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Autore: GrumpyTrolla    27/09/2010    2 recensioni
Qualche mese è passato dal caso del finto Jack lo Squartatore, e le vite di tutti sono proseguite - più o meno - come al solito. Ora però, per l’investigatore è in arrivo un nuovo, inquietante caso. Questa storia è il seguito di “Red Flags and long Nights“.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Due Facce aka Harvey Dent, Enigmista aka Edward Nygma, Joker aka Jack Napier, Spaventapasseri aka Jonathan Crane
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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Nel malaugurato caso in cui queste mail si fossero perse per strada, informatemi e provvederò a rispedirle =)!



BEAUTY KILLER:


Dal diario di Edward: a volte mi sembra di star sbagliando tutto.
Non ricordo di essermi mai sentito più solo di adesso.

You wanna be my licorice and misguided truth.
(Vuoi essere la mia liquirizia e la mia verità fuorviata)

Capitolo 6: Licorice.

Erano bastati un paio di giorni perché Jonathan si pentisse della sua idea di aiutare Edward con quel caso: la clinica Paradise era pericolosa ed inquietante, per non parlare del fatto che, essendosi imbucati senza nessun titolo ufficiale, qualsiasi vantaggio avrebbe potuto trarne era automaticamente eliminato.
Certo, nessun giudice sano di mente crederebbe ad una sua del tutto disinteressata collaborazione con la giustizia ma si sa, Gotham non brillava certo per la sanità mentale dei suoi cittadini.
L’unica consolazione era che in confronto ai turni di venti ore dell’Arkham, l’orario stabile della clinica ne faceva davvero un Paradise; se doveva essere sincero fino in fondo però, l’ex psichiatra avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare coi peggiori folli della città, che coi deliri isterici della gente altolocata.
Gli erano bastati cinque minuti nella stanza numero tredici, in compagnia della cantante lirica Natalia Ogareva, per spingerlo a gettar via tutti i suoi cofanetti di musica operistica: era ormai impossibile separare la voce incisa su quei dischi dalle urla da ippopotamo affamato che le aveva sentito lanciare dal momento in cui l’aveva incontrata.
Camminando attraverso l’oscurità dei corridoi della clinica, sentì un ronzio di voci provenire proprio dalla stanza tredici; senza produrre alcun rumore s’avvicinò alla striscia di luce, sottile come un foglio di carta, che fuoriusciva da uno spiraglio lasciato aperto forse per sbaglio. Si appoggiò con la schiena contro il muro affianco alla cornice della porta e tese l’orecchio.
“Vostra dieta fa me soffrire!”
Disse la cantante, con un forte accento tedesco: ovviamente uno stomaco normale non avrebbe avuto abbastanza enzimi per rosicchiare tutto quel grasso e dal canto suo, Jonathan avrebbe consigliato una nidiata di vermi solitari - sì insomma, uno solo sarebbe morto d’indigestione, povera bestia.
“Io sentito dire di sistemi miracolosi in vostra clinica.”
Crane aggrottò le sopracciglia, sembrava proprio il tipo di discorso per cui erano venuti a curiosare.
“Miracolosi e… costosi, Natalia.”
Impallidì; quella era la voce di Wu.
Per qualche momento l’ex psichiatra perse il controllo sul suo corpo, sentì il respiro farsi pesante e s’allontanò dalla porta: non era sicuro di voler rischiare tanto solo per aiutare Edward e fece un passo indietro, pronto a scappare, a chiudersi in qualche stanzino delle medicine anche fino alla fine del turno, se necessario.
“Bu-buonasera, Jonathan.”
Lo scheletro dell’ex psichiatra saltò fuori dal suo corpo, dandosela a gambe senza il suo padrone. O almeno, questa fu la sensazione che lo spavento gli diede. Bianco come un morto si voltò e riconobbe Richie, il custode balbuziente e gentile, immancabile in ogni struttura ospedaliera che si rispetti.
Avrebbe voluto urlargli addosso, gasarlo e andarsene per sempre da quel luogo, ed i suoi sentimenti dovevano essere trapelati, perché il ragazzo lo stava guardando in modo strano. Non era in character per gli infermieri, disprezzare gli inservienti perciò Jonathan si piantò a forza un sorriso sulla faccia ed iniziò a recitare.
“Mi hai fatto paura. Ancora al lavoro?” Chiese, annuendo verso un grosso sacco che l’altro si trascinava appresso.
“Sì, ma ho qu-quasi finito.” Sorrise, e Crane gli si avvicinò.
“Devi portarlo fuori, vero? Sembra pesante, ti do una mano.”Afferrò un orlo della busta, ma l’altro lo scansò.
“Non preoccuparti, c-ce la faccio.”
Ma che gentile. pensò l’ex psichiatra, i nervi a fior di pelle. Alzò lo sguardo su Richie e lo vide fissare un punto imprecisato sopra la sua spalla; istintivamente fece un passo indietro ed  urtò  contro qualcosa, si voltò, e restò pietrificato: Wu lo stava fissando dall’alto in basso, quegli occhi scuri e dal taglio orientale fissi nei suoi e per molti secondi regnò il silenzio.
“Credo che quello che sta facendo esuli dalle sue competenze.” disse il medico, senza mai smettere di guardarlo. “Sono certo che avrà faccende più urgenti da sbrigare.”
Per qualche secondo Jonathan non si mosse, poi si rese conto che Wu non lo aveva riconosciuto. Annuì, non riusciva a parlare, s’allontanò, seguito dallo sguardo dell’altro finché non svoltò nel corridoio, sparendo alla sua vista. Appena voltato l’angolo si appiattì contro il muro e ricominciò a respirare; se la ricordava bene l’indifferenza che anche lui, come dottore, aveva sempre riservato agli infermieri, perciò non era poi così strano non venire riconosciuto in quei panni.
“Allora ragazzo mio, come ti senti?”
Giunse la voce di Wu, e nonostante l’istinto di conservazione continuasse a gridargli di sparire, Crane restò in ascolto ancora un po’. Quel tono così gentile verso un addetto alle pulizie attirò la sua attenzione, non era coerente.
“Hai ripensato alla mia proposta?” Continuò il dottore.
“Sì, ma il do-dottor Steiner non voleva che facessi l’operazione. Di-diceva che è pericoloso.”
“Steiner era un vigliacco. Hai fatto tanto, meriti questa ricompensa. Non vorrai passare tutta la vita con questa faccia, vero?
L’ex psichiatra sollevò un sopracciglio; come parere medico era piuttosto brutale ma sapeva riconoscere un perfetto raggiro, quando ne sentiva uno: Wu voleva cavie per qualche operazione rischiosa ed illegale, e quelle erano proprio il tipo di prove che andava cercando Edward.
“Fa-farò quello che volete, dottore.”
“La scelta giusta, ragazzo mio.”
Aveva ascoltato a sufficienza, gli sembrò quasi di vederlo, il sorriso compiaciuto del dottore, accompagnato da una generosa pacca sulla spalla. Si staccò dalla parete e salì una rampa di scale, alla ricerca di Nigma e riuscì ad intravederlo al piano superiore, proprio mentre s’infilava in una stanza ma non fece in tempo a chiamarlo.
S’avvicinò alla porta in cui lo aveva visto sparire, era la stanza numero ventuno. Quella della vedova Steiner. rifletté, un’espressione di disgusto sul viso, perché sapeva come andavano a finire certe cose, con Edward. Tornò sui suoi passi, non aveva la minima intenzione di aspettarlo, sarebbe stato inutile; pensò che forse avrebbe potuto abbandonare subito quella farsa e tornare a casa, ma decise di aspettare.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e mandò un sms al numero di Nigma.
  
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