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Autore: Lady Of The Flowers    19/09/2010    3 recensioni
“Vuoi andare a New York, vero?”
Un viaggio, Matt e Dom (con la partecipazione della famiglia Wolstenholme) e la scoperta del loro amore.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed ecco anche il secondo capitolo, anche se non mi convince molto.

Spero di riuscire ad aggiornare almeno una volta a settimana, ma con la scuola che è iniziata (purtroppo) la vedo dura anzi, durissima. Anche perché non ho ancora le idee molto chiare su quello che succederà, quindi devo aspettare quella dannata ispirazione e spremere le mia testolina. Abbiate pazienza. 

Subito i ringraziamenti: 

Deathnotegintama: La prima recensione! :3 Ti ringrazio davvero tantissimo. Felice che ti sia piaciuta e che tu abbia apprezzato anche il discorso iniziale sull’egoismo. Non sai che piacere, spero di non deluderti con questo capitolo!

Lilla Wright: Oh Saint Jimmy! *-*(Cit. xD) Come sei stata carina! Sono contenta che ti sia piaciuta, spero continuerai a seguire. Grazie mille dei complimenti! 

 patri_lawliet: Oooh, ma grazieee! E’ bello sapere che è piaciuta anche a te! E si, quei due sono assolutamente la coppia perfetta! Pucciosi loro! Ti aspetto ancora. =)

 WhereIsMyMind: Wow! Che onore essere recensita da te! Davvero, non me l’aspettavo. Sono estremamente felice di essere riuscita a coinvolgerti, spero continuerai a leggerla e che questo capitolo non ti deluda. ^^


Ne approfitto per farvi i complimenti per quelle meraviglie che state scrivendo, Deathnotegintama e
 patri_lawliet.


Spero davvero che questo piccolo delirio continuerà a piacervi.
Baci a tutte! E ancora grazie. <3


E ora, buona lettura.

 

Capitolo 2.

 

“Matt…” Sussurrò la voce di Dom suadente mentre tendeva una mano verso il viso di Matt che in quell’istante aveva sollevato il capo. Gli occhi fissi nei suoi.
 Le dita percorsero lentamente la sua pelle chiara, sfiorandola, quasi come se Dominic riuscisse a percepire che era incandescente, proprio come la sentiva Matt a quel tocco vellutato.
“Ci crederesti se ti dicessi che mi sto innamorando di te?”

 
Un movimento brusco e un respiro affannoso e spaventato svegliarono Dom, che si voltò lentamente e aprì gli occhi appannati.
La luce mattutina proveniente dalla finestra rischiarava un poco la stanza, dandogli la possibilità di intravedere Matt seduto al suo fianco con la testa fra le mani che borbottava qualcosa a bassa voce.
Si sollevò e si sporse verso l’amico.
“Matt? Tutto bene?” Chiese preoccupato.
Matt sobbalzò. Non si era accorto che Dom si era svegliato.
“S-sì, bene.” Mentì ancora scosso. “Un brutto sogno.”
“Cos’hai sognato?”
“Non ricordo, ma mi ha spaventato.” Mentì di nuovo, ma stavolta solo per metà.
Dom lo guardò confuso poi decise di lasciar perdere. Oh, ma chi se ne frega. E’ mattina ancora, se non me lo vuole dire fatti suoi. Io torno a dormire. Buonanotte cervello! Anzi, buon mattino. Scelse così di ritornare a dormire, poiché ancora stanco, visto anche, che quella notte aveva dormito poco e niente. Aveva continuato a pensare, pensare e pensare. Matt, abbraccio, le sue labbra sul mio collo: brividi. Matt, abbraccio e le sue labbra sul mio collo: brividi. Non è una cosa normale. Era riuscito ad addormentarsi solamente verso le quattro, quando ormai gli occhi si chiudevano da soli.
“Che ore sono, Matt?” Chiese poi il batterista mentre si riaccococcolava tra le coperte color panna.
Matt si voltò verso il comodino, gli occhi puntati sulla sveglia.
“Le otto e mezza passate da poco.” Rispose alzandosi dal letto velocemente.
“No!” Urlò Dom appena Matthew tirò le tende ed aprì la finestra lasciando intravedere il Lago e facendo entrare una folata di gelo.
“C’è puzza qui dentro!” Disse in sua discolpa.
“Ma se avessi voluto dormire ancora?” Chiese stizzito il biondo mentre si copriva gli occhi dalla fastidiosa luce proveniente dalla finestra.
“Dai alzati, pigrone!” Ridacchiò Matt saltando sul letto al fianco di Dom.
“Mmm!”
“Su dai, non è presto.” 
Questo lo dici tu! E’ prestissimo! E per me presto sono le dieci.” Spiegò Dom.
“Dai, vieni a fare colazione con me…” Disse Matt facendo gli occhioni dolci. “Non vorrai farmi mangiare da solo, vero?”
“Uffa però!” Sbuffò Dominic spostando le coperte e mettendosi a sedere.
“Sì!” Esultò Matt. “Colazione qui o al bar?”
“Al bar! Mi pare ovvio. In più che mi hai fatto alzare prestissimo mi vuoi pure rifilare una colazione di merda di quelle che prepari tu? No, no per carità. Meglio il bar.” Rispose sghignazzando Dom.


                                                                            *

 

“Forse hai solo bisogno di cambiare aria, Matt.” Disse Dominic mentre sorseggiava il suo cappuccino.
“Sì, credo anche io.” Rispose il cantante disinteressato, scrutando un giornale italiano di cronaca senza capirci un’acca.
“Allora partiamo, no?”
Ecco, lo sapevo. Ci avrei scommesso che voleva andare a New York e che avrebbe trovato il modo di convincermi. Ma… Uhm… Che c’è scritto qui?
“Vuoi andare a New York, vero?” Chiese Matt scocciato senza neanche rivolgere lo sguardo a Dom, essendo ancora impegnato a ‘leggere’ il giornale e a cercare di capire qualche parola, ma più che altro a guardare le figure.
“Sì, se devo essere sincero.”
“Ci avrei messo la mano sul fuoco.”
“Lo sai che mi piace viaggiare, e poi te l’ho già detto, hai bisogno anche tu di cambiare aria ogni tanto. L’Italia è bella, ok però che palle dopo un po’.” Disse Dominic.
“L’Italia è fantastica, punto. E quella merda degli Stati Uniti non sono niente a confronto.” Rispose Matt secco.
Dom alzò le mani in segno di scuse, mentre in bocca teneva un pezzo di croissant alla marmellata che gli stava inesorabilmente colando lungo il mento.
Matt alzò gli occhi e guardò il biondo sorridergli mentre deglutiva l’ultimo pezzo di briosce, ignaro di essere completamente sporco. Il cantante scoppiò a ridere.
Dom si guardò attorno imbarazzato.
“Che c’è, Matt?” Chiese a bassa voce.
“Sei tutto sporco, scemo.” Disse fra una risata e l’altra.
Poi allungò la mano e con un tovagliolo pulì delicatamente la bocca all’amico che era ancora rosso in viso.
“Ah, umh… Grazie.” Rispose Dom sotto lo sguardo divertito di due ragazze che passavano di lì.
“In realtà avrei preferito lasciarti andare in giro così, ma sono un bravo bimbo…” Disse Matthew con un sorrisetto furbo sulle labbra.
Dom gli lanciò un’occhiataccia, poi si alzò, facendo strisciare la sedia e provocando un rumore quasi assordante.
“Che fai, Dom?”
“Vado a pagare e poi me ne torno a casa.”
“Ma aspetta un attimo, no? Cos’hai il pepe nel culo? Ti sei arrabbiato?” Disse Matt ridacchiando.
“No.” Rispose Dom facendo una smorfia. Poi si fece cadere a peso morto sulla sedia, di nuovo. Passarono alcuni minuti in silenzio.
Matt era tornato a ‘leggere’ il giornale senza guardare neanche di striscio il suo batterista che, innervosito, aveva incominciato a spezzettare un tovagliolino spargendo pezzettini di carta su tutto il tavolo.
Dominic sbuffò, cercando di attirare l’attenzione, ma in risposta niente, nemmeno un cenno del capo da parte di Matt.
“Dio, che palle.” Disse a bassa voce, ma quel tantino alta per farsi udire dal suo obbiettivo.
“Che stress che sei!” Sbottò Matthew. “Si può sapere cos’hai stamattina?”
“Nervoso, sono nervoso.”
“E perché?” Chiese il moro piegando il giornale e sistemandolo sul tavolo sotto le sue braccia, seguito da un sorrisone di Dom che non vedeva l’ora di poterlo guardare bene in faccia, senza dover vedere solamente la sua fronte.
“Voglio andare via di qui, potrei diventare più depresso di te se ci rimango ancora per molto.” Disse Dom deciso a non arrendersi ad andare a New York.
“Ripeto: sei uno stress.” Rispose Matthew roteando gli occhi. “Vuoi andare a New York? Vai a New York! I biglietti sai dove sono.”
Dom ci rimase un po’ male, un po’ troppo.
“Ma io non voglio andarci da solo, ti voglio con me.”
“Io non ho voglia di partire.”
“Oh, certo! Rimani qui ancora a deprimerti finché non ti vorrai suicidare. Continua pure a passare le tue serate a piangere e a pensare a quella… Quella… Insomma, quella cosa indefinibile che ti ha lasciato!” Ringhiò Dominic stritolando fra la mano stretta a pugno un altro tovagliolino di carta che faceva parte della miriade uccisa quella mattina. “Che grandissima stronza approfittatrice e tu a starci male...” Pensò poi ad alta voce.
Matt strabuzzò gli occhi, si massaggiò le tempie, facendo finta di non aver sentito l’ultima frase di Dom. Sapeva che non gli andava molto a genio, ma fino a quel momento non l’aveva mai insultata.

Sei un egoista! Quante volte vuoi sentirtelo dire ancora?
Lo sai che ha ragione, che probabilmente potresti lasciarti andare un po’, rilassarti e sentirti meglio. Respireresti un’aria diversa, un’aria non impregnata dal profumo di colei che ti ha svuotato la vita. 
Fidati di lui, adesso. Fallo felice anche tu, come lui fa con te.
Non farlo andare via, perché sai che lo farà stavolta.
E tu vorresti rimanere solo?
Rischiando di venire risucchiato dal vortice di quelli che sono i tuoi pensieri autodistruttivi? Un’altra volta?
Poi ti pentirai di averlo lasciato partire.
Devi uscire da questa situazione avvelenata, devi reagire. Ora. 

Dominic diede un’ultima occhiata a Matt, che stava ancora con la testa abbassata fra le mani, in cerca di qualche risposta. Poi si alzò, stando attento a non strisciare la sedia per evitare di essere guardato male da tutto il bar per la seconda volta. Andò alla cassa, pagò ed uscì, facendo il tutto senza che Matthew se ne accorgesse. O forse se n’era accorto ma aveva fatto finta di nulla, probabilmente per rimanere solo.
Si incamminò verso casa, il cappuccio tirato su e un’andatura veloce.
Il cielo si stava facendo scuro, il sole stava sparendo lasciando spazio ad un ammasso di nuvole grigie e gonfie d’acqua.
Non vuole venire? Pace. Io ci vado da solo. Che se ne stia pure qui a…
I pensieri di Dom vennero interrotti da un grido. Si voltò.
“Dom! Dom! Aspetta, cazzo!” Matt veniva verso di lui a grandi falcate, quasi correndo. Alcune persone si erano voltate a guardarli.
Il batterista si fermò dopo aver girato l’angolo, si appoggiò al muro ed aspettò che l’amico lo raggiungesse. Matt finalmente comparve e Dom lo acchiappò per il cappotto trascinandolo vicino a lui. “Dom!” Urlò di nuovo, spaventato.
“Finiscila di urlare! Vuoi farti riconoscere da tutti?! E copriti un po’! Se qui passa qualche ragazzina siamo fritti.” Disse Dom irritato mollando la presa.
Matt si risistemò, lisciando la parte della cappotto che si era stropicciata stretta nella mano di Dominic.
“Beh, che c’è?” Chiese poi il batterista scocciato.
“Partiamo. Domani mattina.”
Dom rimase di stucco. “Dici sul serio?”
“Credo di sì.” Tentennò Matthew sotto lo sguardo attento del biondo. “Anzi, si e basta.”
Dominic lo abbracciò, gli buttò le braccia al collo e strinse forte.
“Un po’ me lo sentivo che non mi avresti lasciato andare da solo. Grazie, Matthew.”
Matt sentì il fiato caldo dell’amico sul collo, i suoi capelli biondi che glielo pungevano e una voglia pazza di tenerlo ancora di più vicino a sé che lo invadeva. E così fece, intrecciando le braccia dietro la schiena di Dom e stringendo di più. Rimasero ancora per diversi secondi in quella posizione, sotto gli sguardi curiosi e pettegoli dei passanti.
“Ok, però adesso lasciami.” Farfugliò Dom mostrando un leggero sorriso imbarazzato. Matt arrossì di colpo.
“Oh, scusa…” Disse mollando la presa e indietreggiando di un passo.
Una goccia atterrò sul naso di Dominic, che subito rivolse lo sguardo verso il cielo. “Temporale in arrivo.” Cantilenò poi. “Diamoci una mossa.”
Matt ringraziò mentalmente quella goccia, che lo aveva appena salvato da un momento di puro imbarazzo, dagli occhi di Dom fissi nei suoi e dalla voglia di riabbracciarlo ancora, aveva avuto paura di lasciarselo scappare, così.
Si incamminarono verso la villa, ma non fecero in tempo a fare neanche una decina di metri che le gocce si erano intensificate cominciando a bagnarli, a inzuppargli scarpe e cappotti.
Arrivarono a casa fradici.
 

                                                                       *

Le gocce cadevano copiosamente dal cielo schiantandosi a terra e contro i muri della villa.
La finestra di una delle camere da letto era completamente puntinata da quelle piccole bollicine d’acqua che scivolavano giù lentamente, in modo quasi angosciante, rincorrendosi e sfuggendo l’una all’altra.
Una chioma bionda si intravedeva dietro di esse, fare avanti ed indietro all’interno della stanza, scomparendo e ricomparendo ad intermittenza. Ad un tratto si bloccò davanti alla finestra. La spalancò ed inspirò profondamente sporgendosi dal davanzale e lasciando che la pioggia gli bagnasse il viso. Aveva chiuso gli occhi e passava le dita da una parte all’altra del marmo di cui era composto il davanzale, giocherellando con l’acqua, divertendosi ad accarezzarla.
“Dom! Che fai?” Urlò Matt dal basso, in giardino.
Tornava dalla spesa, era andato a comprare qualcosa per cenare. L’ultima cena in Italia. Fino a quando non sarebbero ritornati a casa, ossia, una settimana dopo. Non era poi così tanto tempo, ma a lui sembrava una vita e non essendo ancora molto sicuro di quello che aveva deciso di fare, preferiva sentirsi a casa fino in fondo aspettando la partenza.
Dominic sobbalzò e spalancò gli occhi, si guardò in giro un attimo e poi finalmente lo inquadrò sotto l’ombrello nero, che gli sorrideva con in mano un sacchetto di plastica bianco.
“Eh?” Chiese il batterista invitando Matt a ripetere quello che aveva appena detto.
“Che stai facendo?” Urlò ancora scandendo le parole.
“Ah!...Emh, niente! Prendo un po’ d’aria.” Spiegò Dominic imbarazzato, colto in fragrante mentre pensava ai fatti suoi. Matt, abbraccio, brividi. Di nuovo.
“Chiudi va! Che se no entra l’acqua!” Disse poi il moro scuotendo la testa divertito e avviandosi in casa.
Dom lo guardò sparire sotto il portico, poi fece come lui gli aveva appena detto: chiuse la finestra. Subito dopo si buttò sul letto, al fianco della valigia che stava preparando.
Un braccio sugli occhi e l’altro lasciato cadere accanto al fianco sinistro, il respiro irregolare.

No, non è possibile. Non può essere. Non è vero, no che non lo è. Si passò un mano sulla pancia, sotto la felpa pesante e cominciò ad accarezzare la pelle attorno all’ombelico. Lo rilassava. Eppure è così, lo sembra sul serio. Sembra davvero che io abbia i primi sintomi di una cotta adolescenziale. Si diede un pizzicotto. Voleva assicurarsi di non sognare, di non star vivendo chissà quale strana realtà. Santo cielo, no! No! Ma cosa…
Matt aprì la porta della stanza di colpo ed entrò, mettendosi di fronte al letto dove Dom adesso stava seduto sull’attenti con il batticuore. Ok, questa ne è la prova: il batticuore appena lo vedo. Ma che mi sta succedendo?
Matthew lo guardava sorridente. “Allora? Vedo che hai già iniziato a preparare la valigia…” Incominciò a dire mentre scrutava tra i vestiti posti dentro di essa con cura maniacale dal batterista. “Come sei ordinato..., ma che voglia hai di metterli dentro tutti così bene?” Chiese poi sfiorando gli abiti sopra alla pigna.
“Se poi non vuoi metterteli stropicciati, è il minimo.” Rispose il biondo giocherellando con le dita agitato da quella situazione, che poteva apparire così normale ad un occhio esterno ma che per lui, nel profondo, non lo era.
“Umh, già.” Continuò disinteressato Matt.
Si sedette accanto a Dom che subito si spostò di qualche centimetro, ponendo una distanza di sicurezza. Il cantante lo guardò confuso poi abbozzò un sorrisetto.
“Stasera ti preparo una cenetta coi fiocchi.” Annunciò tutto orgoglioso battendo le mani.
Dominic pensò subito alla pasta. No, la pasta no. Sono tre settimane che mi fa andare avanti a carboidrati. Ti prego, ti prego, fa che non sia la pasta.
“Che cosa mi cucini?” Chiese Dom incrociando le dita dietro la schiena sperando di scampare, per almeno una volta, agli spaghetti al ragù.
“E’ una sorpresa, non te lo dico.”
Il biondo si passò una mano tra i capelli, frustrato. Sì, mi fa la pasta. Tenterà di cucinare un sugo nuovo, diverso, ma alla fine farà la pasta. Me lo sento. “Ah! E non venire in cucina finché non te lo dico io, mi raccomando!” Aggiunse il moro.
Dominic annuì e si portò una mano alla fronte, facendo il saluto militare. “Sì signore! Ai suoi ordini, signore.”
Matt ridacchiò. Allungò una mano e la passò fra i capelli dell’amico, scompigliandoglieli. “Io scendo allora, mi metto all’opera!” Esclamò poi tirandosi in piedi. “A dopo, Dom.”
Si allontanò dal letto ed aprì la porta.
“Matt!” Gridò Dominic prima che lui uscisse.
“Sì?”
“Ti prego, ti prego, ti prego! Dimmi che non fai la pasta!” Disse implorandolo con le mani giunte.
“No, sei salvo.” Ridacchiò il moro che poi mandò un bacio a Dom che lui fece finta di afferrare e posarselo sulla guancia.
“Adieu.” Salutò poi Matt chiudendo la porta.
Dominic si ributtò all’indietro, lasciandosi cadere con la testa sul cuscino. Ho ancora il batticuore. No, aspetta un secondo, non è che mi sta venendo un infarto? Sorrise, da solo. Si sentì uno stupido. Passò le braccia sopra la pancia circondandosi il busto e si strinse, abbracciandosi. Macché infarto e infarto, qui è tutta un’altra questione. Rimase a fissare il soffitto per qualche minuto. Poi per un attimo ruppe il silenzio che si creato, sbuffò e si allungo a spegnere la luce. Con un dito arrivò all’interruttore e premette.
Un click e tutto si spense: colori, luce e anche Dominic insieme ai suoi mille pensieri.

 

                                                                                                  *

 

Matthew stava seduto sul divano, con le braccia conserte, picchiettando a terra col piede a ritmo di qualche canzone. Ogni cinque secondi, con precisione quasi maniacale, guardava l’orologio Cartier che aveva al polso. Sono le sette e mezza passate, perché non scende?
Continuava a picchiettare con la punta del piede sul tappeto beige, sta volta non più a ritmo di una canzone, ma a ritmo della frustrazione che stava prendendo possesso di lui.
Dom, al piano di sopra, navigava su Internet da circa mezz’ora ormai. Passava da un sito all’altro, senza nemmeno sapere cosa cercare, giusto per passare il tempo. Ma quanto ci mette? Sono tre ore che è impegnato a preparare chissà cosa. Ho fatto in tempo a dormire, a lavarmi e a leggere praticamente tutti i commenti dell’ultimo mese sul nostro Forum.
Il batterista chiuse il portatile bianco che teneva in braccio di scatto. Si alzò, lo appoggiò e deciso a scendere, attraversò la stanza ed aprì la porta. Di fronte a lui, Matt.
“Ma allora sei vivo!” Esclamò il moro tutto contento dandogli un leggero pugno sulla spalla.

Io veramente pensavo che quello defunto e sotterrato fossi tu.” Scherzò Dominic seguendo l’amico giù dalle scale. “Quanto cazzo ci hai messo?” continuò poi una volta arrivati al piano terra.
Matt si voltò e con uno sguardo irritato fulminò Dom. “Io ti avevo detto…”
“Tu mi avevi detto che mi avresti chiamato quando saresti stato pronto!” Lo anticipò il biondo strafottente.
Matthew abbassò la testa e riprese a camminare. Che figura di merda, come ho fatto a non ricordami?
“Hai ragione, scusa.” Disse poi facendo un sorrisone a Dominic, che ricambiò.
“Beh, sei pronto?” Chiese Matt una volta davanti alla porta a vetri della sala.
“E’ una cena normalissima, per cosa dovrei essere pronto?”
“Adesso vedrai.” Rispose il moro con un ghigno.
Aprì la porta della sala e…
“Le candele?!” Domandò Dominic esterrefatto, ma anche compiaciuto.
Poi il suo cuore cominciò a battere più forte, quando si accorse di Matt che lo stava squadrando da capo a piedi. “Che c’è?”
“Scusami eh! Ti ho preparato una bella cenetta, sono tutto in tiro e tu... Tu vieni giù in tuta?”
Dominic si guardò per qualche secondo poi passò a Matt che indossava una camicia bianca e dei pantaloni di raso neri.
“E allora? E’ bellissima questa tuta!”
Matthew alzò un sopracciglio e scosse la testa. “Non hai gusto, caro mio.”
“Io non ho gusto?! No, ma sai con chi stai parlando?!” Ringhiò il biondo.
“Sì, con SpiderDom.” Ironizzò Matt, divertito.
“Lascia stare SpiderDom! Vogliamo litigare su chi si veste meglio?” Chiese Dom già pronto al conflitto.
“No, perché tanto vincerei io.” Rispose altero il cantante con le braccia conserte.
“Non è vero.”
“Sì che lo è.”
“No che non lo è.”
“Mangiamo.” Terminò la discussione Matt.
Dominic sbuffò facendo roteare gli occhi. “Ok.” Cantilenò poi.
“Si sieda, Monsieur.” Lo invitò il moro spostandogli la sedia.

Ma cos’è, una cena romantica? Oddio santo. Già ho le idee confuse per conto mio, poi se si mette pure a fare queste cose…
Dom si sedette e lanciò un’occhiata spaventata all’amico che sembrava felice come una pasqua.
“Arrivo subito, vado a prendere gli antipasti e torno.” Annunciò.
Il batterista si guardava attorno. Un piccolo candelabro al centro della tavola, i piatti disposti in modo assolutamente simmetrico, come anche posate e tovaglioli e una bottiglia di vino bianco ancora appannata, essendo stata messa in frigo, che catturò più di tutto il resto la sua attenzione. Cominciò a scrivere alcune parole al fianco dell’etichetta, passando il dito da un’estremità all’altra. Si ritrovò a scrivere un nome: quello del suo migliore amico, Matt.
Appena la porta si aprì Dominic fece presto a cancellare il tutto, ed accorse ad aiutare il cantante che pareva leggermente in difficoltà con due piatti da una parte e due dall’altra e un cucchiaio in bocca dalla parte del manico.
“Ce l’avrei fatta anche da solo.” Disse piano.
“Sì, certo come no.” Replicò Dom appoggiando i due piatti sul tavolo, seguito da Matt.
Poi focalizzò l’attenzione sul loro contenuto. 
Pesce!” Esclamò entusiasta. “Oh, grazie! Grazie! Finalmente qualcosa di diverso!” Continuò schioccando un bacio sulla guancia di Matt che arrossì contro ogni sua volontà.
Dom tornò al suo posto mentre Matthew si sedette di fronte a lui.
“Sei tutto rosso.” Esordì il biondo.
“Non è vero.”
“Invece sì.” Ridacchiò Dom. “Sei carino.” Disse poi, pentendosi all’istante. Ma che ho detto?! Chissà cosa penserà adesso.
Matt lo guardò, gli sorrise imbarazzato. “Grazie.” Sussurrò infine.
“Mangiamo ora.” Cercò poi di rompere il ghiaccio che si era formato, il batterista. 

Il tempo trascorse veloce, volò quasi. Dopo aver spezzato l’imbarazzo iniziale, ritornarono quelli di una volta, ritrovando in loro quei due ragazzini del Devon. Risero e scherzarono per tutta la durata della cena, ricordando aneddoti dei vecchi tempi e divertendosi a sparlare come due vecchiette in pensione. Per almeno due ore parlarono spensieratamente di tutto quello che loro veniva in mente, anche se Dominic stette attento a non nominare Gaia per alcun motivo al mondo. Cercò di evitare l’argomento e qualsiasi cosa potesse ricondurre Matthew a lei, e fu abbastanza difficile.
Ormai era mezzanotte inoltrata e visto che, la mattina seguente avrebbero dovuto prendere l’aereo delle nove, decisero di darsi la buonanotte. Salirono le scale insieme.
Il corridoio portava prima alla camera di Matthew, che si fermò davanti alla porta e si appoggiò di schiena sorridente.
“Buonanotte, Matt.” Disse Dominic passandogli davanti senza fermarsi.
“Dom!” Esclamò il moro afferrandolo per la manica della felpa grigia che indossava, facendolo voltare. “Dormi con me.”
“Non mi sembra una buona idea.” Rispose piano Dom.
“Perché? Io sono stato bene stanotte.”
“Anche io, ma… Non lo so, è meglio di no.”
“Come vuoi..” Disse Matthew evitando di chiedere spiegazioni. Poi si sporse verso l’amico e gli posò le labbra sulla fronte. “Grazie per la bella serata e grazie per avermi convinto a partire, buonanotte Dommeh.” Sussurrò infine.
“Buonanotte, Matt. A domani.” Rispose dolcemente Dominic, ed aspettò che l’amico chiudesse la porta della camera per dirigersi alla sua.

Se gli avessi detto ‘baciami,’ l’avrebbe presa tanto male? Il batterista sghignazzò da solo nel buio, finché non arrivò alla sua porta che aprì e dietro alla quale sparì, buttandosi sul letto e addormentandosi quasi all’istante, sognando per tutta la notte i suoi occhi azzurri.
 

 

   
 
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