Crossover
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Autore: Darik    17/09/2010    1 recensioni
Un omicidio chiaro. Tutto indica chi è il colpevole. Ma quel colpevole è una delle persone più care al mondo per Negi. Chi può aiutarlo nel tentativo di scagionarla? Forse un misterioso e abilissimo detective.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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5° CAPITOLO

“Sono già quattro giorni” commentò Negi mentre preparava la cartella.

Quattro giorni senza poter vedere la sua Asuna.

E chissà cosa stava pensando lei in quel momento.

Si sarà sentita abbandonata?

No, mai! Lui non l’avrebbe mai abbandonata.

Però doveva dimostrarglielo.

E sua madre non voleva accompagnarlo, era ormai evidente.

Sempre impegnata nei suoi affari, e ad ogni tentativo, come pure quella stessa mattinata, rispondeva che in quel momento non aveva tempo.

Non aveva mai tempo.

Basta, Negi non l’avrebbe più aspettata.

E proprio in quel momento si ricordò che c’era una persona capace di accompagnarlo da Asuna.

Ovvero Konoka.


Quando la scuola era da poco finita, e mancavano almeno quattro ore all’appuntamento con L, prima di tornare a casa Negi aveva chiesto a Kotaro di accompagnarlo dall’amica di Asuna.

Tuttavia, a causa di un contrattempo, l’amico poté accompagnarlo quando non mancava molto all’appuntamento col detective.

“Ho comunque il tempo di chiederle questo favore” pensò Negi.

Kotaro si era inizialmente eccitato, perdendo subito entusiasmo quando gli fu spiegato che L non c’entrava nulla.

Negi salì le scale per l’appartamento di Konoka: la ragazza abitava in un attico molto lussuoso, all’ultimo piano di un palazzo di proprietà della famiglia Konoe.

Cosi Eishun Konoe si era assicurato che la figlia non avesse problemi col vicinato.

Il ragazzo si annunciò al citofono e Konoka andò subito ad aprire.

“Negi, che piacere vederti!” esclamò lei abbracciando con forza l’ospite.

“Off, piacere mio. Come stai?”

Konoka lo fece accomodare. “Di salute, bene”.

“Capisco”.

L’appartamento era molto sobrio e raffinato, uno spazio luminoso dove il colore dominante era il bianco. Al centro c’era un grande divano a pois, con cinque cuscini dello stesso colore a coprire lo schienale. Il pavimento era coperto da una morbida moquette bianca. Sul camino c’era una serie di foto che ritraevano Konoka con varie persone amiche.

Negi, sedendosi vicino al divano, diede un’occhiata: lui si aspettava che la maggior parte delle foto riguardassero Asuna. Ma anche se c’era, quasi tutte le foto mostravano la Konoe insieme ad una bella donna, più grande di lei e dall’aria molto professionale.

“Vuoi che ti prepari the e pasticcini?” domandò la padrona di casa.

“No, grazie” rispose Negi, notando come la ragazza avesse gli occhi un po’ arrossati.

“Se vede che è preoccupata per Asuna. Del resto, è stata lei a chiederle di accompagnarla a quella festa, quindi si sente responsabile. E’ davvero una persona sensibile” pensò lui.

Tale pensiero lo incoraggiò. “Senti Konoka, vorrei chiederti un favore”.

“Quale?”

“Mi accompagneresti a trovare Asuna? Ho il forte sospetto che a mia madre non interessi”.

A quelle parole, Konoka impallidì. “Perché… lo chiedi a me?”

“Se andassi da solo, non mi lascerebbero entrare. Ho bisogno di una persona maggiorenne. E poi, tu tieni ad Asuna quanto me, siete amiche, quindi la tua vista la rincuorerebbe di sicuro”.

“Be, questo può essere… tuttavia, io non posso”.

“Eh? E perché?”

“Perché… perché ho da fare. Anzi, proprio adesso mi sono ricordata che ho un appuntamento urgente”.

Konoka tirò fuori una borsetta e sembrò controllare un block notes.

“Ho tanto da fare, torna un’altra volta! Adesso non ho tempo” disse a Negi quasi supplicandolo.

Negi inizialmente rimase assai sorpreso, ma durò poco.

Perché sentendo quelle frasi, già troppe volte sentite a casa sua, qualcosa scattò dentro di lui.

“Adesso basta!” tuonò Negi balzando in piedi.

Konoka sussultò a quella reazione.

“Ma si può sapere cosa vi ha fatto la povera Asuna?! Prima mia madre, adesso tu! Perché, perché volete abbandonarla al suo destino?! Siete talmente disinteressate a lei che non vi preoccupate neppure di trovare una scusa decente!

Mi fate schifo! E mi fai schifo soprattutto tu! Quante volte Asuna ti ha aiutato? Non siete amiche sin da quando eravate piccole? Tutte le volte che ti ha protetta, non contano niente per te? Sembra di no, visto che non vuoi andarla a trovare! E un avvocato, per Asuna non hai voluto trovarlo, vero?!

Te ne freghi di Asuna, proprio tu che tra l’altro sei responsabile di averla accompagnata a quella dannata festa!

Sei un essere spregevole, sei…”

Il rumore di uno schiaffo interruppe lo sfogo di Negi.

Konoka fremeva e piangeva a dirotto. “Come osi?! Dannato moccioso, come osi dirmi questo?! Cosa ne sai della mia vita, di quello che ho passato? Asuna mi ha oppresso, ma comunque le voglio bene. Io non volevo che finisse cosi! E ora fuori! Fuori da casa mia!!” urlò indicando la porta.

Negi, ammutolito e toccandosi la guancia colpita, uscì.

Ritornò da Kotaro.

“Che hai fatto alla guancia?” chiese lui.

“Niente” rispose Negi.


All’orario fissato, e sempre con la copertura ‘cinematografica’ di Kotaro, Negi si recò da L.

Trovò lo strano investigatore seduto, con i piedi nudi sopra la sedia, davanti ad alcuni monitor.

Le gambe erano piegate fino al petto, le mani posate sulle ginocchia, il volto protesto verso gli schermi.

Circondato da vassoi di dolci, L in quel momento stava rimuginando intensamente.

“L, sono…”

L lo bloccò alzando un braccio, poi gli fece cenno di avvicinarsi.

Facendolo, Negi si accorse di cosa L stesse guardando: erano filmati a colori di una festa, con tanto di sonoro, anche se giungeva solo come brusio indistinto.

In un salone che a Negi sembrò familiare.

In un angolo dello schermo, c’era la data.

“Ehi, ma quella… non sarà mica la festa dove è avvenuto l’omicidio?”

“Si” rispose L senza distogliere lo sguardo.

“Dove ha trovato questi filmati?”

Con quella domanda, Negi si rese conto di altri strani dettagli cui in precedenza non aveva dato peso: come faceva L a sapere cosa avevano testimoniato Hasegawa e Masters? E come aveva ottenuto la cartella clinica dell’uomo?

La polizia aveva messo una barriera alle informazioni, per impedire il caos mediatico.

Nessuno conosceva i dettagli.

L prese alcuni confetti, iniziando a mangiarli uno alla volta. “Ho le mie fonti. Successo niente, oggi?”

“Perché me lo chiede?”

“Hai la guancia rossa”.

“E come fa a saperlo? Non si è mai voltato verso di me”.

L indicò uno dei pochi monitor spenti.

Sulla sua superficie era riflessa l’immagine di Negi.

Tuttavia era una superficie piuttosto scura, quindi non era proprio come guardare in uno specchio.

Eppure…

“Incredibile!” pensò Negi toccandosi quella guancia.

“E’ stata tua madre?”

La domanda di L sorprese Negi. “No, non è stata lei. E poi, come fa a sapere che sto con mia madre?”

“Questo non lo sapevo” ammise L “Tuttavia il rossore dimostra che si tratta di uno schiaffo recente. Difficilmente possono avertelo dato a scuola, sei un ragazzino troppo beneducato, più probabile che sia successo dopo la scuola. E la quantità di rossore indica che si è trattato di una mano femminile. Un maschio avrebbe lasciato un segno maggiore”.

“Niente male. Comunque non è stata mia madre. Non ne avrebbe nemmeno l’occasione”.

“Problemi con lei?”

“Anche se fosse, non sono affari suoi”.

“Si, hai problemi. Dimmi solo una cosa: tu sei nato dopo nove mesi dal matrimonio?”

“Be, si”

“Quindi non sei nato né troppo presto né troppo tardi?”

“Si, ma cosa c’entra?”

A quel punto accadde una cosa strana: L sorrise.

Un sorriso rassicurante.

E cosa ancora più incredibile, gli mise una mano sulla testa e delicatamente ci picchiettò sopra col palmo.

Un gesto che di solito si fa con i cani, ma viste le stranezze di L, era ovvio che non intendeva offendere.

Quello era un gesto di affetto.

“Tranquillo, tutto si sistemerà. Dai tempo al tempo”.

Prima che Negi potesse dire qualcosa, L ritornò serio e dai confetti passò ad altri dolcetti. “Hai parlato con una persona che poi ti ha colpito?”

“Si”.

“E come mai? Riguarda Asuna?”

“Infatti. E’ la persona che Asuna ha accompagnato alla festa”.

“Ovvero Konoka Konoe”.

“Come lo sa? No, non lo dica… ha le sue fonti”.

“Esatto. Avete litigato?”

Mentre Negi raccontava, L poggiò la punta del pollice sul labbro inferiore.

“Fino a ieri” continuò Negi “ non avrei mai sospettato di Konoka. Voglio dire, mi è sempre sembrata una persona onesta e sensibile, nonché grande amica di Asuna, che sin da quando erano piccole l’ha sempre protetta e aiutata. E invece… “

“Interessante” commentò L versandosi del the in una tazza, in cui infilò alcuni cubetti di zucchero. Poi mescolò il tutto usando un leccalecca a gusto the. “Soprattutto la reazione di Konoka: rabbia e lacrime. E le ultime due frasi: ‘Asuna mi ha oppresso, ma comunque le voglio bene’ e ‘Io non volevo che finisse cosi!’. Come se, secondo le sue intenzioni, sarebbe dovuto succedere altro”.

“Sta insinuando che Konoka ha voluto incastrare Asuna per omicidio e poi si è pentita?”

“La prima cosa, no. La seconda, si. Hai notato altri particolari?”

“Be, che forse Asuna non è neppure la sua migliore amica. A casa sua, Konoka tiene tante foto, e la maggior parte la ritraggono con una donna che non conosco, più grande di lei ”.

L si voltò di scatto verso Negi. Lo guardò con occhi penetranti. “Sapresti riconoscere quella donna?

“Ecco” Negi arrossì per l’imbarazzo “Penso di si”.

Premendo i tasti del computer con solo la punta degli indici, L attivò dei programmi di ricerca, e i filmati della festa iniziarono a scorrere avanti.

Inoltre ci fu uno zoom che permetteva di scorgere i volti.

Ma anche cosi per Negi erano solo una massa di volti anonimi che si muovevano a velocità innaturale.

“Eccola!” esclamò L.

Zoomando ulteriormente, inquadrò Konoka che stava parlando con una persona, una donna.

“E’ lei?” chiese L.

“Si. Ehi, quella è Asuna!” esclamò Negi.

Vedendola in quelle immagini, ancora felice, sentì una stretta al cuore.

E accarezzò lo schermo.

I due videro Konoka ricevere un bicchiere dalla sua conoscente e portarlo ad Asuna.

Poi si vide Takamichi accompagnare Asuna fuori dal salone, Konoka si riavvicinò alla donna con cui si era intrattenuta prima. La conoscente però era andata al bagno insieme ad un uomo.

Visto ciò, Konoka cominciò a gironzolare per la sala.

L’ora del video indicava che erano le undici e trentaquattro.

Dieci minuti dopo, gli invitati si spostavano all’esterno, ma Konoka rimase dentro, passeggiando senza una meta.

Alle undici e cinquantotto le suonò il cellulare, la ragazza lasciò la sala.

E non apparve più.

L fece tornare l’immagine su quella donna, mise in pausa e la scrutò, mettendosi di nuovo il pollice sul labbro.

“Quella è una famosa giornalista, e lavora per Sakura Tv” spiegò il detective “Si chiama Kiyomi Takada. La sua presenza lì è dovuta al fatto che Sakura Tv era tra gli sponsor della festa. Questo perché è tra i finanziatori di Tokyo-Sol. Parecchie personalità di quella rete erano a quella festa. E…”

Il volto di L si illuminò: muovendo le dita con incredibile agilità richiamò alcuni dati: il curriculum di Masters e Hasegawa.

“Entrambi sono diventati famosi lavorando a Sakura Tv. Come pure Takamichi. Poi hanno cambiato rete, ma questo non impedisce che siano rimasti vecchie amicizie. Il cambio di rete è avvenuto sette mesi fa e loro si sono trasferiti in quegli appartamenti, secondo i dati, proprio sette mesi fa. Takamichi solo due mesi fa”.

“Sta dicendo che quella Takada può c’entrare con l’omicidio?”

“Vedremo. Intanto vediamo cosa ha fatto durante la festa”.

Le immagini tornarono indietro, lo zoom si concentrò su Takada e il suo accompagnatore.

La donna, che aveva una grossa borsetta, entrò in uno dei bagni, mentre l’uomo, piuttosto corpulento, con occhiali e baffi, rimase fuori ad aspettarla.

Aspettando, fermò uno di passaggio e gli chiese qualcosa.

“Non si sente niente” obbiettò Negi.

L premette altri pulsanti: sull’immagine si aprì una finestra, attraversata da una linea rossa deformata da picchi.

Apparve poi un’altra linea, collegata da una freccia al punto del filmato che interessava loro.

La seconda linea fece sparire la prima.

“Ho isolato, dai rumori della festa, quelli che ci interessano” spiegò L.

“Dove li prendi tutti questi congegni?”

L guardò Negi e sfoderò uno strano sorriso, da bambino furbetto.

Poi tornò a concentrarsi sul filmato.

****

L’uomo sembrava fare la guardia al bagno dove si trovava Takada.

Fermò una persona che passava di lì.

“Scusi, ha una sigaretta?”

“Certo” rispose l’altro porgendogliene una da un pacchetto.

“Scusi un momento, chiedo anche al mio capo”.

Aprì lievemente la porta, infilando di poco la testa nella spazio creatosi e mise una mano sul bordo della porta, con le dita piegate verso l’interno del bagno, per tenerla ben ferma.

“Miss Takada, vuole una sigaretta?”

“No, grazie, è meglio se non fumo” rispose una voce di donna proveniente dall’interno del bagno.

“E’ sicura che non vuole aiuto?”

“Tranquillo, Demegawa. Sono sicura che tra poco mi passerà”.

Demegawa congedò l’uomo delle sigarette. “Sarà per la prossima volta”.

Rimasto solo, continuò ad aspettare.

Un gruppetto di signore si avvicinò al bagno. “Oh, scusate, signore. Ma devo chiedervi di aspettare o di usare un altro bagno” intervenne lui.

“E perché, scusi?” domandò una delle invitate.

“Il bagno è occupato da una persona molto gelosa della sua privacy”.

“Ovvero?”

“Kyomi Takada”.

A quel nome, le signore si guardarono e si allontanarono.

Finalmente Takada uscì dal bagno.

“Mi potresti dare un bicchiere d’acqua?”

“Subito”.

Demegawa fermò uno dei camerieri che stava per raggiungere gli ospiti da poco usciti.

Prontamente il cameriere andò a prendere una bottiglia d’acqua e un bicchiere e li porse a Demegawa, che a sua volta li portò alla Takada, in attesa davanti alla porta del bagno.

Dopo aver bevuto, i due raggiunsero gli altri ospiti.

****

“In quel momento erano le undici e cinquantanove” annotò L.

“Sembra che possiamo escludere anche lei” disse Negi.

“Andiamo” disse L.

“E dove?”

“Al palazzo della festa. D’altronde il bar di ieri sera era davvero ottimo”.


“La situazione sta diventando troppo pesante! Basta!” esclamò Konoka al telefono.

“Cara, ti ho già detto di avere pazienza. Le cose andranno bene, vedrai” rispose la voce dall’altra parte.

“Ma come bene?! Asuna è stata arrestata e incriminata! Se avessi saputo che le cose finivano cosi, non ti avrei mai detto di si!”

“Io ho solo cercato di venirti incontro. L’approvazione e l’ispirazione sono venute da te. Comunque non posso negare una mia parte di responsabilità, lo ammetto”.

“Che tu lo ammetta è il minimo! Sei tu che hai sbagliato i calcoli!” strillò Konoka mettendo giù bruscamente la cornetta.

“Asuna! Asuna! Mi dispiace tanto!” esclamò la ragazza tra le lacrime.


Asuna guardava il cielo dalla finestra della sua cella.

La cella era piccola, con solo una brandina, un tavolino e uno sgabello.

Doveva già ritenersi fortunata che l’avessero portata in cella d’isolamento, lontana dai veri criminali.

Una buona cosa, che tuttavia compensava poco il fatto che il giudice non avesse concesso la cauzione.

Ma quello che l’angosciava veramente era ben altro: nessuno era venuta a trovarla dal giorno dell’arresto.

Aveva tanti amici e amiche.

Perché nessuno veniva?

Soprattutto, perché non venivano Negi e Konoka?

Possibile che l’avessero abbandonata?

Impossibile, loro la conoscevano e sapevano che non poteva essere un assassina.

Però le cose stavano davvero cosi?

Nella sua memoria di quella sera c’erano cosi tanti buchi, che sotto sotto cominciava a chiedersi se davvero non fosse lei la colpevole.

Aveva ucciso Takamichi, magari per difendersi e in preda ad un delirio dovuto alla droga?

E poi aveva dimenticato tutto, come succede agli ubriachi?

Scosse la testa e si portò le mani al viso.

“Dio mio, perché mi succede questo?”

Si ridestò e guardò l’orologio. Mancavano quindici minuti all’incontro con il suo avvocato, per la strategia difensiva.

Obata si considerava abbastanza ottimista.

Lei invece, temeva di non saper più cosa pensare.

 

  
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