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Autore: marty_ohba    08/09/2010    3 recensioni
Matt si sposa, invitando amici e compagnia bella al suo matrimonio e li lascia per una settimana a Miami... Peccato che per Mihael questa non sarà una vacanza come tutte le altre e si troverà coinvolto in un segreto a lui sconosciuto.
DALLA STORIA:
"«Il mare ha una potenza che pochi conoscono: è crudele e bellissimo, sì… tanto affascinante, totalmente privo di sentimenti…».
«Cosa?», chiesi disorientato.
«Non trovi anche tu?». Non mi lasciò il tempo di rispondere. «I suoi spiriti mi chiamano, la notte».
"Delira”, pensai, mentre tornava a guardarmi.
«Sai, Mihael, che hai il nome di un angelo?», mi interrogò, serio.
Scossi la testa. Non mi ero mai interessato a certi argomenti e dopotutto non capivo cosa potesse significare.
«E allora?».
Strinse gli occhi.
«Questa notte vieni con me»."
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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UN CONCERTO MANCATO

 

La mattina seguente mi svegliai col sole negli occhi. Strizzai le palpebre e mi tirai a sedere.
Dal balcone splendeva un meraviglioso cielo terso, alcune famiglie erano già in spiaggia.
Velocemente mi misi il costume, afferrai una t-shirt nera a mezze maniche e scesi nella hall. Consegnai la chiave al consierge e mi diressi al mio ombrellone.
Sfilai la maglia, mi spalmai di crema abbronzante, inforcai gli occhiali da sole e mi sdraiai godendomi il calore e il relax di quel momento.


Dopo quello che mi parve un attimo scattai su a sedere. Causa: schizzato da qualcosa di gelido.
Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte una Misa con tanto di codini e compagnia bella, e per compagnia bella intendo Linda.
«Misa, fallo un'altra volta...».
Ma lei interruppe la mia minaccia ridacchiando.
«Eddai Mihael, era solo uno scherzo!».
Ma poi, captando il mio umore poco trattabile, capì che era meglio girare al largo, e lei e Linda sparirono correndo verso la tavola oltremare che avevamo di fronte.
Di solito non ero così irritato d'estate, anzi. Solo che non sopportavo quando Misa si comportava da bambina. Erano i mocciosi che non mi andavano a genio.
Le fissai finché non si immersero, poi rinforcai gli occhiali da sole e tornai ad abbrustolirmi.

 

 

 

«Misa muoviti!».
Linda pestò i piedi per terra e sbuffò impaziente. Se mia sorella non si sbrigava avremmo perso il concerto, e questo non rientrava nei piani. Nessuno la batteva in fatto di ritardi. Per prepararsi le ci voleva un'eternità e più!
«Un attimo, sono quasi pronta!».
Si, come no: è quello che dicono tutti per tranquillizzare chi attende e sta perdendo la pazienza. Notizia dell'ultimo minuto: non tranquillizza affatto.
«Misa, se non esci subito butto giù la porta!».

Sentii un lamento proveniente dalla stanza e poi la maniglia si abbassò, permettendoci di ammirare la mia tanto attesa e ritardataria sorella.
Indossava un abito Gothic Lolita nero, calze a rete con giarrettiere, stivaletti con tacchi a spillo (Dio solo sa come faceva a restare in equilibrio), orecchini con la croce, una valanga di collane e bracciali e borchie da tutte le parti.
La guardai allucinato, indicandole perentorio la porta della suite.
«Non se ne parla, tu così non esci! Adesso torni dentro e ti cam-...».
Non avevo nemmeno finito la frase che Linda mi tirò per un braccio, un'espressione da cucciolo ferito stampata in faccia, supplicante.
«Mihael, per favore... siamo già in ritardo! Potete litigare più tardi!».
La fissai, poi scrutai dubbioso mia sorella, che si era aggiunta all'amica nel tentare di supplicarmi. Più che tentare, dal momento che cedetti, sbuffando sonoramente.
«E va bene, ma muoviamoci!».

 




 

«COME STATE GENTEEEEEEE??? SIETE PRONTI A DIVERTIRVIIIIIIIII???».
La folla emise fischi e applausi in un rombo frastornante.
A parlare, anzi, urlare, era stato il vocalist degli Shinigami, Ryuk. Era un tipo molto alto, coi capelli neri gellati all'insù, un sacco di borchie da tutte le parti e un sorriso enorme. Faceva un po' impressione.
Nemmeno un secondo dopo la band attaccò a tutto volume, le ragazze e i ragazzi si scatenavano a ritmo, strillando le canzoni insieme a lui.
Io non li imitai. A dire il vero non mi sentivo molto in vena di metal quella sera.
Mi allontanai dalle due e uscii dall'area del concerto.



 

Passeggiavo per le strade di Miami, affollate come sempre.
Coppiette, gruppi di amici e adulti indaffarati camminavano veloci lungo i marciapiedi.
Dai pub uscivano gli schiamazzi degli uomini che guardavano una partita di football, probabilmente. Eravamo nel pieno della stagione.
Non sapevo nemmeno cosa stavo cercando. Mettevo un piede dopo l'altro, sovrappensiero, con le mani nelle tasche dei miei aderenti pantaloni di pelle nera.
Pensai per qualche momento a Matt e Sayu, sperando che stessero bene, e poi persi il filo dei miei pensieri.

Chissà quanto tempo dopo mi ritrovai sulla spiaggia, a fissare il mare. Era scuro, blu notte. Sulla superficie piana si specchiavano la luna e le stelle con riflessi irregolari e tremolanti.
Mi avvicinai al litorale, stando leggermente dietro alle risacche, la schiuma che imbiancava la costa e tornava indietro.
Seguii il profilo del bagnasciuga, a sguardo basso, il vento leggero che mi scompigliava i capelli.
Poi un movimento ai margini del mio campo visivo mi distrasse: una piccola figura che brillava ai raggi della luna stava sul promontorio poco distante, avvicinandosi sempre di più al confine tra mare e roccia.
Lo fissai distratto, poi la figura allargò le braccia.

Oddio! E' andato di testa!”
Corsi verso la scogliera, fregandomene dei movimenti limitati che mi erano concessi dai miei pantaloni e un attimo dopo ero già sul promontorio, qualche metro dietro la figura.
Realizzai perché brillava sotto la luna: era completamente bianca: abiti, capelli, pelle.
Rimasi incantato a fissarla, distratto dai riflessi argentei della sua chioma candida.
Poi si mosse ancora verso il limite, ed io scattai, afferrandolo per un polso prima che potesse buttarsi.
Il mio gesto lo fece scontrare contro di me, e realizzai quanto quel ragazzino fosse minuto, fragilissimo tra le mie braccia, ispirava tenerezza e innocenza.
Con mia gran sorpresa si strinse a me, singhiozzando. Ero completamente spiazzato.
Tremava come una foglia, le lacrime mi bagnavano il gilet di pelle.
Un po' in imbarazzo gli cinsi la vita, mentre ancora era scosso dai singhiozzi; con l'altra mano gli accarezzavo i capelli, sorprendendomi di quanto fossero soffici al tatto.

Non so per quanto tempo restammo così, ma ad un certo punto il ragazzino – sembrava un bambino da quanto era piccolo – si voltò a guardarmi e rimasi a fissarlo stupefatto: i suoi occhi erano pozze d'onice da cui non riuscivo a staccarmi, il cuore prese a battermi velocemente.
Non avevo idea di che espressione potessi avere, ma non mi posi la questione.
Il ragazzino all'improvviso ruppe il silenzio che si era creato tra noi. La sua voce era calma e senza inflessioni, non pareva che avesse appena pianto.
«Scusami».
Non aggiunse altro, scostandosi da me. Io allentai la presa su di lui, rendendomi conto solo in quel momento di quanto lo stessi stringendo.
Rimase in piedi a qualche centimetro da me, prendendo ad attorcigliarsi una ciocca di capelli col dito, senza smettere di fissarmi.
Era forse in imbarazzo?
Restammo a guardarci ancora qualche secondo interminabile, poi il piccolo abbassò lo sguardo e si allontanò senza smettere di torturarsi i boccoli lattei.
Lo fissai finché non sparì dalla mia vista, ancora scosso da quello scambio di occhiate e scesi di nuovo sulla spiaggia.
Misi le mani a coppa, le immersi nel mare e mi sciacquai con un po' d'acqua, sovrappensiero, pensavo ancora a quel ragazzino bianco.
Cosa stava facendo? Perché voleva buttarsi di sotto? Cos'era successo?
Mille interrogativi mi affollavano la mente, chiedendomi se mai l'avrei rivisto.
L'idea del tempo mi fece ricordare un'altra cosa.
Improvvisamente mi ricordai del concerto, a quell'ora doveva già essere finito! E mia sorella di sicuro stava dando di matto.
Fortunatamente l'albergo era vicino. Cominciai a correre.

 

 

 

«Si può sapere dove DIAVOLO sei stato?!».
Sì, Misa era furibonda: mi fissava torva da sotto la frangia bionda. Linda, dietro di lei, mi fissava apprensivo, come per dire: “Ecco, adesso ti toccherà subire la sua predica”.
Riportai l'attenzione sulla biondina.
«Senti, Misa, ero andato a fare un giro, non ero in vena di metal stasera».
«Con chi?».

La guardai allucinato.
«Come con chi?! Da solo, no?!».
Non pareva convinta.
«Certo, come no! Di sicuro eri con una ragazza!».
«Misa, siamo qui da nemmeno due giorni! Come avrei fatto, eh?».
«Conoscendoti Mihael...».

Sbuffai. Con mia sorella non c'era speranza.
«Potevi almeno chiamare».
Sapevo che la bufera non sarebbe passata finché non le avessi dato ragione.
«D'accordo, questo avrei dovuto farlo».
Poi prima che potesse fare altre domande sulla mia fuga, mi voltai verso Linda.
«E voi vi siete divertite al concerto?».
La risposta le si leggeva in faccia: era contentissima, sprizzava entusiasmo da tutti i pori, le stelline negli occhi.
«Sìì! Pensa che abbiamo avuto anche gli autografi da tutti i membri della band!».
Ammiccai.
«Buon per voi».
E scappai di sopra.

 


 

Una volta in camera mi spogliai in fretta e mi feci una lunga doccia rinfrescante, per schiarirmi le idee. Non servì a molto.
Quel ragazzino continuava a spuntarmi in mente. Sembrava così indifeso… Desideravo stringerlo forte finché sul suo volto vi fosse più stata traccia di tristezza e sofferenza…
E quegli occhi… di un nero così intenso… in quel momento esprimevano terrore e ispiravano tanta tenerezza…
Scossi la testa con forza. Non era così che si comportava Mihael Keehl. Mi stavo rammollendo. Altroché.
Mi diedi dell'imbecille per essermi sentito tanto turbato e mi buttai a letto senza troppi ulteriori pensieri.

   
 
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