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Autore: Meiko    14/12/2003    4 recensioni
L'ispirazione mi è venuta ascoltando "At the beginning", un pezzo molto bello, che è stato usato per il cartone di "Anastasia". Quando l'oscurità è attorno a te, hai solo due possibilità: conviverci, o impazzire. Lei ha scelto la prima, e da quel momento la sua vita ha preso quella piega. Poi...qualcosa risvegliò in lei la curiosità perduta. Un viso che non sarebbe mai riuscita a vedere...
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(Allora...innanzitutto volevo ringraziare luxy e Betty per il sostegno che mi danno ad ogni capitolo che pubblico. Volevo invitare tutti gli altri a leggere questa storia ed a commentarla, perché mi piacerebbe anche sentire altri pareri. Ringrazio anche Izumi. Grazie mille a tutti!
E poi…poi volevo dire qualcos’altro…
Ah si!
BUONE VACANZE DI NATALE!!)

Maggio…
Era rimasta sulle scale della villa, osservando incuriosita la villa di fronte a quella sua e di Genzo, osservando soprattutto il grande fiocco azzurro appeso alla grande e alta porta di legno massiccio della villa, i pizzi azzurri decoravano come una sorta di cornice, il nastro di seta, al centro un medaglione bianco con u un immagine ch Yuko non riuscì a vedere, sotto al grosso fiocco un bigliettino in carta bianca decorata con porporina dorata.
Yuko si alzò in piedi, mostrando le lunghe gambe sotto i pantaloncini corti di jeans, nonostante facesse leggermente fresco, si poteva stare tranquillamente in maglietta e pantaloncini.
Si avvicinò con una punta d’incertezza al cancello in ferro doppio della villa, cercando di osservare meglio il fiocco azzurro.
I capelli ondeggiavano dolcemente dietro la schiena, mentre le sue mani si stringevano al cancello, i suoi occhi verdi fissi su quell’enorme fiocco, grosso quanto la sua testa, decorato di quel pizzo.
-Che stai facendo?-
Yuko sobbalzò, allontanandosi di scatto dalla figura dietro di lei, riconoscendo il berretto rosso di Genzo, che la guardò stranito, la ragazza era visibilmente imbarazzata, mentre ogni tanto lanciava qualche occhiata al fiocco.
-Beh…ecco…io…io mi stavo chiedendo…perché i vicini hanno appeso quel grosso fiocco azzurro sulla porta…-
il portiere si voltò a guardare il fiocco, un sorriso felice comparve sulle sue labbra carnose.
-Alla fine è nato!-
-Chi?-
Genzo si voltò a guardare il viso di Yuko, che arrossì ancora, mentre i ragazzo le sorrideva affettuoso.
-Un bambino. Quando nasce un bambino, è tradizione mettere sulla porta di casa della famiglia fortunata un fiocco, e a seconda se un bambino o una bambina, il fiocco può essere azzurro o rosa-
Yuko ascoltò affascinata, guardando con occhi rapiti il fiocco, ora le sembrava ancora più bello del solito, mentre un sorriso felice appariva sulle sue labbra.
Genzo ammirò quella stupenda ragazza, i jeans corti mostravano le belle e magre gambe dalla palle lattea, , la maglietta sbracciata era di un bel fresco celeste misto a rosa, i capelli liberi scivolavano lungo il viso e la schiena, gli occhi verdi brillavano contenti osservando il fiocco azzurro.
Senza pensarci, i ragazzo abbracciò da dietro con un solo braccio la vita di Yuko, avvicinandosela a se, strofinando le labbra tra i capelli di Yuko, che sapevano di foglie secche.
Ma, improvvisamente, Yuko si dibatté, staccandosi con forza dalla presa del ragazzo, che la guardò stupito, lei non alzò il suo sguardo verso il portiere, limitandosi a mormorare un lieve “scusa”, correndo verso casa, lasciando li un Genzo stupito e quasi spaventato dall’atteggiamento che la ragazza aveva preso verso di lui…
Era da più di una settimana che Yuko aveva uno strano atteggiamento, ogni volta che i ragazzo si avvicinava a lei per una carezza, o che la prendeva da dietro gentilmente, lei si allontanava di scatto, spaventata.
Ogni minimo contatto subiva una gelata, quando la ragazza lo schivava, sorridendo, scusandosi imbarazzata e allontanandosi.
Eppure…eppure c’era sempre amore quando si abbracciavano, ma…ma in qualche modo, Genzo avvertiva un senso di freddo e di…di paura nella ragazza verso di lui…
Perché?
Yuko, nel frattempo, si era fermata con il fiatone in cima alle scale, ancora colpita per i contatto di prima…
Ogni volta…
Ogni volta che lo avvertiva avvicinarsi a lei per una carezza, lo evitava…
Era stupido farlo, ma non riusciva….
Non riusciva a togliersi dalla mente quelle scene di violenza, quei pugni quegli schiaffi.
Ma Genzo non le avrebbe mai fatto del male, e questo lei LO SAPEVA!
Ma allora perché faceva così, dannazione!
Yuko digrignò i denti per la rabbia, inginocchiandosi a terra sulla cima delle scale, era arrabbiata con se stessa.
QUANTO ERA STUPIDA!
Avvertì dei passi salire verso di lei, Genzo la stava raggiungendo.
Si alzò in piedi, pulendosi le gambe e i pantaloncini, prima di voltarsi verso i portiere, che si limitò a guardarla, scostandosi da lei, mentre Yuko lo guardava impietrita, senza riuscirà a parlare.
Cosa…cosa stava succedendo?
Il suo…il suo mondo perfetto…
Stava crollando…
E tutto…
Tutto per UN SUO CAPRICCIO!!
Yuko si voltò, correndo verso la figura di Genzo, abbracciandolo con foga da dietro, stringendosi a lui, il ragazzo si era fermato, mentre lei strusciava la sua fronte sulla schiena del ragazzo, sussurrando.
-Perdonami, perdonami, perdonami-
Genzo si limitò a sbuffare, mentre lei si stringeva di più a lui, spaventata per aver ricevuto solo uno sbuffo come risposta.
I due rimasero fermi così, per un po’ di tempo, Yuko pregando disperatamente che Genzo la perdonasse, quando avvertì la voce del ragazzo parlare con voce pacata.
-Tra una settimana dovrò partire per la Bulgaria per una serie di partite. Starò via una settimana-
una settimana di tempo per calmarsi…una settimana per non averlo mai più…
Oddio, il tempo vola troppo velocemente, è come un atleta che corre, è troppo veloce da acchiappare.
Ma perché il tempo l’aveva sempre trattata così male?
Cosa aveva fatto di sbagliato?
Yuko sorrise triste, lasciando lentamente la schiena del ragazzo.
-Si, va bene…-
-Solo questo sai dire?-
Genzo si voltò ferito verso Yuko, che scosse la testa con violenza, lasciando scorrere via una lacrima, sorridendo infelice ma consapevole e colpevole.
-Mi…mi mancherai da morire…-
il ragazzo l’abbracciò, e con ossessività la strinse a se, baciandola con violenza, le sue labbra cercarono di abbattere con un moto selvaggio quelle di Yuko, che rimase impressionata da quel bacio, e lasciò scorrere un’altra lacrima, quelle immagini erano come un sasso contro una vetrata, e con uno scossone si staccò dall’abbraccio possessivo di Genzo, che la guardò infuriato, il tic alla guancia si era fatto risentire.
-Perché….perché mi eviti?-
Yuko era scossa, e tremava visibilmente, mentre si stringeva le mani i grembo, limitandosi a scuotere la testa, scendendo velocemente al piano di sotto, afferrando la giacca ed uscendo di casa, senza riuscire a motivare il su strano comportamento, scatenando un moto di rabbia in Genzo, che però si limitò a passare una mano su berretto, indossava quello grigio perla, sbattendolo lontano da se, con rabbia.

*

Il vento leggero spostava i suoi corti e birbanti capelli, mentre il suo sguardo d’artista osservava la linea spezzettata degl’edifici che si univano alla dolce presenza degl’alberi dei viali, il sole che tramontava sembrava voler mandare a fuoco tutto.
La sua matita colorata scorreva rapida con guizzi allegri lungo il foglio bianco, mentre nella sua mente risuonava per l’ennesima volta la sua canzone preferita, il lettore cd con un rumore sfuocato la rimandava ancora una volta indietro.
Continuò il suo disegno, curando in quell’istante i particolari di un albero li vicino, mentre con un carboncino nero disegnava le ombre più scure dell’edificio.
La giacca celeste scivolava via dalle spalle, mostrando a tratti una maglietta a maniche corte, i jeans blu erano l’ideale per quella giornata calda ma con quel venticello fresco, segno che l’inverno non era ancora del tutto passato.
Era in cima al tetto dove abitava con Kojiro, era uno dei palazzi più alti, e poteva godere di un’ottima vista sull’intera città.
Era così concentrata e al tempo stesso distratta dalla musica, che non si accorse della presenza di qualcuno che si faceva più vicino, fino ad abbracciarla da dietro, lasciandola per qualche istante senza fiato, spaventandola, per poi calmarsi, sentendo nell’aria un forte odore di dopobarba, lui ne usava molto.
-Kojiro, mi hai spaventata…-
-Scusami, ma non ho resistito-
i ragazzo appoggiò con un tonfo la sacca degl’allenamenti a terra, e sedendosi accanto alla ragazza, che spostava i colori dalla parte del suo lettore, mentre passava una cuffietta al ragazzo, con la coda dell’occhio Kojiro osservò il bellissimo disegno di Neko, per poi concentrarsi di nuovo sul passaggio di fronte lui, ormai era quasi sera.
Restarono così per una manciata di minuti, giusto il tempo di sistemare le ultime cose al disegno di Neko, che con un sorriso soddisfatto ci mise la firma, prima di mettere tutto a posto, prendendo per mano Kojiro, e seguendolo verso il loro appartamento, vuoto.
Neko si tolse la giacca, mostrando le magre braccia e il seno piccolo e tondo dentro la maglietta arancione, i capelli rossi brillavano con forza, se li era tagliati, tornando alla sua testolina birbante che aveva conquistato alla prima occhiata Kojiro, che ora sorrideva, abbracciando da dietro la sua Neko, il suo gattino.
Dopo i problemi causati da Maki, tutto si era aggiustato, ed ora erano li, finalmente insieme.
Però…
Neko si lasciò coccolare, per poi separarsi di malavoglia dall’abbraccio, iniziando a preparare la cena.
In questi ultimi tempi….aveva avuto dei piccoli disturbi…
Ogni tanto avvertiva il fiato mancarle…il cuore le faceva male, come se degli spilli la pungessero.
Ed avvertiva l’energia, la forza, fluirgli via dalle dita, dal corpo, persino la sua pelle si era impallidita…
Ma non voleva mettere in ansia Kojiro, forse la colpa era solo sua, forse si era sforzata troppo.
In quell’istante, mentre pensava a questo, gli sembrò di sentire la voce di sua madre, che la raccomandava sempre di non sforzarsi troppo.
A pensarci in quel momento, le veniva da ridere.
Il suo sorriso si tinse di malinconia, al pensiero dell’ultima telefonata che aveva fatto alla madre, una settimana fa.
Anche Yuko aveva chiamato la madre, annunciandole dell’operazione agl’occhi.
Dire che Neko era felice era dire poco.
Quando lo seppe, cominciò a saltare su letto, per poi cominciare a piangere, felice, Kojiro dapprima spaventato ridacchiò divertito, per poi calmare il suo gattino, che tanto “ino” non lo era più da un po’ di tempo, da i giorno prima.
Diciotto anni.
Ormai era anche lei nel mondo degli adulti…
Kojiro la guardò attentamente, ammirando il fisico magro e slanciato, anche se leggermente bassa.
Ma come si dice…nella botte piccola c’è il vino buono! Kojiro ridacchiò, mentre abbracciò da dietro la ragazza, stupendola, Neko sentiva chiaramente il ragazzo ridacchiare soddisfatto.
-Beh? Cos’hai da ridere?-
-Niente, niente-
-E, dai! Dimmi perché ridi!-
-No, non te lo dico!-
Kojiro fece la linguaccia a Neko, che sorridendo furbetta si preparava a dargli una bella lezione, quando avvertì improvvisamente la terra mancarle sotto i piedi, in un momento avvertiva la vita uscirle dal corpo, tutto intorno a lei girava, e la voce di Kojiro non era altro che l’eco del suo stupore.
-NEKO?!-
Kojiro la vedeva cadere, svenire di fronte ai suoi occhi.
Senza un motivo, senza una ragione…
Ma dando in lui un senso di terrore…
-NEKO!!!-

*

Yuko salì le scale, mentre ricontava tra le dita i giorni che mancavano alla partenza di Genzo. Dio, gli sembrava che il tempo gli scappasse, andava troppo in fretta.

Sembravano essere trascorsi anni da quando aveva aperto gli occhi per la prima.
E invece…quanto tempo era?
Uno, due mesi al massimo.
No, non era il tempo…
Era la sua angoscia…
Da quando aveva aperto gli occhi, il mondo era cambiato troppo.
Si era…si era ritrovata improvvisamente a combattere contro l’intero mondo, quando invece era così abituata ad ignorarlo…
Ora non poteva ignorare più niente.
Nessuno più la ignorava, o voleva ignorarla.
Ma questo…questo le faceva paura…
Solo in quel momento, quando raggiunse l’ultimo scalino, si rese conto di essere sempre stata una ragazza egoista.
Che pensava solo a se stessa.
E adesso stava ripetendo lo stesso errore.
E rischiava di perdere la cosa più preziosa che la vita gli avesse offerto.
Si voltò, in direzione di un suono scrosciante, iniziando a raggiungere la sorgente del rumore.
Genzo si stava facendo la doccia.
I passi di Yuko erano soffocati dal tappeto roso, mentre i suoi piedi la portavano di fronte alla grande porta massiccia del bagno.
Yuko appoggiò la mano sulla maniglia in ottone, fissando con sguardo triste e angosciato la porta, le sembrava di vedere oltre il legno, oltre la porta della doccia, vedeva il fisico magnifico, gioco di muscoli e tendini, il petto come scolpito nel marmo, le gambe e le braccia muscolose ma sode.
I capelli neri e occhi come braci ardenti.
Le labbra morbide e saporite.
Yuko strinse un pugno, mentre lentamente lasciava il pomello, coprendosi gli occhi in lacrime con la mano, voltandosi e appoggiando la schiena sulla porta, sedendosi lentamente per terra.
Era disperata…disperata…
Ne era certa…
L’avrebbe perso…
L’avrebbe perso…
Genzo, nello stesso istante, si passò per l’ennesima volta la mano nei capelli costantemente bagnati dal getto bollente, appoggiandosi con un braccio alla porta della doccia.
Yuko…la sua dolce Yuko…
Lo sapeva…lo sapeva…
Nello stesso istante che era uscita dalla clinica, i suoi occhi verdi brillanti di gioia, che osservavano per la prima volta il mondo, Genzo lo sapeva…
Sapeva che la sua dolce ed innocente Yuko sarebbe sfiorita, appena avrebbe capito la realtà del mondo, delle persone che ogni giorno la circondava…
E…e adesso…

“TI ODIO!”

Ora solo aspettava quel momento in cui, dalla bocca di quella stupenda creatura, quelle orribili parole sarebbero risuonate nella mente del portiere.
Lo avrebbe odiato…
Separati…
Separati…
Divisi…
Divisi da due occhi che hanno cominciato a vedere…
A vedere la verità…
Ed entrambi ora erano li, a chiedersi perché era successo tutto questo…
A domandarsi se c’era una soluzione…
Una soluzione…

DRIINN!!
Yuko si risvegliò dai suoi pensieri, asciugandosi le lacrime, correndo al telefono.
-Si, pronto? Si, sono io…Kojiro!-
Genzo uscì dalla doccia, l’accappatoio di spugna rossa addosso, mentre si avvicinava a Yuko, che parlava preoccupata al telefono con Hyuga.
-Dimmi?…cosa?…-
Yuko cominciò a tremare, la sua voce iniziava a balbettare sconvolta.
-Quando?…a…E adesso?…si…si. Arrivo, prendo il primo volo-
la ragazza mise giù la cornetta, Genzo le si avvicinò preoccupato.
-Yuko, cosa…-
la ragazza si voltò, e abbracciò con foga, scoppiando in lacrime.
-Genzo…Neko…Neko ha avuto un infarto!-
il portiere guardò spaventato Yuko, che ora appariva delicata e fragile, le lacrime correvano dalle guance.
Il ragazzo si fece serio, stringendo tra le sue mani le spalle tremanti.
-Preparati. Partiamo immediatamente-

*

Le immagini scorrevano lente ed offuscate.
Lei…lei stava cadendo a terra…ed era riuscito ad afferrarla in tempo…
Ma non rispondeva…non rispondeva quando la chiamava…
Era svenuta…
Aveva…aveva chiamato un’ambulanza…e l’aveva seguita con la macchina…
Ed ora era li…seduto sul quella panchina, ad attendere che l’operazione finisse, sperando di vederla correre verso di lui, di abbracciarla…
Neko…
La sua amata Neko…
Il ragazzo si copriva il viso con entrambi le mani, i gomiti appoggiati alle ginocchia, seduto su quella benedetta panchina…
Da quante ore era li?
…da più di quattro ore…
La cosa era più seria del previsto…
Aveva una paura folle…
Paura che da un momento all’altro, uscisse da quella sala operazione un medico con camice bianco, che scuotendo la testa, diceva con voce falsamente dispiaciuta…

“Mi dispiace, non c’è l’ha fatta”


Non avrebbe più potuto ammirarla addormentata…
Non l’avrebbe più stretta a se…
Non avrebbe più passato le Domeniche a passeggiare con lei nel parco…
Non avrebbe più ammirato i suoi stupendi disegni…
Non avrebbe più guardato lei…
Neko…
Neko…

“Kojiro!”

il ragazzo alzò lo sguardo stupito, per poi voltarsi verso una ragazza, affiancata da…Genzo! Yuko!
-Kojiro!-
-Yuko…tu…-
-Come sta?-
il ragazzo fissò sbalordito le iridi verdi di Yuko, che brillavano con furore e con spavento, per poi voltarsi, amaramente consapevole di ciò che stava accadendo oltre la porta della sala operatoria.
-E li dentro da più di quattro ore…è svenuta a casa…-
Yuko guardò oltre il corpo del ragazzo, la luce dell’operazione era ancora accesa.
Lentamente, la ragazza abbandonò la presa da Kojiro, e a passo lento si sedette su una delle panchine, e chiuse gli occhi, aspettando paziente che l’operazione terminasse, pregando che qualcuno lassù aiutasse Neko.
Genzo, lentamente, l’affianco, restando però in piedi, mentre Kojiro lanciava un’occhiata ai due, per poi tornare a concentrarsi nella sua preghiera.
-Mia madre è stata informata?-
-Si…-
-Allora entro domani sarà qui…-
Yuko sospirò, mentre con la coda dell’occhio cercava la mano di Genzo, che però non strinse, limitandosi a lanciargli un’occhiata preoccupata, il ragazzo sbuffò, passando una mano sul suo berretto.
Attesero un'altra ora, fino a quando dalla sala delle operazioni uscì, su un lettino, accompagnata da un’infermiere, una ragazza di diciotto anni con una mascherina di ossigeno sulla bocca, dai capelli ramati, gli occhi chiusi, la pelle impallidita.
Yuko si appoggiò con le mani sul bordo del letto, guardando sofferente la ragazza.
“Neko…ho aperto gli occhi…e guarda come ti devo vedere…”
lentamente, l’infermiere portò via il letto con Neko, mentre Yuko la osservava allontanarsi.
Genzo, gentilmente, le stava per mettere una mano sulla spalla, quando di colpo la scostò, temendo quasi di scottarsi.
Kojiro si avvicinò al cardiologo, parlandogli, la ruga d’ansia sulla fronte sembrava rilassarsi leggermente.
Quando i ragazzo tornò, prese un profondo respiro, prima di spiegare la situazione a Yuko.
-Allora…il medico mi ha detto che il peggio è passato, e che Neko ha superato abbastanza bene l’operazione…-
-Ma?-
-Ma ora dipende tutto da come passa la notte. Se supera la notte bene, ha buone speranze di superare l’infarto-
Yuko tirò un sospiro di sollievo, stringendolo e mani in segno di preghiera.
C’è l’avrebbe fatta, Neko era forte.
-Il dottore ci ha dato il permesso di passare la notte qui. Venite-
il ragazzo venne affiancato da Yuko, mentre Genzo silenzioso li seguiva dietro, fissando la figura di Yuko, accanto a Kojiro appariva piccola e delicata.
Nella stanza, su letto di ospedale, Neko riposava tranquilla.
Yuko e Kojiro le erano vicino, il ragazzo le stringeva la mano, mentre Yuko le accarezzava delicatamente la fronte.
“C’è la farai, vero piccolina? Non mi tradire, voglio vedere i tuoi occhi…voglio vederti…ti prego, non mi tradire…”
“Non mollare, micino. Io ti sono vicino. Non mi lasciare, io sono qui, qui, accanto a te. E ti veglierò tutta la notte se sarà necessario…”
Genzo rimase appoggiato alla parete, non riusciva a spiccicare una parola, mentre guardava la scena, si sentiva di troppo.
Lui non c’entrava niente…
Lentamente, il ragazzo fece per uscire dalla stanza, quando avvertì Yuko prenderlo per mano. Lo sguardo di lei era basso.
-Ti prego, resta…-
Genzo la guardò stupito.
Cosa gli ricordava quella scena?
Quando lei era venuta a casa sua, in Giappone, quella sera d’inverno.
Anche lui l’aveva pregata di restare.
E lei era restata…
Genzo annuì gravoso con il capo.
-Si, resto-
Yuko sorrise, anche se piangeva.
Genzo, timidamente, provò ad accarezzarla, e le sue dita riuscirono a sfiorare la guancia bagnata, mentre Yuko lo guardava spaventata.
Genzo l’accarezzò, anche se con fatica, sentiva la pelle di Yuko tremare sotto il suo contatto.

Era mezzanotte, Kojiro si era addormentato, tenendo saldamente la mano a Neko, che continuava a riposare.
Yuko era uscita dalla stanza, lasciando sola i due ragazzi, aveva gentilmente messo una coperta sulle spalle del ragazzo, nonostante fosse tarda primavera, faceva freddo in ospedale.
Ora era sola, a camminare senza meta per i corridoi vuoti dell’ospedale, le porte delle varie stanze con i pazienti erano chiuse, e solo qualche infermiere che faceva il turno di notte si permetteva di entrare.
Passò senza rendersene conto nella parte di pediatria, e il suo sguardo ricadde oltre le vetrate coperte da delle tendine, che davano nella stanza dove dormivano i bambini appena nati.
Osservò con un sorriso sereno quei piccoli tesserini dormire tranquilli, qualcuno di loro si faceva coccolare dalla propria madre, ancora ribelle ad andare a dormire…
Era una scena così tenera, la madre che sedeva su una sedia a dondolo, che sussurrava paroline dolci o parole di una ninna nanna, coccolando il proprio figlio…
Yuko sospirò, mentre metteva distrattamente una ciocca dietro l’orecchio, per poi notare una presenza avvicinarsi a lei, Genzo reggeva due bicchierini, offrendone uno alla ragazza, che con un sorriso accettò.
Bevvero in silenzio i loro caffè, tornando entrambi a guardare la madre, che ora con un bacio sulla fronte metteva a dormire il piccolo, che le stringeva con la manina il ditino.
Yuko non resistette una lacrima, era una scena così bella, così carica di amore da avvolgerla totalmente.
Genzo la guardò, ammirando quella ragazza ch si commuoveva di fronte a quel gesto d’amore. Yuko, poi, si rabbuiò, fissando vuotamente il bicchierino in plastica, parlando a voce bassa, per non rompere l’atmosfera.
-Io…io non volevo…non avrei mai voluto…non volevo farti soffrire così…
E’…è solo colpa mia…-
Genzo la guardò sbalordito, la vedeva piangere, ma la sua voce non era rotta dai singhiozzi, quando non si accorgesse del suo pianto.
-Quando…quando ho visto…quegli ultras…a quella partita…contro di te..e tu che ti difendevi…mi…mi sono spaventata…
Ma ti giuro Genzo!-
La ragazza si voltò verso il portiere, piangendo, stringendo il bicchierino.
-Io non volevo!-
-Lo so…lo so…-
Genzo l’abbracciò, stringendola a se.
Due parole.
Dillo…
Dillo.
DILLO!
No…non ci riusciva…
I due rimasero così abbracciati, anche se si erano spiegati…lei non c’è l’aveva fatta…

Dovevano essere le otto di mattina, quando Neko aprì gli occhi, avvertendo debolezza in tutto il corpo, però un calore gentile la stringeva.
Una mano…
-Ko…Kojiro…-
il ragazzo si scosse, aprendo lentamente gli occhi, per poi spalancarli.
Neko…
-Piccola…-
-Ciao…-
sussurrava, la voce era roca, e lui sorrise, accarezzandole la guancia affettuoso…
-Ciao, come stai?-
lei ondeggiò lievemente la testa.
-Potrebbe andarmi meglio…-
ridacchiò, felice, mentre Yuko tornava nella stanza, guardando stupita la scena, per poi sorridere, avvicinandosi a Neko, che la guardo sorpresa, balbettando.
-Yu-Yuko?!-
-Come stai, piccola?-
Neko la guardò stupita, per poi annuire, senza trovare le parole giuste, mentre Yuko sorrideva.
-Sono felice…di vedere che stai bene-
di colpo, la porta si spalancò, e una donna entrò ansimando, come se avesse corso per un’ora di fila, guardando stupita le due ragazze e i ragazzo, che si alzò in piedi, facendosi in la, mentre la donna abbracciava prima Yuko, poi Neko, in lacrime.
-Le mie bambine! Le mie bambine stanno bene!-
-Si, mamma, stiamo bene-
-Yuko…è un miracolo!-
la ragazza si limitò a scuotere la testa, mentre la donna si avvicinava a Neko ,abbracciandola felice.
-Ho preso il primo aereo appena l’ho saputo. Come stai piccola?-
-Sto ben, mami-
Yuko sorrise, prima di uscire dalla stanza, richiamata da i gesti di Genzo, che la guardò imbarazzato, mentre lei sorrideva tranquilla: doveva partire.
-Vai pure, qui adesso è tutto a posto-
Genzo si limitò ad annuire, accarezzandole una guancia, adesso era tutto a posto.

Sicuro?

Yuko lo guardò allontanarsi, la figura imponente svaniva dietro ad un corridoio, per poi entrare dentro ad un taxy, partendo in direzione dell’aereoporto.
E così…era andato…
Andato…
Yuko mosse nervosa le mani, per poi passarle tra i capelli, mentre stava per tornare nella stanza…
Genzo…
Appoggiò la nano sulla maniglia…
Genzo…
Si voltò…
Genzo…
E corse via dall’ospedale…
GENZO!
Uscì dall’ospedale, quando sentì il clacson di una macchina, Kojiro la stava aspettando.
Yuko sorrise, entrando velocemente in macchina, mentre con una sgommata partiva in direzione dell’aereoporto.

(A questo punto il consiglio sarebbe quello di ascoltare la versione in pianoforte de “Il segreto” degli Stadio, ma forse sarebbe meglio “Guilty” dei Blue. Boh, fate un po’ voi! N.d.Meiko)

Uscì velocemente dalla macchina di Kojiro, correndo verso l’entrata dell’aereoporto, partendo a correre alla ricerca del gate del volo verso la Bulgaria.
Correva tra la gente che affollava l’aereoporto, spingendo per farsi largo, i suoi occhi cercavano tra la massa confusa un berretto rosso…
Un berretto…
Un berretto grigio perla!
GENZO!
Eccolo! Stava per entrare nella parte delle partenze.
Oh no!
Yuko non ci pensò due volte, e gridò.
Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, sperando che il ragazzo la sentisse.
-GENZO!-
i ragazzo, in quell’istante, si voltò, e la vide.
Vestita di jeans neri, una giacca verde, maglietta nera sotto, i capelli spettinati, che gridava.
-GENZO!
TI AMO!
TI AMO!
TI ASPETTO!
TORNA CAMPIONE!-
Yuko ansimò, sorridendo triste, era sicura che non l’aveva sentita…
O forse…
Lo vide guardarla, e lasciò scorrere una lacrima di gioia…
L’aveva sentita, e sorrideva…
Sorrideva con lei…

(L’ho fatto!!! OLEEE!!! Meiko)

  
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