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Autore: Exodus    08/10/2010    2 recensioni
Uno sguardo dietro le quinte in dieci atti, uno per ciascun Espada, più una Overture ed un Intervallo a sorpresa; una raccolta di racconti su passato, presente e futuro dei nostri dieci piccoli Hollow preferiti. Popcorn esauriti, Yammy li ha fatti fuori tutti.
Capitolo "Overture" secondo classificato nel contest "La semplificazione - II edizione" indetto da Only Me.
Capitolo "Quinta" primo classificato e vincitore del premio Originalità nel contest "Le Fleurs du Mal" indetto da Pagliaccio di Dio.

Capitolo "Septima" secondo classificato nei contest "Riflettori sui cattivi" indetto da AkaneMikael e "Gratta e Vinci... forse" indetto da Yuri_giovane_contadina
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Espada, Gin Ichimaru, Sosuke Aizen, Tousen Kaname, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sexta

"Ah! Ecco un suddito", esclamò il re appena vide il piccolo principe.
E il piccolo principe si domandò:
"Come puoi conoscermi se non mi hai mai visto?"
Non sapeva che per i re il mondo è molto semplificato: tutti gli uomini sono dei sudditi.

                                                                                   (Antoine de Saint-Exupery, Il Piccolo Principe)



Le ombre della sera si allungavano silenziose sulla città di Karakura, immergendola finalmente in una fresca penombra: un vero dono del cielo, dopo una giornata così torrida.
Il contrasto tra le strade ormai buie e le cime degli edifici più alti, che il sole al tramonto ammantava di riflessi fiammeggianti, feriva crudelmente gli occhi; le strade erano deserte a causa dell’afa, e le case con le imposte abbassate parevano enormi facce immobili e addormentate.
L’unico rumore, il frinire delle cicale.

L’ora più romantica della giornata, mormorò tra sé l’auto-proclamato uomo del mistero, nonché proprietario dell’auto-proclamato emporio più fornito ed economico di tutta la città, Kisuke Urahara.
L’uomo sedeva a gambe incrociate su di un cuscino, vicino all’entrata del negozio, facendosi meccanicamente vento con il suo ventaglio in una mano ed il mento appoggiato sull’altra, mentre sorvegliava l’operato del suo giovane assistente Jinta, intento a spazzare il cortile dopo una dura giornata di lavoro; ad ogni modo, era chiaro come la sua testa fosse altrove, dato che da più di mezz’ora Jinta aveva preso a sbadigliare impunito appoggiato alla scopa, trascurando le pulizie ed utilizzandola occasionalmente come mazza da baseball su qualche lattina.
Non diede segno di accorgersi di nulla nemmeno quando l’altrettanto auto-proclamato addetto all’aspetto sexy del negozio, il gigantesco Tessai Tsukabishi, afferrò il ragazzino per l’orecchio, trascinandolo all’interno incurante delle sue proteste.
 
Quello era stato un giorno particolarmente impegnativo sul fronte dell’attività: fino ad un’ora prima, il negozio rigurgitava letteralmente di clienti in vena di spese nonostante il caldo, una marea di casalinghe indaffarate, ragazzini pestiferi, sonnacchiosi pensionati… e di inquietanti figuri avvolti in kimono neri, misteriosamente ignorati dal resto della folla che regolarmente si ritrovava ad imprecare sbattendo contro ostacoli invisibili.

In realtà, parte delle preoccupazioni che assillavano il proprietario derivava proprio dal crescente afflusso di Shinigami che passavano di lì.
Nulla di cui sorprendersi, in realtà: in soli due anni, molte cose erano cambiate all’interno dell’istituzione millenaria chiamata Soul Society, appena uscita dalla più grave crisi mai affrontata dalla sua fondazione, la Guerra d’Inverno, nella quale gli alti gradi dell’organizzazione erano dovuti scendere in campo personalmente per affrontare le orde degli Arrancar; una guerra breve ma sanguinosa, che si era conclusa con la morte dei tre traditori, Sosuke Aizen, Ichimaru Gin e Kaname Tosen, ma ad un prezzo spaventoso: quattro Capitani avevano perso la vita combattendo sui cieli di Karakura Town, e le file degli Shinigami erano state letteralmente dimezzate.

Per molto tempo, nonostante l’uscita dalla clandestinità del negozio e la riabilitazione del suo buon nome, ben pochi Shinigami avevano raccolto l’invito del nuovo Comandante Generale, Shunsui Kyoraku, e cominciato ad utilizzare il negozio come punto d’appoggio; nel corso dell’ultimo anno, finalmente, le cose erano radicalmente cambiate, tanto che Urahara stava accarezzando l’ipotesi di buttarsi nel big business ed aprire una catena di succursali in giro per il Giappone.
Sensibile all’ironia come sempre, aveva parlato della cosa ai suoi assistenti con tono entusiasta, anche se sapeva perfettamente come la faccenda non fosse affatto tutta rose e fiori: quanti più Shinigami in missione passavano di là, tanto più diventava evidente la ripresa dell’attività Hollow dopo il minimo storico toccato nei due anni precedenti, alla fine della guerra.

Lo Shinigami diede in un sospiro teatrale, ripiegando con uno schiocco il ventaglio.

Beh, ma perché meravigliarsi? Corsi e ricorsi…

… ma non arrivai.

Si sforzò di dissipare malinconia e preoccupazione, e di concentrarsi sulle questioni più pressanti… invano.
Sapeva benissimo che non c’era nulla che si potesse fare in merito… ora lo sapeva, ma il suo cervello semplicemente non aveva voluto smettere di pensarci. C’erano mille e mille idee da considerare… mille e mille ipotesi da confermare… mille e mille altri errori da commettere.

La forza dell’abitudine.

Kisuke… sei sempre stato patologicamente portato per le birichinate.

Sì… un tempo, Urahara non era stato uomo tale da credere nell’esistenza del destino: l’idea che il tempo a disposizione degli esseri viventi, in qualsiasi dimensione si trovassero, scorresse su binari prestabiliti, gli era sempre apparsa tanto ridicola quanto pericolosa, adatta a fornire alle persone un comodo pretesto per giustificare le proprie azioni e - cosa infinitamente più dannosa, aveva creduto - la propria riluttanza ad accettare concetti come “progresso” e “cambiamento”: le due divinità a cui aveva consacrato la sua esistenza di scienziato e di Shinigami, convinto (ah, in perfetta buona fede, ne era certo… per quello che valeva!) che da loro non sarebbe mai stato tradito, sicuro, orgogliosamente sicuro, che dalla fiducia nelle proprie capacità non potesse mai derivare nulla di male, nulla di irreparabile; certo che ogni sua intuizione fosse un’occasione che sarebbe stato colpevole perdere… che ogni cosa che gli passasse per l’anticamera del cervello fosse sempre e solo un’altra idea geniale, il suo ego nutrito sin dall’infanzia di complimenti e lodi.

L’ironia, non il destino, governa il mio mondo. Il mio più grande torto è stato di avere ragione; il mio più grande errore, il mio più grande successo. Ho dimostrato che il Bene ed il Male non esistono… oppure, che sono la stessa cosa… e nel dimostrarlo, ho creato il vero Male, quello che per poco non ci ha spazzati via tutti.
Ho passato tutta la vita a cercare di infrangere le regole per il solo gusto di farlo: e quando ci sono finalmente riuscito, non ho nemmeno capito come… e la mia colpa non mi pesa sulle spalle, ma… nella mia tasca.

Ironia.

Ma la cosa più comica e più tragica, Yoruichi, è proprio questa… come tutto sia successo a causa del tuo sorriso. Guardami! Persino un sorriso, sono riuscito a distorcere: l’unica cosa che sia mai stata capace di sottrarmi ai miei pensieri... la cosa più bella che possiedo, anche se non sono mai davvero riuscito a dirtelo… una cosa così semplice, eppure così meravigliosa…che per sé ha sempre chiesto solo una misera bottiglia di latte.
Quanti morti, Yoruichi? Ukitake, il vecchio Yama, Komamura, la senpai Unohana, il signor Iba,la signorina Matsumoto… quante centinaia di abitanti di Karakura? Quante famiglie distrutte?
E tu… sei ancora viva. E mi vuoi ancora… e non provi ribrezzo anche solo a guardarmi, come capita a me tutte le mattine davanti allo specchio… e nessuno di loro, il signor Ichigo e gli altri, mi odia per quello che ho fatto.
E’ l’ironia a governare il mio mondo… l’ironia di avere tutto ciò che non merito, mentre altri hanno sofferto a causa mia.
Perché continui ancora a sorridermi? Perché il tuo viso è cambiato così poco da quel giorno… da quella nostra prima battuta di caccia allo Hollow, quando per gioco, ridendo, ti copristi il  viso con la sua maschera…?
E’ l’ironia, non il destino… ma adesso lo sappiamo, non è vero? Che l’ironia è quando non puoi più far finta che il destino non esista!

Fu riscosso dai suoi pensieri dall’enorme mano di Tessai che si posava sulla sua spalla. Senza che se ne accorgesse, si era fatto buio: il sole era ormai solo una sottile linea rossa all’orizzonte.

“Qui abbiamo finito, principale. Io sarei sul punto di ritirarmi, se… se siete davvero convinto di non avere bisogno d’aiuto” disse calmo, anche se dal suo tono traspariva una sincera preoccupazione.

“Andiamo, Tessai… il nostro ospite è una persona di provata fiducia, ormai. Non c’è motivo di preoccuparsi!” rispose, sforzandosi di mantenere un tono allegro, senza riuscire ad ingannare il gigante… in centodieci anni, egli aveva avuto molto tempo per imparare a conoscerlo.

“Non prendetemi in giro; sapete bene che non mi riferisco all’Arrancar.”

Urahara sospirò stancamente: “Sì, signor Tessai. Lo so. Ed in verità, avrei bisogno non di uno, ma di un centinaio di assistenti: e di attrezzature, rilevatori, almeno una dozzina di esperti di Kekkai e di Bakudo, nonché di un migliaio di soggetti tra Shinigami e Hollow disposti a farsi sezionare per il bene della scienza, prima ancora di poter cominciare a concepire una cosa del genere.”

“Voi non siete Mayuri Kurotsuchi.”

“Non sono neanche Aizen, Tessai.” replicò l’altro, in tono depresso. “E temo che questo, nel caso presente, potrebbe fare tutta la differenza...”

Il gigante lo guardò solennemente per qualche attimo, scrutandolo concentrato attraverso le lenti degli occhiali, come giudicando quello che aveva davanti a sé.
Infine, si raddrizzò e si ritirò tranquillo oltre la soglia, lanciando un ultimo sguardo all’amico prima di abbassare la saracinesca; stavolta, i loro occhi si incontrarono, e Tessai gli rivolse uno dei suoi rari mezzi sorrisi prima di sparire all’interno.

“Questa sera vi volete proprio burlare di me, principale. Ma non mi fregate. Voi sapete benissimo che tutto andrà esattamente come avete pianificato… come sempre succede quando vi affidate al vostro intuito.
…solo, vorrei che riusciste davvero a convincervi delle vostre parole... che credeste davvero, come chiunque vi abbia conosciuto, al fatto che questa è l’unica cosa che avete in comune con Sosuke Aizen.”

L’uomo del mistero sorrise debolmente a sua volta, prima di riportare lo sguardo sull’orizzonte. Poco dopo, si infilò meccanicamente la mano in tasca, stringendo ancora una volta le dita attorno alla sagoma spigolosa del suo capolavoro dormiente; l’Hogyoku rispose al contatto, cominciando a ronzare dolcemente.

Ironia. Destino. E allora, andiamo fino in fondo… Non merito di espiare la mia colpa; eppure, l’occasione mi viene offerta su un piatto d’argento…ed è inutile prendersi in giro: funzionerà, e tutti saranno felici e contenti…i vivi e i morti.

…ma aspetta, signorina Yoruichi! Non sai ancora la cosa più divertente di tutte… ci crederesti se ti dicessi che tutta questa storia è cominciata con una gattina… e finirà con un gattaccio?

L’ultimo bagliore rossastro svanì all’orizzonte, immergendo Karakura nel tiepido buio della notte; Urahara sospirò stancamente un’ultima volta e chiuse gli occhi, abbandonando la schiena contro il muro del negozio. Attese.


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L’ombra agile e scattante balzava rapidamente da un tetto all’altro; non stava impiegando il Sonido, poiché non lasciava alcuna scia di Reiatsu dietro di sé, ma i suoi movimenti erano comunque quasi impercettibili, precisi e velocissimi, non privi di una certa felina eleganza.

Urahara seguì con lo sguardo la figura scura mentre si avvicinava a grandi balzi; non appena la vide atterrare sul tetto dell’edificio di fronte all’emporio, si alzò in piedi, facendosi forza con il bastone ed emettendo piccoli gemiti da ottantenne con l’artrosi: “Oh, issa… ow, la mia povera schiena! Si vede proprio che sto invecchiando! Non riesco nemmeno più ad alzarmi per dare il benvenuto ad un ospite… ben arrivato, signor Jaegerjacques! Cosa la porta mai da queste parti?”

“Ma che diavolo dici? Se mi hai dato appuntamento tu!” esclamò la sagoma, dissolvendosi nell’aria notturna per ricomparire in un attimo di fronte allo Shinigami. “Che poi, cos’era quell’affare che mi hai tirato addosso? Sembrava scritto col sangue! Quell’idiota di Kurosaki sta ancora cercando di grattarlo via dalla porta di casa…”

L’ex Sexta Espada faceva una certa impressione vestito in quella maniera: al posto della divisa da Numeros, sia pure stracciata ed elaborata in maniera personale, indossava un paio di jeans strappati, una camicia hawaiana quasi fosforescente ed un paio di infradito ridotte a brandelli: un accostamento che sarebbe anche potuto passare come vagamente alla moda, se non avesse stonato in maniera grottesca con l’enorme mascella d’osso che ricopriva la metà sinistra del suo viso.

La sua espressione era quella di sempre, tra l’annoiato e l’arrogante: teneva le spalle curve, e le mani infilate nelle tasche.

“Che diamine! Scordarmi di una cosa così importante come l’appuntamento con il signor Jaegerjacques! Lo vede che sto proprio invecchiando? Però, almeno l’ho indovinata giusta… lo immaginavo che avrebbe passato la sua ultima serata a casa del signor Kurosaki! Mi ha portato il video della scazzottata? Adoravo Smackdown, quando lo trasmettevano qualche anno fa… ” rispose allegramente Urahara, raddrizzando la schiena e fissandolo con curiosità.

L’Arrancar ghignò crudelmente, scoprendo una lunga linea di denti affilati: “Sai, quando quel cretino mi ha raccontato che gli stavi incredibilmente sulle palle, ho subito pensato: beh, se Kurosaki non lo sopporta, deve essere di sicuro una persona interessante…”

“Il signor Kurosaki è ancora un bambino…” si schermì l’altro. “Capisce, si vergogna ad esprimere tutto l’affetto e la stima che prova in realtà nei miei confronti…”

“…invece, mi devo ricredere: stai proprio sul cazzo anche a me; anzi, mi stai doppiamente sul cazzo, visto che mi costringi a dare ragione a  Kurosaki.” riprese Grimmjow, il ghigno che si allargava minaccioso.

Per nulla impressionato, Urahara si girò ed accostò la mano ad una leva che spuntava dal muro a fianco della porta d’ingresso: “Su, non dica così… si figuri che lei è il mio secondo felino preferito…”

Con un ronzio appena percepibile, uno dei pannelli di legno che componevano la facciata slittò di lato, rivelando un’apertura buia appena larga a sufficienza da permettere il passaggio.

“Vogliamo continuare la conversazione all’interno, signor Jaegerjacques…?”

“Non c’è mica altro da dire.” ringhiò l’Arrancar, passandogli davanti, con le mani affondate nelle tasche; il sorriso di Urahara si spense lentamente alla vista dell’elsa della sua Zanpakuto che cominciava a brillare di luce azzurra.

Le pareti di Sekkiseki all’interno assorbirono completamente l’onda d’urto del rilascio, ma un refolo di vento raggiunse ugualmente il volto dello scienziato, scompigliandogli i capelli e sollevando il suo cappello, che volò via prima che potesse afferrarlo.
La risoluzione dell’Arrancar lo mise a disagio… lo colpì il pensiero che, davvero, non avrebbe saputo dire se erano le sue speranze, o le sue paure a dissolversi definitivamente assieme alla spada della creatura.

“Tira fuori quella maledetta biglia, e facciamola finita…”


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“Che io sia dannato se questo non è un fottuto cliché. Allora è vero che tu ed Aizen eravate due gocce d’acqua! Ma cosa cazzo ve ne facevate di tutti questi cieli finti?”

“Non si distragga, prego! E per favore, smetta di affilarsi le unghie sulla superficie azzurra… non ha idea di quanta fatica Jinta abbia fatto per verniciare il tutto!”

Infastidito, Grimmjow si allontanò dalla parete dell’antro sotterraneo, e cominciò distrattamente a prendere a calci un piccolo sasso.

“Tutta questa sabbia e gli alberi secchi, poi, ricordano lo Hueco Mundo… dì un po’, non sarà che mi hai fatto finire in questo buco perché speravi di farmi cambiare idea, vero? Detesto le persone insistenti…”

Urahara non rispose: il suo sguardo percorse brevemente la distesa rocciosa, fino ad individuare ciò che stava cercando: un enorme masso di granito, assurdamente spaccato in due parti da quello che sembrava un taglio netto, inferto da una spada di dimensioni ciclopiche.

“Ma no, signor Jaegerjaques! L’ho fatta venire fin quaggiù perché ho intenzioni irresistibilmente ambigue nei suoi confronti! Come le ho detto, sono già sulla buona strada per essere arrestato per zoofilia… e lei è un così bel rude maschione…” rispose senza voltarsi, incamminandosi spedito verso la formazione rocciosa.

Con un ringhio sordo, l’Espada balzò davanti allo Shinigami, accostando il viso a pochi centimetri dal suo; svanita ogni traccia di divertimento, la sua espressione divenne terribilmente minacciosa.

“Hai intenzione di provocarmi, Kisuke Urahara? Aizen non ha avuto bisogno di nessun altro attrezzo per ficcarci le nostre maschere su per il culo…” disse rabbioso, afferrandolo per il bavero con gli artigli “… e le ho viste di nuovo, quelle dei fighetti della Justice League, quando sono arrivato con Kurosaki e company per salvarvi le chiappe. Lui e l’idiota biondo non erano casi isolati, come Aizen ci aveva fatto credere… l’Hogyoku può far spuntare le maschere, così come le fa sparire!”

“Un ammirevole corollario alla Prima legge della Termodinamica…” disse Urahara, appoggiando la mano sul polso di Grimmjow; il suo tono era ancora allegro, ma il suo sguardo aveva perso ogni traccia di ironia, come la linea delle sue labbra.
L’Espada non diede segno di accorgersene: “Non parlarmi di quella roba; ne ho abbastanza da quando mi toccava sorbirmi il tè nella sedia a fianco di Grantz… bah. Del creare non me ne può fregar di meno, ma sicuro come l’Inferno, posso distruggere quello che mi pare e piace… inclusa la tua faccia insopportabile, se non ti sbrighi a…”

Le apparentemente fragili dita dello Shinigami lo strinsero in una morsa d’acciaio, strappando all’Arrancar un sibilo sorpreso. Esitante, alzò l’altra zampa, pronto a colpire, ma il bastone la intercettò con precisione all’incavo del gomito, bloccandolo e costringendolo lentamente ma fermamente a mollare la presa e ad abbassare gli arti.
 
“Stasera si gioca con le mie regole, signor Jaegerjacques.” disse, freddi occhi grigi contro freddi occhi azzurri. “Lei è una creatura impulsiva… questa è praticamente la prima volta che discutiamo a quattr’occhi, noi due, ma ho avuto modo di osservarla a lungo, sul campo di battaglia…”

Grimmjow si divincolò con uno strattone, e l’altro lo lasciò andare, facendo un passo indietro e riportando il bastone in equilibrio sulla spalla. Lo Hollow lo fissò, massaggiandosi il polso con aria sorpresa.

“Poi, mi hanno parlato molto di lei… specialmente Orihime, e la signorina Neliel…”

“Tch. Buone, quelle lì… una palla al piede peggio dell’altra. Ma porca miseria, se vedo una femmina che se ne sta lì in piedi sul campo di battaglia, mi aspetto che sappia come minimo il fatto suo, o che corra a nascondersi… no, quelle se ne stanno lì a frignare Kurosaki-kun e a beccarsi un Gran Rey Cero sul…”

“Oooh… coda di paglia, eh?” lo interruppe Urahara, recuperando una traccia del suo sorrisetto preferito “Forse la stupirà un po’, ma quando ho introdotto l’argomento, la prima cosa che Orihime mi ha raccontato è stata come lei sia piombato nella sua cella abbattendo un muro, per salvarla da morte certa…”

“Tch.” ripeté Grimmjow, distogliendo lo sguardo “Femmine… sempre a pensare tutto a cuoricini. Figurarsi se l’ho fatto per lei… quella piagnucolona mi serviva per…”

“… per correre al capezzale del quasi compianto signor Kurosaki, in tempo per salvare lui da morte certa…” proseguì Urahara, grattandosi il mento.

“No, perché volevo che fosse cosciente mentre gli spezzavo le reni!” ringhiò furioso l’Arrancar.

“…poi, per qualche strano motivo, dopo che era stato amorevolmente rimesso in forze perché anche lei  fosse cosciente mentre veniva eseguita la sua condanna a morte, ha spezzato come rami secchi un paio di manette blocca-reiatsu ed ha seguito il signor Kurosaki a Karakura, combattendo in prima linea contro la fazione la cui vittoria le avrebbe garantito le maggiori possibilità di sopravvivenza… contribuendo in tal modo a salvare me  e parecchi altri da morte certa.”

“Sti cazzi! Nel caso non l’avessi indovinato, a Las Noches il meglio in cui un Espada sconfitto potesse sperare era il declassamento a Privaron… e anche là avevamo un sistema di esecuzioni molto efficace, te lo assicuro!” borbottò Grimmjow, con scarsa convinzione. “E poi, col cazzo che lasciavo prendere a Kurosaki tutta la gloria! Quel bastardo mi aveva difeso contro Nnoitra… dovevo fargliela pagare per avermi fatto passare per una mammoletta, e pareggiare i conti!”

“Bingo!”esclamò lo Shinigami, colpendolo con il ventaglio sulla spalla “Ha visto che alla fine ci siamo arrivati? Ecco perché l’ho portata qui, dove il signor Kurosaki ha scoperto a suo tempo che Hollow e Shinigami sono, dopotutto, due facce della stessa medaglia. Ecco perché me la sto godendo un mondo ad ascoltarla mentre si giustifica per il suo comportamento, che non è stato altro che  coraggioso ed onorevole! Coraggio ed onore, signor Jaegerjacques: due qualità, che a dispetto del suo QI, glielo concedo, non proprio stellare, sembrano formare ogni fibra del suo essere… sono qualità rare, lo sa? Persino nei migliori esemplari di essere umano, se mi consente il paragone…” e tacque, studiando la reazione dell’Arrancar.

Grimmjow lo fissò a sua volta per qualche secondo, poi sputò per terra, distogliendo lo sguardo.

“Mi fai un sermone sul confine tra umano e non umano, Kisuke Urahara? Pensi davvero di poter giudicare, dopo aver creato quell’affare?”

“No. Non credo di potere. Volevo solo farla riflettere su quello che lascia dietro di sé... che non è poco, dal mio punto di vista.” disse Urahara semplicemente, infilando la mano in tasca ed estraendo l’artefatto “Perché, come immagina, non si torna indietro: se abbiamo successo, l’Hogyoku sarà distrutto per sempre.  E glielo dico: anche se non ho il diritto di giudicare le sue intenzioni, se avessi solo la metà del coraggio che ha lei… non le consentirei mai di farsi questo. ”

“Per fortuna che sei un cacasotto, allora. Io non mi guardo mai alle spalle; e se hai finito di piangerti addosso, sarebbe tempo di un bell’abracadabra.”


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Più di un’ora dopo, l’interno della caverna vibrava ancora debolmente di un’energia indefinibile, mentre piccole scariche azzurre attraversavano l’aria crepitando.
L’Adjuchas dalle rinnovate fattezze di una pantera sonnecchiava sulla cima del masso spezzato, la testa appoggiata sulle zampe, cercando di riabituarsi all’intensità delle sensazioni nel suo corpo. L’udito super sviluppato gli permetteva di seguire con precisione i movimenti di Urahara, che ad un paio di chilometri di distanza si affaccendava attorno ai congegni di apertura del Garganta: poteva fiutare le sue emozioni, un disgustoso pastrocchio di tristezza e sollievo a malapena tenuto sotto controllo.

Idiota zoccolato. Sembri speciale solo quando riesci a nasconderti.

Era stato alquanto infastidito dal contrattempo, tanto più perchè non si era bevuto affatto la storia che il portale avrebbe interferito con l’attività dell’Hogyoku.

Non puoi ingannare una bestia feroce. Non so perché cazzo tergiversi ancora, ma ti tengo d’occhio…

Gli effetti della trasformazione, il pesante odore di ozono e il ronzio dell’energia statica lo stordivano, ottundendo la sua mente concentrata sulle azioni dello Shinigami; così, udì il rumore di ciottoli spostati solo all’ultimo istante, quando i passi si fermarono alla base del macigno.

Rimase immobile ancora qualche istante, godendosi l’impercettibile profumo di vaniglia che si faceva strada attraverso quello metallico dell’aria, prima di sollevare una palpebra assonnata.

“Guarda un po’ chi c’è. Tetta destra, e tetta sinistra. Siete davvero inseparabili.” disse pigramente, prima che Orihime Inoue potesse aprir bocca.

La giovane umana aveva tutti i capelli in disordine ed il fiatone, e lo guardava da sotto in su con un’espressione talmente scioccata da sembrare quasi comica.

Adorabile, fu il primo pensiero dell’Adjuchas.

Il secondo fu, com’era prevedibile, Kurosaki è un cretino.

Il terzo, farò ingoiare le palle a quel codardo con un sacchetto di popcorn in testa. Avrei dovuto aspettarmelo, che avrebbe fatto un ultimo tentativo di lavarsi la coscienza. Ma portare lei qui… ti ammazzo, Kisuke Urahara.

Il silenzio durò qualche attimo più del necessario: Orihime sembrava completamente ipnotizzata dall’aspetto della creatura che le stava davanti, e lui, dal canto suo, trovava immensamente meno faticoso prestare attenzione al mormorio regolare del suo respiro, piuttosto che alla scelta delle parole.

Non che ci sia poi molto da dire.

Quando alla fine lei distolse lo sguardo, fu solo per spostarlo sulle mani nervose, intrecciate davanti a sé: una breve filastrocca, ed ecco…

“No.” disse semplicemente la pantera, mentre due scintille luminose si staccavano dai fermacapelli di Orihime e cominciavano a volargli attorno in circoli sempre più stretti.

“Non ti muovere, Grimmjow.” sussurrò velocemente la ragazza, senza smettere di guardare davanti a sé: lo Hollow rimase immobile, stupito dalla risolutezza nel suo tono di voce, e dalla velocità con cui le lacrime nei suoi occhi si erano dileguate.

La luce calda e morbida del Soten Kisshun lo avvolse in un ampio bozzolo arancione.

“Non funzionerà, bella… sai, a far ricrescere un braccio sono capaci tutti... ma qui stiamo parlando della Grande Biglia della Morte.”

“Non ti muovere.” ripeté Orihime, anche se le tremavano le labbra. “Funzionerà. Sono diventata un po’ più brava… ho anche lavorato sull’Hogyoku, quando il signor Urahara me l’ha chiesto. Non sono riuscita a distruggerlo, ma so come funziona. Ti farò tornare come prima in un attimo.”

“…se avessi anche solo mezzo dubbio che tu ce la possa fare, avrei già interrotto il mio pisolino e mangiato questi due scarafaggi…”

“…sei stato uno stupido… uno stupido! Non c’era bisogno che tu lo facessi… ci sarei riuscita io! Ancora qualche anno… Grimmjow, non c’era bisogno che tu ti sacrificassi per distruggerlo!”

Alla pantera dispiacque un po’, ma non riuscì proprio a trattenersi, e scoppiò in una grassa, cavernosa risata che rimbombò sotto la volta azzurra, facendo tremolare il fragile scudo.

“…ora ti riporterò indietro” continuò Orihime, senza smettere di fissare il triangolo vuoto al centro delle sue dita “e andremo assieme a mangiare qualcosa… e ne parleremo… aspetta… solo… un minuto…

Cercando con tutte le sue forze di smettere di ridacchiare, la pantera si rizzò sulle zampe anteriori e si diede una scrollata, agitando la coda.

… aspetta… solo…

Non fu necessario nemmeno increspare il reiatsu: la barriera si disintegrò come un foglio di carta non appena ci balzò attraverso, lasciando i Rikka ad ondeggiare a mezz’aria per qualche secondo prima di ritornare guizzando alla base.

A pochi centimetri l’uno dall’altra, la belva e la fanciulla si guardarono negli occhi di nuovo, e stavolta Inoue non riuscì a trattenere le lacrime: gli si inginocchiò accanto e lo abbracciò senza esitare, rabbrividendo al contatto con la fredda maschera di metallo.

“… perché…” disse, singhiozzando piano.

“Non dovresti essere qui.” rispose Grimmjow. “ Non avresti dovuto vedere questo… quel bastardo aveva giurato…”

“No… il signor Urahara mi aveva promesso di avvertirmi quando avresti cercato di fare qualche sciocchezza… che stupida, che stupida… ero a casa di Tatsuki…”

“Huh? E come diavolo facevi a saperlo, tu?”

“… io… me lo sentivo. Erano settimane che… Ma non capisco perché, Grimmjow! Non siamo amici noi due? Non siete amici tu e Ichigo? Non… non ci siamo divertiti assieme, in questi due anni?”

“Beh, adesso, amici io e Kurosaki è decisamente una parola grossa… diciamo che ho imparato a sopportare il suo brutto muso. E’ più che altro il mio punching ball preferito…”

“Le cose con il Gotei erano sistemate, Grimm! Eri qui, e tutti avevano imparato a volerti bene… cosa succederà, ora che sei di nuovo un Hollow? Ti daranno la caccia di nuovo…”

Ecco, siamo al punto dolente. pensò Grimmjow, divincolandosi dall’abbraccio e sedendosi sulle zampe posteriori. E’ davvero incredibile quanto crescano in fretta…e quanto qualcosa non cambi mai, dopotutto. Forse lei e Kurosaki saranno sempre fatti in questo modo. Sempre pronti a dare una zampa a chiunque, anche ad una pantera dalle fauci sporche di sangue.

“Nah… non lo faranno, Orihime. Certo, l’amnistia che ho ottenuto grazie alla mia “buona condotta” sarà probabilmente revocata, ma quanto a corrermi dietro… credo che il Gotei abbia ben altro per la testa, in questo momento. Io ho oltrepassato da anni il punto in cui le anime umane potevano sfamarmi, e penso che sotto sotto, non gli sia mai dispiaciuto il fatto che gli Hollow si mangino tra loro.”

Diede in un sorriso lupesco di fronte allo sguardo orripilato della ragazza.

“Che c’è, fanciulla? Impressionata dalle zanne della pantera? E’ quello che ho sempre fatto, piccola… da prima che tu nascessi. Ci sono le belle, e ci sono le bestie a questo mondo.”

“Ma prima, non avevi scelta…” protestò Orihime debolmente.

“Aaah… E cosa ti fa credere che adesso, una scelta ce l’abbia?” sospirò lo Hollow, scuotendo la testa.

“Certo che ce l’hai! Puoi tornare a casa con me e…”

“Ma Orihime… io ci sto tornando, a casa.”


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Il vento si alzò all’improvviso, quasi in risposta a quelle parole, e come attraverso un velo giunse alle loro orecchie la voce calma di Urahara, intenta ad intonare una cantilena senza senso.

“Ascolta, piccola… lo sai quale sarebbe la cosa più facile di questo mondo, per me? Mollarti qui, ed infilarmi in due balzi in quel portale, lasciandoti credere per il resto dei tuoi giorni di avere fallito con me. Sarebbe una scusa perfetta, e ci crederebbero tutti, sai, a parte forse Neliel, che mi conosce da un’infinità di tempo... E tu, che sei sempre stata sincera, ti prenderesti tutta la colpa, o cominceresti a rimproverare nella tua mente i tuoi compagni, per tante piccole cose che nella tua testolina potrebbero essere state la causa di… questo.”

Quasi tutti tireranno un bel sospiro di sollievo, in realtà…ma non li biasimo per quello. La redenzione è meglio lasciarla a chi è pentito, o a chi dalla grazia ci è caduto per sbaglio…a chi, dentro di sé, non è mai stata altro che un’allegra mocciosa impertinente. Non ho ragione, vecchia amica mia?

“Ma non sarebbe giusto. Dopotutto, se non ricordo male, ti devo ancora un intero braccio… e sei arrivata al punto di versare lacrime per la sorte di questo micio spelacchiato, quindi a te la dirò, la semplice verità su Grimmjow Jaegerjacques. Vedi, lui… non è mai stato altro che una pantera. Un animale feroce, a cui nessuno può accostarsi se non attraverso le sbarre di una gabbia.” disse l’Adjuchas, volgendo lo sguardo verso la fessura nera che si allargava lentamente in lontananza.
“Dal momento in cui un certo damerino arrogante ha deciso che voleva dare l’assalto al cielo azzurro, e che le mie zanne e i miei artigli gli facevano comodo, le sue sbarre mi hanno stretto da ogni lato... sono entrato nella prigione ruggendo e graffiando, odiando quell’uomo, che ai più di noi è sembrato Dio in terra, più di ogni cosa al mondo: e alla fine, l’ho avuta la soddisfazione di saltargli alla gola, e sono sopravvissuto, dove tutti gli altri hanno trovato la morte.”

“Da quel momento, non ho fatto altro che attendere che la porta della gabbia si aprisse: ed è stata una bella parentesi, piccola, lo devo ammettere, ma… semplicemente, non è questo il posto dove posso stare; due anni sono stati abbastanza per rendermene conto. Troppo complicato. Troppo caos. Troppe regole di cui non afferro il senso, in questo mondo luminoso che si rifiuta di essere attraversato con la pura forza degli artigli.”

Tacque, e voltò di nuovo la testa verso Orihime, che si era asciugata gli occhi e lo guardava con infinita tristezza.

“Ma che cosa farai, una volta nello Hueco Mundo? Una volta ritornato Hollow, con il buco nel petto, e il dolore, e…”

“Farò il re.” rispose semplicemente Grimmjow. “E’ quello che mi ha guidato fino ad adesso… che mi ha impedito di ritornare un Gillian. Andrò avanti, e troverò un branco, come quello che avevo un tempo: non sarà difficile, ora che quel vecchio bastardo di Barragan ha tirato le cuoia, e che anche Stark, Halibel e un’altra infinità di Vasto Lorde non ci sono più… è possibile, baby, che in realtà tu abbia davanti lo Hollow più potente dello Hueco Mundo! Quanto al dolore e al foro… sono prezzi che sarei stato disposto a pagare, se fosse stato necessario.
Ma i poteri dell'Hogyoku hanno provveduto anche a questo, infrangendo le regole per l’ultima volta. Guarda: il regalo d’addio di Kisuke Urahara.”

E si sollevò sulle zampe posteriori, mostrando il petto interamente ricoperto di armatura scintillante.

 “Perciò, smettila di piangere, e non stare in pensiero per me: vivi la tua vita, sposa chiunque-chiunque non sia Kurosaki, diventa un’allegra nonnina e quando muori… cerca di atterrare dall’altra metà del cielo. Io vado a mettere ordine nella savana.”

Si guardarono ancora per qualche attimo: Orihime parve sul punto di dire ancora qualcosa, ma si interruppe quando Grimmjow le si avvicinò, strusciando il testone contro il lembo del suo vestito, offrendosi ad un’ultima carezza.

Poi l’Adjuchas si voltò, cominciando a correre verso il freddo vuoto del Garganta, e lei rimase lì, a guardarlo mentre balzava nel vortice. Uno strano sentimento molto vicino alla tranquillità non ci mise molto a prendere il posto della tristezza nel suo cuore.


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Dal diario di lavoro di Kisuke Urahara, 18 Agosto

Beeenissimo. Allora, bilancio dell’esperimento.

Garganta: tappato. E’ ufficialmente più semplice del farsi un caffè. Queste maledette cuccume all’occidentale…

Ferite emotive di Orihime (assai leggere, fortunatamente): sanate al meglio delle possibilità con una scorpacciata di onigiri. Benedetto Tessai.

Signor Jaegerjacques: partito. Auguriamogli buona fortuna.

Hogyoku: profondamente e incontrovertibilmente indebolito. Siamo sulla buona strada; la scomparsa delle screziature bianche non lascia dubbi, la creazione degli Arrancar non è più una possibilità. In attesa di ulteriori sviluppi…

Stato dell’esperimento: …
…fortunatamente, non ancora completato. Odio deludere i miei clienti, specialmente quelli illustri come… costui.

Note finali
Permane un dubbio anatomico angosciante, complice di miss Yoruichi nel togliermi il sonno in queste calde notti estive: “costui” è dunque un costui, una costei… o dei costoro?  


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Dedicata ad Eleonora, perché si decida a cominciare a leggere Bleach.

Dedicata a Riccardo, perché si decida a convincerla a leggere Bleach!

Ecchecribbio! Se no che sto a scrivere a fare io?

  
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