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Autore: Lady Of The Flowers    13/09/2010    5 recensioni
“Vuoi andare a New York, vero?”
Un viaggio, Matt e Dom (con la partecipazione della famiglia Wolstenholme) e la scoperta del loro amore.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I personaggi citati non mi appartengono (purtroppo ç__ç) e non mi pagano per scrivere.

Vorrei ringraziare una persona prima di tutto, la mia stellina:
Laurette.
Senza di lei non avrei mai trovato il coraggio di pubblicare questa storia. Grazie mille per tutto, davvero. <3
Comunque mi vergogno ancora da morire.
Vi prego abbiate pietà!

Ringrazio da subito chi avrà il coraggio di leggerla e anche chi solo le darà un’occhiata.
E’ solo un “esperimento”. Se vedrò che non piace non lo continuerò nemmeno.

Ed ora, bando alle ciance.
Buona lettura.




~ Bliss.

    
Everything about you is how I wanna be
          Your freedom comes naturally
    Everything about you resonates happiness
   Now I won’t settle for less

Give me all the peace and joy in your mind

Everything about you pains my envying
Your soul can’t hate anything
Everything about you is so easy to love
They’re watching you from above

Give me all the peace and joy in your mind
I want the peace and joy in your mind.



Capitolo 1.

Sei triste. Sei spento. Sei vuoto.

Il nulla in te.
E quando ti senti così hai bisogno di riempire, di colmare quello spazio, quella voragine che ti si creata dentro con qualcosa, qualsiasi cosa.
E a volte quella cosa diventa qualcuno.
E a volte quel qualcuno è il tuo migliore amico.
Quell’amico che ti tende la mano quando sei in difficoltà, anche se forse lui in quel momento lo è più di te ma tu sei un’egoista, e non t’importa. Almeno finché non ti rendi conto di che cosa sei veramente.
Un essere miserabile.
E hai paura.
Sì, hai paura. Nonostante quella mano abbia già afferrato la tua evitandoti di cadere in un baratro buio e opprimente, nonostante quel corpo caldo ti stia stringendo tra le sue braccia evitandoti di congelare.
E sei un egoista.
E quegli occhi stanno rassicurando i tuoi come solo loro sanno fare.
Ma li vedi.
Li vedi anche tu che sono tristi, come te. Spenti, come te.
Ma tu vuoi solo stare bene e non t’importa degli altri.
E sei un’egoista.
Vuoi solo che quelle braccia stringano ancora di più. Che quella mano non ti lasci, che quegli occhi non ti abbandonino. Perché hai paura.
E sei un egoista, e lo sai.
Vuoi solo che tutto finisca.
Ma lo sai che dovrai soffrire ancora, e poi ancora e ancora.
Quando finalmente crederai di stare bene, di aver ritrovato la felicità e te stesso, ti accorgerai.
Sì, ti accorgerai di quanto egoista sei stato.
Quando vedrai quella mano, immobile. Quel corpo non più caldo e quelle braccia lasciate cadere inermi, e quegli occhi…ormai vuoti e privi di vita.
Capirai, allora si che capirai.
Ti renderai conto di aver risucchiato, di aver fatto uso e di aver rubato tutta quella che era la linfa vitale di quel corpo, hai preso tutta la sua Pace, la sua Gioia. Tutto quello che era l’Amore che aveva riservato per te e che ora ha riempito finalmente il tuo essere.
E tu non sai più cosa fartene.
Forse lo sai.
Si, lo sai.
Quell’amore è per lui, ma lui ormai non c’è più.
E tu? 
E tu adesso stai meglio?

                                                            
                                                                             *

 

La porta si aprì di colpo. Matthew alzò la testa e sbuffò. Posò sul tavolo di fronte a lui il cucchiaino argento con cui aveva mescolato la calda bevanda color ambra che teneva in mano, per almeno cinque minuti.
Dominic attraversò la stanza a grandi falcate fino ad arrivare a sedersi proprio di fronte a lui.
“Che c’è ancora?” chiese il moro irritato dopo aver soffiato sulla tazza tra le sue dita e aver guardato il suo amico con aria di sufficienza.
Quel mattino Dominic l’aveva stressato parecchio. Lo aveva tartassato di domande, ininterrottamente su qualunque cosa. E tutto ciò che voleva Matt quel giorno, era rimanere solo, solo coi suoi pensieri.

Alla fine l’ho invitato io. Gli ho detto io di venire da me, che avevo bisogno di lui. Forse sta solo cercando di farmi pensare ad altro.
“Ho trovato questo!” urlò Dominic sventolandogli davanti alla faccia un biglietto aereo.
Matt lo guardò un po’.
“E quindi?” disse infine sorseggiando il suo tè e tralasciando il fatto che Dom aveva frugato tra le sue cose.
“E quindi?!” strabuzzò gli occhi l’altro. “Matt, vuoi partire?”

Non ricordo nemmeno quando l’ho comprato quel biglietto per New York.
“No, per adesso no.”
“Ma scusa, e allora cosa te ne fai? Fra poco scade. La partenza è fissata per dopodomani.” Puntualizzò Dom mentre torturava quel biglietto con le dita.
“Vedrò.”
Il biondo sospirò e sorrise amaramente.
“Fammi sapere cosa hai intenzione di fare.” Disse e si alzò, ripercorrendo la stanza.
“Guarda che se parto tu vieni con me, stupido.” Intervenne Matt, bloccando Dom sulla soglia della porta, che si voltò e trasformo la sua espressione imbronciata di prima in uno dei suoi sorrisi perfetti.
Matt gli sorrise di rimando.
“C’è un altro biglietto da qualche parte. Guarda in camera mia, nella cassettiera; dovrebbe essere lì.” Continuò il cantante.
Li aveva presi per lui e Gaia. Per un viaggio insieme, per sistemare un po’ le cose, cercare di stare meglio.
“Oh, grazie!” Disse Dom sgambettando verso Matt.
Si avvicinò e gli diede un bacio sulla testa.
“Grazie a te, Dom.” Sospirò il moro. “E scusami se stamattina sono un po’ duro, ma mi stai facendo diventare matto.” Sghignazzò.
Dom si grattò il mento ruvido, ricoperto da dei piccoli pungiglioni chiari. Poi si passò un mano tra i capelli lasciati un po’ lunghi, confuso.
“Sei davvero insopportabile oggi.” Disse Matt cercando di chiarire le idee al suo amico. “Non hai fatto altro che parlare, parlare e parlare.”
“Ops! Mi spiace, scusa. Ti lascio un po’ solo ora.” Rispose il biondo, anche se in verità non molto dispiaciuto. Lui si era divertito. Aveva ottenuto risposta a qualsiasi cosa gli aveva chiesto, anche se un po’ in malo modo, ma aveva comunque saputo ciò che voleva sapere.
Matt sorrise, riconoscente.
Dom fece per andarsene per la seconda volta, ma si fermò di nuovo.
“Cosa vuoi mangiare dopo?” Chiese al suo cantante che gli lanciò uno sguardo inceneritore.
Dom abbozzò un sorriso imbarazzato, capendo di aver disturbato Matt per la seicentesima volta in quella mattina.
“Un piatto di pasta va benissimo.” Rispose Matt.
“E mangiamo verso la una e mezza.” Continuò secco anticipando Dom, quasi leggendogli la prossima domanda nel pensiero, dopo che aveva visto le sue labbra dischiudersi quel tanto per parlare di nuovo.
Dom capendo di non essere gradito al momento, si limitò ad alzare un pollice all’insù, a mimare con le labbra un ‘Ok’ e ad andarsene in silenzio, togliendo il disturbo.
Chiuse la porta e sentì Matt tirare un sospiro di sollievo.

Caspita, devo proprio averlo distrutto.

 

                                                                             *

 

Il sole si stava pian piano dissolvendo, lasciando nel cielo quella sfumatura di arancio misto rosso che rischiarava ancora un poco le case.
Il lago era silenzioso, come la maggior parte dei giorni di Gennaio.
Una figura esile e fragile guardava dalla finestra della sua camera come tutto tornava alla quiete, come il paesaggio lentamente lasciava spazio al buio della notte.
Ad un tratto un urlo la fece sobbalzare. Aspettò ancora un attimo, intento sul da farsi.
Un altro urlo.
Fece scorrere la tenda bianca e la sua ombra sparì dietro di essa. Uscì dalla stanza.
Il corridoio era lungo, fin troppo. Cercava da dove provenissero quegli urli.
Eccone un altro. Veniva da sotto.
Corse giù dall’imponente scala di legno scuro, che accompagnava ogni suo passo con uno scricchiolio.
Attraversò il salotto e scese altri scalini che lo portarono in cantina.
La porta era socchiusa, infilò la testa e non vedendo nessuno di fronte a lui la aprì del tutto.
Dom stava in piedi su una seggiola con una scopa in mano e un viso terrorizzato. Appena vide Matt, i suoi occhi terrorizzati divennero colmi d’ira.
“Come si fa ad avere una cantina piena di topi? Come cazzo si fa?” urlò in preda al panico.
Matt che tentava di trattenersi dal ridere, seppur con una faccia da ebete, scoppiò non appena Dom saltò giù dalla sedia e corse verso di lui lanciando dei gridolini acuti da donnetta schizzinosa, alla vista di un piccolo ratto che aveva attraversato la stanza velocemente.
Lo spinse fuori e chiuse la porta alle sue spalle.
Il biondo inspirava ed espirava profondamente, quasi come se stesse cercando di calmarsi dopo un attacco d’asma.
Matt rideva ancora, piegato in due.
“Che cazzo ridi? Devi vergognarti! Fa schifo quella cantina!” Urlò Dominic dandogli uno scappellotto.
“Che cosa ci facevi lì giù, eh?” Riuscì a dire Matt tra una risata e l’altra.
“Niente, stavo curiosando.” Ammise il biondo.
“Quelli sono i miei topi da guardia, e devo dire che sono serviti per una volta.” Sghignazzò il cantante sotto lo sguardo irritato di Dom.
Dominic che si era ripreso quel tanto da riuscire a respirare normalmente, si scostò dalla porta e lanciando un’occhiataccia a Matt se ne tornò in salotto.
Il moro lo seguì subito dopo.
Dom si era sdraiato sul divano, si era levato le scarpe e aveva appoggiato i piedi sul tavolino.
“Certo, fai pure come se fossi a casa tua…” Ironizzò Matthew che fece lo stesso.
Dominic si voltò e percorse con lo sguardo quel corpo steso al suo fianco per tutta la sua lunghezza. Partì dalle gambe così fragili e corte, il bacino ossuto che si intravedeva al di sotto della maglietta bianca, il torace magro, il collo bianco e venoso con quel pomo d’Adamo sporgente, il mento con quella fossetta adorabile, la bocca piccola e rosea e quel naso strano e malfatto. E poi, e poi… Quegli oceani blu che erano i suoi occhi, due calamite azzurre. E infine i capelli, scompigliati e neri.
“Che hai da fissarmi?” Disse Matt interrompendo la visione di Dom, che si ricompose e dopo un colpo di tosse nervosa cercò di giustificarsi in qualche modo.
“Niente, guardavo com’eri vestito.”
Il moro alzò un sopracciglio e storse il naso, poi scoppiò a ridere.
“Sì, certo Dom, come no.” Ridacchiò. “Stavi ammirando il mio fisico scolpito, dì la verità!” continuò mentre Dom sperava di sprofondare nel divano.
“Sì, stavo ammirando quei fantastici pettorali che… Umh, mi spiace Matt ma non si vedono. E ops! Neanche gli addominali, ma caspita neppure…” Iniziò a dire Dom reggendo il gioco, fino a quando Matt non lo interruppe dandogli una manata sulla coscia e accompagnando il tutto con un ‘Ehi! Ok, ho capito che non sono un fusto.’
Dom alzò lo sguardo infuocato, incrociando gli occhi di Matt che capì al volo di avergli fatto un po’ troppo male.
“Chiedimi scusa!” Urlò Dom sovrastandolo.
“Se no?” Rispose Matthew strafottente.
“Sei morto.” Disse il biondo sfoggiando ghigno beffardo degno del Joker.
Matt alzò le mani in segno di arresa.
Poi…
Fu un attimo, un lampo, un fulmine a ciel sereno. Matthew spinse Dom giù dal divano, facendolo rovinosamente atterrare con la testa sotto il tavolino e le gambe all’aria. Gli sghignazzò davanti alla faccia e poi corse via, saltellando e fischiettando chissà quale stupido motivetto.
“Fregato!” Urlò quando ormai era dall’altra parte della stanza e stava entrando in cucina.
Dom sbuffò infuriato e dopo essersi alzato e risistemato corse verso l’amico. Entrò in cucina e lo vide intento a prepararsi una camomilla.
Avevano cenato presto quella sera, verso le sette. Perché, alla fine, a pranzo non avevano mangiato. Dom si era scordato di preparare visto che era rimasto affascinato dal film ‘Harry Potter e il calice di fuoco’ nonostante l’avesse visto un miliardo di volte e Matthew si era addormentato mentre leggeva uno dei suoi libri da cervelloni.
“Tu sei un bastardo. Lo sai, vero?” Disse Dom avvicinandosi pericolosamente a Matt.
“Sì, modestamente.” Articolò il moro con un mezzo inchino.
“Me la pagherai questa.” Lo minacciò Dominic mentre si sedeva al tavolo deciso a risparmiarlo dalla sua furia omicida e massaggiandosi la coscia che probabilmente era ancora arrossata sotto quei pantaloni neri attillati.
Ad un tratto Matt dopo aver vuotato l’acqua bollente in una tazza e averci messo a mollo la bustina di camomilla, si voltò un attimo verso il biondo, ma non con il sorriso che sfoggiava poco prima bensì con una faccia da funerale.
Dom lo guardò stranito.
“Che c’è, Matt?” Chiese mettendosi al suo fianco mentre rigirava la bustina nell’acqua.
“Niente, niente.” Si affrettò a dire l’altro.
Poi gli rivolse un sorriso. Dom ricambiò.
“Ehi, non è che posso mangiarmi qualcosa? Non so, ce li hai i biscotti?” Saltò su il batterista.
“Sì, cercali, sono in qualche credenza.” Rispose Matthew mentre mescolava lo zucchero nella camomilla.
Dom incominciò a cercare. Apriva qualsiasi armadietto, cassetto che trovasse davanti a sé.
Quella cucina era enorme.
“Senti ma...” Disse confuso e stanco di cercare invano.
“Oh, Dom, tranquillo. Seguì il tuo istinto. Poi, però, fai il contrario.” Disse Matt sorseggiando la bevanda bollente che fumava tra le sue mani.
Dom rise, di gusto. Non se l’era presa, anzi fece come aveva detto Matt: il suo istinto diceva di aprire la credenzina a destra, ma lui andò a sinistra.
“Trovati!” Urlò contento. “Ho fatto come hai detto tu.”
Matt schioccò la lingua. “Sono o non sono un genietto?”
“Diciamo che sei un nanetto.” Ridacchiò Dominic deglutendo il primo biscotto al cioccolato.
Matt gli rivolse uno sguardo minaccioso.
“Io sono depresso, non dovresti insultare, sai?” Disse il moro.
Dom alzò una mano in segno di scuse.
“Pardon, Sir Bellamy.”
Matt sorrise e gli fece segno di seguirlo in sala.
Si sedettero di nuovo sul divano e Dom accese la tv. Rimasero in silenzio per un po’, solo lo sgranocchiare dei biscotti e il sorseggiare della camomilla come sottofondo.
Dominic continuava a cambiare canale.
“No.” Diceva. “Schifo.” “Programma inutile.” “Spazzatura!” “Oooh, carino questo film.”
“E’ finito, non vedi?” Interveniva Matt ormai sulla soglia di una crisi di nervi.
E Dom ci rimaneva malissimo, così continuava imperterrito a distruggere il telecomando e a mandare in tilt la tv e Matt.
“Fermo! Lascia qui, per favore.” Disse il cantante riuscendo a levare dalle mani del biondo il telecomando.
Si era fermato su un programma di psicologia, su un canale sconosciuto, si intitolava ‘Come sopravvivere dopo la fine di una lunga storia’.
Era quello che faceva per lui.
Gaia l’aveva mollato dopo nove anni. Nove stupendi anni in cui lui le aveva affidato il suo cuore.
L’ultimo periodo non era stato dei migliori, per niente. Continui litigi e insulti che volavano quasi ogni giorno, ma nonostante tutto lui credeva che avrebbero superato quel periodo, che l’amore sarebbe rinato e che li avrebbe uniti una seconda volta.
Ormai era un mese che lui era ritornato single e in quelle settimane era riuscito a non togliersi la vita solo grazie all’aiuto del suo migliore amico, Dom, che era accorso da lui appena avuta la notizia.
“Spero tu stia scherzando.” Disse Dom lanciandogli un’occhiataccia.
“No, mi interessa.”
“Ti prego, Matt! Risparmiami questo programma!” Sbottò cercando di riprendersi il telecomando ma senza successo, essendosi Matt sedutocisi sopra. “Che merda è?” Continuò il biondo. “Dai, Matt! Sii obbiettivo, fa cagare 'sto programma! Preferisco uno di quei cosi sugli alieni e i loro amici!”
Matt lo incenerì con lo sguardo. Mai toccare il tasto ‘alieni e i loro amici’.
“Zitto.” Disse piano.
“Ma Matt!” Protestò ancora Dominic.
“Se non ti interessa vai da qualche altra parte, se non stai qui e taci!” Urlò il moro mentre si copriva con un plaid a appoggiava la tazza ormai vuota sul tavolino.
Dom mise il muso, ma alla fine rimase lì e poté constatare che le sue previsioni erano esatte: quel programma era veramente orrendo.

 

                                                                                          *

La stanza era illuminata solamente da una fioca luce proveniente dall’abat-jour sul comodino al fianco sinistro del letto matrimoniale.
Due corpi erano seduti sopra di esso, appoggiati alla testiera.
Erano abbracciati.
Dominic teneva un braccio attorno alle spalle di Matthew il quale, con la testa affondata nel petto del suo amico, piangeva a dirotto da almeno un’ora.
“Matt, ti prego…” Sussurrò Dom.
I singhiozzi non sembravano placarsi e Dominic pensava che entro poco, se Matt non si fosse calmato, i suoi occhi sarebbero esplosi, talmente erano rossi e stanchi.
La mano del biondo accarezzava lentamente la testa dell’amico. Attorcigliava attorno all’indice un ciuffo di soffici capelli scuri, e poi delicatamente lo lisciava assieme agli altri.
“Matt, guardami.” Disse ancora prendendo la testa di Matthew tra le mani. Gliela sollevò e poté vedere ancora, come la maggior parte delle sere dopo quel fatidico giorno, un viso distrutto, stanco, invecchiato in così poco tempo. “Devi smetterla adesso.” Continuò piano.
Un’espressione confusa si fece strada sul viso di Matt.
“Io…” Singhiozzò.
“Tu non riesci, lo so. Ma devi, devi! Santo Dio! Devi riuscirci!” Sbottò Dominic.
Matt abbassò la testa, lottando tra le mani ferme del batterista.
“Guardami cazzo!” Urlò ancora.
Matt non voleva. Aveva paura, in un certo senso. Paura di affrontare il suo migliore amico, sapendo che aveva ragione.
“Ti ho detto guardami.” Ripeté Dom con un tono più calmo, ma Matt non accennava a farlo.
“Scusami, ok?” Disse il biondo. “Scusa se sono stato così brusco.”
In risposta un mugolio, poche parole farfugliate.
“Ma sono stanco, Matt. Sono stanco di vederti così, e non so come tu faccia a non esserlo. Non vedi come sei ridotto? E’ passato un mese, te ne sei accorto?”
Un minuto di silenzio in cui Dom aspettò un cenno, qualcosa. Ma niente. Il moro continuava a piangere ancora con la testa sul suo petto.
“Io non so più come fare con te. Io… Io, mi sento male a vederti così e sono stufo. Stufo! Lo vuoi capire?” Continuò con il suo soliloquio il batterista.
Finalmente il cantante sembrò in procinto di dire qualcosa.
“Sei stufo di me?” Chiese tra un singhiozzo e l’altro mentre affondava la faccia ancora di più nella maglietta ormai fradicia di Dom.
“Matt, che cazzo stai dicendo?” Chiese il biondo tristemente, prendendo i nuovo il viso di Matthew tra le mani e costringendolo a guardarlo negli occhi.

Sei un egoista, hai visto? Sai che nonostante tutto lui non se ne andrà. Che quelle braccia ti stringeranno di più, che quella mano non ti lascerà e che quegli occhi non ti abbandoneranno.
Perché sai che solo lui ti rimarrà accanto per sempre, se tu non glielo impedirai. Anzi, probabilmente anche se glielo impedirai.

 
“Quello che mi hai fatto intendere tu.” Disse il cantante con voce spezzata.
Dom sgranò gli occhi ed appoggiò la sua fronte contro quella di Matt. I loro nasi si toccavano, i loro occhi si fissavano, i loro respiri si mischiavano.
“Tu non hai capito.” Sussurrò Dominic a Matt a fior di labbra. “Io sono stufo, ma lo sono della situazione. Sono stufo di vederti così, perché tu non sei così. Matthew Bellamy non piange per mesi rinchiuso in casa, Matthew Bellamy non si arrende davanti alle difficoltà della vita così facilmente. Io non sono stufo di te, Matt. Come potrei esserlo?” Disse con un sorriso sulle labbra e gli occhi lucidi il batterista.
Dom si allontanò un poco dal viso di Matt per poterlo guardare meglio.
Aveva smesso di piangere. Il respiro non era ancora regolare ma le lacrime erano finite.
La faccia arrossata e appiccicosa del cantante fecero ridacchiare Dominic.
“Stavi per piangere anche tu?” Chiese Matt.
“Sì, ed è tutta colpa tua.” Rispose il biondo, dispettoso.
Matt accennò un sorriso.
“Hai ragione, Dom.”  Incominciò a dire Matthew. “Mi sto riducendo a un morto vivente e io non sono così. A volte posso sembrarlo però…” Ridacchiò.
“In effetti, nelle tue giornate peggiori non sei molto carino.” Sghignazzò Dom, stando allo scherzo.
“Comunque, sta di fatto che nelle mie giornate migliori non lo sono. E che cazzo, Matthew Bellamy non…” Disse bloccandosi con aria interrogativa. “Come hai detto?” Chiese a Dom che scoppiò a ridere.
“Ho detto che Matthew Bellamy non piange per mesi rinchiuso in casa e che non si arrende alle difficoltà della vita e posso aggiungere ora, che lui non si spezza facilmente.”
“Beh, è la verità. Io non sono così.”
“No che non lo sei, e finalmente l’hai capito. Si spera.” Disse Dominic appoggiando una mano sulla spalla dell’amico.
“Ho capito, davvero. Tranquillo.” Lo rassicurò Matt asciugandosi la faccia dalle ultime lacrime con il dorso della mano.
Poi si avvicinò al viso di Dom e posò le sue labbra sulla sua fronte.
Rimase così per qualche secondo, mentre una mano si attorcigliava ai capelli color grano di Dominic.
“Grazie.” Gli bisbigliò poi all’orecchio e tornò a fissarlo negli occhi. “Sei la mia salvezza, la mia luce.”
“No, ma che dici?” Scherzò Dom imbarazzato. “Sei tu che in fondo sei invincibile.”
“Con te sono invincibile.” Rispose Matt sorridendo.
“Citazione?”
“Ogni tanto serve.” Sghignazzò Matthew. “Together we are invincibile.”
Dominic si sporse un poco e lo avvolse in un abbraccio.
“Sono sempre qui, io.” Disse dolcemente.
“Lo so.” Rispose il moro lasciando un bacio sul collo dell’amico.
Dominic rimase stranito e spaventato dalla reazione del suo corpo a quel tocco leggero.
I brividi gli avevano percorso la schiena, marciando veloci e sentiva le guance avvampare.
Cercò di sviare, nonostante Matt non si fosse accorto di nulla e stesse ancora con la testa tra l’incavo del suo collo e la spalla. Lo fece per lui stesso.
“Ah, una cosa…” Disse attirando l’attenzione di Matt che alzò il capo e si sistemò di fronte a lui come poco prima. “Ti prego, non guardare più quel programma.”
Matthew scoppiò in una fragorosa risata.
“Questo è sicuro.” Rispose.
“E menomale che doveva aiutare a superare la delusione d’amore! Quel programma e quella donna rincoglionita che lo conduceva portano al suicidio!” Ridacchiò Dom mentre si alzava dal letto.
“Dove vai?” Chiese Matt.
“In camera mia, ho sonno.” Rispose veloce Dominic. “Posso, Sir Bellamy?” Scherzò.
“Se proprio deve, Sir Howard.”
“Le assicuro che potrei addormentarmi da un momento all’altro. Anche ora, qui in piedi.” Sghignazzò il batterista.
Matt sorrise.
“Dormi qui.” Disse poi.
Dom sgranò gli occhi. Meglio di no, sono particolarmente strano stasera.
“No, Matt. Vado di là, non voglio disturbarti.” Si scusò.
“Ma se ti ho chiesto io di rimanere qui, che disturbo mi dai?”
“Meglio di no, davvero.”
“Come preferisci.” Rispose un po’ offeso Matt cercando di non darlo a vedere, ma con scarso successo.
“Domani sera, magari.”
“Domani sera magari non voglio.” Disse secco Matthew.
Dom sbuffò e fece roteare gli occhi attirando l’attenzione del cantante.
“Io voglio adesso, non mi va di stare solo. Potrei avere un altro attacco!” Spiegò Matt tristemente.
“Ok.” Si arrese Dom. “Basta che la pianti!”
“Di far che?”
“Di inventarti scuse per dormire con questo bel fustacchione.” Scherzò il batterista.
Matt scoppiò a ridere.
“Tu? Bel fustacchione? Non farmi ridere!”
“Tutta invidia mio caro nanetto.” Rispose Dom andando al fianco del letto.
“Piantala di chiamarmi nanetto!” Sbottò Matt tirando un cuscino nella direzione di Dom ma mancandolo miseramente.
“Nanetto e invidioso.” Disse Dom ridendosela mentre si sfilava la maglietta mettendo in mostra un petto bianco e glabro, ma muscoloso.
Matt frustrato da quella visione di perfezione, mugugnò qualcosa di incomprensibile. Probabilmente insulti gratuiti al suo batterista.
“Dai ammettilo.” Disse Dominic. “Tu questi non ce li hai.” Continuò indicandosi i pettorali abbastanza sviluppati e i bicipiti.
“Finiscila, ok?” Ringhiò Matt mentre si sistemava sotto le coperte essendo già in pigiama.
“Ok, ok…” Rispose sghignazzando Dom.
Matt si mise a pancia in giù e infilò la testa sotto il cuscino però rivolta verso Dom, così da poter vedere senza mostrare da che parte mirassero gli occhi.
Era tanto che non vedeva Dom in mutande. Voleva vedere com’era. Dai, vediamo adesso se sei così fustacchione come credi. Pallone gonfiato che non sei altro… … …ah, però…ok…wow.
Dom si era sfilato i jeans e li aveva buttati a terra fiondandosi poi con un salto sul letto.

Perché sei così perfetto? Io sono una misera cacchetta confronto a te. Eppure il premio come uomo più sexy me lo sono beccato l’anno scorso e non tu.
Dom sentì un risolino orgoglioso provenire da sotto il cuscino.
Guardò per un attimo male in quella direzione, poi spense la luce della abat-jour e si infilò sotto il piumone.
“Notte, Matt.” Disse.
“Notte, Dom.” Biascicò l’altro sotto il cuscino.                                

 

   
 
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