo colpirono subito. Aveva degli occhi particolarmente grandi e intensi.

-Ronnie, sono io!

Conosceva bene quel volto, quella voce, gli erano anche fin troppo familiari.

Robert? Come lo aveva riconosciuto?

-Ehi...- aveva corso fino a raggiungere il ragazzo, era sudato e sorrideva. Si era tagliato i capelli, corti. Non era abituato a vederlo così -Ron... Sei tu, vero?

Si tirò giù il cappuccio e gli sorrise. Annuì, poco prima di abbracciarlo.

-Ciao... Ehi ma...- continuò Robert -Dopo quattro anni che non ci vediamo, non mi rivolgi neanche la parola?

Ronnie lo guardò per qualche minuto, per poi estrarre il taccuino.

Non posso parlare”.

-Per... Perchè?-.

Mi hanno danneggiato le corde vocali e me le hanno dovute togliere, in prigione”.

-Oh, beh... Mi dispiace.

Va tutto bene, Rob. Mi ci sto anche abituando.”.

-Sicuro?

Sicurissimo. Tu, piuttosto, come stai?”

-Mah, non c'è male...- sorrise -Per ora non ho nessun lavoro. Ma con tutti i soldi che ho guadagnato prima, per ora sto ancora bene. Ci penserò dopo.

Ronnie sorrise: “Sono felice di rivederti, amico mio”.


Posso chiederti una cosa?”

-Certo- annuì Robert.

Si erano fermati in un posto indeterminato a chiaccherare, sui vecchi e sui nuovi tempi. E tutti quei ricordi avevano iniziato a corrodere il cuore di Ronnie, e dopo tutti quei discorsi, una domanda veniva, ciò che si chiedeva da giorni era uscito fuori.

...Ora che vi siete divisi... Dove sono, gli altri tre?”

A questa domanda, il sorriso di Robert sparì. Non era mai stato così serio in vita sua. Forse, pensò Ronald, questo ricordo, per lui era troppo.

-Craig- sussurrò, iniziando -è tornato in Europa da sua figlia e sua moglie. Ci sentiamo ancora, ogni tanto torna in America. Monte, invece, è venuto a vivere da me. Non credo che se ne andrà presto. Max...

Si fermò improvvisamente, tenendo gli occhi bassi, evitando lo sguardo dell'amico.

...Max?”

-Lui... aveva iniziato un'altra carriera, ma poi si è ritirato. So che è molto ricco e vive da qualche parte a Vegas, con la sua nuova ragazza e un sacco di milioni. Non so altro. E' l'unico con cui ho perso i contatti... credo che tu sappia il perché-.

Ronald restò a fissarlo ancora, stupito. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da Max. Dal suo Max.

Robert era sempre stato a conoscenza della loro relazione, fin dal principio. Li aveva seguiti fino alla fine, fino a quando si erano sgretolati.

Lui... cosa fa ora?”

-Non credo che faccia nulla.

Ha una... ragazza?”

-Ha voltato pagina. Penso dovresti farlo anche tu.

Non credo che funzionerebbe. Soprattutto perché non potrei parlarle.”

-Ron... non puoi continuare a vivere nel suo ricordo. Lo sai.

L'ho fatto per quattro anni, posso benissimo continuare.”

Robert scosse energicamente la testa e iniziò a battere le dita sul tavolo.

Cadde un silenzio lungo e intenso, che durò per qualche secondo.

-E' tardi- Disse infine -E' meglio che torni a casa. Stammi bene, Ron.

Incapace di rispondere, gli sorrise alzando il pollice al cielo. Ed era strano come fosse così energico, nonostante fosse un miracolo solo il fatto di essere in vita, per lui.

Robert gli sorrise di rimando e, tenendo lo zaino stretto in una mano, si avviò lontano dal ragazzo, che continuava a fissare l'orizzonte.


Max era scomparso, ogni singola persona di Vegas non sapeva dove fosse. Erano mesi che non si faceva vedere in pubblico. Alcuni dicevano addirittura che era morto, diventato un fantasma e che ora infestava le case nelle vicinanze. Oppure girava anche la voce che si fosse trasferito in Giappone. O in Messico. O in Texas.

Ce ne erano talmente tante, che Ronnie al solo pensiero si sentiva male.

Erano le sette e dieci quando si ritrovò accanto ad un fiume, dopo una lunga camminata. Si sedette specchiandosi nell'acqua, buttandoci qualche sassolino dentro, trasformando il piatto letto della distesa d'acqua in un insieme di cerchietti che gli ricordavano la forma delle casse.

Poi, con quelle immagine tutto torna in mente, in breve tempo.

Las Vegas. 2006. Warped Tour.

Quanto si era divertito?

Era stato probabilmente l'anno più bello della sua vita, quello. Nessun rimpianto, nessun pensiero, solo amici, amore e musica.

E Dio solo sapeva quanto gli mancava cantare.

Proprio mentre pensava a questo, sentì un rumore propagarsi nel silenzio. Era una risata.

Molto, molto familiare.

Alzò gli occhi.

Sopra di lui c'era un ponte rosa, ricoperto da un leggero strato di neve. Subito vide spuntare dalle scale una donna. I suoi capelli corvini si spostavano per opera del vento, e aveva un sorriso stampato sulle labbra. Rideva. Di una risata mai sentita prima, e i suoi denti bianchi si sposavano sulla neve.

Sentì la risata che aveva sentito poco prima, di nuovo. E poi vide un ragazzo.

E Dio solo sapeva quanto era cambiato.

Non aveva più dei lunghi capelli neri, un ciuffo ribelle che gli sporgeva dalla fronte, e che magari si tirava su ogni quattro minuti con un soffio, ma dei capelli marroncini, stinti, sporchi e ondulati che gli cadevano sulle spalle.

Non aveva più sulle labbra il solito sorriso ridente, quello che gli ricordava un bambino di otto anni. Era sorridente, certo, ma il suo sorriso era spento. Falso.

Non aveva più lo stesso sguardo di sempre, quegli occhi ridenti, così chiari che potevi specchiarti dentro.

Erano scuri.

Spenti.

Rimase a bocca aperta vedendo Max. Aveva due grosse occhiaie che gli solcavano il volto e rincorreva la ragazza.

Lei inciampò e lui la prese tra le braccia, ridendo. La baciò subito dopo, stringendola ancora.

Ronnie continuò a guardarli, senza smettere. Li guardò divorarsi a vicenda sotto la neve, per qualche secondo.

Poi Max alzò lo sguardo, sorridendo, e guardò avanti a sé. Fu allora che i loro sguardi si incrociarono, e lui smise di sorridere.

Era strano rivederlo, di nuovo. Così, all'improvviso.

Ronnie non ci pensò a lungo, si tirò su il cappuccio e se ne andò. E Max lo seguì con lo sguardo. Attento ad ogni singolo particolare del suo corpo.

E andò a casa, sfinito, senza un briciolo di voglia di continuare.

Perchè era stato più faticoso vederlo di fare una camminata di tre ore.



***Walks's Angle.


Orripilanterrima o.o.

Era da tantissimo che non aggiornavo questa storia. Mi mancava deprimermi insieme a Ronnie, così ho voluto aggiornare. Questo capitolo, soprattutto gli avvenimenti nell'ultima parte, li avevo già in testa da un po'.

Ovviamente, l'idea era questa, poi che io non riesca mai a metterla bene è una cosa normale. Capita circa in ogni storia.

Niente, ragazze, RECENSITE.

Bye,

Walks.

  
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