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Autore: Mahoney    05/09/2010    3 recensioni
Una ragazza orfana di madre decide di seguire il padre medico nella guerra d'indipendenza americana. Entrerà in contatto con un mondo nuovo, ostile e completamente lontano da ciò che aveva conosciuto finora. In mezzo a battaglie, coloni e rapimenti il suo destino cambierà, ma non sarà il solo.
Dal quarto capitolo:
Entrarono nella casa e un calore accogliente li avvolse. Abigail si tolse il mantello e rivelò alla luce il collo grazioso segnato da strisce rosse. Gli occhi ghiacciati e eterei di Tavington si soffermarono su quelle deturpazioni, rapito allungò una mano e dolcemente l'accarezzò. Abigail voleva ritrarsi, voleva seguire l'istinto che prima l'aveva fatta allontanare da ogni contatto con lui, ma allo stesso tempo ne sembrava incapace. Questa volta lo lasciò fare. “Spariranno in un paio di giorni.” disse il Colonnello interrompendo ancora una volta per primo il silenzio.
[...]
La sua mano era ancora ferma sul collo della ragazza e bruciava, bruciava come il ghiaccio sulla pelle calda e bollente e pesava, pesava come un macigno. Tavington sembrava non aver alcuna intenzione di toglierla, Abigail alzò la sua e la poggiò su quella del Colonnello. Sentì che lui si irrigidiva al contatto. “Ancora grazie.” disse con un sussurro. Tavington annuì e interruppe il contatto, cominciando a salire le scale.
Genere: Drammatico, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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7) Kidnappping

“Sapete cosa succederà se vi scoprono?” Chiese Karol con aria spaventata guardandosi continuamente attorno. “Sapete cosa farebbero a me se vi scoprissero?” Chiese con un sussurro cercando di far ragionare quella maledetta ragazza che l’aveva cacciata in quella situazione.

“Karol, smettila.” Rispose duramente Abigail. Da appena due ore erano in cammino e lei continuava con quella tiritera. “Qualsiasi cosa, oramai siamo partite e arriveremo fino in fondo.” Disse convinta. “Credi che sarei rimasta da sola in accampamento?”

Karol si fermò per un momento, guardando quella ragazza decisa e determinata. Scosse la testa, sbuffando. “Io non capisco proprio perché voi vogliate cacciarvi in questo guaio. Farei cambio con la vostra vita, molto volentieri.” Confessò amaramente. “E perdonatemi la franchezza.” Aggiunse ricominciando a camminarle al fianco.

“Karol, credi che sia una stupida capricciosa?” Chiese Abigail infastidita. “Non sono fatta per rimanere in casa a guardare la vita che mi passa davanti. So che loro hanno bisogno di me e soprattutto, non sarei andata a quel maledettissimo the neanche dopo morta.”

Karol rollò gli occhi, incapace di aggiungere altro, consapevole che parlare con quella ragazza era parlare come davanti ad un muro. Non capiva, non c’era nulla da fare. Lei intanto, continuava a camminare con il cuore in gola, spaventata, terrorizzata che qualcuno potesse riconoscerla.

Abigail quella mattina si era presentata nella sua stanza, obbligandola a trovarle dei vestiti per partire insieme a tutto l’esercito. Non voleva abbandonare suo padre, sapeva che sarebbe stato pericoloso. Erano state inutili tutte le sue lamentele e le sue proteste, quella ragazzina era più cocciuta di un mulo.

Il sole era alto nel cielo, eppure l’aria era gelida e sferzante e nonostante Karol le avesse dato i vestiti più pesanti che aveva, Abigail si sentiva gelare fin dentro le ossa. Una voce dentro di lei, le diceva che era stata una stupida a partire, che se ne sarebbe dovuta rimanere a casa, ma oramai, era davvero impossibile tornare indietro.

Formavano una lunga comitiva, lei con Karol era circondata da altre ragazze, cuochi e principalmente fanti che camminavano scortati dalla cavalleria. Abigail sapeva che suo padre era su un carro verso l’inizio della lunga fila che loro formavano, quindi si poteva dire abbastanza al sicuro. Nessun altro avrebbe potuto riconoscerla in quelle vesti.

Se all’inizio era rimasta affascinata dal folto bosco in cui il sentiero si diramava, ora non era altro che nauseata dal monotematico sfondo del loro cammino. Sembrava tutto uguale e sembrava che non procedessero mai.

Per di più cominciava ad essere già stanca e ad avere sete, ma non l’avrebbe mai dato a vedere, per nulla al mondo. Aveva deciso di partire, perché sarebbe stata più tranquilla al fianco di suo padre e soprattutto più a suo agio in quella situazione che fra bei vestiti ed educate signore, dove avrebbe dovuto controllare ogni posa, ogni atteggiamento, il tono della voce, avrebbe dovuto calibrare le sue risposte, in pratica, avrebbe dovuto nascondere sé stessa dietro una maschera di convenzioni sociali.

“Wilkins…,” disse una voce a lei nota. Svelta si coprì il volto con il cappuccio e fissò lo sguardo a terra. Il cuore batteva velocemente nel petto, aveva avuto difficoltà a scordarsi quello che era successo la sera prima. “Prendete una decina di uomini e andate in avanscoperta.” Ordinò gelida la voce del Colonnello Tavington.

Abigail ascoltò il rumore di zoccoli muoversi veloci e seppe che poteva alzare finalmente lo sguardo su di lui. Lo guardò allontanarsi in controluce, solo una figura buia stagliata contro il Sole accecante. Una strana sensazione l’avvolgeva e non avrebbe saputo dire cosa fosse.

* * *

Il rumore era assordante. Un fischio continuo le inondava l’udito e la ragazza non poteva distinguere nulla nella polvere che i cannoni innalzavano quando colpivano il terreno. Urla e grida erano la sinfonia di sottofondo, il contorno all’accompagnamento stridente di lame sguainate che si scontravano per la sopravvivenza, accompagnate da percussioni continue ed incessanti che erano i colpi di fucile e di pistola.

I cavalli nitrivano impazziti, lanciandosi verso una morte quasi sicura se non certa. C’era confusione, confusione su tutto il campo di battaglia.

Lei osservava quel disfacimento con le mani che coprivano le orecchie, il volto deformato da una contorta espressione di dolore e alcune lacrime le rigavano le guance. Non aveva mai visto tanto orrore. Poteva distinguere i corpi degli uomini che cadevano a terra caduti e i sopravvissuti ad un duello morire dolorosamente per mano di un altro. Non sembrava mai avere fine.

La cavalleria era stata la prima a lanciarsi all’attacco, mentre i fanti avevano avanzato lentamente, protetti da un fuoco di copertura, ma ben presto la battaglia si era fossilizzata e si procedeva per meri metri, accumulando cadaveri sul suolo già insanguinato.

Lei era lì, ferma in un angolo, impotente. Non poteva fare altro che guardare quel disfacimento e pregare perché nessuno di quelli a cui teneva si facesse male. Sperava che Harcourt, Bordon, Tavington e gli altri, rimanessero incolumi, per miracolo.

Fortunatamente sapeva che suo padre non era in mezzo a quel massacro, altrimenti, non sarebbe rimasta lì un attimo di più.

Karol al suo fianco l’abbracciava, cercando a sua volta conforto di fronte a quell’assenza di umanità. C’erano solo bestie sul campo di battaglia, unicamente bestie.

* * *

Lui non sentiva alcun rumore. Percepiva solo il suo corpo, i suoi muscoli tesi nella battaglia. Il volto, concentrato, era madido di sudore, eppure il Colonnello non provava alcuna stanchezza mentre abbatteva un colpo su un ribelle.

Inspirava velocemente, dando tempo a sé stesso di recuperare le forze e percepiva l’adrenalina scorrere nel sangue pompato velocemente dal cuore in tutte le parti del suo corpo.

Il cervello lavorava meccanicamente, in modo veloce, quasi disumano. Calcolava, senza che lui avesse bisogno di pensare e agiva di conseguenza, garantendogli vittoria sul nemico.

Il suo cavallo era stato abbattuto e lui si era ritrovato nel bel mezzo della battaglia. Avevano colto i ribelli di sorpresa, ma erano decisamente troppi, temeva riguardo le sorti della battaglia.

Si scansò, appena in tempo. L’uomo al suo fianco cadde al suolo, morto. Una pallottola l’aveva sfiorato. Digrignò i denti, impugnò l’arma e restituì il colpo, ben attento a non mancare il bersaglio.

* * *

“Signorina Fox, no!” esclamò Karol bloccandola per il polso. Abigail si scrollò via da quella stretta.

“Karol, non ricominciare.” Replicò decisa la ragazza. Imbracciava delle bende ed una borraccia d’acqua ed era pronta a dirigersi verso il campo di battaglia per dare una mano a quei poveri moribondi che stavano soffrendo. La battaglia aveva ricevuto una battuta d’arresto e i feriti erano rimasti sul campo.

“E’ pericoloso, non ve lo permetto!” esclamò altrettanto decisa lei.

“Quelle persone hanno bisogno di aiuto!” Rispose Abigail con voce rotta, non poteva sopportare di vedere tanto dolore e tanta distruzione. “Hanno bisogno di cure, dovremmo lasciarli lì a morire?” Chiese lo sguardo teso verso Karol.

La donna non rispose, serrando la mascella, preoccupata. La ragazza aveva dannatamente ragione e se non si fosse trattato di lei non avrebbe esitato a dare una mano, ma se fosse successo qualcosa ad Abigail, Karol non se lo sarebbe mai potuto perdonare, oltre al fatto che il signor Fox non gliel’avrebbe mai perdonato.

Però, forse, non sarebbe successo nulla.

“Siete cocciuta.” Disse Karol cominciando a discendere la collina verso il campo di battaglia. Un sorriso compiaciuto si dipinse sul volto di Abigail. “Lo so.” Commentò la ragazza soddisfatta.

 

 

Abigail non aveva mai visto uno spettacolo più orrendo e devastante. Corpi si ammassavano l’uno sull’altro e non si potevano distinguere quelli ancora vivi da quelli morti. Erano tutti distesi a terra, in posizioni innaturali, spesso privi di parti del corpo come una gamba, un braccio… Espressioni di terrore erano dipinte sul volto, pura paura si stagliava negli occhi per la maggior parte ancora aperti.

La cosa che più l’aveva colpita era l’odore del sangue. Era penetrato prepotentemente nelle narici e lì era rimasto, stagliato, a ricordarle l’orrore in cui si era addentrata. Sangue misto a fuliggine. Odore, distillato di morte.

Si rimboccò le maniche del vestito che indossava e si chinò sul primo sopravvissuto che aveva incontrato. Era ridotto malissimo e mormorava cose senza senso. Dapprima gli pulì le ferite, ma non c’era nulla da fare, quindi si limitò a stargli accanto, sussurrandogli parole di conforto.

Fu la prima persona che le morì fra le braccia e non fu l’unica. Gli chiuse gli occhi, sperando con tutta sé stessa, nel modo più veritiero, che si trovasse veramente in un posto migliore, ma ne dubitava.

Lei e Karol stavano agendo in una zona lontana dal loro accampamento, per paura di essere scoperte e si erano divise i feriti in un tacito accordo.

Abigail si stava giusto occupando di un giovane che pregava per sua madre, quando d’un tratto trasalì.

“Non urlare.”

Qualcosa di metallico si appoggiò sulla sua tempia. Abigail deglutì; anche se avesse voluto, non avrebbe avuto la forza di urlare.

Le bende bagnate ed insanguinate che stringeva fra le mani caddero al suolo.

“Alzati.” Ordinò quella voce fredda e roca alle sue spalle.

Abigail ubbidì, cercando di placare quel battere convulso del suo cuore nel petto e si voltò. Un uomo le puntava alla testa una pistola. Indossava degli stracci logori e consumati. Aveva un’espressione stanca, numerose ferite gli contornavano il viso ed il corpo. Aveva lunghi capelli marroni, poco curati, come il resto del suo corpo.

Era un ribelle.

“Ora seguimi, sporca puttana.” Disse indicando il bosco buio.

* * *

Se fosse stato per Karol, non sarebbero mai scese a dare una mano a quei dannati feriti, ma la donna aveva ubbidito ad Abigail, quella cocciuta ragazza, che era sicura prima o poi si sarebbe cacciata nei guai.

E ora aveva il terrore fosse successo davvero. L’aveva persa di vista poco tempo prima e non aveva idea di dove poteva essersi cacciata.

La chiamò a gran voce per un po’, prima di iniziare a preoccuparsi seriamente.

* * *

“Non è un ottimo risultato per il momento.” Commentò duramente il Generale O’Hara dando le spalle al Colonnello.

Tavington serrò la mascella, offeso dal comportamento del Generale, punto nell’orgoglio. “Signore, abbiamo fatto del nostro meglio.” Disse fra i denti. Non si era ancora ripulito da quella battaglia e sentiva ancora l’odore del sangue sui suoi vestiti. “Riprenderemo l’attacco non appena avremo riorganizzato le forze.”

“Conto sul fatto che sia più efficace di questo.” Aggiunse O’Hara, scrutando la cartina davanti ai suoi occhi, troppo irato dall’audacia e temerarietà del Colonnello che aveva condotto quell’attacco in modo troppo avventato.

“Signore, l’effetto sorpresa era necessario-…”

“L’effetto sorpresa ci ha fatto perdere numerosi uomini!” esclamò il Generale sbattendo il pugno violentemente sul tavolo. “Ora fuori di qui.” Ordinò poi glaciale.

Tavington dopo aver fatto il saluto, girò i tacchi e a grandi passi si diresse verso l’uscita della tenda. L’irritazione lo avvolgeva completamente.

* * *

“D-dove mi state portando…?” Mormorò Abigail, quella pistola puntata ancora contro la schiena.

“Sta zitta e cammina!” Ordinò rude l’uomo spingendola in avanti. Per poco Abigail non cadde al suolo. “Saremo contenti di avere una in più di voi.”

“N-Noi?” Ripeté la ragazza leggermente sconcertata.

“Sì, voi.” Rispose il colono stringendole il mento fra le mani ruvide e callose. “Voi puttane.” Sussurrò rivolgendole uno sguardo voglioso.

Il cuore di Abigail perse qualche battito. “Io non sono una-…”

“Sì, dite tutte così all’inizio.” Rispose serafico l’uomo, “Ora cammina!” Ordinò nuovamente spingendola in avanti. La ragazza cadde carponi a terra, l’uomo la spinse avanti con un calcio. “Muoviti!” Esclamò violentemente prendendola per un braccio e rimettendola sui proprio piedi.

* * *

“Capitano Bordon! Capitano Bordon!”

Il Capitano Edward si voltò al suono di quella voce femminile che lo chiamava. Poteva riconoscere Karol a miglia di distanza. La donna si avvicinava verso di lui, correndo, preoccupata.

“Cosa ci fai qui?” chiese lui, rabbioso. Aveva paura, paura che le potesse succedere qualcosa.

“Edward…” Disse lei con le lacrime agli occhi, mentre lentamente riprendeva fiato. “L-la figlia del dottore è scomparsa-…” Mormorò.

Edward scrutò quei grandi occhi marroni. “Cosa stai dicendo? La signorina Fox è all’accampamento.” Replicò duramente.

Karol scosse la testa. “Siamo venute qui entrambe, lei non voleva abbandonare il padre. E’ scappata di nascosto, ma ora non la trovo. Non può essersi allontanata così tanto da sola, credo sia stata rapita…”

“Perché diamine le hai permesso di venire qui!” Esclamò rabbioso Bordon chiedendole spiegazioni.

“Non è questo il momento, Edward!” Replicò altrettanto duramente la donna, cercando di farlo ragionare. “E’ in pericolo, credo sia stata rapita.” Mormorò terrorizzata.

Bordon imprecò numerose volte. Piegò la testa verso il cielo, chiedendosi se potesse andare peggio. “Vieni, non resta che dirlo al Generale.”

“No!” Si impose Karol, “Non possiamo dirlo al Generale, suo padre non può venirlo a sapere, è un patto che ho fatto con lei. La capisco. Devi occupartene tu, Edward.” Lo pregò la donna, sapeva che altrimenti le cose si sarebbero messe male per Abigail e la ragazza non l’avrebbe mai perdonata.

“Io non posso fare niente, Karol. Bisogna dirlo a qualcuno.” Sussurrò piano. “Tavington?” Propose alzando un sopracciglio.

* * *

Abigail non seppe per quanto camminarono in quell’intricato sentiero di rami e foglie e l’attesa per lei fu ancora più snervante per la profonda paura in cui era immersa fin da quando l’uomo le aveva puntato alla testa quella dannata pistola.

Quella volta si era seriamente cacciata nei guai e non poteva tornare indietro. Se suo padre ne fosse venuto a conoscenza e lei era ancora in vita, ci avrebbe pensato lui ad ammazzarla.

Era terrorizzata e sperava in qualche modo di riuscire a cavarsela. Si guardava attorno, in cerca di una via di fuga, ma non poteva fare a meno di ricordarsi che quell’uomo aveva la pistola, mentre lei era disarmata ed inoltre, non conosceva per nulla quei boschi, mentre il suo rapitore, sembrava conoscerli a menadito.

Cosa doveva fare allora? Aspettare e soccombere?

Quell’uomo l’aveva chiamata puttana e dal tono con cui le aveva parlato, Abigail era consapevole che lui non stava scherzando. Come avrebbe fatto a salvarsi ora che era completamente sola?

Chiuse gli occhi cercando di non pensare e per poco non inciampò. Riaprì velocemente le palpebre, quando in mezzo alla radura si aprì uno spiazzo. C’erano numerose case nascoste nel cuore del bosco, un accampamento di coloni.

“Muoviti.” Disse rude il suo rapitore dandole uno spintone per farla proseguire. Abigail obbedì, sempre più terrorizzata.

 

Fu gettata in una stanza buia.

Una cella.

Protestò, urlando, ma tutto fu vano. Degli uomini la spinsero dentro deridendola e chiusero la porta, assicurandola con un potente catenaccio.

La ragazza si abbandonò sulle sbarre, lasciando scendere le lacrime che tutta quella tensione le aveva procurato.

Cos’avrebbe fatto ora, sola?

Si chiese se qualcuno sarebbe venuto a cercarla, ma dubitava che loro riuscissero a trovare la via fino a quel posto. Vi sarebbero potuti incappare per caso, ma quante erano le probabilità che ciò avvenisse?

“Il brutto è la prima notte.”

Una voce la fece sussultare. Era una voce femminile e proveniva dalla stessa stanza in cui era stata rinchiusa.

“Poi vedrai che ti passerà.”

Se la donna che aveva parlato, aveva cercato di esserle di conforto, di certo non c’era riuscita.

 

 

 

 

Un ringraziamento speciale a ragazzapsicolabile91, grazie mille di seguirmi con così tanta assiduità! P.S. scusate a tutti per il ritardo, non accadrà più, promesso! Mi sono portata avanti con tutte le fic e al momento ero sotto esami, quindi, al prossimo capitolo che giungerà molto, ma molto presto!

Un bacio,

Mahoney*

   
 
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