Fanfic su attori > James Franco
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Autore: EstrellaLunar    08/10/2010    2 recensioni
Il bellissimo James Franco decide di prendersi una pausa dal successo e tornare a visitare i luoghi dove visse il suo bisnonno in Italia, fatto che gli riserverà non poche sorprese."Mi avvicinai un po' di più e frugai nella mia memoria.. ma certo era un paesaggio toscano, c'ero stato una volta per vedere le terre del mio bisnonno. Dovevo tornare là. Forse avrei trovato qualcosa, forse mi sarei sentito di nuovo me stesso. Dopotutto ogni tanto Los Angeles ti obbligava a fare una pausa."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6. Campagne e spiagge.

Durante il viaggio di ritorno riuscii a farla sorridere più del solito. Era bella quando rideva, cambiava completamente e la sua risata era buffa, sfrontata, assordante.
Arrivati a casa mi aiutò a portare le tele nel sottotetto sopra la mia camera.
-Sai qui ci venivo sempre a scrivere e disegnare...-
-Disegni?- non ero riuscito a vedere i suoi schizzi in camera.
-Sì... dipingo poco, più che altro schizzi a carboncino, o con la china, non so mi piace il bianco e nero. Le luci e le ombre, invece non mi piace colorare.-
-Io invece riesco a dipingere solo pensando ai colori...-
-De gusti bus...-
-Bé comunque è casa tua, lo sai che puoi venire quando vuoi...-
-Grazie!-
Si girò ed uscì. Io la seguii.
-Posso aiutarti con il pranzo?-
-Va bene...-

A mezzogiorno e mezza arrivarono anche Anna e Francesco e pranzammo tutti insieme, mi sentivo in famiglia. Anche se ero lì da pochi giorni, ero talmente a mio agio che a fine pasto, inopportunamente... mi scappò un rutto! Anna mi guardò sorpresa, mentre Martina scoppiò a ridere. Io mi imbarazzai tantissimo: le guance mi bruciavano come se ci avessi appiccato un fuoco.
-Oddio, scusatemi! Mi dispiace...- tenevo gli occhi bassi, ma poi li sentii tutti unirsi alla risata contagiosa della ragazza e alla fine mi lasciai andare anche io. Francesco disse:-In alcune culture farlo a fine pasto è considerato un complimento per il cuoco... quindi brava Martina!-

Dopo aver aiutato a pulire e spreparare mi congedai per andare a dipingere. La mansarda era perfetta, con grandi finestre, da cui si scorgeva una vista da mozzare il fiato, fatta di prati e colline. Stesi dei teli bianchi che avevo comprato e mi misi a dipingere quello che i miei occhi, ancora increduli, riuscivano a vedere da fuori la finestra. Ben presto mi resi conto che il caldo, che filtrava dal tetto sotto il sole di Maggio era insopportabile, così mi tolsi la camicia e restai con i miei jeans corti, a piedi nudi. Non mi resi conto di quanto tempo fosse passato, anche perché dopo il paesaggio mi misi a dipingere la soffitta e la finestra dando particolare evidenza a una farfalla blu che si era appoggiata su di essa. All'improvviso sentii scricchiolare dietro di me, mi girai di scatto e vidi solo Martina che stava... sembrava stesse scappando. La rincorsi giù per le scale.
-Martina... aspetta!-
Si girò dopo aver fatto un respiro profondo, che sentii distintamente, anche se non riuscì a nascondere quel rossore in viso o a controllare i suoi occhi che cadevano sui miei addominali insistentemente. Sembrò ricordarsi all'improvviso di avere qualcosa in mano: in effetti aveva un vassoio con una tazzina e una zuccheriera.
-Scusa... non volevo disturbarti! Sei lassù da ore... pensavo volessi un caffè... io sto andando a lavorare.-
-Grazie... sei molto gentile!- mi avvicinai a lei e presi il vassoio dalle sue mani, posto nel quale, se fosse rimasto ancora per un po', sarebbe finito in frantumi da quanto le tremavano. Abbassò lo sguardo.
-Va bè... ci si vede!- disse sparendo di corsa.

Alla ragazzina non sto indifferente”, pensai soddisfatto e dopo aver finito il caffè tornai a finire il secondo quadro, anche perché non volevo pensare alle donne. Me lo ero promesso.

Anche quella sera Lorenzo mi chiese se volevo uscire. Era sabato. Ma non so perché mi sentivo stanco, così declinai l'invito preferendo passare la serata in compagnia di Francesco, che davanti a una partita di calcio e un bicchiere di vino rosso mi raccontò un po' di storie interessanti sulla sua terra, su come suo padre aveva conosciuto il mio bisnonno da ragazzo e lo avesse assunto a lavorare in questi vigneti e frantoi. Mi raccontò anche della guerra che aveva fatto suo padre e di come avesse sofferto la fame prima che il mio bisnonno lo raccogliesse letteralmente dalla strada e gli offrisse un lavoro e del pane per sfamarsi. Erano storie affascinanti e anche se spesso Francesco non trovava le parole e si aiutava con gesti o nervoso e seccato si alzava per prendere il dizionario e leggermi la parola corretta, passai una serata piena di calore. Un calore umano, puro, sincero, senza secondi fini, che da molto tempo non provavo. Mi si riempii il cuore a pensare a quante cose stupide io pensavo e di cui mi preoccupavo, quando c'era gente che aveva vissuto la guerra, dopotutto c'era gente che viveva ancora la guerra e per quanta beneficenza io potessi fare, mi sentivo sempre estremamente insignificante e ingrato per tutto quello che mi era stato dato.

Il giorno successivo mi svegliò un bussare frenetico proveniente dal piano di sotto. Guardai la sveglia, che segnava le 7 e mezzo. “Ma qui la Domenica non si usa dormire?” Pensai seccato. Scesi le scale sbadigliando e vidi Anna tutta sorridente con una tazza in mano. Le aprii.
-Buongiorno... Oggi abbiamo pensato di portarti al mare! Ti va l'idea?-
La fissai per un po' a bocca aperta. L'idea però, anche se il mio cervello la carburava lentamente, non mi dispiaceva per niente.
-Ok... mi piace!-
-Molto bene, vestiti e vieni a fare colazione!- era raggiante.
In sala da pranzo c'era Francesco che preparava alcuni teli da mare, racchettoni e altre cose.
-Andremo a San Vincenzo, meno di due ore di macchina, ma mare stupendo e poi c'è un ristorante niente male, dove lavora un mio caro amico, che era anche amico di tuo nonno.- ero entusiasta: mio nonno mi raccontava sempre di quando veniva qui a passare le vacanze, poi gli anni e mia nonna avevano cominciato a farsi sentire e non si era più mosso dalla Florida.
Lorenzo arrivò con i pantaloncini del costume e le infradito, ero contento di averle messe anche io. Si diressero tutti fuori e io li seguii. Caricammo gli oggetti nel bagagliaio e Lorenzo mi fece cenno di sedermi dietro. Obbedii e mi sedetti sul sedile posteriore di una macchina strana, mai vista prima, a sei posti, bombata sul davanti. Poi finalmente senti la sua risata mentre spingeva il fratello e si lanciava in macchina.

-Ciao!- mi disse col fiatone. La limpidezza dei suoi occhi verdi e il suo sorriso non poterono che farmi sorridere a mia volta. Indossava una camicia bianca larga, probabilmente di suo fratello e un paio di pantaloncini di jeans appena sopra al ginocchio, ai piedi aveva un paio di sandali alla schiava. Dal collo scoperto, perché portava un'alta coda di cavallo, spuntava il laccetto del costume nero. Salirono anche gli altri e partimmo. Il viaggio durò poco meno di due ore, durante le quali ci ritrovammo tutti insieme a cantare le canzoni che passavano alla radio o a fare giochi stupidi per farmi imparare qualche parola di italiano. Invidiavo quella famiglia, sembravano felici davvero, senza finzione.
Arrivammo in spiaggia verso le 10 e mezza e piazzammo l'ombrellone. Lorenzo prese i racchettoni e me ne lanciò uno.
-Molto bene...- dissi con il mio ridicolo accento.
Quando mi voltai per raccogliere la pallina vidi Martina in costume,un costume intero che mi ricordava molto quelli che vedevo nei film in bianco e nero. Si vedeva che non si sentiva a suo agio, infatti aveva ancora la camicia aperta sopra. Si sedette su una sdraio e incominciò a leggere un libro.
Quando il caldo divenne insopportabile decisi di fare un bagno e la chiamai.
-Mare molto bello...-
Lei sorrise incoraggiante, ma poi disse:-No... acqua troppo fredda!-
Alzai le spalle e mi tuffai, sentendomi il suo sguardo addosso; che infatti sorpresi a sbirciarmi da sopra le pagine del libro, quando riemersi dall'acqua.
A pranzo andammo in quel ristorante di cui aveva parlato Francesco e il proprietario, un certo Alessandro mi abbracciò come se non mi vedesse da secoli e mi chiese di mio nonno. Gli dissi che erano ormai 5 anni che era mancato, il proprietario versò qualche lacrima e iniziò il racconto della sua vita, che ascoltai rapito, come la sera precedente. Nel pomeriggio tornammo in spiaggia.


Note:
Mi sto rendendo conto che sto idealizzando molto James! ma dopotutto è una fanfiction! ^_^

Ringraziamenti:
GRAZIE INFINATAMNTE come sempre a tutte le ragazze che continuano a leggere questi sconquassati capitoli, se un giorno vorrete lasciare la vostra opinione, anche dicendo "mi fa schifo perché..." mi riempireste di gioia, ma bando alle ciance:
Per Pepesale: grazie grazie grazie per le tue lunghissime e bellissime recensioni! mi diapiace che tu sia stata male... spero che ora stiate tutti meglio! Per la scuola ti capisco... tra poco io inizio di nuovo l'università e non so quanto ci metterò poi a postare... -.- mi fa molto piacere che i capitoli ti siano piaciuti! (p.s. mi sto impegnando con i puntini... ma è difficile disintossicarmi! ihhhhhh)
Per barbydowney: anche a me piacciono tantissimo i Muse in this period... <3 come noterai in questo capitolo e soprattutto nel prossimo sto mettendo forse un po' troppo di me in questa Martina... ma dopotutto è una fanfiction e posso fare un po' come mi pare e sognare a occhi aperti che anche a me un giorno capiti un bel James... ahahahahah!! *_* baciiiiii

  
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