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Autore: EmmyScarlet    01/10/2010    0 recensioni
“Startene seduto a tenere il broncio tutto il giorno non aiuterà nessuno, e te meno di tutti.”
Non sto tenendo il broncio” protestò lo Spaventapasseri. “E se anche fosse, direi che ne ho qualche diritto.”
“Non sei l’unico a sentire la sua mancanza, lo sai!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio , Boscaiolo di Latta, Dorothy Gale, Glinda la Buona, Spaventapasseri
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Way Trilogy'
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The way home

 

 

 

 

Quello che Hunk stava per fare era probabilmente molto stupido, e forse non avrebbe portato a niente. Ma doveva almeno provarci.

Era una tarda e fresca notte nel Kansas, le stelle brillavano, e la loro luce e quella della mezzaluna gli facevano strada verso il centro del campo di grano, là dove si trovava il nuovo spaventapasseri. Non era sicuro del perché avesse scelto quel punto esatto, o se qui avrebbe funzionato meglio, ma sentiva che era il posto giusto.

Aveva ascoltato la storia di Dorothy su un magico mondo che lei chiamava Oz, dove c’erano Streghe, Maghi, animali parlanti, ed ogni sorta di strani personaggi che secondo tutte le leggi di natura non avrebbero dovuto essere vivi. Come uno Spaventapasseri che parlava e camminava.

Hunk non era stupido, anche se di tanto in tanto poteva sembrarlo. Riconosceva le pene d’amore quando le vedeva, e la povera Dorothy era diventata così triste e sola che lui temeva non si sarebbe più ripresa. Era tornata a casa per non causare alla zia e allo zio il dolore di averla persa per sempre, ma Hunk poteva vedere che la tristezza della ragazza li addolorava comunque. Loro volevano che Dorothy fosse felice, proprio come lui – ed era per questo motivo che a quell’ora si trovava nel campo di grano invece che nel proprio letto. Per quanto riguardava il motivo per cui aveva scelto un orario simile, beh, non voleva rischiare di incontrare nessuno, specialmente gli altri contadini, Hickory e Zeke. L’ultima cosa che voleva era che quei due lo prendessero in giro per la sua stupidità.

Bene, ecco, era arrivato. Meglio cominciare subito. Non avrebbe funzionato, ovviamente, ma provare l’avrebbe almeno fatto sentire meglio.

Hunk si raddrizzò e si schiarì la gola qualche volta prima di esclamare:

“Signorina Strega! Mi scusi, signorina Glinda, signora – ma se può sentirmi, sono un amico di Dorothy, e sono venuto qui per dirle che lei ha bisogno del suo aiuto.”

Passarono diversi minuti, e non accadde nulla. Alla fine Hunk scosse la testa. Era ovvio che non succedesse nulla; cosa si aspettava? Sul serio, a volte si chiedeva se avesse davvero un cervello dentro la testa.

Proprio quando stava per voltarsi e tornare alla fattoria, una sfera rosa comparve nel cielo e fluttuò verso di lui come una bolla di sapone, finché fu all’altezza del suo sguardo. Gli occhi di Hunk si spalancarono mentre un viso appariva nella bolla, il viso di una bellissima donna dai capelli rossi vestita di uno scintillante abito rosa.

“Caspita!” esalò, in poco più che un sussurro. Poi si ricordò delle buone maniere, si tolse il cappello e disse: “Miss Glinda?”

“Sì, sono terribilmente dispiaciuta di non essere venuta di persona – ma il vostro Kansas è così lontano da Oz, e ci vorrebbe troppo tempo perché io compaia davvero. E non sono del tutto sicura che potrei farlo. Ma dimmi, giovane uomo, hai detto che Dorothy ha bisogno di aiuto? Sicuramente è tornata a casa sana e salva, non è vero?”

“Sì, signora, sana e salva” confermò Hunk, con un rispettoso inchino alla Strega. “Ma il problema è che le manca tanto Oz, e i suoi amici in particolare. E uno Spaventapasseri più in particolare.”

“Ah, sì, giusto” disse la strega. “Mi ero chiesta se sarebbe successo, specie dopo che lei disse che lui le sarebbe mancato ‘più di tutti’, prima che le scarpette rosse la riportassero a casa.”

“C’è qualcosa che lei può fare per Dorothy, Miss Glinda?” chiese Hunk. “Ve ne sarei immensamente grato. Non è più la stessa, povera ragazza; se ne va in giro con il faccino depresso e preoccupa i suoi poveri zii.”

“Fare qualcosa? Ma certo, ragazzo mio! Qualsiasi Strega buona che si rispetti ha sempre un piano di riserva. Guarda sotto questo meschino impostore d’uno Spaventapasseri, e troverai ciò di cui hai bisogno, così che la cara Dorothy potrà andare e venire come e quanto vorrà.”

Hunk si era un po’ offeso alla parte del ‘meschino impostore d’uno Spaventapasseri’, perché pensava di aver fatto un ottimo lavoro. Ma trattenne la lingua e si limitò a ringraziare la buona Strega – prima che la bolla volasse di nuovo via e sparisse tra le nuvole.

Rimasto solo, Hunk guardò il terreno sotto lo spaventapasseri. Non riusciva a capire come potesse esserci qualsiasi cosa, visto che non c’era nulla quando lui aveva piantato il fantoccio lì. Ma considerando il fatto che aveva appena avuto una conversazione con una donna in una bolla rosa, Hunk era incline a rinviare ogni scetticismo. E a ragione, perché quasi immediatamente trovò un paio di scarpe rosse scintillanti proprio accanto al palo sul quale era appeso lo spaventapasseri.

“Grazie, Miss Glinda” disse piano, anche se dubitava che la Strega potesse sentirlo ancora.

Sollevò con attenzione le scarpe e le tenne strette a sé, mentre tornava verso la fattoria e il piccolo capanno dove lui, Hickory e Zeke avevano le loro cuccette. Nascose le scarpe e si raggomitolò nel suo letto, incapace di dormire per la voglia di vedere il sorriso luminoso di Dorothy quando avrebbe capito che sarebbe potuta tornare nel suo paese delle favole.

 

 

E il sorriso di Dorothy fu luminoso come lui aveva sperato, anche se sorrise tra le lacrime. Hunk le offrì il suo fazzoletto, come aveva già fatto recentemente, e aspettò che si asciugasse gli occhi.

“Lo ammetto, non credevo del tutto alla tua storia” le disse, mentre lei si sedeva e scambiava le proprie scarpe con quelle rosse. “Ma ho voluto crederci per te. Sono felice di averlo fatto, e sono ancora più felice di sapere che potrai tornare dal tuo amico Spaventapasseri.”

“Oh, Hunk, non so cosa dire” mormorò Dorothy, alzandosi in piedi. “Ma cosa racconterò alla zia Emma e allo zio Henry?”

“Oh, lascia fare a me” replicò Hunk. “Inoltre, adesso potrai andare avanti e indietro, quindi potrai sempre ricomparire all’improvviso e venirli a trovare. E poi sono sicuro che saremo tutti invitati al tuo matrimonio. Adesso dammi un bacio e vai per la tua strada, prima di ricominciare a singhiozzare. Non ho un altro fazzoletto con me stavolta; continui a usarli tutti tu.”

Dorothy si sollevò sulle punte dei piedi e inclinò la testa per baciarlo sulla guancia. Ma Hunk si chinò per catturare invece le sue labbra, per un brevissimo istante.

Quando lui si ritrasse, Dorothy lo fissò, la bocca dischiusa dalla sorpresa.

“Oh, Hunk” disse. “Mi dispiace, io non…

“Non preoccuparti” disse Hunk burbero, consapevole di essere arrossito sotto l’abbronzatura. “Va’ nel tuo mondo di favola, Dorothy, dal tuo Spaventapasseri. Io baderò ai tuoi zii, e saremo tutti felicissimi quando verrai a trovarci. Ma di’ a quello Spaventapasseri che, se non ti tratta come si deve, troverò un modo per venire ad Oz e gli strapperò via dal corpo l’imbottitura. Letteralmente.”

Non c’era altro da aggiungere. Dorothy prese con sé il suo Totò, che le era vicino come sempre, e rivolse un ultimo sorriso ad Hunk prima di battere insieme i tacchi delle scarpette per tre volte, esclamando: “Nessun posto è bello come Oz!”

Per un istante la sua figura sembrò incresparsi, come fosse fatta d’acqua. Anche la scena alle sue spalle cambiò, e per un momento Hunk pensò di vedere una grande città tutta verde. E poi gli sembrò di vedere un uomo fatto di latta che per qualche motivo gli ricordò un po’ Hickory, e uno Spaventapasseri dall’aspetto piuttosto familiare. Ma la scena svanì presto, e lui si ritrovò solo.

Forse lui amava Dorothy perché anche la sua controparte di Oz, lo Spaventapasseri, l’amava. O forse lo Spaventapasseri le voleva bene perché Hunk aveva sempre amato la ragazzina del Kansas. Hunk non lo sapeva, e pensarci troppo su gli faceva venire il mal di testa. Tutto ciò che sapeva era che Dorothy era felice, e che lui l’aveva aiutata a trovare la felicità. E questo gli bastava.

 

 

* * *

 

 

“Non puoi startene seduto qui tutto il giorno.”

“Non posso?” chiese lo Spaventapasseri, alzando gli occhi sull’Uomo di latta. Lo Spaventapasseri era di nuovo sgusciato via dalla Città di Smeraldo, ed era seduto su uno steccato nel Parco dei Papaveri, che un tempo era stato il campo di papaveri appassiti che circondava la città. Dopo che allo Spaventapasseri era stato affidato il compito di regnare su Oz, come stabilito dal Mago, uno dei suoi primi decreti aveva imposto di sbarazzarsi di tutti quei fiori morti. C’era voluto molto tempo e molto lavoro, ma adesso fuori dalla città si stendeva un bel paesaggio pieno di posti in cui i bambini potevano giocare, e angolini incantevoli per feste e matrimoni, e tanti, tantissimi fiori, soprattutto papaveri – ma non di quelli rossi e velenosi.

Lo Spaventapasseri veniva spesso al parco, perché l’Uomo di latta gli aveva proibito di vagare fino al suo vecchio campo di grano, che era a diversi giorni di cammino dalla città. L’Uomo di latta aveva preso lo Spaventapasseri da parte e gli aveva spiegato che adesso lui era un Re, e anche se il Mago aveva detto che lui e il Leone dovevano aiutarlo, era lo Spaventapasseri il governante supremo. E i governanti supremi non potevano semplicemente prendersi una vacanza quando volevano. Personalmente, lo Spaventapasseri pensava che era esattamente per questo che tante persone avrebbero voluto essere governanti; ma non diceva nulla.

“No, non puoi” disse l’Uomo di latta, spezzando il corso dei pensieri dello Spaventapasseri. “Startene seduto a tenere il broncio tutto il giorno non aiuterà nessuno, e te meno di tutti.”

Non sto tenendo il broncio” protestò lo Spaventapasseri. “E se anche fosse, direi che ne ho qualche diritto.”

“Non sei l’unico a sentire la sua mancanza, lo sai!” scattò l’Uomo di latta – prima di recuperare la sua indole gentile; e si scusò prima di aggiungere: “Anche io ed il Leone vogliamo bene a Dorothy, Spaventapasseri. Forse non nel modo in cui le vuoi bene tu, ma questo non significa che non l’amiamo quanto te, né che soffriamo meno vivamente la sua assenza. Faresti bene a ricordartelo, amico mio, e a capire che non sei solo come continui a credere. E poi, lei un giorno tornerà.”

Lo Spaventapasseri sorrise tristemente. “E come fai ad esserne sicuro?”

“Lo sento nel mio cuore” disse l’amico, stringendosi una mano al petto. “Sicuramente il tuo cervello ti dice la stessa cosa.”

No, il ‘suo cervello’ gli diceva che Dorothy stava dove voleva stare, e che loro non l’avrebbero rivista mai più.

Decise di cambiare argomento. “C’è un motivo per cui mi hai seguito qui, oltre a voler fare la mamma del bambino cattivo?”

L’Uomo di latta non si offese per queste parole, perché aveva un animo gentile e perché sapeva che lo Spaventapasseri stava solo cercando di sviare la conversazione dal suo dolore.

“Solo per dirti che i sudditi sono di nuovo in fermento. Pensano che il loro Re dovrebbe avere una Regina, così Oz avrebbe una successione di regnanti a mantenere l’equilibrio del paese. Ho chiesto loro come mai non hanno mai affrontato questo argomento quando regnava il Mago, ma mi hanno detto che i Maghi nascono dalle uova e che non esistono Maghi donne. Da dove vengano le uova di Mago, beh, deve essere un gran mistero.”

“Beh, non è che ci siano signore Spaventapasseri nei dintorni” fece notare lo Spaventapasseri. “Quindi perché la situazione dovrebbe essere diversa?”

“Sai bene chi vogliono come Regina” disse l’Uomo di latta.

E subito l’umore dello Spaventapasseri, che si era un po’ sollevato, sprofondò di nuovo giù e lo lasciò più depresso che mai.

“Sei davvero un caso disperato” aggiunse l’Uomo di latta. “Seriamente, potresti racimolare almeno un po’ di speranza, dopotutto…

Ma l’Uomo di latta non poté mai terminare quella frase. Fu interrotto dal fatto che un po’ di campagna era appena comparsa di fronte a loro. No, non era proprio così: era più come se si fosse creato uno strappo nell’aria, e quella fattoria era dall’altra parte, ondeggiante e non esattamente solida, come riflessa da un qualche specchio deformante. C’era un uomo dal lato opposto dello strappo, e il suo aspetto era quello che l’Uomo di latta pensava avrebbe potuto avere lo Spaventapasseri se mai fosse diventato umano. L’uomo di paglia e l’uomo umano si guardarono per un momento, e l’uomo umano annuì. Lo strappo sparì come se non ci fosse mai stato – e loro avrebbero potuto chiedersi se fosse apparso davvero, o per quale motivo, se non fossero stati troppo distratti da Dorothy in piedi davanti a loro, con il piccolo Totò tra le braccia. Il cagnolino balzò a terra quasi subito, abbaiando con gioia nel riconoscere i suoi strani amici.

“Dorothy” disse lo Spaventapasseri, con voce poco più forte di un respiro, saltando in piedi.

“Spaventapasseri” disse Dorothy, più o meno allo stesso modo.

Poi, naturalmente, ci furono la corsa, l’abbraccio ed il bacio.

L’Uomo di latta rimase lì tranquillo, chinandosi ad accarezzare la testa di Totò e a grattarlo dietro le orecchie, prima di incamminarsi piano piano verso la coppietta.

“Oh, non preoccupatevi per me. Andate pure avanti. Sono un tipo paziente, io” borbottò. Il suo tono strascicato si trasformò in un falsetto, nell’imitazione della vocina di Dorothy: “Oh, Uomo di latta, ci sei anche tu? Oh, sono così felice di vederti! Mi sei mancato così tanto, molto di più di questo vecchio mucchio di paglia ammuffita, senza dubbio! Vieni qui, e lascia che ti abbracci e ti baci e ti dica quanto mi sei mancato!

Questo attrasse l’attenzione di Dorothy, e lei si districò abbastanza da abbracciare e baciare davvero l’Uomo di latta, dicendo quanto le erano mancati tutti quanti.

“Oh, basta così” disse l’Uomo di latta, agitando un braccio. “Io ed il Leone abbiamo sempre saputo che lo Spaventapasseri ti piaceva di più, anche se ad essere sincero non sono mai riuscito a capire perché.”

“Sono il Re, lo sai” lo ammonì lo Spaventapasseri. “Ciò che hai appena detto potrebbe essere considerato tradimento. Potrei farti impiccare, o qualcosa del genere.”

“Qualcosa mi fa pensare che la tua Regina non te lo permetterà” replicò l’Uomo di latta compiaciuto. “Adesso, se Vostra Maestà e Vostra indubbiamente Prossima Maestà volessero venire con me, credo che ci sarà una grande festa quando si spargerà la voce che Dorothy è tornata. Oh, e, Spaventapasseri, mi piacerebbe considerare questa come la prima di una lunga serie di volte in cui potrò dire ‘te l’avevo detto. Te lo dirò ancora, molto presto, ripetutamente. Ho persino in mente un motivetto ed una danza da adattarvi, con i quali potrò deliziarti ed intrattenerti.”

E l’Uomo di latta girò tranquillamente sui tacchi e si diresse di nuovo alla Città di Smeraldo, fischiando a Totò perché lo seguisse.

Dorothy e lo Spaventapasseri rimasero soli; e ora che l’impulsività del momento era svanita e che riuscivano a considerare le loro azioni, si ritrovarono entrambi timidi e insicuri.

Lo Spaventapasseri avrebbe voluto chiedere a Dorothy come aveva fatto a tornare ad Oz, ma notò le scarpette rosse ai suoi piedi, e quella fu una risposta sufficiente. Avrebbe anche voluto chiederle chi fosse l’uomo che aveva visto dall’altra parte dello strappo – ma non era sicuro di volerlo sapere davvero. Alla fine pensò ad una domanda di cui invece doveva conoscere la risposta.

“Per quanto tempo resterai questa volta, Dorothy?”

“Se me lo consentirete, per sempre, Vostra Altezza” replicò Dorothy, incapace di mantenersi seria nel pronunciare quel titolo. “Beh, tranne per qualche visita occasionale nel Kansas, per far sapere allo zio Henry e alla zia Emma che starò bene.”

“Puoi restare per sempre ed un giorno, se lo desideri” disse lo Spaventapasseri. “E te lo ordinerò, se devo. Dopotutto sono il Re. La mia parola è legge.”

“E pensare che non molto tempo fa te ne stavi appeso ad un palo in un campo di grano.”

“Probabilmente sarei rimasto lì per sempre, se non fosse stato per te” disse lo Spaventapasseri, prendendo le mani di Dorothy nelle sue. “Ti devo tutto, Dorothy. Tutti noi ti dobbiamo tutto. Dovresti essere tu la Regina, come dice l’Uomo di latta. Vorresti essere Regina, Dorothy, e regnare con me?”

“Lo vorresti davvero?” chiese Dorothy timidamente.

“Volere? Ti implorerò, se devo. Io ti amo, Dorothy. Lo so fin da quando ho avuto un cervello per capire cosa fosse l’amore. E ti amerò finché vivrò. Di’ che mi sposerai e che sarai la Regina di Oz.”

Invece di rispondere, Dorothy avvolse le braccia attorno allo Spaventapasseri e lo strinse forte, per poi sollevare la testa e baciarlo.

“Questo è un sì?”

“Sì, oh sì, è un sì!” gli rispose. “Oh, Spaventapasseri, ti amo anch’io. Ho dovuto tornare nel Kansas per capirlo, e allora ho pensato che fosse troppo tardi e che non sarei mai potuta tornare indietro. Non sono mai stata così felice di essermi sbagliata!”

“Sì, e credo che l’Uomo di latta ci ricorderà questa cosa per tutti gli anni a venire” disse lo Spaventapasseri, e poi per un po’ di tempo non parlarono più, impiegando il fiato in qualcos’altro.

L’Uomo di latta, stavolta accompagnato dal Leone, alla fine dovette tornare indietro e trascinarli con la forza fino alla Città di Smeraldo, dove già si preparavano i festeggiamenti per il ritorno della loro eroina, che ora sarebbe diventata la loro sovrana.

 

 

E Dorothy diventò Regina, e governò la terra di Oz insieme al suo saggio marito. Tornò molte volte in Kansas, e sua zia e suo zio, insieme ad Hunk, Zeke ed Hickory, furono ovviamente invitati al suo matrimonio. Henry ed Emma non avrebbero mai potuto vivere ad Oz – non si trovavano a loro agio nei paesi delle favole; ma erano felicissimi di vedere che la loro Dorothy era così felice. I tre contadini non si abituarono mai davvero alle loro controparti, ma sembravano andare tutti molto d’accordo. Hunk sposò una ragazza di Oz di nome Judith, e i due crebbero una grande famiglia in una fattoria nel paese dei Mastichini.

La prima avventura di Dorothy ad Oz le aveva fatto capire che nessun posto era bello come la propria casa. La seconda l’aiutò a capire dove fosse davvero la sua casa, che – per quanto sia stato detto e ridetto – è sempre lì dove si trova il cuore.

Ed era stato proprio il cuore di Dorothy a farle ritrovare la strada di casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di traduzione

 

Quando ho letto questa storia, in un primo momento non sono riuscita ad immaginarmi lo Spaventapasseri a parlare di amore e di matrimonio. Io lo vedo più come l’innamorato che ama senza rendersene conto, quello che sa cos’è l’amore ma è abbastanza semplice nell’animo da non cercare neppure di definirlo a parole; confesso che io non lo rappresenterei mai così consapevole dei propri sentimenti, o così a suo agio nel dichiararli. Però non ho potuto non innamorarmi comunque di questo ultimo atto della trilogia, di Hunk che è IC in un modo spaventoso, dell’Uomo di latta con la sua ironia inaspettata, e del discorso finale, che spiega che quella prima avventura di Dorothy aveva lasciato qualcosa in sospeso – cos’è davvero la propria casa – che l’autrice ha voluto delineare definitivamente. Oddio, mi sto recensendo da sola. xD

A questo indirizzo lo scritto originale.

 

Aya Lawliet

   
 
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